4.

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Tristan.

Indecisioni.

Sbatto con forza la portiera del mio vecchio pickup. Mi guardo intorno velocemente e mi dirigo verso il vecchio portone della mia casa. Sono tre anni che ho lasciato casa e sono andato a vivere in un piccolo appartamento, quasi vicino al porto. Dovevo farlo. Infilo la mano nella tasca dei miei jeans sbiaditi e recupero le chiavi ed entro dentro qualche secondo più tardi.

Sospiro mentre sento l'odore di incenso pizzicarmi le narici. Mia madre continua ad essere ossessionata da quell'odore, non mi è mai piaciuto. Mi ricorda l'odore che si trova in chiesa. Butto le chiavi sul piattino del mobile alla mia destra e mi dirigo in cucina dove sono sicuro di trovare mia madre che sta cercando di organizzare la cena di questa sera.

Spingo la porta ed entro in cucina e la trovo seduta sui sgabelli con il libro di cucina aperto sotto al suo naso. Mia madre ha sempre cercato di cucinare qualcosa di diverso ogni giorno, provare nuovi piatti per non essere monotona. Mi manca la sua cucina, da quando mi sono trasferito non faccio altro che mangiare cibi già pronti e senza alcun sapore.

«Mamma» mi siedo di fronte a lei poggiando sul tavolo il cellulare e solo ora alza il viso verso di me. Ha gli occhi stanchi e le occhiaie le si vedono benissimo. I capelli scuri sono legati in alto, distrattamente.

«Non ti ho sentito arrivare» mi sorride chiudendo immediatamente il libro e si alza in piedi. Mi viene vicino e mi stringe a sé, come ha sempre fatto. «non ti fai vedere da giorni». Mi rimprovera dolcemente ed apre il frigo.

Annuisco alle sue parole. «Sono appena tornato in città. Bella non ti ha detto che ero fuori con Richard?». Abbiamo trascorso il weekend fuori. Siamo andati in montagna.

«Mi ha solo detto che non eri a casa» alza le spalle ridacchiando. «dove sei andato?».

«In montagna. Ha acquistato da poco uno chalet». È così fortunato in realtà. Lui non si crea molti problemi a spendere i suoi soldi. È un avvocato di successo. «papà?».

«Tuo padre come sempre è andato al circolo con i suoi amici» sbuffa leggermente. Ormai non è più una novità che mio padre trascorre le giornate al circolo con i suoi amici. «è socio da così tanto tempo che non se la sente di rinunciarci. Credo che giochi a carte e si guarda le partite di tennis delle signore». Mi domando se mia madre non sia gelosa di questa cosa.

«Papà non è il tipo che guarda le altre donne. Papà ha occhi solo per te» la prendo in po' in giro, seppur sapendo che non è mio consono dire queste cose. «ma comunque, potrei andare anch'io con lui in questi giorni. Mi ha sempre invitato ma ho sempre rifiutato».

Lei si volta a guardarmi con sorpresa. «Tristan non è da te dire queste cose e se ben ricordo hai sempre detto che quel posto non fosse adatto a te». Mi ricorda.

Ed io annuisco ancora una volta alle sue parole. «Ed è ancora così. Probabilmente lo dico ora perché sono stato parecchio assente ultimamente». Negli ultimi tempi non ho prestato molta attenzione alla mia famiglia, Bella di questo si è lamentata parecchie volte. Come biasimarla, mi ha visto andare via e lei non ha potuto trattenermi. Non ha preso molto bene questo cambiamento, ma prima o poi lo capirà e farà la stessa cosa anche lei. Mia madre mi mette sul tavolo un bicchiere e ne versa dentro del liquido giallo. «una birra a quest'ora?», rido. Non è il tipo di persona che beve a quest'ora, ma credo che lo stia facendo più per tenermi compagnia. È il suo modo per trattenermi.

«Non c'è una legge che lo vieta», esordisce ridendo mentre si siede di fronte a me e sposta il libro di lato. Riesco a udire il suono dei tuoni. Si sta per abbattere la tempesta e alla TV hanno già diramato l'allerta meteo. Mi ritengo fortunato perché, a causa del maltempo, non potrò uscire e così posso restare a casa dei miei genitori, magari a guardare delle videocassette di me da piccolo e gli aneddoti buffi di mia sorella. Guardo in direzione della finestra: la pioggia scende fitta e l'inizio del temporale crea una strana atmosfera.

«Eric?». Domando rivolgendo la mia attenzione su mia madre. Sono settimane che non ho sue notizie, non so nemmeno se le cose con Christine, -la sua ragazza-, sono state risolte o meno.

Mia madre arriccia le sue labbra sottili in una smorfia. «Non ho idea. Ho provato a telefonare ieri sera ma niente, devia tutte le mie chiamate». Riesco a percepire dal tono della sua voce tanta delusione. Negli ultimi anni Eric è molto cambiato, ora sembra essere diventato una persona diversa. È diventato più menefreghista, anche nei confronti della sua stessa famiglia.

«Si farà vivo lui, ne sono sicuro», rispondo incerto ma allo stesso tempo sento la necessità di rassicurare mia madre. Mia madre annuisce quasi distrattamente, come se non ci credesse nemmeno lei. «cosa stavi vedendo lì?» indico il libro solo per aprire conversazione.

«Niente» lo mette via ridendo. «solo vedere qualche nuova ricetta, ma comunque tua sorella è andata dagli Hale», si rabbuia immediatamente e abbassa lo sguardo. Mi irrigidisco immediatamente quando sento il cognome. Non tendo molto a parlare di quella famiglia, anche se Bella ha sempre quasi necessità di farlo. Ignoro i battiti del mio cuore che hanno iniziato a battere più veloce del solito. Quello che sto provando è solo legato a un flebile ricordo. «povero uomo, era così gentile». La vedo scuotere la testa e si morde lievemente il labbro. La mia famiglia è sempre andata d'accordo con gli Hale, per varie ragioni e sapere che il capo famiglia non c'è più è qualcosa di devastante che mi ha lasciato inerme, sentendo un vuoto dentro di me, come se qualcosa mi avesse rubato una parte dei miei ricordi, perché ero e sono tuttora legato a suo padre, in una maniera che non riesco nemmeno a descrivere.

«Già» dico quasi meccanicamente mentre sento il nervoso invadere il mio corpo. «non pensavo che Bella andasse da loro». Ricordo le parole di Bella la sera in cui le dissi della sua partenza. Non furono così felici anzi, il contrario.

«Bella ha sempre mantenuto i rapporti con gli Hale, soprattutto con Lillie» si alza in piedi e si pulisce gli occhi. Probabilmente stava per piangere. «Lillie è stata d'aiuto a Bella e lei si sentiva in dovere di andare. Domani credo di farlo anch'io», poi il suo sguardo si posa nuovamente su di me e mi guarda seriamente. «tu verrai?».

La sua domanda mi spiazza completamente. Sono anni che non metto più piede in quella casa. Non sono mai andato nemmeno quando due anni fa, Lillie mi disse di aver trovato alcune mie cose nella vecchia camera di sua sorella. Sono rimaste lì, non ho avuto il coraggio di entrare e di rischiare di farmi invadere dai ricordi. Ho messo fine a quel capitolo della mia vita, ho chiuso definitivamente il libro, non si torna più indietro.

«No» scatto in piedi e mi ricompongo immediatamente lasciando da parte i sentimentalismi e tutto quello che ha che fare con essi. «vado a farmi una doccia se è possibile». Voglio mettere fine a questa conversazione, non voglio rischiare che lei entri in cose del passato e parlare di lei. Mi guarda quasi delusa dal mio cambio d'umore e annuisce senza preferire parola. Prendo il cellulare ed esco dalla cucina e mi dirigo verso le scale con una mano serrata in un pugno.

Non ho più voluto sapere niente. Sono andato avanti e ho trovato un equilibrio. Frequento da cinque mesi una ragazza. Si chiama Monica ed è italo-americana. Ci siamo conosciuti ad una festa di Richard e il giorno seguente siamo usciti insieme per bere qualcosa al pub e da lì abbiamo deciso di continuare a vederci. Mi fa stare bene ed è una brava ragazza. La mia vita va bene così, non voglio più drammi. Non ho più la pazienza per aspettare qualcuno o qualcosa.

Il cellulare vibra e sblocco la schermata del cellulare. È Richard.

Ti va se domani andassimo a giocare una partita a basket? Ho incontrato alcuni amici del liceo. La vecchia banda sta per tornare.

Il messaggio è accompagnato da una serie di emoji ed io rido lievemente. Richard è il mio migliore amico fin dai tempi del mio arrivo in città. Spesse volte l'ho aiutato ad uscire fuori dai guai. È sempre stato una testa calda, su tutto. Non è mai riuscito a tenere la bocca chiusa di fronte ad ogni situazione. Ricordo tutte le risse finite male durante le serate in discoteca. Sono tornato a casa parecchie volte con un occhio nero o un labbro spaccato e ricordo ancora le prediche di mia madre e le risate di mio fratello.

Ah ottimo allora!!! Non li sento da anni praticamente. Fammi sapere l'ora, credo che sarò uno dei vostri.

Spingo la porta ed entro in bagno e mi concedo qualche minuto solo per me, cercando di scaricare e farmi scivolare addosso il nervoso. Non ho motivo per esserlo in realtà.

Volto lo sguardo verso il portone che si è appena chiuso. Bella entra in casa e si toglie il cappello e i suoi capelli biondi catturano la mia attenzione. Ricambia il mio sguardo sorpreso con un sorriso angelico sul volto e si dirige verso di me. Metto il joystick accanto a me e metto in pausa il gioco.

«Finalmente sei tornato» si butta letteralmente al mio fianco e poggia i piedi sul tavolino. Guardo se in giro c'è mia madre: se la vedesse le farebbe una predica che se lo ricorderà fino al natale dell'anno prossimo. «ormai la mamma non dice nulla, si è abituata» ride capendo immediatamente che cosa stessi pensando. A volte mi domando se Bella è in grado di leggere la mente umana o è semplicemente così empatica da riuscire a percepire tutto anche da un solo sguardo.

«Okay se lo dici tu» rido alzando le spalle. «dove sei andata?», chiedo fingendo di essere interessato ma soprattutto ignaro dove fosse.

Abbassa lo sguardo e vedo le sue dita strofinarsi fra di loro, lo fa sempre quando è nervosa o imbarazzata. «Da Lillie...dagli Hale in realtà», si sforza a sorridere ma evita di guardarmi. Mi sistemo meglio sul divano e continuo a guardarla cercando di capire il suo atteggiamento. Sembra quasi che abbia qualcosa da nascondere.

«Non lo sapevo. Hai fatto bene se questo ti ha aiuta a...» cerco di parlare ma lei mi interrompe immediatamente.

«Ad andare avanti?» chiede senza mezzi termini ed io annuisco perché non so cosa dirle. «non ho bisogno di andare avanti, Tristan. Tu sei andato avanti, la nostra vita è andata avanti. Non si è fermata di certo per lei» ghigna velenosa non nascondendo la sua irritazione e la rabbia che ha covato per anni e non ha mai cercato di nasconderla. Bella è sempre stata molto sincera sui suoi sentimenti. Non riesce a tenersi le cose dentro, a differenza mia che preferisco reprimere tutto. Ma ognuno ha il suo carattere. «Lillie era così distrutta, sua madre la conosci finge che non sia successo a lei. È un perfetto funerale, curato nei minimi dettagli».

Non avevo dubbi su questo. La signora Hale è sempre stata molto attenta all'apparenza. Ogni festa che ha organizzato, è sempre stata perfetta suscitando l'invidia di tutti, compresa anche quella di mia madre. Suo marito ha lasciato sempre fare tutto a lei. Erano diversi eppure andavano d'accordo in una maniera tale che per un istante ho desiderato avere quel rapporto anch'io. Tutti a scuola volevamo essere come gli Hale.

«Immagino. Mrs. Hale non si smentisce mai» quasi rido mentre mi appoggio allo schienale del divano. «mamma vorrebbe andare domani, tornerai?».

Alla mia domanda lei ride e si alza in piedi. È tornata ad assumere una postura fiera e il suo sguardo è così sicuro. «No, non ci tengo» si allontana da me per evitare altre domande, domande che non le farò. Non mi fingerò interessato a conoscere i particolari della famiglia Hale.

L'aria è fredda quando esco dalla macchina. Mi guardo intorno mentre lascio scivolare le mani dentro alla giacca marrone e mi dirigo verso il campo di basket. Sono anni che non metto piede in questa parte della città. Probabilmente perché ho perso i rapporti con i miei vecchi amici e non ho più sentito il bisogno di tornare.

Come arrivo al campo, trovo già Richard e alcuni ragazzi seduti sulle vecchie panche di metallo. Richard scatta in piedi appena mi vede entrate in campo e batte la mano sul ragazzo seduto alla sua destra.

«Manchi solo tu» ride mentre mi circonda il la spalle e il collo con il suo braccio. «ti sei per caso perso?».

Rido insieme a lui. «Bella mi ha trattenuto a cena» roteo gli occhi e mi svincolo dal suo abbraccio. «pensavo che uscissi con la tua ragazza».

Annuisce alzando le spalle. «Ti ho pure scritto che ci dovevamo vedere quindi. Comunque, è uscita con le sue amiche, credo che siano andate al centro commerciale» . Controlla un attimo il cellulare e lo ripone immediatamente nella tasca dei pantaloni della tuta blu.

«Ha fatto bene», non oso dire altro perché la cosa non mi riguarda. «ma come mai hai voluto fare questa partita? Potevamo andare al pub e berci qualcosa, oggi c'era la partita». Di solito è il nostro programma, birra, partita e guardare le ragazze, ma solo per un nostro divertimento, non per altro.

«Lo so e volevo vedere la partita ma ho incontrato Nate fuori dove lavoro e niente eccoci qui» lo indica con lo sguardo e quest'ultimo è seduto a terra stringendo la palla arancione al petto. Ricordo quanto fosse bravo a basket, a scuola era uno dei migliori giocatori e ha pure vinto una borsa di studio, ma non so se ha continuato a coltivare questa sua passione o semplicemente si è dedicato ad altro come abbiamo fatto un po' tutti.

«Nate» esordisco il suo nome per attirare la sua attenzione e lui si volta immediatamente verso di me e il suo viso sembra illuminarsi appena mi vede. Allunga le sue labbra in un sorriso e scatta in piedi. «sono anni che non ti vedo», gli vado incontro e fa la stessa cosa anche lui. Ci stringiamo in un abbraccio ed entrambi ci battiamo una mano sulla schiena.

«Direi la stessa cosa di te. Non esci più con noi e soprattutto hai smesso di frequentare queste zone», lo dice ridendo ma è la verità. Se non fosse stato per Richard probabilmente non ci sarei mai tornato.

«Hai ragione, non credo di avere scuse», sospiro ma con un sorriso e raggiungiamo gli altri che continuano a conversare come se non ci fossimo. «sei ancora con Kelly?».

Lo vedo scuotere la testa e per un attimo vedo attraversare un barlume di tristezza nei suoi occhi scuri. «È finita qualche settimana fa. Mi ha...tradito con il suo migliore amico, diceva che...gli piacevano i maschi ma era una stronzata», la sua mano destra si serra in un pugno e lancio un'occhiata a Richard che scrolla le spalle e mi guarda come se avessi toccato un tasto dolente, probabilmente l'ho fatto ma ingenuamente, non potevo saperlo.

«Mi dispiace» riesco a dire. Non sono mai stato di conforto. Non sono mai stato bravo a consolare le persone, neanche me stesso in realtà. Sono stato sempre una frana nei rapporti umani, probabilmente è per questo che molte persone che ho amato hanno deciso di andarsene via da me.

Rialza lo sguardo e sorride, come se non fosse successo niente. È sempre stato così: Nate odia mostrarsi debole agli occhi delle persone, un po' come me. «Non ti preoccupare, ormai è acqua passata, devo solo accettarlo fino in fondo e non è facile. Dopotutto siamo stati insieme per quasi dieci anni».

Richard avanza verso di noi mettendosi in mezzo e capisco il perché lo stia facendo. Non mi oppongo e prendo il pallone da basket e lo faccio balzare a terra e la palle batte dapprima a terra e poi contro il palmo della mia mano. Proseguo dritto verso il canestro e sollevo il pallone senza sbilanciare troppo il mio corpo. Incurvo un po' la schiena e lancio la palla in aria in direzione del canestro. È da un sacco di tempo che non gioco a basket. Il pallone batte prima sul tabellone che regge il canestro e poi si infila dentro al cerchio con la rete e canestro. Provo un senso di soddisfazione e mi volto a guardare i miei amici che mi guardano con aria compiaciuta.

«Quello sì che è un tiro da tre punti Mitchell», esordisce con enfasi Richard battendo la mano sul petto di Nate.

Sorrido soddisfatto riprendendo la palla. «Dopotutto sono sempre stato più bravo di te», lo guardo con aria di sfida e gli lancio la palla e la prende senza troppi sforzi e corre dritto verso il canestro e dopo aver preso la mira tira ma la palla batte il cerchio e finisce a terra, non centrando il canestro. «ecco appunto. Non fare lo sbruffone con me, Richard» strizzo un occhio e vedo gli altri mettersi in piedi accanto a Nate. «volete giocare tutti contro di me? Così è sleale ragazzi», rido accogliendo la sfida senza un minimo di esitazione.

A fine partita il risultato è netto. Ho appena vinto con alcuni punti di vantaggio, per di più da solo. «Giuro di non essermi allenato in questi anni, sono pure fuori forma» scivolo a terra premendo la schiena contro la rete che circonda il campo.

«Ma smettila» Nate mi spinge di lato ridendo e beve l'acqua dalla sua bottiglia. «se tu sei fuori forma e dici di essere arrugginito, allora io ho ottant'anni». Rido insieme a lui e con noi anche gli altri.

«Eppure mi domando perché non hai cercato di entrare in una squadra anche di bassa categoria» Richard mi guarda con serietà. A quei tempi ci avevo anche pensato ma era una cosa troppo grande e distante da potersi realizzare. Poi non avevo la mentalità giusta, troppi problemi per la testa.

Alzo le spalle sospirando. «Non era quello che volevo». Dico seriamente e prendo una bottiglia d'acqua e inizio a berla lentamente. L'aria si è raffreddata ed io sono sudato dalla testa ai piedi. Sento la maglietta bagnata e appiccicata alla pelle. Odio questa sensazione. «ho bisogno seriamente di una doccia» dico mentre mi alzo da terra e prendo la mia giacca.

«Se vuoi puoi passare da me» interviene Richard. «ordiniamo la pizza e guardiamo qualcosa, ovviamente possono venire tutti», sposta il suo sguardo sui ragazzi.

Nate scuote il capo in segno di negazione. «No domani mattina devo andare con mia sorella in ospedale. Suo marito non può accompagnarla alla visita». Ci sorride dispiaciuto.

«Quale visita?», inarco un sopracciglio confuso. Mi rendo conto di non sapere nulla delle loro vita.

Richard ride. «È vero lui non lo sa. Sua sorella è incinta, domani ha la seconda ecografia». Guardo Nate con emozione e mi avvicino a lui per abbracciarlo, felice per la notizia e di sapere che avrà un nipote.

«Sono contento per te, amico», gli prendo il viso fra le mani con entusiasmo, come se fosse lui a diventare padre. «allora dalle i miei migliori auguri», sorrido sincero.

Lui annuisce e ci saluta poco dopo e così fanno tutti e restiamo solamente io e Richard. «A quanto pare dovremmo cenare soli». Scrolla le sue spalle ridendo ed io annuisco. «tu non hai impegni vero?».

Scuoto il capo in segno di negazione. «Monica è con la sua famiglia», esordisco indossando la giacca. «mi dispiace disturbarti». Non sono il tipo di persona che invade gli spazi altrui. Non mi è mai piaciuto invadere la vita delle persone e i loro spazi personali.

«Scherzi?», mi da una pacca sulla spalla così forte che vengo spostato di lato di alcuni passi. «non disturbi affatto. Ti ho invitato io. Non sei per niente cambiato, Mitchell». Mi prende allegramente in giro raccogliendo le sue cose e insieme ci dirigiamo verso il parcheggio. «dovremmo rifarlo, mi sono divertito molto. A volte vorrei tornare al liceo sai. Zero preoccupazioni e tanto di quel sesso».

«Non cambierai mai». Rido insieme a lui. Vorrei dirgli che desidero la stessa cosa ma mentirei spudoratamente. C'è solo una ragione per cui non desidero affatto di tornare indietro nel tempo e rivivere tutto daccapo ogni cosa. Mi sono scottato già una volta e mi basta e mi avanza per tutta la vita.

«Con Monica hai intenzione di fare le cose seriamente?». La sua espressione cambia immediatamente. Il ghigno divertito sul suo viso ora è sparito e lascia spazio ad uno sguardo serio e le labbra sono serrate in una linea dritta e dura.

Lo guardo con incertezza. È una domanda che mi sono posto anch'io molte volte e non sono mai riuscito a trovare una risposta, definitiva. Monica mi fa stare bene ed è sempre rispettosa e carina nei miei confronti, si prende cura di me nonostante sia distante e sembro essere distaccato. Mentirei a me stesso se dicessi che ho immaginato la mia vita con lei al mio fianco, non voglio dire bugie.

«Non lo so. Io e Monica non ne abbiamo mai parlato». Non conosco nemmeno se pensa a noi in quel modo o se ci immagina insieme, magari una famiglia. «non amo fare programmi, lo sai mi conosci. Lascio che le cose accadono e basta», mi rifugio nelle mie stesse parole che ormai sono diventate la mia zona comfort. «ogni volta che faccio un programma, finisce sempre che succede qualcosa che me lo smonta». È sempre stato così per tutto: viaggi, la casa nuova, le mie vecchie relazioni, tutto.

Lo vedo annuire interessato alle mie parole. «Credo di ritrovarmi nelle tue parole», apre la portiera della sua macchina e butta dentro lo zainetto. «se non sei sicuro di compiere qualsiasi passo, allora non farlo e se Monica non ne ha ancora parlato, evidentemente nemmeno lei si sente pronta». Una piccola parte di me spera che sia così. Spera che Monica non metterà mai in mezzo questa questione, finiremo per litigare perché difficilmente accetta che le persone la pensino diversamente da lei.

Mi guarda con sospetto, anzi, come se avesse qualcosa da chiedermi. «Non sei pronto vero?». Richard è uno dei pochi amici di cui mi fidi veramente e conosce ogni cosa della mia vita. Sa tutto e non ha mai giudicato le mie scelte. Lo guardo incerto ma confermo le sue parole. «dopo quella delusione non ti fidi più di una donna».

La sua non è una domanda ma un affermazione perché sa benissimo ciò che ho passato in questi anni, gli stralci che mi porto dentro e dietro da quasi undici anni. «No, ma con Monica è diverso da qualsiasi ragazza che ho avuto», forse sto solo cercando un modo per giustificarmi di questa relazione, o semplicemente mi costringo a farmela andare bene.

«Infatti lei è una brava ragazza» confermo lui stesso ciò che penso di lei. «forse hai solamente paura di ricevere un'altra batosta e ci sta. Quella relazione è stata la più importante».

Deglutisco mentre sento le mani sudate. «E la più dolorosa, fatto per cui non mi va di parlarne» ghigno velenoso. In realtà non sono irritato da lui, ma da me stesso. Quando si tratta di parlare di Perrie Hale mi chiudo a riccio e cambio immediatamente l'umore. Eppure sono trascorsi anni da quando ci siamo lasciati. Da quando lei ha deciso di lasciarmi.

«Prima o poi dovrai pur superarla».

Non commento seppur ha ragione. Ho finto tutto questo tempo di averlo fatto, semplicemente perché non volevo dare spiegazioni a nessuno, né a mia madre e né a qualsiasi altra persona.

Esco dalla doccia mentre il vapore dell'acqua calda si sparge nella piccola stanza. I vetri sono appannati mentre sento le gocce d'acqua scivolare lungo il mio corpo e cadere a terra. Con una mano tolgo i segni del vapore e guardo la mia figura allo specchio. I capelli bagnati mi penzolano lungo il viso, forse dovrei andare dal barbiere per renderli più corti.

Forse ha ragione Richard, forse dovrei seriamente cercare di trovare un modo per andare avanti. Eppure ho una persona, frequento Monica da un bel po' ma continuo a sentirmi bloccato, come se non potessi più provare qualcosa per una donna. Impreco mentre stringo il bordo del lavandino nella mano, fino a fare diventare le mie nocche bianche. Mi sento in gabbia, in trappola.

«Hai fatto? Che dovrei anch'io», sento la voce di Richard fuori dalla stanza e bussa ripetute volte. Sbuffo mentre prendo un asciugamano e strizzo i capelli e con uno più grande, lo avvolgo intorno alla vita. Apro la porta e me lo ritrovo davanti con un sorriso sul volto. «sembra che tu abbia fatto la lotta con la doccia», mi prende in giro e la sua mano batte sulla mia spalla. Richard ha questa capacità di ridere e trovare tutto divertente, non so come faccia.

«Non rompermi le palle», ghigno velenoso ed esco dal bagno e raggiungo la sua stanza. Lascio cadere l'asciugamano a terra e mi dirigo verso il letto dove il mio amico ha preparato i vestiti puliti.

È sempre la solita storia con lui: appena mi vede in crisi deve tirare sempre fuori quella storia. Lo capirà mai che esistono persone che non vogliono parlare del loro passato? Sbuffo mentre indosso dei pantaloni di una tuta, mi sta un po' grande ma non mi importa. Cerco il telecomando della TV per tenermi occupato e devo trovare un modo per cacciare via i pensieri e quelle domande senza risposta da quando lei mi ha lasciato.

Spazio Autrice.

Buon Marzo!!!

Eccoci qui tornata con un nuovo capitolo di questa storia. Mi sta prendendo un sacco sinceramente, ho tutte le dinamiche nella testa e non vedo l'ora che Tristan e Perrie si incontreranno e chissà come sarà il loro incontro.

Ho deciso di raccontare un po' il punto di vista di Tristan, voglio farvi capire il tipo di persona e che cosa prova, ma soprattutto se è stato in grado di andare avanti con la sua vita.

Voi che cosa ne pensate? Io ho già una risposta 🤣

Mi scuso per gli errori e per tutto il tempo impiegato ma sto seguendo un corso online, purtroppo e non ho un attimo di pace. Help me!!!

Buon pomeriggio. ^^

-xxSusy

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