8.

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Susy.

Senza alcun senso.

Spengo il motore della macchina e sospiro quasi di soddisfazione. L'aria è fredda mentre esco dalla macchina e il vento mi punge il viso. Il tempo sembra davvero rispecchiare il mio umore. Forse è l'unica cosa che riesce a farmi sentire viva, sentire il pungere sul viso e sentire i miei occhi pizzicare dal freddo e il rossore del mio naso.

Prendo la borsa e scendo le scale che portano alla spiaggia. È sempre stato uno dei miei posti preferiti. Fin da quando sono piccola mi sono sempre rifugiata qui, lontano dagli occhi indiscreti e a contatto con il mare. Il mare è sempre stato presente e fondamentale nella mia vita, mi ha sempre aiutata e dentro alla mia solitudine, non mi sono mai sentita sola. È come se capisse i miei sentimenti e riuscisse a tenere a galla il tutto senza annegare. È una cosa surreale.

Come infatti la spiaggia è completamente vuota, sorrido perché così non rischio di essere disturbata. Mi siedo non troppo distante dalla riva, ma abbastanza lontana da non bagnarmi. L'acqua deve essere sicuramente gelida. Guardando la schiuma di mare perdersi nella sabbia, nutro un forte desiderio di tuffarmi e di sentire il mio corpo in balia delle onde. Ma so che è folle immergermi nelle acque fredde, rischierei un collasso.

Rimuovo quel pensiero dalla mia testa mentre schiaccio le ginocchia al petto e poggio il mento sopra di esse e sospiro. Cos'altro potrebbe andare storto nella mia vita? Sto perdendo tutto...l'unica cosa che mi fa restare aggrappata è il lavoro, o almeno quello che mi resta.

Chiudo gli occhi mentre lascio che l'odore della salsedine mi penetri dentro alle narici cercando un sollievo chiamato calma. Non è stato facile andarmene via, soprattutto in quel modo, non è stato per niente facile lasciarmi tutto alle spalle alla ricerca di una nuova realtà, una nuova normalità. Cosa avrei potuto fare altrimenti? Ero ancora una ragazzina inesperta che pensava alla scuola e al suo ragazzo. Non avevo mai affrontato un dolore così terribile, così crudo da rompermi in frantumi facendomi sentire nuda, esposta...vulnerabile. Mi sono sentita così sporca, così in colpa. Continuavo a ripetere a me stessa: è colpa mia, è solo colpa mia. Anche ad oggi continuo ad avere lo stesso pensiero, nulla è cambiato solo il fatto che ho trentuno anni e vivo a Seattle.

La vita lì è diversa ma non sono io. Mi sento come se fossi un robot programmato. Ho iniziato ad organizzare la mia vita, le mie giornate...tutto. Più controllo, più perfezione fino a ridurmi a dover fare appello ai miei ansiolitici. Rido di me stessa per quanto sia caduta così in basso e per essermi ridotta ad un niente. Non sono mai stata una persona che programma la vita, ma ad oggi sono stata costretta a farlo.

Mentre gli altri si divertivano ad uscire, a fare festa, ad andare al cinema, io ero chiusa in camera a piangere tutte le lacrime del mio corpo. Ero impazzita: ricordo di aver rotto lo specchio in camera mia e di aver bruciato parte dei miei vestiti. Mi ero giustificata la mattina seguente con la mia famiglia dicendo di aver litigato pesantemente con Tristan e due giorni da quella mattina, non ero più in quella casa, ma sul taxi in direzione aeroporto, con la prima meta che ho trovato sul sito web dell'agenzia di viaggio.

I mostri che porto dentro di me sono come degli avvoltoi che hanno annusato la mia debolezza, continuando poi a volarmi intorno, in attesa di un buon momento per colpirmi, di nuovo, ancora e ancora una volta. Come un tormento, un circolo vizioso dal quale non puoi uscirne facilmente. E ci sono riusciti e il pensiero mi fa ancora rabbrividire. Sento i brividi lungo la pelle e ansimo silenziosamente come se fosse ancora quella sera. Niente è cambiato da quando sono andata via. Gli altri sono andati avanti e io sono rimasta la stessa ragazza disastrata di sempre.

Blue mi apre il portone e prende le mie cose, si tratta di poche cose in realtà, non ho portato dietro molto, tanto non resterò a lungo.

«Spero che non sarò una pessima coinquilina», dico mentre la guardo con un velo di ironia nella voce. È difficile per me abituarmi a nuove persone e dividere i miei spazi con un'altra. Con Jenny all'inizio è stato davvero un disastro.

Alza le spalle e sbuffa. «Semmai il contrario». Mi guida verso la stanza alla mia destra. «era la stanza di mia sorella quando veniva a trovarmi. Ci sono ancora alcune sue cose», mi informa prima di metterci piede e una volta dentro inizio a guardarmi intorno incuriosita.

È piccola rispetto alla sua, ma sembra allo stesso tempo confortevole. Ha un letto ad una piazza e mezza con le lenzuola bianche e un copriletto di un viola chiaro. Ci sono dei piccoli comodini bianchi con un vaso e un fiore finto. Ci sono ancora dei vestiti piegati e messi sulla sedia, quasi come se si fosse dimenticata di prenderli. L'armadio è piccolo con lo specchio al centro.

«È molto bella», sorrido mentre mi avvicino alla portafinestra con le tende grigie. «hai buon gusto», ridacchio mentre noto che la vista del piccolo balcone da ad un piccolo viale.

«Quella stradina porta al parco dietro casa», parla Blue come se avesse intuito la mia curiosità. «è comoda per evitare l'intero giro». Prosegue vedendomi interessata a guardare ancora la stradina.

Mi volto a guardarla. «Non conoscevo davvero quella strada, eppure da ragazzina passavo molto spesso da queste parti», mi sento confusa. Probabilmente non conosco così bene la mia città, magari ci sono ancora dei posti ancora che non ho visto. Ma la maggior parte delle volte io e Tristan, andavamo in spiaggia, al campo di basket, a casa sua, nel vecchio parco quasi vicino alla scuola. Una volta mi ricordo che mi ha portata in questo enorme parcheggio, c'erano un sacco di pickup parcheggiati con il portabagagli aperto. Ricordo il mio stupore e il suo prendermi in giro perché non riuscivo a capire cosa stesse succedendo. Non eravamo ancora fidanzati. Alla fine, mi ha portata al drive in, abbiamo visto un vecchio film in bianco e nero e a fine serata, entrambi abbiamo compreso i nostri sentimenti e da quella sera siamo stati insieme. Il pensiero di quella notte mi provoca un brivido lungo la schiena. Non sono più riuscita a trovare tale felicità e provare tutto quell'amore.

«Ehi...va tutto bene?», Blue poggia la mano sulla mia spalla appena intuisce che mi sono persa nei miei pensieri, ancora una volta. Alzo lo sguardo e scrollo le spalle fingendo un sorriso. Non ha importanza adesso quello che sto provando. È solo nostalgia e amarezza. Ora entrambi non proviamo più le stesse cose e specialmente ora, lui mi odierà a morte.

«Sì scusa, sono solo stanca», è quello che ripeto a tutti da mesi, da anni e tutti finiscono per crederci. L'indifferenza delle persone, a volte mi fa restare basita.

«Ti preparo qualcosa da mangiare. Sono sicura che non hai fatto colazione», ride ed esce dalla stanza senza nemmeno attendere la mia risposta. Non che io abbia moltissima fame, ma è vero non ho fatto colazione. Non mangio un pasto decente da settimane.

Apro la valigia e prendo dei vestiti puliti e inizio a cambiarmi. Appena tornerò a Seattle dovrò buttare via tutti questi vestiti, anzi li darò in beneficenza nella piccola chiesa fuori dalla città. Sento di aver bisogno di cambiare ancora la mia immagine. Sto cercando spudoratamente me stessa, cambio in continuazione alla ricerca di me. Non mi sento me stessa in nessun contesto e in nessuna situazione. Non sono la donna da vestiti firmati e tacchi alti ma non mi sento nemmeno di essere la donna da jeans e magliette e scarpe da ginnastica, super comode adatte anche per qualche partita di tennis. Allora chi sono? Cosa sto diventando? Semplicemente una versione nulla di me stessa?

I miei pensieri vengono interrotti dalla vibrazione del mio cellulare. È Michael, di nuovo. Perché non mi lascia semplicemente in pace? È una brava persona, non merita di perdere tempo dietro ad un qualcosa di impossibile.

Sei ancora a casa? Quando torni a Seattle, ti va di vederci? Anche solo per un caffè, credo di meritarlo. Credo che abbiamo bisogno semplicemente di parlare. Non mi arrendo facilmente. Sai che posso aspettarti per sempre e ti ho sempre detto di fidarti di me.

A leggere il suo messaggio, sbuffo infastidita dalla sua continua insistenza. Perché non si rende conto che non riesco a fidarmi di nessuno?

Michael ti ho già detto l'altra volta che è inutile stare a perdere del tempo. Non è colpa tua se la cosa non ha funzionato. Non ho bisogno di un caffè e di parlarne, io ho già preso la mia decisione.

Invio senza neanche perdere tempo e appena metto via il telefono, Blue entra con un vassoio e un enorme sorriso stampato sul volto. «Ho preso un po' di tutto, spero che non ti dispiaccia». È così gentile con me che quasi mi sento in colpa per non ricambiare il suo stesso entusiasmo.

«Non dovevi, andava bene anche una tazza di caffè», non sono abituata a fare grandi colazioni. Un caffè mi è sempre andato bene. «ma ti ringrazio», aggiungo non appena noto il suo cambio di espressione. Poggia il vassoio sul letto in modo da farmi iniziare a mangiare e ciò che vedo, potrebbe aprire lo stomaco a chiunque.

Prendo una brioche con lo zucchero a velo sparso sopra. Non ho tanta fame ma non voglio deludere la gentilezza di Blue. Il sapore della brioche e del cioccolato sembrano fondersi in bocca lasciandomi una sensazione di dolcezza e di piacere.

«Buona», ammetto prendendo il piccolo bicchiere di spremuta d'arancia. «non mangiavo una brioche così deliziosa da mesi».

Il suo sorriso su allunga di più e quasi arrossisce. «Trovo che sia la migliore del paese. È una pasticceria italiana, ha aperto da poco tempo e non posso rinunciare a tanta bontà». Si finge di leccarsi i baffi per enfatizzare che le piace. Sono sorpresa ma mi domando se la vecchia pasticceria esiste ancora e se la signora Emily ci lavora.

«Io da piccola andavo dalla signora Emily a comprare i dolci», lo dico quasi con un velo di malinconia. «erano buonissimi i dolci e lei era super gentile, alcune volte andavo a darle una mano visto che suo figlio era spesso fuori per le consegne». Non mi è mai pesato dover dare una mano, anche perché era anche un ottimo modo per guadagnare qualcosa di soldi e di non restare sempre chiusa in camera.

«Non so chi sia Emily sinceramente», alza le spalle quasi dispiaciuta e mi rendo conto che probabilmente ha chiuso la sua attività. In fondo questa città è andata avanti anche senza di me.

Nel tardo pomeriggio arrivo davanti casa di mia madre. Non so ancora bene come definirla. Domani pomeriggio ci sarà la lettura del testamento ed io non sono pronta per affrontare l'ennesima discussione e dovermi subire gli sguardi di mia madre. Recupero la borsa e mi dirigo verso le scale. Mi lascerò di nuovo tutto questo alle spalle e sarà tutto di nuovo finito, anzi, tutto di nuovo falsamente finito.

Alla soglia del portone, noto una lettera a terra quasi sopra al tappetino di ingresso. Raccolgo la lettera e leggo il mittente. Un certo signor: J. Cox. Non so chi sia ma la lettera è destinata a mia madre. Sarà sicuramente uno dei tanti amici di mio padre che le avrà scritto per farle le condoglianze. Il portone si apre e davanti a me comprare la figura di mia sorella. Ha delle evidenti occhiaie, sta dormendo poco, probabilmente è difficile riuscire a stare dietro a tutto. I suoi capelli bruni sono legati in una coda di cavallo e ha indosso un golfino nero e dei pantaloni scuri.

«Perrie, non ti aspettavo». La sua espressione di sorpresa combacia perfettamente con il tono di voce. Si scosta di lato per farmi passare. «ho provato a cercarti in quel motel ma mi hanno detto che eri andata via. Pensavo fossi tornata a Seattle».

«No, ho conosciuto una ragazza che mi ha ospitato in casa sua», le dico con tono neutro perché non ho voglia di litigare, non ancora, non di nuovo. «mamma è in casa?».

«No», mi affianca «la sua amica Tina è venuta a prenderla, sai com'è sta cercando di farla parlare. Conosci nostra madre, non mostra mai i suoi sentimenti», infine sospira a quelle parole dando voce ai miei pensieri e provo un lieve senso di soddisfazione perché non sono l'unica ad averlo notato.

Un po' come te, vorrei dire ma resto in silenzio. «Credo che sia una missione al quanto impossibile ma tentare non nuoce», entriamo entrambe in cucina e noto con non molta sorpresa, i piatti e i bicchieri sporchi ancora nel lavello.

«Non abbiamo avuto tempo di farli» si giustifica alle mie spalle ma non c'è bisogno. Prendo i guanti e la piccola spugnetta verde e inizio a mettere in ordine. È il minimo che posso fare. «ho incontrato Bella ieri, mi ha detto che tu e Tristan vi siete visti». Mi irrigidisco completamente alle sue parole. Non pensavo che Tristan si confidasse con sua sorella di me. Fingo di non essere colpita e continuo a pulire i piatti, usando anche più forza del dovuto.

«Sì...nulla di che», non voglio che sappia che l'incontro con il mio ex fidanzato mi ha turbata più di quanto mi aspettassi. Ero consapevole di vederlo appena arrivata qui.

«Bella sostiene che avete avuto una discussione» insiste, come sempre fa parte del suo carattere intromettersi nelle questioni altrui.

Sospiro cercando di trattenere l'irritazione. «Credo che sia normale dopotutto questo tempo. Lui mi odia e ce l'ha con me, come tutti. Io non sono tornata a chiedere il perdono di nessuno». Chiudo gli occhi mentre le dita stringono con forza la spugnetta facendo uscire quasi tutta la schiuma.

«Perrie», il suo tono si addolcisce. «Tristan non ti odia, soltanto che non capisce e non ha nessuna risposta a tutto, come tutti noi. Tristan ti ama ancora». Il cuore cessa di battere letteralmente al suono di quelle cinque parole, cinque parole che sono dolorose e pesanti come un macigno. Non credo di riuscire a reggere tutto il carico.

«No», urlo e mi volto a guardarla, con rabbia e disperazione. «non mi ama, è passato troppo tempo ed eravamo giovani. Sapevamo benissimo che non potevamo stare insieme per tutta la vita». Quelle parole mi distruggono letteralmente, facendomi quasi perdere l'equilibrio e ritrovarmi a terra come se non fossi più in grado di camminare. Ci speravo, ci credevo, lo desideravo con tutta me stessa stare insieme a Tristan.

Lei avanza verso di me, con un'espressione di dolore che segna il suo viso. «Non farti del male, Perrie», esordisce con voce lacerata. «ho visto nascere e crescere la vostra relazione, non è sa tutti avere quella cosa». Nei suoi occhi riesco a percepire la sincerità nelle sue parole, una fragilità che non mi ha mai mostrato in tutta la sua vita. Lillie Hale mi sta confortando, per la prima volta nella sua vita sta dimostrando di avere anche lei un cuore. Ne avevo bisogno all'ora...!

«Non importa», mormoro in balia dei miei stessi sentimenti. C'è una lotta infinita dentro di me: tra il resistere e lasciarsi andare. Ma lasciarsi andare fa così tremendamente paura ma anche continuare a resistere di avere una fasulla vita, non è così semplice e immune ai sentimenti. «non voglio più parlare con Tristan. Ormai...ormai è un capitolo chiuso e ti ripeto...mi odia dovevi essere lì per capire come mi ha guardata. Non mi ha mai guardata in quel modo, mai, nemmeno quando litigavamo pesantemente». Preciso serrando la mano destra in un pugno ricordandomi dei suoi occhi e del suo sguardo. Uno sguardo pieno di rabbia, i suoi occhi scuri come un mare in tempesta. I muscoli rigidi dalla rabbia, il petto gonfio e le mani chiuse in dei pugni. Tristan mi odia. Quello sguardo pieno di rabbia e di odio, era ed è per me.

«Tristan è solo confuso», continua a difendere le reazioni del suo ex cognato. «non si aspettava niente del genere. Ma adesso...».

Alzo la mano mettendola di fronte al suo viso. «Non un'altra parola, per favore», non voglio che continui la frase. Non sono pronta a conoscere dei dettagli della sua vita senza di me. Per assurdo se scoprissi che ha una fidanzata, non riuscirei a reggere e sopportare il peso di tale notizia. Mi sentirei gelosa e messa da parte, dimenticata. Ma che diritto ho di pretendere che Tristan non sia andato avanti senza di me?

Temo che una piccola parte di me, spera di essere ancora nel suo cuore e che mi stia aspettando.

Spazio Autrice.
Eccomi con un nuovo capitolo. E bene sì dopo quasi due mesi sono tornata.
Scusate l'assenza ma ho avuto un po' di cose da fare con il corso e non riuscivo a trovare il modo di continuare questo capitolo.

Mi scuso per eventuali errori presente nel testo, correggerò appena possibile.

La nostra Perrie continua ad essere tormentata dai suoi stessi sentimenti, cosa succederà se scoprisse che l'amore della sua vita, ha una ragazza?

Spero che il capitolo vi piaccia.

A preso, baci.

Xx

-Susy

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