Capitolo 1

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8 Gennaio 1997 Birmingham Alabama

-Cosa risponderesti se ti chiedessero "quale lavoro ti piacerebbe fare?" Non è una domanda a cui si può rispondere con sincerità, perché dentro di noi la domanda cambierà e diventerà: "prediligi  il lavoro dei tuoi sogni o il lavoro che ti assicurerà una situazione stabile?" La maggior parte di voi ha come sogno diventare un VIP, un attore famoso, il più grande calciatore di sempre, o il cantante che farà la featuring con Britney Spears o unirsi ai "Backstreet Boys" o ai "Take That",  dunque perlopiù sogni che soltanto la fata turchina potrebbe esaudire, e non andrebbero a collegarsi a una stabilità economica, perché potreste fallire e vivere sotto un ponte con il nostro amico infondo alla sala... Brad- L'uomo si alzò davanti ad una cinquantina di persone sedute ad ascoltare il ragazzo con il microfono, e con un gesto ringraziò il giovane.

-Quindi carissimi amici, vi suggerisco di scegliere una terza via...- aggiunse facendo un cenno al tecnico di fare partire il proiettore.

Su un lenzuolo veniva proiettato un piccolo video di una compagnia che si occupava di investimenti e di titoli azionari. -La Freerose, a poche miglia da qui sta per nascere una seconda sede qui in città e vi assicuro che sono assetati di nuovi dipendenti da fare arricchire, vi proporranno un contratto indeterminato e in soli due mesi farete più soldi di quanti ne farete facendo i medici, ingegneri, designer eccetera-

Iniziò un brusìo in tutta la sala, si iniziò a discutere su quale fosse la scelta giusta e se accettare una tale offerta.

Alla fine dell'incontro il ragazzo andò in bagno e si sciacquò il viso con dell'acqua, era ancora stressato dopo il discorso fatto davanti a tutte quelle persone e aveva bisogno di qualche minuto.

Entrò dalla porta del bagno un uomo in giacca e cravatta, si mise accanto a lui e si lavò le mani con il sapone mentre osservava il ragazzo appoggiato sul lavandino con la testa chinata verso il basso.

-È andata bene  Charles, non ti disperare d'altronde è il tuo lavoro e non è neanche colpa tua se le persone a cui hai parlato sono così stupide da cascare nel nostro tranello- disse l'uomo procurandosi della carta.

-Ho soltanto bisogno di qualche secondo, voglio solo stare in pace...- borbottò Charles.

-La vuoi?-chiese l'uomo offrendogli della carta, lui la prese e si asciugò il volto guardandosi allo specchio.

-Ci vediamo la prossima settimana Charles, e mi raccomando più grinta la prossima volta!-esclamò dando una pacca al ragazzo.

Charles sembrava stremato e pareva che per tutto il giorno non aveva fatto altro che ripetere la stessa cosa, lo stesso discorso, d'altronde era soggetto a gli ordini del suo superiore e non poteva sottrarsi o lamentarsi per giornate come quella che aveva avuto.

Uscendo dall'edificio che altro non era che il suo ex liceo, andò verso la fermata dell'autobus distante poche miglia da lì.

Il sole era tramontato e le strade buie erano illuminate soltanto da qualche lampione che non faceva neanche bene il suo dovere, l'atmosfera era quasi paurosa e non si poteva escludere neanche la possibilità che qualche malvivente ne avrebbe approfittato per aggredirlo.

Arrivato alla fermata si sedette su una panca con la sua borsa contenente tutti i suoi fogli su cui c'erano scritti i discorsi da fare in quegli incontri.

Finalmente dopo qualche minuto arrivò il bus e si fermò davanti a lui facendolo salire, da lì in poi si sarebbe diretto verso il capolinea.

Abitava in un condominio vicino alla stazione dove purtroppo le condizioni non erano delle migliori e girava certa gente con cui era meglio non avere a che fare.

Il viaggio in bus fu riflessivo, Charles stanco poggiò la testa sul vetro, che era sporco e pieno di graffiti e disegni che lasciavano a desiderare, fissava il vuoto pensando alla vita faticosa e inutile che conduceva, d'altronde neanche lui credeva a ciò che diceva a tutti quei disperati che cercavano qualsiasi maniera per fare soldi facili, ma dentro di sé avrebbe fatto di tutto per scappare da quella routine, anche farsi ingannare e finire sotto un ponte.

Una paga misera, 10 dollari ogni incontro che faceva e ogni giorno ne faceva quattro con un totale di 40 dollari giornalieri e 1200 mensili.

Giunse all'ultima fermata -Tutto apposto oggi Charles? Ti vedo più stanco rispetto al solito- disse l'autista scendendo dal bus insieme al ragazzo.

-Mi serve solo una dormita, niente di preoccupante- rassicurò.

-Va bene, ma lascia che ti accompagni a casa, c'è un sacco di brutta gente in giro- Charles annuì e i due si diressero verso l'auto dell'autista.

Era una Mercedes grigia, sembrava uscita dal concessionario tantoché l'odore degli interni lo confermava.

-Vuoi sapere chi è tornato da poco in città?- chiese l'uomo.

-Non sono bravo ad indovinare, dimmelo e basta-

-Armando... L'uomo con il furgone dei tacos-

-Non sapevo si chiamasse Armando, in verità non so la maggior parte dei nomi dei messicani che vendono tacos e burrito in città, non mi è mai interessato fare amicizia con loro- confessò Charles guardando al di là del finestrino.

-Non importa, se ti va prima di portarti a casa...-

-Cosa? Hai fame? Alle 22:57?- chiese stupito.

-Non ho mangiato per quasi tutto il giorno, tu piuttosto con tutti quei discorsi da... Convincitore di persone non avrai mangiato nulla-

-"Convincitore di persone", Harold ma ti senti quando parli? Senti, ti risparmio la spiegazione su ciò che prevede il mio lavoro e come si chiama quello che faccio -

-Vuoi venire si o no?- ripeté Harold.

-Ho mangiato due ore fa un sandwich con la mostarda, sono apposto- rispose

-Un che? Un sandwich?! Ma per favore! Ti faccio mangiare del vero cibo e non quella sottospecie di spugna- esclamò accelerando e andando verso il furgone.

Arrivati al posto i due scesero dall'auto cercando Armando, Harold fece cenno a Charles di rimanere fermo vicino all'auto e urlò il nome del messicano.

-Armando! Armando!! Perché diavolo non mi risponde?- disse prendendo in mano il cellulare.

Gli fece una telefonata e il telefono squillava proprio dentro il suo furgone, salì aprendo la porta e vide con sorpresa che il cuoco era disteso per terra coperto dal sangue.

Il telefono era accanto al suo piede destro, vibrava mentre il sangue si stava spargendo sempre di più, Harold con una mano sul petto cercò di non mostrare paura per non insospettire Charles, chiuse la porta lasciando tutto per come era e si diresse immediatamente verso la sua auto.

-Armando ha dimenticato qui il cellulare, probabilmente se ne sarà andato a casa... O non so-

-Lascia il suo furgone e il cellulare qui? È strano- commentò Charles.

-Si è strano, adesso sali per piacere- ordinò l'autista.

-Perché sei così agitato? Che hai visto?-

-Non ho visto niente Charles, adesso sali in auto-

-Se smetti di usare questo tono con me potresti anche convincermi, ma facendo così non fai altro che incuriosirmi-

Charles si diresse piano piano verso il furgone, Harold si precipitò verso di lui afferrandolo per la maglietta e allontanandolo dal furgone.

-Ma che cazzo hai in testa? Eh? Se ti ho detto di salire in macchina sali in macchina, chiaro?!-

-Vaffanculo- bisbigliò Charles dando una testata ad Harold e correndo verso la porta del furgone, l'uomo si copri il naso e rimase confuso dopo il colpo ricevuto.

A fermare il ragazzo però fu una luce proveniente dalla strada, una macchina parcheggiata dall'altra parte del marciapiede accese e spense le luci ripetutamente come se gli stessero dando un segnale.

Charles tolse la mano dalla maniglia e si avvicinò al bordo strada assottigliando gli occhi e cercando di vedere chi c'era dentro quel veicolo.

Harold lo afferrò ancora una volta per la maglietta tenendo con una mano il naso che sanguinava e l'altra la maglietta di Charles.

I due salirono in auto e se la diedero a gambe allontanandosi velocemente dal furgone e da quella macchina.

-Ma che cazzo ti passa per la testa? Ti rendi conto che potevano pensare che fossimo dei ladri?-

-Scusami Harold, probabilmente hai ragione-

-"Probabilmente"... È ovvio che ho ragione, ma dimmi, preferisci la galera alla vita che stai facendo?! Non ti basta essere una nullità a lavoro? Vuoi pure essere buttato in una gabbia insieme ai peggiori italiani in circolazione?!-

-Ho solo fatto quello che sentivo di fare ed era giusto che io sapessi la verità, e tu non sei una persona che ne dice tante di cose vere-

-Adesso ti accompagno a casa ragazzo, fatti una dormita e ripensa a quello che hai fatto chiaro?- disse Harold.

Charles tornò a casa e senza salutare Harold chiuse la porta e si buttò sul divano.

Era stanco dopo tutte quelle cose che erano accadute quel giorno, gli serviva una bella dormita e un po' di pace.

-Charles sei tornato?-si udì dall'altra stanza

-Si nonna sono io-rispose con gli occhi socchiusi e con voce stanca

-Che hai fatto? È tardissimo, di solito torni a casa verso le 19, è successo qualcosa caro?-

-No è che ho preso un tacos con un mio... Amico, niente di che- spiegò mettendosi di lato e mettendosi comodo.

-Avevo preparato il polpettone visto che a lavoro non mangi quasi nulla-

-Il polpettone?!-esclamò Charles spalancando gli occhi con aria felice.

Si alzò e si precipitò in cucina verso quel gigante e magnifico polpettone che quasi lo invitava a mangiare -Che buono... Posso prenderne un pezzetto? Mi fa venire l'acquolina in bocca-

-Sono le 23:30 non puoi mangiare a quest'ora Charles- disse togliendo dalla vista del giovane il polpettone e mettendolo nel forno.

-È arrivata un altra lettera di Cassandra- avvisò la nonna.

-Buttala- rispose con freddezza.

-Perché? È tua amica no? Dovreste volervi bene-

-Nonna... No, è una sottospecie di mostro a quattro zampe e non perché sia brutta ma perché non fa altro che comportarsi male con tutti-

-Dille allora di non mandarti più lettere, o spiegale che non va bene il suo comportamento-suggerì

-Come se fosse una passeggiata... In ogni caso non voglio più sentire parlare di nulla, spegni la luce che ho un sonno tremendo-

-A che ora vuoi essere svegliato domani?- domandò

-Per le 7... Colazione inclusa... Grazie e buonanotte-

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