CAPITOLO 5 prima parte

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ANDREW

«Sei fantastico...»

Sento un sussurro lontano, proveniente da oltre la parete,  che arriva a sfiorarmi l'udito. Deve essere Krystelle. Krystelle: meravigliosa creatura. Le immagini degli istanti appena trascorsi iniziano a rendere più frenetiche le mie azioni: ho voglia di lei e desidero inebriarmi con il suo profumo. È perfetta per me e siamo come due pezzi di puzzle irripetibili e rari. I suoi baci sono unici.  Mai provato niente del genere. Ho trovato la donna dei miei sogni: bellissima, dolce e selvaggia insieme.

Un rumore molesto disturba la mia fantasia.

Non voglio sognare, voglio viverla. Mi muovo verso la porta comunicante con la mia camera da letto, pronto per afferrarla, per attirarla a me e avvertire il suo calore.

Non c'è. Sto osservano l'aria inconsistente, satura solo del suo profumo.

Il rumore che ho sentito deve essere stata lei che si è spostata, forse è andata nel bagno degli ospiti fuori dalla stanza.

Lei, così lontana dal mio mondo ed estranea al mio lavoro, è quella perfetta; lei che ha conosciuto me, senza conoscere i miei soldi e il mio stato sociale.

Chiudo gli occhi per trattenere ancora nella mente la sua immagine, mentre mi accingo ad attenderla, ma un altro rumore, simile a dei passi, mi colpisce in contemporanea a un click sospetto. Prima che possa riuscire a sollevare le palpebre, sento un altro click, poi il rumore come di una porta che si chiude. Spalanco gli occhi e mi guardo intorno: o è entrato qualcuno o lei è uscita. In un secondo, raggiungo la rampa di scale che porta al soggiorno, da qui in alto posso vedere sia l'entrata, sia tutto l'ambiente.

Non c'è nessuno.

Mi precipito nel bagno degli ospiti: vuoto.

Rimango come un cretino davanti allo specchio, solo e ancora eccitato. Il sospetto, che sta diventando certezza, che lei se ne sia appena andata, mi destabilizza e mi provoca una fitta dolorosa allo stomaco. Richiudo con rabbia l'uscio e torno verso le scale. Faccio un'azione alquanto inutile quanto istintiva: chiamarla.

«Krystelle...»

Scendo fino alla porta per controllare ciò che ormai è ovvio e cioè che la serratura è stata sbloccata dall'interno. Non ci sono più dubbi: Krystelle se l'è svignata.

«Maledizione! Perché?»

A ogni gradino che salgo, corrisponde il ricordo di una parola pronunciata da Krystelle durante la nostra conversazione davanti alla sua auto: "Le uniche informazioni che avrai saranno il mio nome e le mie due professioni. Nient'altro."

Non posso rintracciarla, non vuole essere ricontattata. Sento un'altra fitta allo stomaco che arriva su, fino ad attanagliarmi la gola.

"Cosa mi sta succedendo? Che mi hai fatto Krystelle? Eri tu ad aver bevuto un cocktail, come hai fatto a farmi ubriacare? Sei una strega? No, non può essere, hai l'aspetto di una fata! Per quale ragione sei così misteriosa? Cos'hai da nascondere? Cosa ti ha fatto fuggire da me?" Nella mia mente si susseguono mille domande senza risposta e, mentre mi accingo a rientrare nella camera da letto osservando con nostalgia il letto dove questa notte sarei stato travolto dal piacere, vedo un pezzo di carta appoggiato sopra il cuscino.

Il cuore accelera all'improvviso in un battito frenetico ed eccitato, poiché in quel foglietto penso di trovarci scritto il suo numero di telefono. Lo prendo con mani tremanti.

"I tuoi baci sono indimenticabili ma anche irripetibili: tra noi non potrà esserci altro. Non mi cercare più. Addio. Krystelle"

«Nooo...»

Appallottolo con stizza il foglio, lo lancio in basso per dargli un calcio che lo fa finire sopra il comò. Mi aggiro con nervosismo per la stanza, continuando a fare congetture mentali.

"Che stupido! Come ho fatto a non pensarci! Non è libera: è fidanzata, magari è sposata. Non ci ho pensato, aveva quell'aria da brava ragazza, senza anello..."

Con il senno di poi, è evidente che abbia qualcuno, ecco perché non la devo ricercare, ecco perché non ha voluto stabilire un contatto.

Comincio a calmarmi.

«Che sfiga! Capitano tutte a me. Volevo solo un'avventura e invece, non solo non ho combinato niente, mi ritrovo addirittura con l'insolito desiderio di poterla conoscere...»

Mi fermo davanti alla cassettiera.

«Ok! Se hai deciso così, me ne dovrò fare una ragione. Sei l'ennesima delusione. Una più, una meno, non fa differenza. Addio Krystelle...»

Parlo da solo come un matto e sto fissando il foglietto accartocciato, planato sopra il comò, quando qualcos'altro mi mette in allarme. Rifletto alcuni secondi. Alzo lo sguardo per osservare la mia immagine allo specchio e vedo il sangue defluire dal viso.

«Il portafoglio! Il portafoglio è sparito! Dannazione!» urlo.

Era qui, sopra il comò, ne sono sicuro, anzi sicurissimo. Non è possibile, mi sono fatto fregare come un pivello.

«Ma certo! È scappata, perché mi ha derubato» deduco.

Come ho potuto sbagliarmi così tanto a giudicarla, non è da me. Me lo aveva pure detto: "Sei sicuro di farti accompagnare da una completa sconosciuta che ha molte informazioni sul tuo conto?"

«Che idiota! Le è bastata un'occhiata in internet per capire che ero da spennare» continuo a parlare da solo, sto impazzendo.

E pensare che l'ho creduta disinteressata al mio denaro. Con un altro gesto di stizza, ribalto la poltroncina che mi sta accanto e lo vedo: il mio portafoglio è a terra e le banconote sono fuoriuscite sparpagliandosi sul pavimento. Meno male. Espiro profondamente, inspiro ed espiro ancora fino a calmarmi.

Tutta questa situazione mi ha reso troppo suscettibile. Non mi era mai capitato che una donna mi piacesse a tal punto e ancora meno mi era capitato di essere mollato sul più bello senza nemmeno un saluto. Semmai è accaduto sovente il contrario: sono stato io a defilarmi negandomi nei giorni successivi. Beh, ora so come ci si sente e giuro che non lo farò mai più.

Raccolgo le banconote provando un grande senso di sollievo, non perché mi interessa di questo denaro, ne possiedo abbastanza per vivere tranquillo più di duecento anni e, se mi avesse sfilato cinquecento euro, non mi sarebbe certo cambiata la vita; sarebbe stata l'idea di pensare a lei come a una ladra che mi avrebbe dato tanto fastidio.

«Per fortuna...» non faccio in tempo a finire la frase che mi ritrovo a imprecare: «... andiamo di male in peggio: mancano cento euro!»

"Aspetta Andrew, prima devi essere sicuro" rifletto. "Non tirare subito le conclusioni, come hai fatto pochi istanti fa. Sarebbe peggio di crederla una ladra."

Mi metto a cercare dappertutto la banconota mancante e, per il momento, libero il cervello da qualsiasi implicazione.

Deve essere qui da qualche parte, sposto la cassettiera, lancio la poltrona sopra il letto, raccolgo tutti i miei vestiti, frugo in tutte le tasche. Tiro fuori la contabile bancaria, gli scontrini e la ricevuta del ristorante. Rifaccio tutti i conti. Inizio facendoli a mente, poi prendo il cellulare e li rifaccio con la calcolatrice. Sposto di nuovo il comò allontanandolo di più e osservo ogni centimetro del pavimento, sollevo la tenda, mi sdraio persino a terra per esplorare sotto il letto con la torcia del telefonino.

Niente.

Non c'è.

Mi siedo sul letto appoggiando i gomiti sulle ginocchia e mi prendo la testa fra le mani. Ripenso a ogni sua espressione, a ogni sua frase in cerca di qualche indizio che confermi ciò che inizia a sembrarmi ovvio. Il suo ricordo è molto lontano dai sospetti che si stanno facendo strada nella mia mente, eppure la conclusione non può che essere una sola. No, non voglio ancora formularla. Come fossi uno scanner vivente, torno a ricontrollare la porzione di area dove ho ritrovato il portafoglio. Dopo quasi un'ora, devo arrendermi.

Mi ha preso solo cento euro, probabilmente perché le è caduto il portafoglio e ha pensato di non riuscire a raccogliere il resto. Oppure me li avrebbe chiesti dopo e ha approfittato della mia assenza per andarsene senza concedere la sua prestazione.

"Ma che vado a pensare!?"  Vorrei cancellare questo dubbio, però potrebbe essere una possibilità.

«Maledizione!» continuo a imprecare. «Le ho permesso di raggirarmi e prendermi in giro solo perché mi sono lasciato annebbiare da un corpo da urlo e da due occhi che mi hanno catturato l'anima.»

Mi sento ferito, comunque non è da me commiserarmi, anzi, in maniera progressiva la delusione si sta trasformando in una specie di rabbia che scaturisce in una tremenda voglia di rivalsa.

Mi corico con questo stato d'animo, che rimane immutato fino al mattino quando mi sveglio. 

Mi faccio una doccia, mi vesto, scendo a fare colazione e poi mi accomodo alla scrivania del mio studio. Tra la cancelleria, prendo un block-notes nuovo e scrivo a mo' di titolo: Krystelle. Sotto, le uniche informazioni che ho: barista al Red Carpet, fotografa e la targa dell'auto.

Che l'indagine abbia inizio.

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