Capitolo 26: Giochiamo?

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Lauren ricevette un altro messaggio che la fece sobbalzare, ma da un profilo differente.

Come nel precedente caso, la clip vocale le arrivò in piena notte, in un contesto strano. Come se si aspettasse di ricevere qualcosa, Lauren, quella notte, non riuscì a prendere sonno. Non le sembrò una banalissima casualità. Era come se l'avesse atteso di proposito, il nuovo macabro indizio da parte dello sconosciuto.

Il sintetizzatore vocale emise un paio di suoni. Uno le sembrò uno schiaffo, l'altro un mugugno, una risposta alla botta inferta.
Come se la bocca della malcapitata, in questo caso la sua, fosse stata serrata o, al limite, fosse stato applicato qualcosa su di essa per impedirle di parlare o produrre rumori.

Le venne da vomitare. Cercò in ogni modo di ricordare, ma ogni tentativo si rivelò vano.

Lo ascoltò una serie infinita di volte. Il rumore prodotto da quello che le parve uno schiaffo, le rimbombò con violenza nella mente. Per la prima volta decise di rispondere all'affronto. In cuor suo, si trovò consapevole del fatto che avrebbe certamente fatto una cazzata, ma la voglia di giocare insieme al suo aguzzino divenne talmente forte, da spingerla a diventare come lui. Scendere al suo livello, ma solo per attingere a qualche indizio in più. Mai come allora aveva desiderato di incastrarlo.

Con l'aiuto della guida, digitò la risposta.
"Ti piacerebbe vedermi ancora così? Non è vero? Perché allora non ci incontriamo. Desidero riconoscerti."

Spinse il tasto invio con le dita tremanti, il cuore in gola.

La risposta non tardò ad arrivare. Lauren lasciò al sintetizzatore l'arduo compito di emettere altri suoni, altri aberranti dettagli. Udì una voce, una tonalità maschile. Si rese conto che, quella voce, non poteva essere stata che modificata al computer. Il messaggio le era stato recapitato in tempo reale. Non si trattò più di vecchie registrazioni.

"Torturerò la tua triste mente. Godrò nel vederti impazzire. Io ti osservo, già vedo che lo stai facendo."

Lauren gettò il cellulare lontano. A malapena usciva di casa e quelle rare volte che l'aveva fatto, era sempre stata in compagnia di Stephen, o del medico. Iniziò a farsi delle teorie. Doveva essere per forza qualcuno che conosceva i suoi spostamenti. La prima persona che le venne in mente, oltre a Franklin, fu Kevin. Lui possedeva tutte le carte in regola per essere lo stalker. Sapeva di Colton, conosceva tutta la storia con Franklin. Allo stesso modo, per quel che Lauren ne sapeva, poteva pure essere un complice di quest'ultimo. Non di meno, l'aveva terrorizzata nel parcheggio del pub. Troppe cose andavano incastrandolo, sebbene sperò non si trattasse davvero di lui, vista l'amicizia che per anni li aveva legati.

Lauren ricordò di un dettaglio, che apparentemente le era stato irrilevante. Oltre al fatto di essere sempre stato bravo con la tecnologia, Kevin aveva sempre avuto una cotta segreta per lei. Glievo aveva riferito Margot, una amica in comune, in una delle tante uscite di gruppo, ai tempi in cui già frequentava Franklin.
In una qualche maniera, Lauren aveva sempre respinto Kevin.
Sebbene tenesse al sicuro il segreto rivelatole da Margot, iniziò a lanciare qualche segnale al ragazzo. Cercò sempre di fargli capire che la loro non avrebbe potuto essere altro che un'amicizia.
Per contro, Kevin lo intuì, poiché, lentamente, smise di essere tanto presente nella vita di Lauren. O per lo meno, presente come amico.

"Io forse impazzirò, ma tu non mi avrai mai. Non mi hai mai avuta, questo ti brucia. Non è così?"

Lanciò un sasso. Se fosse stato davvero Kevin, allora avrebbe dovuto risponderle a tono. L'idea che dietro a quei messaggi ci fosse davvero lui, le fece intorcigliare lo stomaco. Era persino stata a casa sua, da sola. Chissà cosa sarebbe potuto succedere, se non se ne fosse andata dopo appena pochi minuti.
Si pentì di aver avuto un un'idea tanto folle come quella di incontrarlo da sola, in un luogo a lui favorevole, anche se, per certi versi, le era andata bene.

"Mi gratifica già abbastanza il fatto di averti messo paura. Di averti fatto del male. Hai osato rifiutarmi, sebbene fossi a conoscenza del mio sentimento per te."

L'idea che potesse davvero trattarsi di Kevin si fece più pressante.

"Perché allora non mi hai fatto altro male? Abbiamo avuto la possibilità di stare da soli, non è così?"

Lauren rimase in attesa, con il cuore tra le mani. La risposta dello stalker l'avrebbe condotta verso una certezza, o forse le avrebbe messo in testa ulteriori dubbi.
Sperò nella prima opzione. Se si fosse trattato davvero di Kevin, in qualche modo si sarebbe fregato con le sue stesse mani.

"Forse. Non sai quante volte ho sperato di tapparti la bocca, di farti tacere. Non sei mai abbastanza sola per farlo. Il tuo fidanzato, i tuoi zii, tua cugina, il tuo medico. Sono sempre in mezzo. Sono sempre vicino, ma mai abbastanza per ricordarti chi sono, cosa voglio da te. Sono sicuro che alla fine l'otterrò. E tu, sei completamente fuori strada."

Lauren spense il telefono. Lo ripose nel cassetto, lo gettò letteralmente, producendo un rumore pazzesco.
Avrebbe dovuto intuire l'arrivo di qualcuno nella stanza, avrebbe dovuto fare più piano, impedire la curiosità dei famigliari. Sarebbe finita con il farsi scoprire. Loro poi avrebbero chiamato le autorità. Il folle piano di smascherare lo stalker da sola sarebbe andato scemando.

《Qualcosa non va?》chiese zia Beth, proprio sulla porta.

《Tutto bene, ho fatto cadere il cellulare. Volevo solo ascoltare un po' di musica, mi è scivolato. 》si obbligò per risultare convincente alle orecchie della donna. Ancora le tremava la voce.
Sentì di essere minacciata come non mai, iniziò a chiedersi chi tanto andava godendo di tutta quella faccenda. Doveva mantenere un contegno, voleva continuare a gestire la cosa da sola, sebbene si trattasse di una follia.

《Cerca di dormire. Le cose stanno andando bene, finalmente. Non hai nulla da temere. 》

Lauren acconsentì con il capo. In cuor suo sperò davvero che zia Beth potesse avere ragione, ma la verità era un'altra e lei non poteva ancora conoscerla.
Si infilò sotto le coperte, letteralmente terrorizzata. Duellare con lo stalker non era stata una buona idea, ma ormai Lauren sentì di aver smosso un vespaio.
Presto o tardi lui sarebbe tornato a farsi sentire, per impaurirla. Pensò che forse da sola non sarebbe mai stata capace di fronteggiarlo al meglio.

Prese una decisione, sebbene andasse contro a tutte le fervide promesse che, sino a quel momento, aveva fatto a sé stessa.

Ne avrebbe parlato con Colton, solo con lui. Gli avrebbe fatto ascoltare i messaggi, i clip audio. Lui l'avrebbe di certo aiutata a ricordare, a difendersi. Era il suo medico. Non ci sarebbe stata altra persona più idonea per aiutarla a venir fuori da quella situazione che, sebbene non volesse ammetterlo, le stava privando di vivere dignitosamente, ogni giorno di più.

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