55 - Qualcosa che probabilmente non avrò mai

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ADAM

Sembra che il mio cervello e il mio cuore stiano affrontano uno scontro epico usando il mio corpo come suolo per la battaglia, mentre i musicisti tornano in postazione e prendono a suonare una melodia tenue ma evocativa, perfetta per accompagnare il discorso che il prete sembra non aver ancora terminato.

«Quanti desiderano di più per la propria vita? Alzate la mano.»

Diverse mani si elevano, tra le quali quella di Eden – che, mi chiedo, cosa vorrebbe che cambiasse nella sua... Anche io, dopo diversi istanti di titubanza, mi decido ad alzare la mia. Lo faccio quasi svogliatamente, come a voler nascondere il gesto.

Non voglio darlo a vedere, ma vorrei davvero di più per la mia vita, questo è certo.

«Vedo diverse mani», riferisce l'uomo dal palco, «Ora mi rivolgo a voi: se c'è tra di voi qualcuno che non ha mai compiuto nella sua vita la scelta di accettare Gesù come personale Signore e Salvatore, così come abbiamo letto, è invitato a venire qui davanti, sotto il palco», comunica. «Tranquilli non succederà niente di troppo trascendentale. Semplicemente metteremo in pratica quello che è scritto nella Bibbia. Pregheremo insieme, aprendo le porte del nostro cuore a Gesù, permettendogli di entrare e riconoscendolo come Signore.»

Vedo alcune persone riversarsi lì davanti e, non so neanche io il perché, sento il cuore battermi forte nel petto.

«Voglio lasciare ancora qualche istante per permettere a tutti coloro che vogliono di poter venire.»

Il prete sembra improvvisamente guardarmi. O almeno sembra guardarmi. O forse no.

«Sento che tra di voi c'è chi sente la spinta a voler venire, ma tuttavia si trattiene...»

Ma che? Sta parlando di me?

Istintivamente getto un'occhiata a Eden, la quale, lo sguardo posato nel mio, mi fa un cenno con la testa quasi ad invitarmi anche lei ad andare. Il mio capo, ancora prima che io me ne accorga, effettua dei brevi movimenti di diniego. Lei mi sorride, comprensiva, ma posso giurare che lo sguardo che subito dopo fugge dal mio indirizzandosi al palco sia stato abitato per una sola frazione di secondo da un lampo di delusione.

«Si fanno tante cose di cui vergognarsi nella vita ma, vi assicuro, che questa non è una di quelle. Quindi, ancora una volta, ti invito a venire qui davanti. Sfidalo! Vieni qui e prova a dire a Dio: "Se ci sei cambia la mia vita!"»

Continua ad incitare e io ho come la sensazione che ognuno di quegli inviti sia rivolto a me. Mi sento come spinto da dentro ad andare, ma io non voglio farlo. Letteralmente mi sforzo di rimanere qui, ancorato al mio posto.

Dopo qualche istante nei quali altre persone rispondono all'invito del prete, lui continua.

«Bene», guarda una per una le persone di fronte al palco e gli sorride con un'espressione sincera e carica di affetto, «Sento il cuore di Dio rallegrarsi a vedere quanti di voi hanno risposto al Suo amore oggi. Ora tocca a voi: io vi presterò le parole, ma voi metteteci il cuore», poi rivolto alla platea aggiunge: «Anche voi, sentitevi liberi di fare questa preghiera dal posto, se volete». Poi, riportata l'attenzione sulle persone davanti al palco, li invita a chiudere gli occhi e a ripetere con lui le parole di quella preghiera.

Io tendo l'orecchio cercando di cogliere il significato di ciò che quelle persone, sotto consiglio del prete, stanno dicendo.

Sì rivolgono a Dio chiamandolo Padre – e, so che spesso viene chiamato così, ma al sol sentire nominare quel nome mi viene da storcere il naso...

Dicono che riconoscono di aver peccato.

Invocano il suo perdono.

Dicono di credere che Gesù sia morto sulla croce per poi resuscitare e, esattamente come il discorso che aveva fatto poco il prete che sta ancora sul palco a suggerire le parole di quella preghiera, annunciano di volerlo riconoscere come Signore e Salvatore della loro vita, che infine Gli affidano.

Io rimango a guardare tutta la scena, cercando di elaborarla fra me e me. Non so ancora se provare pena per quelle persone abbindolate da belle parole e qualcosa che probabilmente non esiste o se invece provare invidia, perché loro hanno il coraggio di mettersi in gioco in qualcosa che a me proprio non riesce.

"Nessun rischio. Nulla da perdere. Tutto da vincere".

Facile a parole... ma qui il rischio c'è: rischio di perdere il mio amor proprio.

Finita quella sorta di preghiera di iniziazione, il prete chiede di essere aiutato dal suo team – così lo chiama – per pregare per tutte le persone che sono lì davanti. Poi scende dal palco, e la musica si fa più sostenuta. Lo vedo mentre anche lui si avvicina alle persone, probabilmente pregando per loro.

I musicisti riprendono la canzone che avevano suonato per ultima, prima della predicazione, ma questa volta non è mia intenzione badare alla voce angelica della ragazza o alle parole che canta, piuttosto rimango a guardare ciò che succede nei pressi del palco.

Il prete e il suo team si avvicinano alle persone, li prendono per mano o cingono le loro spalle, gli si accostano alle orecchie e li rimangono per diversi minuti. Molti dei malcapitati, o fortunati – devo ancora decidere –, sembrano sinceramente toccati dalle preghiere che ricevano. Noto che alcuni si asciugano i visi colmi di lacrime. E a me sembra tutto così assurdo da non riuscire ad avere un'idea equilibrata a riguardo.

Sono ancora assorto, perso ad osservare tutte quelle dinamiche che si susseguono davanti ai miei occhi, quando sento una voce provenire al mio fianco: «Posso pregare per te?»

Subito mi giro e rimango preso in contropiede quando apprendo che la paternità di quella voce appartiene nientepopodimeno che al prete.

Sgrano gli occhi e lui deve pensare che io non abbia sentito la domanda, dato il volume della musica, allora me lo richiede: «Posso pregare per te?»

Ancora con gli occhi sgranati, acconsento con il capo. Infondo non mi sembra il caso di rifiutare una tale richiesta da parte di un prete, considerata la circostanza...

Pone le sue mani sulle mie spalle, mentre ruoto il mio corpo in suo favore per permettergli di farlo, e avvicinato il suo volto al mio orecchio per far sì che la sua voce si stagli dalla musica che continua, inizia: «Padre io ti ringrazio per la presenza di questo ragazzo. Io credo che non sia un caso se lui è qui proprio oggi, quindi, ti prego, Spirito Santo, sii tu Colui che imprime nel suo cuore la Verità. Io voglio dichiarare, nel nome potente di Gesù, che le parole di vita ascoltate quest'oggi non si allontaneranno mai più dal tuo cuore o dalla tua mente e, anzi, che scaveranno una strada affinché Tu, o Padre Celeste, possa raggiungerlo».

Fatta questa breve preghiera si scosta da me quanto basta per riuscire a guardarmi in faccia. «Come ti chiami?», mi chiede.

«Adam», rispondo io.

«Adam», ripete, sorridendo e dondolando ancora una volta il viso.

Esatto, Adam, come il primo uomo, sì. Ho già sentito questa storia.

Sto quasi preparandomi a rispondere al discorso che ormai sembra un disco rotto, quando, preso ancora una volta in contropiede, il prete mi si riavvicina facemdomi capire che non ha ancora finito.

«Sai Adam, più di una volta mi è capitato di notarti dal palco. Funziona così: Dio spesso e volentieri attira la mia attenzione su determinate persone e io so che, quando è così, devo per forza andarci a parlare. Dico per forza perché Dio sa essere molto coercitivo quando vuole, l'apostolo Paolo parlava di questo dicendo: "L'amore di Dio mi costringe...", e io credo che renda molto bene... Ebbene credo che io sia venuto qui per darti una parola da parte di Dio.»

Io mi sento tremare dentro.

Una parola per me da parte di Dio?

Il prete mi si accosta nuovamente all'orecchio, rinvigorendo la presa sulle mie spalle e mi comunica: «Sento molto forte di dirti questo: "Conoscerete la verità e la verità vi libererà" – è un versetto che trovi nella Bibbia, in Giovanni 8. Io non conosco la tua vita, ma guardandoti ho avvertito una sete di verità che pochi hanno. La stessa sete che ha spinto me a farmi le domande di cui ho parlato e che, sono sicuro, sono le stesse che ti fai anche tu. Credo che Dio abbia messo in te un senso di giustizia molto elevato, per questo troppe volte, in determinate situazioni, hai preferito tapparti le orecchie e girarti dall'altra parte, preferendo non notare piuttosto che soffrire. Ma Dio ti dice: io aprirò di nuovo i tuoi occhi affinché tu veda, perché i tuoi occhi sono stati a creati per riconoscere la verità e denunciare la menzogna.»

Ascolto quelle parole e sensazione che qualcosa mi si stia smuovendo dentro. Razionalmente, non so che posizione adottare a riguardo. Non so se crederci e sentimi lusingato o, al contrario, preso in giro. Forse ho semplicemente paura che quelle parole siano vere...

«Padre, io benedico nel tuo nome la vita di questo ragazzo, Adam, rivendicando per lui ogni benedizione che Tu gli hai riservato. Nel nome di Gesù. Amen.»

Si allontana da me e mi sorride. «Sai, avverto delle bellissime cose per te e sulla tua vita. Spero di rivederti presto.»

Sganciata la bomba, con quelle semplici frasi, mi congeda, allontanandosi definitivamente da me e lasciandomi in preda al tumulto del mio cuore in collisione di con quello della testa.

La ragazza dalla voce angelica continua a cantare la canzone di prima, ma io per diversi istanti che non so quantificare rimango come imbambolato, attonito, fissando un punto indefinito di fronte a me.

Poi, una volta sufficientemente rientrato in me, mi soffermo ancora una volta su ciò che mi succede intorno.

La gente che mi circonda sembra, ancora una volta, rapita dalla situazione... tiene le braccia sollevate verso l'alto, batte il ritmo con le mani. Alcuni hanno gli occhi chiusi e sorridono a qualcosaqualcuno – che forse io non capirò mai appieno.

Anche Eden ha gli occhi chiusi, e io mi prendo la libertà di osservarla. È bellissima in una maniera in cui non l'ho mai vista e che mi fa desiderare di vederla così sempre. Ha l'espressione estasiata, completamente disarmata e serena. Sembra distante, persa... ma in una maniera bella, positiva, come se nel farlo avesse trovato tutto. Pone una mano all'altezza del suo cuore, come a volerlo sentire o a volerlo contenere, quasi come, se non ci fosse la sua mano a bloccarlo, le potesse uscire dal petto. E, se il bagliore delle luci non mi ingannano, mi pare di scorgere dell'umidità intorno le sua ciglia.

Sono lacrime di gioia quelle?

È più forte di me, non capisco esattamente quello che sta succedendo, ma voglio catturare il momento. Cercare di rendere mio quel qualcosa che probabilmente non avrò mai... Tiro fuori lo smartphone e ponendoglielo davanti le scatto una foto, cercando di inquadrarla al meglio da quella posizione, perché desidero guardarla e riguardarla così – all'infinito – esattamente come è in questo momento... perché, se non sono destinato io a vivere certe cose, forse posso farlo tramite lei...

Fugacemente, porto sotto gli occhi lo scatto per verificarne la riuscita, ma subito nascondo il dispositivo, quando mi accorgo che Eden, aperti gli occhi, mi regala un tenero sorriso.

Io trasalisco.

Che sto facendo?

«Devo andare!», le dico.

Le sembra abbia preso una scossa elettrica: «Ma come devi andare?», mi chiede senza capire.

«Devo andare. Poi ti spiego!»

Mi getto verso di lei per lasciarle un bacio sulla guancia e poi, prese le mie cose, esco quasi correndo da quel luogo.

Non ho niente da spiegare. Solo sento che non posso permettere a me stesso di stare in questo posto un minuto di più.

Devo andare.

💘💘💘




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E siamo arrivati al termine di questi tre capitoli.

Allora? Sono valsi l'attesa? È com'è stato, per chi di voi è abituato ad aspettare da un capitolo all'altro, leggerli di seguito?

Soprattutto chi di voi mi segue su Instagram sa quanto la stesura di queste parti mi abbia fatto tribolare.

Ragazzi il materiale messo sul tavolo era tutto fuorché facile. La prima volta di Adam in chiesa; lo scontrarsi con una realtà che non conosceva; il raccontare a lui e a voi le dinamiche di ciò che succede, le sue emozioni e i suoi pensieri a riguardo; la difficoltà di non potersi appoggiare ai dialoghi per esemplificare i passaggi; la gestione di un'intera omelia in senso narrativo, cercando ovvero di fare in modo di renderla discorsiva e piacevole da leggere all'interno di un romanzo, evitando che sembrasse un intervallo saggistico o un monologo indesiderato... La ricerca, la scelta e l'inserimento delle citazioni bibliche che ritenevo più opportune a discapito di altre... Un caos!

Credo di potervi dire con estrema certezza che quelli che avete letto sono forse i capitoli più difficili che abbia scritto in occasione di CIDELAS...

Colgo infatti l'occasione per ringraziare dal più profondo del cuore quelle lettrici e amiche che più di altre mi hanno offerto in questo periodo il solo supporto emotivo e pratico.

Ovviamente lo sapete, grazie in primo luogo a MC_Peregrine. Davvero, sono sempre più felice di averti al mio fianco in questo percorso! 💘

Ora mi blocco, perché voglio sapere da voi...

Allora?! Ditemi tutto, TUTTO! Com'è stato leggere questi capitoli? Sono stati come ve li aspettavate? È risultato tutto chiaro? È stato facile per voi seguire Adam in tutte le sue emozioni? Le avete comprese? E che emozioni avete provato voi?
E la predicazione? È stata, come spero, facile e scorrevole? È stata piacevole da leggere? Lunga il giusto o troppo lunga (anche in vista di una futura revisione)?

Rispondete a queste o a altre ipotetiche domande che vi potreste fare da soli.

Ogni vostra emozione o opinione condivisa per me è un regalo, specie quanto tiene in considerazione della gestione dei contenuti. Mi aiuta ad avere uno specchio per verificare se abbia lavorato bene e abbia centrato gli obiettivi preferiti o se ci sia da migliorare, modificando magari qualcosa.

Ringrazio chiunque di voi spenderà del tempo per farmi sapere cosa pensa di questi ultimi capitoli anche in proposito delle mie perplessità a riguardo. 💘

Vi voglio bene.

Vi stringo forte!

Un bacio a testa,
S.C.
😘

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