80 - Arrivederci

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*piccolo spazio autrice abusivo (l'ultimo😱)*
Vi scrivo qui, perché con questo ultimo capitolo soprattutto, voglio lasciarvi il tempo di far decantare ciò che avete letto, in questa parte e più in generale in questa storia che, sì, con oggi volge ufficialmente al termine. 😱🤯😭❤️

Prima di lasciarvi alla lettura ci tengo però ad invitarvi a non togliere ancora questa storia dalla vostra libreria, perché a giorni pubblicherò i ringraziamenti e approfitterò ancora di queste pagine per darvi tutte le info necessarie (e magari qualche spoiler o anticipazione 🤩) per continuare a leggere di Adam e Eden... Nella nuova storia che li vede protagonisti (e che sto già scrivendo!)

Vi fornisco inoltre le istruzioni per la lettura:
1- Assicuratevi di essere in un posto tranquillo e nascosto dagli sguardi altrui.
2- Se lo desiderate, preparatevi una bella tisana calmante e accompagnatela con i generi di conforto che più vi piacciono.
3- Munitevi di fazzoletti.

BUNA LETTURA!

P.S. mi raccomando poi di farmi sapere che ne pensate di... TUTTO! 🥺🤓🤩

P.P.S. Ancora adesso non ci credo che siamo alla fine...





❤️❤️❤️





EDEN

Favole.

È tutta colpa delle favole, di quelle frivolissime storie trite e ritrite che inevitabilmente ci sorbiamo da quando eravamo bambini, leggiamo di loro nei libri e le guardiamo avvenire nei film o nelle serie tv. Ci insegnano che il più bello dei principi azzurri si celi dietro al più brutto dei rospi e che quello più gentile possa avere l'aspetto di una bestia. E cresciamo convinte di poter essere noi il motivo di cotanta trasformazione.

Così, ormai cresciute, di fronte al primo rospo nel quale scorgiamo qualcosa di più, ci armiamo di tutta la comprensione, la pazienza e l'amore di cui siamo capaci e ci illudiamo di poter assistere al cambiamento, come un sortilegio che si dissolve grazie al nostro sguardo pieno di affetto.

Speriamo nella metamorfosi, ma inevitabilmente ne diventiamo noi l'oggetto. Ci trasformiamo in stupide crocerossine pronte a immolarsi per un bene che non vedranno mai, cause perse che hanno l'illusione della vittoria.

Diventiamo, come per magia, ingenue, sciocche e sprovvedute - cieche, per di più. Ed è triste ammetterlo, ma io lo sono stata più di tutte, accecata dalla convinzione di poter credere nel lieto fine perché dalla mia parte c'è Dio, e come dicono le Scritture "Se Dio è con me chi sarà contro di me?".

Da questa storia, però, ho capito una verità che fino a ora non avevo mai davvero sospettato: ho appreso che anche la fede può essere ingenua, sprovveduta. Perché ho investito tempo, energia e amore credendo di poter avere qualcosa in cambio, qualcosa di tanto duraturo da sfiorare l'eterno, e nel farlo ci ho messo tutta la mia fede caparbia, tutta la fiducia, senza prima chiedere a Dio cosa ne pensasse.

Ho messo fede nella mia volontà, non nella Sua, e ancor peggio l'ho fatto ostinandomi a farmi forte in Lui, finendo per giustificare le mie scelte sotto il Suo nome.

Mi sono innalzata e ho volato, ho volato in alto convinta di poter raggiungere la cima. Così la caduta è stata ancora più dolorosa.

Tuttavia ho imparato la lezione e mai, mai, commetterò un altro errore simile.
Sono determinata. Non tornerò indietro.

Stanca dei continui pensieri che impestano la mia mente ultimamente, afferro le ingombranti valigie appesantite dal bagaglio emotivo di cui sono caricate e le infilo nella stiva, per poi prendere posto sull'autobus, diretta all'aereo che mi porterà lontana, lontana da qui e da tutti i ricordi che in questo momento mi fanno tanto male, perché ogni luogo che conosco ora ha il volto di Adam.

Ogni cosa mi parla di lui, di quanto siamo stati bene insieme e di quanto siamo stati male.

Sento il cuore annodato nella gola, ma i miei occhi non hanno più lacrime ormai.

Voglio solo mettere quanta più distanza possibile tra me e il ragazzo che mi ha spezzato il cuore, e ancor di più con la cocente delusione annessa: l'evidenza del fatto che ho fallito.

Volevo che il mio lui, il ragazzo di cui mi sarei innamorata, fosse il primo e l'ultimo. Stupidamente ci ho creduto, per un attimo mi è sembrato davvero possibile, ma le favole non esistono, di certo non con Adam Donati.

Ma era una storia già scritta, nel momento stesso in cui, deliberatamente, mi sono innamorata della bestia, del lupo.

Neanche lo avessi invocato, al di là del finestrino vicino al quale ho preso posto si materializza Adam, l'espressione addolorata cucita addosso.

Non lo sento, ma posso riconoscere il suo "Ehi" dal movimento delle labbra.

Lo fisso con gli occhi sbarrati e il respiro bloccato, come un nodo in gola. Pensavo finalmente di non avere più il rischio di vederlo. Non doveva essere qui.

Mi fa cenno con una mano di scendere. Io scuoto il capo dissentendo decisa. Lui congiunge le mani pregandomi.

Guardo l'orologio, il pullman partirà tra non molto, ma ho ancora qualche minuto di attesa. Dopo diversi istanti di titubanza, scelgo di scendere, se non altro per evitare di dare spettacolo con il nostro muto teatrino.

Appena la sua figura si para davanti a me, dico secca: «Che c'è, Adam?».

«Volevo salutarti», risponde lui preso in contropiede dalla mia aggressività - che francamente poteva anche aspettarsi.

«Non ce n'era bisogno. L'abbiamo già fatto a nostro tempo», scaglio spietata.

Lui accusa il colpo e dopo poco mi chiede: «Sei in partenza?».

È ovvio che sono in partenza e lui lo sa benissimo, evidentemente. «Chi te l'ha detto?», voglio sapere.

«Rebecca», confida lui sommessamente.

«Questa me la paga».

Lui non bada al mio commento e incalza: «Quanto stai via? Dove vai esattamente?».

«Rebecca non te l'ha detto?», chiedo senza trattenere il sarcasmo. Non risponde, così mi dico che non c'è ragione perché lui non lo sappia e lo informo: «Vado in un college cristiano in Inghilterra. Ci starò sicuramente per due anni e poi si vedrà». In realtà sono pure soddisfatta nel dirgli che me ne vado, lontana da lui.

«Capisco...», dice tenendo gli occhi a terra. «Due anni, accidenti... due anni sono un bel po' di tempo...», accenna un sorriso, che gli riesce a malapena.

Faccio spallucce.

«Bello comunque», cerca di dimostrarsi incoraggiante. E poi, con gli occhi velati di lacrime, aggiunge: «Mi mancherai».

Il cuore annodato che sentivo in gola si fa ancora più stretto, ma non do spazio all'emozione.

«Ti sarei mancata anche fossi rimasta», gli faccio presente lapidaria.

Lui incassa. Il rumore dell'accensione del motore dell'autobus riempie il silenzio che si è creato.

«Forse è il caso che io risalga», gli dico facendo cenno all'autista fermo all'ingresso dell'autobus che continua ad esortare i passeggeri a prendere posto.

Gli volto le spalle e faccio per fare quanto ho riferito, ma lui mi blocca. «Aspetta», scongiura con tono soffocato, afferrandomi per una mano.

Non mi giro, ma la sensazione del suo tocco sulla mia pelle dopo tanto tempo mi fa sussultare. Un altro nodo si stringe forte al mio cuore.

«Posso... posso darti l'ultimo abbraccio?», chiede implorante.

Subito mi irrigidisco per qualche secondo, ma poi, sciogliendomi, mi volto verso di lui.

Ci guardiamo in silenzio per un tempo breve che tuttavia sembra non finire mai, e fa male, fa un male cane.

Il movimento delle mie spalle dà a lui un tacito e arreso consenso, e Adam non aspetta altro, mi si lancia al collo e mi stringe con una foga con la quale non mi aveva mai abbracciata. Affonda il viso tra i miei capelli, sento il ritmo del suo respiro e il calore che irradia.

Vorrei riuscire ad avere la forza di rimanere insensibile a quell'abbraccio, ma se inizialmente riesco a tenere a bada le mie braccia che rimangono ben bloccate lungo il mio busto, all'improvviso le stesse si ribellano e si allacciano spontaneamente alla sua vita - perché forse la mia mente l'ha capito bene, ma il mio corpo non sa ancora come smettere di amarlo.

Sento Adam aggrapparsi a me in modo ancora più disperato, il petto mosso da sussulti e da singhiozzi trattenuti.

Le lacrime che prima avevano stentato a scendermi pungono tutte insieme sotto le mie palpebre e qualcuna di esse riesce infine a fuoriuscire dagli angoli degli occhi, mischiandosi a quell'abbraccio dal gusto tanto amaro quanto malinconico.

«Gr-grazie», lo sento sussurrare tra i miei capelli. «Grazie... per ogni cosa».

Compio uno sforzo immenso per tenere tutti i pezzi di me uniti, per non crollare rovinosamente di fronte a lui.

Poi, costretto dall'incalzare dei richiami dell'autista, il suo corpo si separa dal mio e il mio sente improvvisamente freddo.

Mi appresto ad asciugare l'acqua che mi ha inumidito le ciglia. Lo guardo. I suoi occhi, carichi di preghiere e fissi nei miei, sono gonfi e arrossati e la sua espressione mi fa male al cuore.

All'improvviso vorrei solo riabbracciarlo e poterlo consolare, ma tengo duro - ancora una volta, posso riuscirci.

Mi stringo nelle spalle e abbozzo un sorriso. «Devo...», dico solo questo indicando con il pollice l'ingresso dell'autobus.

Mi volto, cercando di togliere dalla mia vista, e il prima possibile, l'espressione tanto atterrita del ragazzo che ho amato.

Salgo e prendo posto. Ma quando guardo dal finestrino Adam è, prevedibilmente, ancora lì. Proprio di fronte a me, gli occhi lucidi fissi nei miei.

Passano diversi istanti in cui ci guardiamo senza dirci nulla. Le sue iridi scure vorticano nelle mie e io, faccia a faccia con tutti i sogni infranti e le aspettative tradite, stento a trattenere le lacrime.

La manovra dell'autobus che si mette in partenza ci scuote e prima che sia lontano, le labbra di Adam si apprestano a scandire ciò che sembra il suo saluto: "Arrivederci".

Francamente non ho idea di che razza di saluto sia, ma non ha importanza ora. Non più.

Faccio un rapido cenno di saluto con la mano e mi volto in fretta, fingendomi affaccendata a cercare qualcosa nella borsa nel tentativo di non dare a vedere di aver notato che gli occhi di Adam si sono fatti improvvisamente ancora più lucidi.

Alla fine, qualcosa di utile nella borsa lo trovo pure, un paio di tattici occhiali con le lenti scure che non tardo a indossare, perché sento che anche i miei occhi faticano a trattenere tutte le lacrime che li abitano.

Prendo un grosso respiro, nel tentativo di calmare i nervi e punto gli occhi nuovamente al di là del finestrino, dove ormai non c'è più Adam.

Prego. Prego che il dolore che sento forte nel petto, come un pugno stretto al cuore che non accenna ad allentare la presa, si allontani da me come le strade che ho sempre conosciuto fuggono via dai miei occhi. Prego di imparare di nuovo a respirare, perché temo di aver dimenticato come si fa in questo momento in cui ogni respiro esce da me interrotto. Prego che tutto questo possa rapidamente trasformarsi in un'esperienza simile a un sogno, qualcosa di mai realmente esistito che smette di essere così vero non appena apri gli occhi. E io voglio aprirli. Prego di riuscire ad aprire gli occhi. Di tornare a vedere di nuovo lucidamente, di non essere più cieca.

Passano i secondi, e con loro i minuti, tanti che non riesco più a quantificare da quanto tempo io sia partita, da quanto tempo io mi ostini a tenere fisso lo sguardo al di là di quel finestrino. Tanti da prendere atto che, senza accorgermene, il ritmo del mio respiro è tornato regolare.

Noto infatti di non riconoscere più le strade che prima erano tanto familiari e mi dico che è meglio così.

Ho bisogno di un nuovo inizio e sono del tutto determinata a prendermelo. Ne è la prova il fatto che io sia seduta proprio qui, ora, da sola e diretta in un luogo in cui non mi conosce nessuno e in cui non sono mai stata.

Con oggi, sono consapevole di star facendo volgere al termine un capitolo importante della mia vita, per essere pronta per l'inizio di un altro - magari più bello, mi auguro, sicuramente nuovo.

Dopo aver lasciato scorrere lungo il mio viso - per l'ultima volta, mi dico - le lacrime versate per Adam, sento quasi di essere riuscita a scrivere la fatidica parola Fine.

Però, infilando una mano nella tasca alla ricerca di un fazzolettino che possa cancellare anche solo il più piccolo dei ricordi scivolati sulle mie guance, la ritraggo con le dita contratte su una piccolissima busta di carta su cui capeggia la scritta "per Eden".

La calligrafia minuta e a tratti appuntita non mi lascia dubbi sul mittente: si tratta di Adam.

Il mio cuore perde un battito e la mia testa è come travolta da un vortice, che per diversi istanti non mi fa capire niente.

Il mio corpo ancora una volta prende le decisioni al posto mio. Le mie dita si muovono da sé, aprono la busta e ne tirano fuori il contenuto. E i miei occhi, voraci, prendono a leggere la lettera che si è palesata loro davanti.

Cara Eden...
È così che si suppone debba iniziare una lettera, no? Cara Eden. Non so più contare quante volte io l'abbia scritto, ma sono tante a giudicare da quante lettere abortite giacciono in questo momento sul pavimento di camera mia, chissà che questa non farà la stessa fine...

Mi sento così stupido mentre impugno questa stupida penna e cerco di scriverti questa stupida lettera. La verità è che io, prima di oggi, forse non ho mai davvero compreso il peso che hanno le parole e quanto è difficile sceglierle. Ogni cosa che ti scrivo mi sembra profondamente banale o priva di significato, ma sono ancora qui (sono una testa dura, lo sai).

Ti starai chiedendo perché ho scelto di scriverti allora... eh, bella domanda...! Me lo chiedo anche io! Sarà perché qualcosa dentro di me mi dice che se voglio vedere i risultati cambiare, devo iniziare a fare le cose diversamente da come le ho sempre fatte. Inoltre volevo darti prova del fatto che per te sono pronto a fare cose che non avevo fatto mai ed, ecco, questa è la prima lettera che scrivo... o almeno ci provo.

Non voglio girarci troppo intorno, anche perché non conosco altre parole per rendere giustizia a ciò che prova il mio cuore: TI AMO.

Lo so, lo so che questa dichiarazione, in questo momento, ti sembrerà falsa... sono stato io stesso a darti motivo di crederlo e ancora mi odio per questo, ma voglio che tu sappia che non c'è niente al mondo di cui sono più sicuro: io TI AMO, Eden Neve.

E vorrei che questo bastasse ad aggiustare le cose e a farle andare finalmente, di nuovo, nel verso in cui io sento che devono andare, ma so che non basterà.

Se penso a quanto mi ero risentito quando tu avevi provato a dirmelo, la prima volta che ti ho detto che ti amavo... Avevi provato ad avvisarmi che non sarebbe bastato, che nemmeno sapevo cosa voleva dire amare, ma io ho frainteso tutto... Non volevo vederlo, ma solo ora mi accorgo che avevi ragione, avevi ragione su ogni cosa.

Non volevo neanche prendere in considerazione l'idea, ma ora è palese che l'amore che provo per te non è bastato a impedirmi di compiere quello che ho fatto.

Non voglio, ora, riempire questa lettera di scuse o giustificazioni perché abbiamo già parlato di quello che è successo e sarebbe masochismo puro, sadismo anche, ritornarci su. E non voglio nemmeno scongiurati ancora per il tuo perdono.

Una cosa o però ci tengo a dire, qualcosa su cui ho riflettuto molto negli ultimi giorni.

So che si dice che se si tradisce non si ama abbastanza, e a volte forse è vero, ma non credo sia vero per me, in questa situazione. Credimi se ti dico che non ho alcun dubbio sul sentimento che provo per te, perché ti amo infinitamente, come non ho mai fatto con nessuno! Però... non lo so, è difficile spiegarlo a parole... credo semplicemente di non essere stato all'altezza, perché il sentimento che provo è tanto grande, troppo grande per me che sono ancora così "piccolo".

Mai prima di questo periodo ho realmente compreso che l'amore è una scelta e non un sentimento che ti agisce. E in quanto scelta, serve una gran forza per perseguirla. Una forza a cui, semplicemente, io non ero preparato.

Non ero pronto, ma voglio esserlo in futuro. E ho capito che per rendere concreto questo desiderio devo iniziare a lavorare su di me. Partire da me, crescere, migliorarmi, imparare a bastare a me stesso per essere pronto, quando sarà, a tornare ad amare, in una maniera più consapevole 'sta volta, la persona che mi starà accanto.

Ora, non ho l'ardire di pensare che sarai tu quella persona... una parte di me ovviamente lo spera, ma considerate come sono andare le cose ho paura non accadrà mai.

Perciò, se queste saranno le ultime parole che passeranno tra di noi voglio approfittarne per dirti GRAZIE. Grazie per avermi amato e per tutto quello che mi hai dato e che mi hai insegnato. Grazie perché forse se non fosse stato per te, non avrei mai raggiunto tanta consapevolezza. Grazie per tutto, davvero.

Sai, c'è una frase che mi è capitato di leggere nella Bibbia che mi si è come appiccicata dentro: "Tutto coopera per il bene di coloro che amano Dio". Ed è una preghiera che mi è capitato di fare spesso ultimamente, che tutto questo schifo trovi il modo di diventare qualcosa di buono, per te che sicuramente lo ami e anche per me che sto imparando a farlo.
Non so come e se succederà, ma questa frase mi infonde speranza.

Così, forse non sono poi tanto sciocco se, anziché dirti addio, ti saluto con un arrivederci...

Spero davvero che un giorno tutto questo possa diventare parte di un bagaglio di esperienza che in qualche modo troverà un suo motivo di esistere e di cui potremo parlare senza sentire troppo male.

Sì, l'ho detto, spero che torneremo a parlare. Spero di rincontrarti, cuore a cuore, per parlare di questo e di qualsiasi altra cosa, così come facevamo.

Perciò, no, non mi arrendo dicendoti addio. Ho intenzione di rincontrarti, e ricorda che io ottengo sempre quello che voglio.

Così, questa è la mia promessa e il mio saluto...

Arrivederci,
non addio,
Adam

Impiego diversi secondi a realizzare che oltre quella firma non c'è più nulla, nessuna altra parola a legarmi a lui. Il pavimento che sentivo sotto i piedi improvvisamente perde la sua consistenza.

Anche dopo averle lette, i miei occhi non riescono a distogliere lo sguardo da quelle parole e da quel saluto che hanno avuto il potere di spaccarmi dentro, al punto che tanti piccoli frammenti di me sono scappati via sotto forma di lacrime che avevo giurato mai avrebbero di nuovo solcato le mie guance.

Non me lo aspettavo. E francamente non so se apprezzare o odiare un simile gesto da parte di Adam.

Io volevo solo togliermelo dalla vista e dalla testa, ma quasi a dimostrazione del fatto che lui ottiene sempre quello che vuole, l'immagine di Adam al di là del finestrino si fa vivida nella mia mente fino a pulsare.

"Arrivederci", sillabano ancora le sue labbra.

E io, sebbene senta che la parola "Fine" sia stata ora necessaria, non posso che lasciare scivolare sulla lingua quelle 5 sillabe, che ora acquistano un significato tutto nuovo.

Arrivederci.

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