AMAMI, TI PREGO!

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Aggiunto il 26 luglio 2019

27 ottobre

Ormai l'aria al mattino è fresca ed il freddo che sento non è solo sulla mia pelle. Il gelo che provo dentro mi paralizza e mi ricorda che, nonostante io abbia tante persone attorno che mi vogliono bene, a mancarmi è proprio lui quell'unico pezzo che potrebbe riscaldare il mio animo. Ho pianto tutta la notte e i miei occhi tradiscono il mio barcollante stato emotivo. Evito di incrociare Freddie, non potrei resistere ad altra tensione. Lo so che mi vuole oltremodo bene, ma spesso chi ti vuole bene ti ferisce più di chi ti odia, perché ti mette davanti alle verità che non vogliamo accettare. E la verità è che aveva ragione e che avrei dovuto evitare questa situazione. Io e Brandon continuiamo ad attaccarci l'un l'altro e dovremmo smettere di ostinarci a lavorare insieme.

Entro in ufficio con lo sguardo basso e saluto a stento i ragazzi della reception che mi guardano perplessi perché non è da me. Ma ormai da tempo non sono più io e i miei comportamenti lasciano senza parole anche me. Mi chiama Melody, ma stamattina ho bisogno di qualcosa di più. Ho bisogno di quella metà di me che mi capisce senza parlare. Ho bisogno di Alice, per cui, con la scusa della stanchezza, rimando all'ora di pranzo il mio incontro con Melody e attivo la videochiamata con la mia migliore amica. Dopo aver risposto, già al primo squillo, mi osserva in silenzio per qualche secondo. "Va così male?" mi chiede allarmata. Riesco a raccontarle tutto senza versare altre lacrime, forse perché ormai non ne ho più. Mi sento prosciugata, inaridita da una situazione che dovrei trovare il coraggio di spezzare ed è all'improvviso che una lampadina mi si accende, una presa di coraggio in tutto questo tormento "Oggi mi licenzierò." dico di botto, quasi pensandolo tra me e me. La reazione di Alice mi sorprende e un po' mi disturba anche. Mi sarei aspettata un po' di supporto da chi mi vuole bene, invece quasi mi aggredisce "Faresti la peggiore cazzata della tua vita. Non puoi rinunciare a quello che hai costruito in questi anni per colpa sua." "Alice, io non ce la faccio più, sono arrivata al limite. Devo farlo." la supplico, cercando un po' di appoggio in lei. "Aspetta fino a lunedì. Prenditi il weekend per ripensarci, riparliamone, ma non lo fare così di getto." Mi fermo a riflettere per un istante. Prendo un grande e profondo respiro ad occhi chiusi per assimilare meglio il consiglio di Alice e poi riesco finalmente a calmare il mio tumulto interno. "Ci penserò." dico sommessamente. "Allora ciao." la saluto con mestizia, ma mi blocca subito "Aspetta. Ho una bella notizia. Io e Michael veniamo per Natale." La sua eccitazione è contagiosa e questa notizia mi da finalmente un briciolo di gioia passeggera. Ancora non sa quanto si tratterranno, ma finalmente potrò riavere per un po' la mia amica nei nostri posti del cuore. Quando infine ci salutiamo rifletto che è veramente strano il fatto che, sia la mia migliore amica che Claudio siano dello stesso parere riguardo le dimissioni. Anche lui mi aveva consigliato qualche giorno fa di pensarci bene, di prendere le decisioni con calma e mai nel picco delle mie emozioni, come in questo momento. Quando tornerà vorrebbe stare con me almeno un giorno intero per parlarne insieme. Nonostante la distanza, come Alice, riesce sempre a starmi vicino con la sua calma e la sua saggezza. Mi ha anche spronato a interrompere la storia con George. Avevo iniziato infatti ad avere rimorsi nei confronti della sua povera moglie e mi sono sentita uno schifo guardandomi indietro. Mi tranquillizza avere Claudio come amico, avere comunque qualcuno con cui confidarmi, un punto di vista maschile che non sia quello di Freddie, che è troppo coinvolto quando si tratta di Brandon. Freddie e Claudio sono la prova che le storie facili non sono per me! Sarebbe ora tutto più semplice con Claudio e invece no, mi devo complicare sempre tutto e perdere la testa per l'uomo più irraggiungibile e sbagliato del mondo!

Decido di mettermi al lavoro in attesa che il mio carnefice arrivi in ufficio anche oggi, ma mi sento tanto stanca, ho sonno e mi mancano le forze anche solo per prepararmi un caffè.

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Nemmeno quando è finita con Nina ho provato quello che ho provato stanotte pensando a Tara, a come le cose sono andate tra noi ieri sera. Eppure quando all'improvviso il telefono si è illuminato ho sperato che ci avesse ripensato, che volesse parlarmi. Ma la sua risposta mi ha inferto l'ennesima delusione.

Le parole dette da quel tipo mi sono frullate in testa per tutta la notte "Tu hai sprecato la tua occasione. Lasciala stare." Sembra conoscere molto bene la storia di Tara e ciò che è successo tra noi, ma perché ha usato proprio quelle parole? E' così evidente il mio sentimento per lei al punto che persino lui lo ha capito? E perché lei sembra non accorgersene?

Mi sono rigirato di continuo nel letto in cerca di un'illuminazione, un'ispirazione che purtroppo non è arrivata. Cosa devo fare ora? C'è una soluzione a tutto questo?

E' la prima volta in tutta la mia carriera che avverto il peso di dover andare a lavoro. Ho accarezzato per un istante l'idea di non andare. Mi eviterebbe anche l'imbarazzo del giorno dopo con lei, ma ho comunque voglia di vederla, ne ho bisogno, quindi resisto alla tentazione di non andare e prendo la strada verso l'ufficio.

Mentre parcheggio la vedo che sta entrando con la testa e le spalle basse. Sembra stanca e triste. Le manca probabilmente Claudio. O forse sono solo i postumi della sbronza di ieri sera. Appare così piccola, minuta e indifesa stamattina e vorrei poterle stare vicino, stringerla, prendermi cura di lei. Ripeto a me stesso che, in fin dei conti, mi potrei anche accontentare di esserle amico. Sono disposto a tutto pur di non continuare con questi comportamenti, ma soprattutto non posso vivere con questo peso, con la consapevolezza che la donna che amo e che ho sempre amato invece mi odia e forse non ha mai smesso. E allora l'unica soluzione che vedo è parlarle. Le parole di Ernie perdono potenza nella mia testa e decido che devo capire quanto il mio amore è ormai impossibile, quanto spazio c'è ancora per me nella sua vita. E se sarà necessario, mi farò da parte, in un angolo a guardarla vivere la sua felicità, senza esserne io l'artefice, ma senza più farci la guerra, senza più ignorarci. Perché io ho bisogno di lei, ogni giorno sempre di più.

Prendo tempo prima di entrare. Voglio darle il tempo di sistemarsi, fare ciò che fa ogni mattina. L'ho osservata a lungo e so che ha le sue abitudini, azioni che compie quotidianamente tutti i giorni prima di immergersi nel lavoro. Non voglio disturbarla proprio oggi. E allora guardo sul cellulare la nostra foto scattata a Roma e mi assale la malinconia. Se fossi stato più sveglio e avessi capito prima i miei sentimenti per lei, ora forse non staremmo a questo punto. Nel frattempo sono successe troppe cose. Ci siamo fatti del male, ancora e ancora del male, mentre lì eravamo solo noi e tutto sarebbe potuto accadere, se solo lo avessi capito prima. Era il posto giusto per darci una nuova possibilità, per un nuovo inizio, ma ho capito tutto troppo tardi e ora mi ritrovo a rincorrere qualcosa che probabilmente non potrà mai più essere mio. E questa foto che le ho rubato a colazione il primo giorno è quanto di più tenero abbia mai visto. Era assonnata, stanca ma felice, come una bambina in un negozio di caramelle e io lo sapevo, ma non lo ammettevo con me stesso, che non avrei mai visto nulla di più bello di lei com'era in quel momento. E mi sbagliavo di nuovo. Ogni volta che la vedo è la volta in cui mi sembra più bella della volta precedente. Ogni volta che la guardo scopro qualcosa di nuovo di lei che mi conquista. Ogni volta che la osservo mi rendo conto quanto sia l'unica cosa su questa terra che mi rende veramente felice solo per il fatto di esistere.

Entro e imbocco il corridoio verso il suo ufficio. Il suo profumo anche oggi allieta il mio olfatto, ma sembra essere più flebile e meno deciso del solito. Sento che è al telefono con la sua amica Alice e ancora una volta rubo una sua conversazione privata. La voce è triste anche se non riesco a sentire tutto ciò che dice. Parla a bassa voce. Sembrerebbe non avere le forze per parlare o più probabilmente lo fa per non farsi sentire. Carpisco una breve frase "Ci penserò." La sento poi assumere un tono più allegro, forse per qualche notizia che Alice le ha dato. Quando capisco che la conversazione è terminata, entro nel suo ufficio appoggiandomi allo stipite della porta e la saluto con un cenno del braccio a cui lei risponde con un leggero movimento del capo, mentre immerge il suo sguardo nel laptop, probabilmente nell'intento di evitare il mio. Mi scappa un mezzo sorriso intenerito. È ripiegata su se stessa, come se avesse freddo. Ha gli stessi abiti che indossava ieri e un trucco appena accennato a coprire un viso stanco. La voglia di stringerla senza aspettare di parlarle è difficile da contenere. Lo faccio controvoglia e trovo il coraggio di iniziare la conversazione "Vieni subito da me, dobbiamo parlare." Le dico, cercando di usare un tono deciso ma non sgarbato, ma non credo di esserci riuscito, ahimè. "Non ho ancora completato il report di oggi." obietta lei sempre senza guardarmi. Mi avvicino alla sua scrivania a passi lenti e riesco finalmente a catturare tutta la sua attenzione. Mi guarda, gli occhi sono cerchiati di nero e il trucco non è riuscito a camuffare i segni della sua stanchezza. Ma ciò che mi colpisce è il suo sguardo, la mancanza di luminosità, la tristezza che solo la mancanza di un amore ti fa provare. Probabilmente la storia con Claudio è più seria di quanto pensassi, ma io adesso ho bisogno che me lo faccia chiaramente capire, altrimenti non mi darò mai pace. Sono davanti alla sua scrivania, i suoi occhi mi guardano ancora, con la stessa cupezza. Mi abbasso a pochi centimetri dal suo viso. La sua bocca di fronte alla mia è una linea dritta, le labbra premute con forza tra loro. "Quanto pensi che mi possa interessare adesso del report? Lo puoi fare dopo. Ho altro di più urgente da discutere con te. Vieni per favore." Le dico con tono sempre deciso, ma sicuramente più morbido e basso di prima. Mi giro dandole le spalle, resistendo alla voglia matta di baciare quelle labbra che quando le ho parlato si sono dischiuse davanti ai miei occhi, forse per controbattere o forse solo per la sorpresa di ciò che le ho detto. Mi dirigo nel mio ufficio per aspettarla. Non so cosa le dirò, come comincerò il discorso. Molto dipenderà da lei e dal suo atteggiamento. Il mio istinto farà tutto il resto.

Sono passati almeno 5 minuti e di Tara nemmeno l'ombra. Mi domando a che gioco stia giocando. Evitarci non è la soluzione e deve capirlo anche lei. Mi dirigo a grandi passi verso la sua stanza con l'intenzione di discutere. A questo punto affronteremo il discorso nel suo ufficio. Entro con irruenza prendendo un grosso respiro che dovrebbe servire a farmi iniziare il discorso con forza, ma questo viene smorzato da ciò che vedo e non è ciò che mi sarei aspettato. Tara è riversa a terra priva di sensi, proprio a metà strada tra la sua scrivania e la porta. Stava venendo da me! I capelli le coprono parzialmente il viso pallido inclinato da un lato, le palpebre chiuse, paurosamente serrate. Il cuore mi batte convulsamente nel petto e le pulsazioni mi rimbombano nella testa. Non credo di avere più la giusta lucidità e seguo solo il mio primo istinto. La prendo tra le mie braccia per portarla sul divano nella mia stanza. Mi rendo conto, toccandola, che ha perso molto peso ultimamente. Non mi ero reso conto di quanto fosse dimagrita, anche i vestiti le stanno larghi. E la preoccupazione per il suo stato di salute adesso è anche maggiore. La adagio sul divano e chiudo subito la porta. Non voglio che la vedano così, so che non le farebbe piacere. Non so se sto facendo bene, ma so che lei vorrebbe riservatezza. Aspetterò ancora qualche minuto e, se non si riprenderà, chiamerò l'ambulanza. "Tara, svegliati! Tara ti prego, non puoi farmi questo!" Sento la mia voce implorante uscire dalla mia bocca. La preoccupazione non accenna a placarsi perché non so nemmeno quanto tempo sia passato da quando è svenuta e se ha battuto la testa. Le alzo il busto e mi siedo dietro di lei, il suo capo sul mio petto e le stringo la mano, mentre con l'altra le accarezzo il viso, chiamando il suo nome ripetutamente, come fosse una preghiera. Ho paura, una paura che non ho mai provato. La paura di perderla per sempre.

La sento lentamente muoversi, le palpebre tremolano accennando a volersi riaprire e un sospiro liberatorio lascia i miei polmoni. "Resta così ancora un po'." le sussurro e lei non se lo fa ripetere. Rimane tra le mie braccia con gli occhi chiusi, adagiata sul mio petto e mi chiedo se riesce a sentire quanto veloce sta battendo il mio cuore con questa nostra vicinanza.

Passano pochi minuti in cui rivedo il colorito sul suo viso ritornare pian piano normale. Ancora con gli occhi chiusi mi parla piano "Mi fa male la testa." e trovo nella sua voce roca qualcosa di sensuale e dolce allo stesso tempo. "Ti porto qualcosa da mangiare. Sono sicuro che stamattina non hai fatto colazione, come sono sicuro che non sempre mangi come dovresti." le dico con tono di rimprovero. La sua risposta non arriva e i suoi occhi restano ancora chiusi a confermare i miei sospetti.

La lascio adagiata ancora sul divanetto e vado a chiamare Melody. La osservo da lontano mentre compongo il numero e squilla il telefono. Il suo viso è molto più rilassato ora rispetto a quello di ieri sera e di stamattina. Un accenno di sorriso compare per un secondo all'angolo della sua bocca e mi chiedo cosa si sia affacciato nella sua mente per provocarlo. Poco importa ora, non è il momento di farmi domande. Ora è il momento di prendermi cura di lei. I miei pensieri vengono interrotti dalla voce di Melody che risponde alla mia chiamata "Buongiorno Brandon." mi dice sospettosa. "Melody buongiorno. Ho bisogno del tuo aiuto. Tara ha avuto un malore. Puoi raggiungerci nel mio ufficio?" le dico lentamente, scandendo le parole piano, lasciando che il mio respiro nel frattempo si regolarizzi, così come il battito del mio cuore. La risposta di Melody è frettolosa e nemmeno la ascolto.

Dopo pochi secondi è già alla mia porta, la sua espressione è preoccupata. Non le do alcuna spiegazione, sono sicuro che gliene parlerà Tara, se vorrà. "Resta con lei per favore. Vado a prenderle qualcosa da mangiare." le chiedo, tradendo la mia apprensione.

Mi allontano per qualche minuto, giusto il tempo di prenderle un tè e dei biscotti. Quando torno, trovo le due amiche immerse in un discorso, probabilmente su qualcosa che io non devo sentire perchè si interrompono bruscamente. Perlomeno Tara ha riaperto gli occhi, anche se è ancora completamente distesa.

Ringrazio Melody per l'aiuto, ma le faccio capire la necessità di lasciarci soli. Lo sguardo che si scambiano è complice, Melody chiede con gli occhi l'ok di Tara, la quale annuisce all'amica, e quindi Melody lascia finalmente la stanza. Poggio il te con i biscotti sul tavolino accanto al divano e aiuto Tara a mettersi seduta. Nel farlo, i nostri occhi si scontrano e no, quello sguardo non ha lasciato quelle piccole fessure verdi. La tristezza non ha abbandonato quel cuore nemmeno ora e io mi sento sconfitto ancor prima di iniziare con lei qualsiasi discorso. Stacco i miei occhi dai suoi per la difficoltà di sostenere quello sguardo. Le porgo il tè che lei sorseggia lentamente, mantenendo gli occhi bassi "Volevi parlarmi?" mi dice dopo un sospiro, ancora guardando il pavimento. La mia risposta è titubante ed incerta "Si, ma solo se te la senti." lei annuisce convinta. Il momento è ora, quello che tanto volevo e che ora tanto temo, perché potrei con poche parole rimarginare questo strappo per sempre o rovinare definitivamente il nostro rapporto. "Come siamo arrivati a questo Tara? E' davvero questo ciò che vuoi?" le chiedo con la voce bassa. Lei non risponde, ancora non mi guarda. Ma io ho bisogno del suo sguardo, devo vedere i suoi occhi ora. "Guardami Tara, per favore." Il movimento della sua testa arriva qualche secondo dopo. E' lenta ed incerta nel girarsi verso il mio viso. Gli occhi sono lucidi, le sopracciglia hanno preso una curva triste e la bocca, ah quella bocca è quanto di più disarmante abbia visto in vita mia. Un bocciolo serrato e acerbo che attende di essere dischiuso. E il silenzio ci circonda, la sua risposta non arriva anche se mi parla con quegli occhi e il mio cuore corre veloce. Metto da parte la tentazione di confessarle i miei reali sentimenti per paura della sua reazione se mi spingessi troppo oltre. Le prendo le mani tra le mie e mi sembrano così morbide, lisce ed è come se le stessi toccando ora per la prima volta. "Tara noi eravamo amici, almeno era quello che pensavo, e mi dispiace per come mi sono comportato la sera del mio compleanno, sono stato uno stupido, ma possiamo dimenticare tutto e ricominciare, ancora una volta?" La sto supplicando, me ne rendo conto perfettamente, ma il mio tono esprime totalmente il mio stato d'animo. Lei finalmente accenna un sorriso. "Tregua?" propongo io allargando le mie braccia per poterla accogliere in un abbraccio, ma lei allunga la sua mano verso di me in attesa di una stretta "Tregua!" conferma. Deluso gliela stringo la mano, per poi attivarla a me e avvolgerla in quell'abbraccio che mi aveva negato e lei non fa nulla per protestare. La stringo forte a me, le mie mani sulla sua schiena, le sue braccia invece ancora lungo i suoi fianchi. La accarezzo lentamente, nulla di malizioso, ho solo tanta voglia di sentirla vicino, sentirmela addosso, assaporare il suo profumo direttamente dal suo corpo. Dopo poco cede e anche le sue braccia avvolgono il mio corpo e la sua testa finalmente si abbandona sul mio petto. "Puoi decidere: ti accompagno a casa o resti a lavorare qui su questo divano." le dico piano tra i capelli. Finalmente riesco a strapparle una risata, quella risata che mi era mancata e che risuona sul mio corpo, che mi scuote e mi inebria. "Resto sul divano, grazie." risponde divertita contro il mio petto. La tengo ancora stretta a me, non la lascio andare finché non è lei a sciogliere questo nostro abbraccio e a malincuore mollo la mia presa.

La giornata è trascorsa tranquilla. Eravamo come non lo eravamo da tempo. Sebbene abbiamo scambiato poche parole tra noi, i nostri sguardi si sono incrociati spesso, i suoi sorrisi sono stati sinceri e caldi. L'ho osservata a lungo, mi sono preso cura di lei, l'ho fatta riposare e ha mangiato ogni volta che l'ho costretta a farlo e senza protestare. Quando l'ho accompagnata a casa è stato come strapparmi un pezzo del cuore. Quando ha varcato la soglia di quel portone ho perso di nuovo quel calore che mi aveva rigenerato per tutto il giorno. Assaporo il profumo che ha lasciato nella mia macchina, il sapore della sua pelle quando l'ho baciata sulla guancia ancora sulle mie labbra. Un casto bacio che ho immaginato potesse essere tutt'altro. Avrei voluto fosse tutt'altro. Ho per un attimo pensato di dirglielo e disperatamente nella mia mente lo facevo. Ripetevo "Amami, ti prego! Amami!" ma le parole di Ernie sono ancora cariche nella mia testa. Devo lasciarla stare, col tempo magari le cose cambieranno, ma ora ha bisogno di tutta la mia pazienza. Chiudo gli occhi e provo ad essere ottimista, provo a credere che forse qualche speranza per me, per noi, ci sia ancora.

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Ci ho provato. Ho cercato con tutta la forza che avevo di contrastare quello che stavo provando. Quando mi ha chiesto di raggiungerlo nel suo ufficio sapevo che voleva parlare di cosa era successo ieri sera e ho tentato di evitarlo, ma a quanto pare era molto più determinato di me, perché alla fine lui ha le idee chiare e sa perfettamente nella sua testa cosa siamo noi, ma è ignaro di ciò che provo io, del logorio che mi turba ogni volta che si avvicina a me. E il suo viso era così vicino quando mi ha ordinato di raggiungerlo. Il suo tono era così deciso da non accettare repliche da parte mia. L'ho letto nei suoi occhi nocciola, più scuri, più profondi e più intensi del solito. Un brivido interno ha dischiuso le mie labbra, il desiderio insano di incontrare quella bocca che si muoveva con determinazione e sensualità davanti ai miei occhi.

Avevo preso il coraggio di andare da lui ed affrontarlo, avrei comunque resistito e ancora una volta avrei combattuto per lasciare le cose come stavano. Avrei ribadito che lui è e sempre sarà solo il mio capo. Nessuna amicizia, nessuna confidenza, nessuna vicinanza. Niente di niente. Ma le mie gambe hanno ceduto e il buio mi ha schiacciato a terra ancor prima che me ne accorgessi. Non so per quanto tempo sono stata su quel pavimento, non ricordo nemmeno il momento di averlo toccato né quanto fosse freddo. Il primo ricordo che ho sono le sue braccia che mi alzavano da terra e la sua voce preoccupata, ma è un ricordo talmente sfocato che sembra quasi un sogno. Solo poco dopo ho realizzato dov'ero, con chi ero e chi mi teneva e quello non era un sogno ma la surreale realtà. Lui mi teneva sul suo petto, mi accarezzava il viso, mi teneva la mano, chiamava il mio nome. Era pericolosamente vicino ed era dolce col suo modo di preoccuparsi per me, di prendersi cura di me, anche per il suo modo di rimproverarmi perché non mangio come dovrei. Avevo tutta la sua attenzione e io sentivo che quello era l'unico posto dove mi sentivo a casa, il mio posto giusto nel mondo. Ho sentito quell'accenno di sorriso piegare istintivamente la mia bocca quando ho realizzato la piacevolezza di tutto ciò. Ho cercato di spiegare a Melody le cose che erano successe ieri sera e stamattina, ma non ne ho avuto il tempo, perché Brandon si è assentato troppo poco e le cose che sono accadute sono veramente tante, le emozioni troppo forti da essere descritte e raccontate in pochi attimi.

Far finta di niente a quel punto sarebbe stato da stupidi, ho pensato che tanto valeva affrontare il problema e rompermi la testa se proprio dovevo rompermela. Quando però mi ha chiesto se era quello che voglio veramente, ho fatto i conti con me stessa e no, non è quello che voglio ma come avrei potuto mai dirgli che quello che desidero è il suo amore. Non volevo guardarlo, non potevo incontrare quegli occhi che sapevo che mi avrebbero fatto vacillare eppure la sua richiesta è stata irrifiutabile. Sentivo il suo bisogno attraverso la sua voce penetrarmi il cuore e scendere dritto nella mia anima. L'ho guardato ed è stato l'incontro più penoso che abbia mai vissuto. Sapevo di avergli rivolto uno sguardo spento e privo di emozione, ma per quanto ci avessi provato, non ho saputo mascherare ciò che si era insinuato dentro di me.

Lo guardavo con gli occhi che si riempivano di lacrime. Le ho mandate indietro mentre lo supplicavo dentro di me "Amami, ti prego! Amami!" e d'improvviso le sue mani attorno alle mie, grandi e calde, hanno inferto il primo colpo in quel mio muro fatto di fragile argilla e ho avuto il primo cedimento. La chiarezza delle sue parole è stata però devastante. Eravamo amici e vuole ancora essermi solo amico. Eppure, non ho saputo negarglielo. Non ho saputo dirgli di no e mentre gli concedevo un po' di più della mia vita, mi sentivo morire di nuovo dentro. La sua offerta di abbraccio era tutto quello che desideravo ma non erano quelle le condizioni che volevo, eppure me l'ha rubato, l'ha strappato a tradimento dalle mie braccia e sembrava così giusto, sapeva così di buono. Il mio muro si è sgretolato in un secondo con il suo tocco dietro la mia schiena, con il contatto dei nostri due corpi così perfettamente uniti. Quel muro è diventato immediatamente polvere ai miei piedi. Ho visto quella polvere spazzata via dalla folata di vento che è stato il suo respiro nei miei capelli, dalla mia risata incontenibile. Perché solo lui è capace di tanto. Solo lui può provocarmi il pianto più disperato e le risate più folli.

Il risultato di questa giornata è che ancora una volta ci sono cascata nella trappola dei miei sentimenti e della mia passione, tanto da lasciarmi andare del tutto a lui e alle sue premure. Ed era perfetto, tutto era perfetto, lui lo era. E sembra impossibile che quello che sento quando siamo così vicini sia solo frutto dei miei sentimenti. Una tale energia può essere mai generata da una sola persona? Perché io la sento quella carica elettrica che si sprigiona quando i nostri corpi si approssimano e lui no? E' solo frutto delle mie emozioni? Possibile che io ami a tal punto quest'uomo da sentire l'aria bruciare attorno a noi? Non riesco a credere che lo senta solo io? Quel casto bacio sotto casa, le sue labbra sulla mia pelle, morbide e umide, mi hanno fatto ricordare ancora una volta cosa voglia dire sentirle sensualmente sul mio corpo, sulla mia intimità e allora l'ho desiderato ancora. In quel momento l'ho bramato come e più di prima.

La mia fuga dietro il portone di casa è stata la liberazione da un fardello diventato troppo pesante. Quella voglia inappagata di sentirmelo addosso, dentro, intorno. Mio.

Dovrò adattarmi nuovamente a questa evoluzione del nostro rapporto, a questa sabbia che nuovamente si smuove nella mia clessidra. I nostri granelli che nuovamente si ritrovano a sfiorarsi. Scenderò a patti con me stessa, metterò delle regole non dichiarate, non a lui. Nonostante questa nuova vicinanza, dovrò evitare del tutto il contatto fisico. Mi limiterò ad essere di nuovo confidenziale e magari a confidargli qualcosa in più di me. E comunque eviterò di essere il più possibile da sola con lui. Non fa bene alla mia fantasia che corre troppo veloce e desidera cose impossibili da raggiungere. Altre regole le stabilirò più in là. Perché di certo ora c'è che, qualsiasi sia la natura dei suoi sentimenti, quando io ne avrò bisogno lui sarà lì per me. Ed è inutile cedere ulteriormente all'illusione che tra noi possa funzionare, che prima o poi lui capirà che possiamo funzionare. Questa evenienza non avverrà mai e dovrò convivere con questa certezza per tutta la mia vita.

Nota dell'autrice: 

Ecco il capitolo aggiuntivo che prosegue il racconto da "TALKING TO THE MOON".

Spero che vi piaccia. Buona lettura!💕💖🌹😍

TY

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