TROPPO BELLO PER ESSERE VERO

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Aggiornato il 20 giugno 2019

19 giugno

L'aeroporto ci accoglie col suo solito caos di persone che vanno e vengono e l'arietta dell'aria condizionata che consente a Tara di respirare di nuovo. Il taxi che abbiamo preso l'aveva fuori uso e il suo colorito è andato via via impallidendo. Ho visto che man mano che passavamo il tempo nell'autovettura, lei si abbandonava sempre di più nel seggiolino e aveva perso tutta la vitalità di sempre. È molto contenta di fare quest'esperienza e io non avrei potuto avere compagnia migliore. L'affiatamento con lei è alle stelle. Ho tremato un po' quel giorno in cui stavo per rovinare tutto per colpa dei miei ricordi, ma adesso sembra essere passato tutto. La sua organizzazione perfetta era prevedibile. Non mi potevo aspettare diversamente. Quello che mi ha sorpreso è stata la rapidità con cui ha prenotato tutto. Due ore dopo la nostra chiacchierata quella mattina avevamo già i biglietti dell'aereo e gli alberghi prenotati. Nei giorni scorsi ha avuto cura di studiare tutto. Sa esattamente chi sono le persone che dobbiamo incontrare, la loro storia personale e professionale, i loro volti, le sedi degli incontri. Tutto di tutto. Ha calcolato le distanze, le eventuali passeggiate e cosa e dove mangiare La sua gioia e il suo entusiasmo sono coinvolgenti e per questo più che un viaggio di lavoro sembra quasi una scampagnata tra amici. "Non devi fare altro che preparare le valigie" mi ha detto col sorriso soddisfatto. "Se non sto attento, mi ti ritrovo a casa che mi prepari anche quelle." L'ho presa in giro io. "Se vuoi..." mi ha risposto sfidandomi. Ovvio che non glielo avrei mai permesso. Ho troppo rispetto per lei ed il suo lavoro per chiederle qualcosa come questa. Però per due settimane ha seguito le previsioni meteo minuto per minuto e mi aggiornava su temperature, umidità, tempo atmosferico. Ci aspettava una bella estate torrida in Italia. Specialmente a Milano, dove notoriamente quando fa caldo si soffoca. Nonostante sia stato a Parigi per 15 anni, non sono mai stato né lì né a Roma. Con Nina siamo stati a Firenze e Venezia e sono state esperienze indimenticabili, anche se adesso vorrei che scomparissero dalla mia testa insieme a quella donna. Sono sicuro che mi piaceranno anche queste due mete. Peccato che il tempo per visitarle sarà molto ridotto, ma Tara ha fatto in modo di ritagliarci anche un po' di tempo per lo svago. Glielo avevo proposto io e lei non si è fatta pregare.

Mi giro verso Tara che si guarda attorno rapita. Guarda il cartellone con le partenze e puntando con gli occhi il nostro volo sorride luminosamente. Mi piace sempre vederla sorridere. Non mi stancherei mai di guardarla. Fa sorridere anche me ogni volta. "Fra poco ci fanno imbarcare. Ceneremo in aereo.." le dico parandomi davanti, tra lei e il cartellone. Lei annuisce continuando a tenere quel sorriso immobile sul suo volto. Qualcuno potrebbe pensare che le è venuta una paresi, ma quella curva sulle sue labbra non accenna ad affievolirsi e io non ho nessun interesse che ciò avvenga. È oltremodo appagante vederla con quell'espressione sul viso.

L'imbarco è stato più lungo del previsto. Hanno controllato minuziosamente le dimensioni di tutti i bagagli a mano. Per fortuna noi abbiamo imbarcato le valigie grandi ed abbiamo con noi lo stretto indispensabile per il viaggio, come da indicazioni del mio capo. Si perché nei giorni scorsi l'ho presa in giro più volte dicendole che sembra più lei il capo di me.

E mentre ora siamo seduti in aereo in attesa del decollo, la osservo. È super equipaggiata per la lunga traversata in aereo: ha portato musica, libri e giochi enigmistici Mi fa tanta tenerezza e mi sembra anche un po' agitata per il lungo tragitto. Mi ha confessato che la tratta più lunga che ha fatto è stata fino a Los Angeles. Capisco cosa prova. Ancora ricordo il volo fatto da New York a Parigi subito dopo la laurea. Era la prima volta che volavo in assoluto e poi ero agitato per tutto quello che mi aspettava, per i progetti che avevo in mente e volevo realizzare nel più breve tempo possibile. L'amore non era nei miei programmi e non lo sarebbe stato per molto tempo. Avevo intenzione di concentrarmi totalmente sul mio futuro professionale. Nina è arrivata casualmente, in un venerdì sera d'estate al Centre Pompidou. Ero fermo ad ascoltare dei musicisti africani nella piazza antistante il museo. Avevo bisogno di svuotare la mente dopo una settimana intensa di lavoro che mi aveva provocato non pochi grattacapi. Era inevitabile non notarla, con quella chioma rossa e la sua figura sinuosa. E' stata lei ad avvicinarsi a me con la sua camminata seducente. Sapeva esattamente come fare per sedurre un uomo e con me aveva sfoderato tutte le sue armi. Non ha cercato nessuna scusa. "Ti va se beviamo qualcosa insieme e ci conosciamo?" mi disse candidamente e senza vergogna, sicura del fatto che nessun uomo sano di mente le avrebbe detto di no. La mia risposta fu preceduta da una risata fragorosa "Dritta allo scopo, vedo. Va bene, ma il posto lo scelgo io." Trascorremmo tutta la serata insieme ed inevitabilmente finimmo a letto. Non fu niente di speciale pensandoci ora. Banale sesso uguale a tanto altro fatto con altre donne occasionali. Non avevo intenzione di portare avanti una storia con lei, ma ci scambiammo comunque i numeri di telefono. Iniziammo a sentirci sporadicamente e vederci di tanto in tanto fino ad intensificare le telefonate, gli appuntamenti e le notti insieme. Fu naturale dopo un po' decidere di vivere insieme. Quella donna era riuscita a prendermi emotivamente, a conquistarmi piano piano e senza che me ne accorgessi. Era entrata nella mia vita, nella mia quotidianità, nei miei progetti. Più passava il tempo e più mi ritrovavo a desiderare un futuro con lei. Il resto è storia che è meglio dimenticare, che fa soffrire per come sono stato ingannato, illuso, tradito, usato. Guardo Tara e penso quanto sia stata fortunata ad aver mantenuto il suo rapporto così intimo e personale col suo ex, a non aver avuto motivi di risentimento, ma il loro amore si è semplicemente consumato, esaurito, senza che il rispetto e l'affetto venissero intaccati, senza che un tradimento fosse la causa di tutto.

Accarezzo la mano di Tara tenendo la mia appoggiata alla sua e le strizzo l'occhio "Hey, stai tranquilla. Se continui così rischi di arrivare a Milano senza la forza necessaria per fare ciò che dovremo fare. perché non provi a dormire?" Vedo che chiude gli occhi e fa un profondo sospiro, poi sfila la mano e si immerge senza parlare né rispondermi in uno dei suoi libri. Ancora una volta è scattato qualcosa in lei che l'ha resa distante e sfuggente. Vorrei poter capire se dipende da me, se faccio io qualcosa per cui lei di nuovo si rinchiude dietro una di quelle sue porte dove io non ho il permesso di entrare.

Ormai l'aereo è decollato e stiamo salendo sempre più su, sopra le nuvole. Ci servono la cena appena il volo si stabilizza e siamo in silenzio per tutto il tempo. Lei avvolta nel suo mantello di pensieri che vedo attraversarle gli occhi. Il viso è contratto ed il suo atteggiamento è talmente distaccato che mi intimorisce chiederle che ha e se dipende da me. La barriera in questo momento è molto alta. A questo punto decido di chiudere gli occhi e dormire. D'altronde è sera e arriveremo a Milano in pieno giorno. Reclino il sediolino e mi abbandono. Il sonno non fatica ad arrivare.

20 giugno

Mi sveglio che siamo quasi arrivati. Tara dorme ancora. E' tutta rannicchiata sul sediolino nella mini coperta che ci hanno dato e ha l'espressione serena, direi quasi felice. Una ciocca di capelli le copre un po' il viso finalmente rilassato, completamente diverso dall'espressione tirata che aveva ieri sera. Seguendo l'impulso di spostarle quella manciata di capelli color del sole le sfioro inavvertitamente la guancia con le mie dita e lei accenna ad un sorriso. Un gesto che mi manca da troppo tempo. Mi piaceva farlo a Nina mentre dormiva. Il suo volto però non è mai apparso così angelico come quello di Tara in questo momento. La sua pelle è liscia e bianca da sembrare quasi trasparente. Due donne diverse tra loro, l'antitesi l'una dell'altra, mi verrebbe da dire il diavolo e l'acqua santa. Resto per qualche secondo a guardarla. Sì, sembra proprio un angelo, con la sua pelle chiara e i capelli biondi. Ricordo di aver fatto lo stesso gesto quella notte, prima di scappare via, mentre lei dormiva nel suo letto. La osservai e pensai le stesse cose, quanto fosse dolce, ma poco mi importò del male che le stavo facendo, troppo pieno di me e concentrato sugli obiettivi che volevo raggiungere. Una fitta mi si propaga nel petto e scivola verso il mio braccio sinistro fino a fermarsi sul mio tatuaggio. Spero non sia nulla di preoccupante, che non sia un problema al cuore. Sono giovane cazzo, non è possibile. Eppure mi dovrei curare un po' di più e farmi visitare, ma non c'è mai tempo. Ho troppo lavoro che mi distrae da queste cose, che passano inevitabilmente in secondo piano, ma sbaglio, lo so che sbaglio.

Le lancio un'altra occhiata che mi intenerisce ancora di più. Meglio se dorme ancora un po'. Meno male che l'appuntamento è nel pomeriggio, quindi avremo anche tutto il tempo per andare in albergo e sistemarci.

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L'appuntamento è andato bene come previsto. Brandon, quando non si innervosisce, è veramente brillante e io vengo sempre totalmente ipnotizzata dal suo modo di affascinare chi lo incontra. Era molto rilassato e quindi anche l'incontro ne ha giovato. Me ne voglio prendere parzialmente il merito vista la mia organizzazione. Lui parlava con i dirigenti del Network e io lo osservavo, seduta alla sua destra. Più volte ho percorso con gli occhi il suo profilo, soffermandomi sulla linea delle sue labbra, mentre le parole uscivano disinvolte e sicure. Lo guardavo e desideravo poterle sentire sul mio collo, il suo respiro sfiorare la mia pelle. Non erano i pensieri più consoni ad una riunione di lavoro, lo so, ma è stato inevitabile. Lo è da ieri sera, quando abbiamo preso l'aereo e lui mi ha toccato la mano con quella dolcezza che mi ha trafitto il cuore. Il suo sorriso mi ha dato un'illusione che come un incendio mi ha bruciato dentro. Avrei voluto ricambiare il suo sorriso, avrei voluto stringere quella mano nella mia e appoggiare la mia bocca sulla sua. Era il momento perfetto, lui era perfetto. Ma io mi sono rinchiusa nel mio guscio come faccio di solito quando inizio ad abbandonarmi alle mie fantasie. E' l'unico modo che ho per sopravvivere a questi sentimenti così totalizzanti. Sarei capace di annientarmi per lui se solo mi lanciasse una briciola del suo amore.

La cena è stata gradevole, ma so che a volte gli sembro distante e distaccata e forse questo mio atteggiamento lo confonde un po', ma assolutamente non so come gestire le mie emozioni se non in questo modo. Questo viaggio di lavoro sta mettendo alla prova i miei sensi più di quanto immaginassi. Il salottino dell'albergo di Milano è molto ampio, anche se non ha grandi fronzoli né tante decorazioni, ma è accogliente e Brandon ha voluto trattenersi un po' quì prima di andare a dormire. Io ho assecondato la sua volontà anche se, seduta su questa poltrona nera, con lui di fronte sprofondato in quel divano bianco, sguaiatamente seduto con le gambe aperte davanti a me, è una tentazione troppo grande da sopportare. Prova che lui non immagina assolutamente cosa provoca in me, né gli interessa. Le maniche della camicia arrotolate sulle sue braccia fanno intravedere il tatuaggio sul suo avambraccio sinistro e la mia voglia di poterlo sfiorare con le mie dita si impossessa di me e mi sento smaniare. Lui chiacchiera di com'è andato l'incontro e fa programmi per il giorno dopo mentre i miei pensieri su di lui diventano sempre più arditi. Il peccato sembra aver preso completo controllo dei miei sensi. Ma è inutile, ci devo rinunciare. I segnali sono chiari. Rassegnata al fatto che i miei desideri non potrebbero essere soddisfatti, inizio ad avvertire gli effetti del jetlag e della stanchezza, nonostante il panorama davanti ai miei occhi ripetutamente mi tenti. Sbadiglio a ripetizione mentre Brandon sembra ancora pimpante e lucido. Dopo il mio ennesimo sbadiglio vedo le sue labbra prendere la forma di un sorriso che lo rende ancora più irresistibile ai miei occhi. "Credo che tu abbia bisogno di dormire Tara." mi dice con tono delicato, sporgendosi in avanti, verso di me. I suoi occhi mi guardano con premura, sembra sinceramente interessato al mio stato. Annuisco, un po' dispiaciuta, perché come sempre spero che le cose con lui possano prendere una piega diversa dal solito buonanotte. "Ti accompagno." mi dice dopo essermi alzata dalla poltrona. Mi irrigidisco un attimo pensando che sarà forse la buonanotte più difficile di queste ultime settimane, ma non protesto né rifiuto la sua offerta. D'altronde ha dimostrato in più occasioni di essere un gentiluomo e di non sottrarsi a questo dovere con me. Mi scorta fino alla mia camera, io un passo avanti a lui. Ci fermiamo davanti alla mia porta e, come suo solito, mi da un amichevole e casto bacio sulla guancia "Buonanotte, piccola Tara." mi prende in giro. Lo fa sempre quando mi vede così distrutta. Dice che quando ho sonno gli sembro una bambina. Io i suoi baci amichevoli non li ho mai ricambiati, per mantenere con lui comunque una distanza di sicurezza, ma li ho sempre piacevolmente accettati. Lo vedo allontanarsi da me per raggiungere la sua stanza un po' di porte più avanti. Stasera però è diverso. Stasera ho bisogno di lui come non mai. Non so cosa mi sia preso, forse un raptus di follia, in un attimo di blackout della mia ragione sono dietro di lui ad afferrarlo. Ho la sua mano nella mia, la mia presa salda e decisa. La tentazione di baciarlo sulla bocca e trascinarlo sul mio letto è forte. Lui mi guarda negli occhi, confuso e forse anche un po' preoccupato per questo mio gesto repentino ed inatteso, inaspettato anche per me. Non so davvero cosa dire adesso, né come uscire da questa situazione in cui la mia improvvisa spontaneità mi ha ficcato. "Qualcosa non va Tara? Stai bene?" mi dice Brandon, inclinando la testa, sempre più confuso credo. Ha ragione, sono confusa anch'io, ma non per i miei sentimenti ma per il mio comportamento. Cerco di riprendere i sensi, la ragione e quel poco di dignità che mi rimane "Si sto bene. Volevo solo ringraziarti." gli dico sommessamente, sganciando i miei occhi dai suoi, così profondi ora da poterci affogare. Istintivamente lo abbraccio. Un abbraccio forte, stretto, saldo. Ho bisogno di sentirmelo addosso, di sentire il suo corpo contro il mio e far finta con me stessa di appartenergli, che io sia sua come lui mio. Illudermi per una frazione di secondo che tutto questo possa essere vero, reale. Brandon ricambia il mio abbraccio con la stessa stretta, accarezzandomi dolcemente la schiena. Le sue mani mi sfiorano, delicate, calde e il mio desiderio adesso è un incendio che brucia nelle mie viscere, tra le mie gambe. E mi fa male di un dolore pungente. Come vorrei che prendesse l'iniziativa per fare andare le cose oltre questo caldo abbraccio, ma non lo fa. Restiamo abbracciati a lungo, senza più parlare. Io non posso dire altro, qualunque cosa dicessi uscirebbe fuori come un gemito in questo momento. La mia testa sulla sua spalla, il suo mento sui miei capelli, il mio cuore affiancato al suo come non ho mai sperato in queste settimane. Mi costa tanto, ma mi scosto da questa illusione e, per la prima volta, ricambio il suo bacio. Appoggio le mie labbra sulla sua guancia. Mi punge leggermente quel filo di barba che si affaccia sulla sua pelle e l'effetto su di me è delizioso. Mi fa avvertire ancora di più quanto lui sia maschio e virile, perché il ricordo del suo corpo su di me è più vivo che mai. "Buonanotte Brandon." dico in un sospiro pieno di delusione che spero lui non abbia colto. Senza aspettare una sua risposta, scivolo dietro la porta della mia stanza e fuggo sotto la doccia con ancora i miei vestiti addosso. L'acqua calda ricopre tutta la mia pelle e mi ritrovo anche stasera a soddisfare i miei bisogni da sola, con le mie mani sul mio corpo, immaginando le sue tra le mie gambe e sul mio seno fino a raggiungere l'appagamento fisico. Il cuore no, stasera quello è dolente, ferito, disilluso e arrabbiato. Ma non con lui che non ha alcuna colpa, ma con me perché ci casco, ci casco sempre e ci cascherò ancora perché sono cocciuta, perché alla fine è quello che voglio.

21 giugno

La notte è stata devastante e me lo merito. Sono una sciocca a caderci ogni volta nell'illusione. Mi sono ripetuta più e più volte che questa storia non può continuare. Stavo per cedere e avevo quasi deciso di dichiarare finalmente i miei sentimenti a Brandon, ma quando poi l'ho visto a colazione, così sereno rispetto al mio gesto di ieri sera, come se fosse stata la cosa più naturale di questo mondo, allora ho capito che sarebbe stato un errore e ne avrei pagato care le amare conseguenze se avessi ceduto all'impulso. Ho fatto grande sforzo e ho cercato di mettere nuovamente la distanza di sempre tra noi, cercando di essere disinvoltamente amichevole con lui.

Siamo atterrati a Roma e già mi sembra tutto diverso. Milano mi è piaciuta, ma per alcuni aspetti troppo simile a New York, mentre questa antica capitale mi ha lasciata senza fiato ancora prima dell'atterraggio, già solo sorvolandola con l'aereo. Abbiamo visto anche il mare dal finestrino e il panorama mi ha mozzato il fiato. Il luccichio del sole sull'acqua ha avuto un effetto ipnotizzante. Ho finalmente sentito un piccolo moto di gioia dopo tutto il dolore che ho sentito da ieri sera e per tutta la notte. Sono stata per qualche minuto ad osservare quell'acqua che si trovava sotto di noi finché non è sparita del tutto, lasciandomi di nuovo con tanta tristezza.

Per fortuna quì i programmi sono molto meno serrati rispetto a quelli che avevamo a Milano. Il nostro appuntamento è fissato per domattina tardi, quindi con Brandon il piano sarebbe quello di prenderci il pomeriggio per fare un po' i turisti, anche se la città è talmente grande e ricca di cose da visitare, che certamente non riusciremo a vedere tutto.

Dopo essere andati in albergo ed esserci sistemati in assetto "da turista" ci siamo incontrati nella hall dell'hotel per uscire finalmente. L'albergo è in una stradina di Trastevere, un quartiere storico di Roma, quindi il nostro itinerario, rigorosamente a piedi, parte proprio da quì.

La passeggiata turistica mi ha consentito di sgombrare un po' la mente da tutti quei pensieri riguardo la mia situazione con Brandon e sono riuscita a stabilire di nuovo il giusto equilibrio tra noi. Ho evitato qualsiasi contatto fisico o visivo con lui perché ho la netta sensazione che oggi, proprio oggi, per come mi sento vulnerabile, lui capirebbe tutto e si rovinerebbe anche quel poco che sono riuscita ad avere da lui e a cui non rinuncerei, per quanto doloroso e penoso sia comunque per me.

A pranzo ci siamo imbattuti in un ristorantino vicino Campo dei Fiori dove abbiamo mangiato e bevuto deliziosamente bene per poi proseguire verso quì, la Fontana di Trevi. C'è tanta confusione, turisti e venditori ambulanti eccessivamente insistenti. Cerchiamo di farci largo tra la folla accalcata. Una stretta alla mia mano, calda e decisa, mi fa trasalire all'improvviso. Abbasso gli occhi e la mano di Brandon è avvolta totalmente alla mia, stretta al punto giusto da farmi sentire come se fosse un suo prolungamento, l'estensione naturale del suo braccio. Mi guarda con un ghigno anche un po' preoccupato "C'è troppa folla, ho paura di perderti." Le mie ginocchia stavano per cedere a quelle parole. Ho paura di perderti, parole che rimbombano a ripetizione nella mia testa. Ho paura di perderti, parole che vorrei avessero un significato diverso da quello che realmente hanno. Ho paura di perderti, non mi perderai mai vorrei dirgli. Rispondo al suo gesto assecondando la sua iniziativa e con un timido sorriso, ma talmente accennato che probabilmente gli sarò sembrata addirittura infastidita. In realtà ero solo emozionata per questo inatteso contatto fisico. Un nodo nello stomaco si è stretto così forte che ad un certo punto ho sentito un conato di vomito salire in gola e il colorito sparire per un attimo dalle mie guance. "Stai bene Tara?" Brandon purtroppo si è accorto del mio disagio. "Si sto bene. E' solo un colpo di calore. Lo sai non lo sopporto molto bene." mi giustifico mentendo, ma solo parzialmente. Il caldo è veramente asfissiante in Italia, ma per fortuna le serate sono fresche e ventilate, almeno in questi ultimi giorni. Il concierge ci ha raccontato che in piena estate si boccheggia anche di notte.

Passeggiare per Roma è qualcosa di unico, qualcosa che non puoi fare in nessun'altra parte del mondo. Non che io lo abbia girato per poterlo dire con cognizione di causa, ma Roma mi affascina in modo travolgente. E' piena di storia, glamour e persone di ogni genere. Dice Brandon che Parigi è molto simile, ma io non ci sono stata a Parigi e non credo che ci vorrò mai andare. Troppo forte il legame con lui e non la vivrei bene.

Siamo passati per numerose vie di shopping e ho costretto Brandon a fermarsi davanti a quasi tutte le vetrine. Una gioielleria in particolare ha catturato adesso la mia attenzione. In vetrina un ciondolo piuttosto grande raffigurante una sirena mi sta ammaliando. Non so per quale motivo, che cosa è scattato dentro di me, ma proprio come Ulisse, sono stata catturata e non riesco a distogliere gli occhi. Soprattutto il prezzo ha imprigionato il mio sguardo. Non posso dire che sarebbe stata una spesa eccessiva, per qualcun altro. Per me, invece, è un sogno irrealizzabile. Poi improvvisamente mi sento tirare per un braccio. E' Brandon. "Dobbiamo rientrare in albergo." mi dice distrattamente, mettendomi fretta e trascinandomi via dal mio sogno ad occhi aperti.

Purtroppo le cose belle finiscono presto e anche questa giornata sta per volgere al termine e dopo la nostra cena in una trattoria non lontano dall'hotel a Trastevere, consigliato dal concierge, stiamo andando a dormire. Ho preferito stasera non trattenermi con lui per le chiacchiere e ho insistito perché non mi accompagnasse alla camera. L'ho salutato fugacemente nel corridoio, senza abbracci né baci amichevoli. Avevo troppa paura di ricadere nella stessa trappola di ieri sera. Soprattutto dopo una giornata perfetta come quella di oggi. Mi sono ritrovata più volte a pensare che staremmo divinamente come coppia. Un'ondata di completezza e appagamento ha riempito tutti gli organi del mio corpo quando mi ha preso forte la mano. L'ho sentito violentemente il sangue che scorreva più veloce e ribollire sotto il suo tocco. E quelle parole dette per caso -Ho paura di perderti-. Mi addormenterò con l'eco di questa frase nella testa. Ancora una volta ci sono cascata e inizio a pensare che forse Freddie aveva ragione. Ma io di questa droga ormai non posso più fare a meno, lui prima mi inebria e poi mi distrugge e dopo mi lascia il desiderio di volerne ancora. Ne voglio di più, per appagare il vuoto che sento quando svanisce l'effetto e devo fare i conti con la realtà.

22 giugno

"Appuntamento alle 9:00 per la colazione" aveva detto e invece di lui non ne ho vista nemmeno l'ombra e il suo cellulare è staccato. La mia prima reazione, lo ammetto, è stata la furia. Soprattutto quando ho chiesto di lui in portineria e mi hanno detto che è uscito poco prima dell'orario concordato, quindi proprio con l'intenzione di saltare la colazione. Poi è subentrata l'ansia e la preoccupazione. Per quale motivo sarebbe dovuto uscire e, soprattutto, perché avrebbe il cellulare staccato? L'appuntamento è alle 12:00, quindi un orario molto comodo, ma fatto sta che non mi ha avvisato e adesso mi ritrovo a trascorrere questa prima parte della giornata da sola, nel salottino dell'albergo, preoccupata e nell'attesa che il signorino si faccia vivo.

Stanotte è stata un'altra nottataccia. Ho fatto un sogno veramente strano e il timore che si possa avverare incombe sul mio umore. Eravamo in aeroporto, io e Brandon. Tutto lasciava intendere che eravamo una coppia, cioè che stavamo insieme. Brandon mi teneva la mano, mi abbracciava, mi lasciava teneri baci sulla testa, mi sussurrava all'orecchio parole dolci insieme a sconcerie di vario genere. Era così bello e reale. Bello e reale, si. Bello fino a un certo punto però. Durante uno dei nostri scambi di tenerezze e amore, all'improvviso sbucava Nina! Così, dal nulla, me la ritrovavo alle mie spalle. Rideva la stronza, bellissima ed elegantissima non solo nell'abbigliamento, ma nel portamento e nella gestualità. Odiosa. Silenziosa come una tarantola si avvicinava a Brandon e lo trascinava via, allontanandolo da me, mentre io restavo da sola, come sempre affranta e delusa. Dannazione, quella donna è diventata il mio incubo più ricorrente e non riesco a sbarazzarmene. La odio, la detesto. È solo una stronza che si permette di venire a disturbare i miei sogni senza nemmeno averla conosciuta.

Ah, eccolo che ricompare. Adesso dovrei essere arrabbiata, fargli una sfuriata coi fiocchi, ma è così carino con quel viso furbo come di chi ha fatto una marachella e non sa nasconderlo. Non me la conta giusta."Si può sapere che fine hai fatto?" sbotto cercando di fingere un'incazzatura. La mia voce però rivela tutta la preoccupazione che avevo provato e il mio gioco se ne va a puttane, perché la faccia di Brandon ora è addirittura compiaciuta. "Non mi dire che ti eri preoccupata per me?" Sfoggia il suo ghigno seducente e ho paura che i miei occhi tradiscano quanto io veramente lo fossi. "No, per niente." Dico, fingendo disinteresse e distogliendo lo sguardo da lui, alzando il mento e incrociando le braccia davanti al petto. "Ammettilo che ti sono mancato." Mi dice ridendo. Ma sta dicendo sul serio? Mi sta per caso provocando? "Vai al diavolo Brandon!" sbotto io, dandogli le spalle e dirigendomi lontano da lui, senza alcuna idea di dove potrei andare, ma sicuramente via da lì, da quello sguardo strafottente che si sta prendendo gioco di me. Adesso sono arrabbiata sul serio. Dopo appena due passi sento la sua stretta al mio polso, quel solito tocco che mi fa strozzare il fiato in gola e mi sospende il cuore. "Avevo bisogno di stare un po' da solo. Per favore scusami. Stavo solo scherzando un po'." conclude la frase con il suo solito tono pentito, quello che mi conquista sempre, che mi fa cedere, sciogliere come un ghiacciolo nel mese di agosto. Quello che lui accompagna sempre con gli occhi sinceri di scuse a cui io non so resistere e che mi iniettano dentro ancora più droga e mi intossicano l'organismo con un piacevole effetto, "l'effetto Brandon". Per fortuna sono di schiena e non li vedo quegli occhi di castagna, almeno il cervello me lo fotte solo per metà. Alzo le spalle in segno di resa, avvantaggiata dalla mia posizione per cui non vede il mio viso. La mia bocca e i miei occhi sono tesi in una smorfia nel tentativo di trattenere il mio istinto di abbracciarlo e baciarlo. "Andiamo all'appuntamento." taglio corto cercando di essere il più indifferente possibile e finalmente sento il suo pugno mollare la presa sul mio polso. Eppure quella stretta non mi dispiaceva, quel contatto sembrava velluto e il mio sangue pompava nel mio cuore a una velocità inaudita, inarrestabile. È questo che intendo quando dico che lui è l'unica cosa che ora mi fa sentire viva. È sentire l'aria che passa nei polmoni di nuovo dopo aver trattenuto il respiro per troppo tempo. Le mie vene che si dilatano per il fluire troppo impetuoso del sangue. La vita fluisce in me solo quando sono con lui.

"Che ne pensi?" Chiedo a Brandon mentre con il taxi stiamo raggiungendo di nuovo l'albergo. È pensieroso e guarda fuori il finestrino il paesaggio verde che costeggia la strada che chiamano GRA. "Che mi andrebbe di fare un ultimo giro per Roma stasera." Mi dice sempre assorto nei suoi pensieri. Non era quello a cui mi riferivo, io volevo sapere cosa pensasse dell'incontro perché mi sembrava fosse andato anche meglio di quello avuto a Milano. "Non mi riferivo a quello ma all'incontro Brandon." Lo rimprovero. Lui finalmente mi guarda con un sorriso accennato "Lo sai meglio di me com'è andato l'incontro Tara." Mi prende in giro. "E sai anche che poi non siamo noi a decidere. Parleremo lunedì con Big Pete e lui prenderà la decisione finale. Si parla di molti soldi. Fossi stato io a decidere, avrei le idee già chiare." Lo so, quello di oggi lo ha convinto di più e nemmeno glielo chiedo. L'ho capito subito, dalle domande che faceva. Il suo tono mi sembra frustrato, proprio perché la decisione per lui sarebbe già presa, se dipendesse solo dal suo giudizio. Mi dispiace, vorrei potergli dire qualcosa. In realtà vorrei prendergli la mano e confortarlo, ma dopo il contatto di stamattina, che ha messo in subbuglio il mio intero organismo, non sono in grado di sopportare un altro giro sulla giostra delle emozioni. Giro il mio sguardo a guardare fuori il finestrino "Sono stanca. Non vorrei camminare oggi." "Prendiamo un'auto e ci facciamo portare in giro, così non ti stanchi ulteriormente." Il suo tono è altrettanto stanco. E' un'offerta che non posso rifiutare. Fa emergere il suo lato premuroso in queste occasioni e la mia voglia di avvicinarmi fisicamente a lui mi pervade sempre più. Lotto per non soccombere, lotto per evitare di soffrire ancora una volta, ancora di più. "Hai fame?" Mi chiede sempre con lo stesso tono. Io strabuzzo gli occhi. Sono ancora piena dal pranzo che ci hanno offerto. Scuoto la testa ridendo "Proprio no!" E lo vedo annuire sempre tenendo il suo sorriso accennato, direi anche un po' forzato, e quella vena alla tempia che pulsa veloce, che più di una volta ha fatto la sua comparsa oggi e che mi invita ad accarezzarlo proprio lì, in quel punto dove so che si è concentrata tutta la sua tensione. E lotto, io lotto, lotto fortemente con me stessa.

"Ci faccia fare il giro più completo possibile." Brandon istruisce l'autista che annuisce. "Non si preoccupi. Porto lei e la sua signora nel posto più romantico della città." Finalmente un sorrisetto di sbieco compare sul suo viso e mi guarda complice per il fraintendimento rispetto alla natura del nostro rapporto. Faccio per dire qualcosa per negare il legame insinuato dall'autista, ma Brandon mi fa un cenno divertito di lasciar stare. Ha l'aria stanca e un ancora demoralizzata. Mi chiedo cosa passi esattamente per la sua testa. Troppa frustrazione emerge dal suo sguardo è dai suoi gesti e mi chiedo cosa c'è che non vada. Certo non è il momento giusto per chiedergli come mai. Ci distrarrebbe troppo dal catturare con gli occhi gli ultimi attimi che abbiamo per goderci la splendida città che ci ha ospitato in queste ore. La storia, l'eternità passa sotto i miei occhi che sono rivolti al finestrino. Secoli e secoli di eventi raccontati anche nei film riempiono gli angoli di questo luogo incantato. Roma resterà per sempre nel mio cuore. Spero di poterci tornare in futuro, più a lungo e con un amore corrisposto e sereno, che non mi faccia soffrire, con non mi provochi lacrime a pungermi gli angoli degli occhi, che mi soddisfi l'anima quanto il mio corpo. Sento lo sguardo di Brandon su di me. Sottocchio vedo il suo riflesso nel vetro. La sua espressione è strana. Un misto di stanchezza, tristezza e dolcezza. Se solo le cose fossero diverse tra noi abbandonerei le mie spalle sul suo petto, la mia testa si adagerebbe totalmente su di lui per sentirne il battito, la mia mano si allungherebbe ad accarezzare quel viso sporcato da quel filo di barba che è cresciuta durante la giornata per poi salire nei suoi ricci soffici e profumati e il mio olfatto si farebbe solleticare dalla sua essenza borotalcata. Chiudo gli occhi per scacciare via la fantasia che si affaccia nella mia mente, ripetendo a me stessa che non è la realtà e mai lo sarà. Mi sto facendo troppo male e sento di essere arrivata ormai al limite. Ringrazio i santi del paradiso di ritornare a New York domani. Non potrei resistere ancora a lungo senza rivelare la natura dei miei sentimenti.

"Questo è il panorama più bello di Roma. Vi lascio qui e passo a prendervi tra mezz'ora." L'autista dell'auto mi fa poi un occhiolino e mi verrebbe voglia di strappargli le orbite dalla faccia perle sue insinuazioni che vorrei fossero vere e invece mi feriscono soltanto un po di più.

Scendiamo e ci avviamo verso la fontana enorme che si trova davanti alla terrazza con panorama indicataci dal simpaticone che guida l'auto. È impressionante quanti monumenti, quanta arte e quanta storia ci sia in questa città. Mi sento un po' provincialotta in questo momento, penso che forse Roma non è da meno di altri luoghi come Parigi o Londra, mentre io per caso mi trovo qui e rimango rapita da tutto ciò che vedo. "Vieni." Sento la voce di Brandon vicino, sfiora il mio orecchio e un brivido mi scuote dai pensieri. Il suo braccio si incastra col mio per trascinarmi verso la terrazza, lontano da tutti, in particolare un gruppo di giapponesi chiassosi che si stava accalcando per fare le fotografie. Sceglie un angolino nemmeno troppo illuminato dove il panorama è da togliere il respiro. Il sole è quasi del tutto tramontato, si intravede solo un leggero chiarore in lontananza e le luci sono ormai tutte accese. Si distinguono i profili dei tetti, le cupole delle chiese, il Vittoriano che maestoso domina tutto il resto col suo candore. "Girati." Mi invita lui con tono gentile, la voce bassa e calda che costringe tutta me ad eseguire istintivamente i suoi ordini. "Facciamo una fotografia per ricordare questa esperienza." Annuisco senza fiatare. Guardo nel suo iPhone con un sorriso imbarazzato lo so, lo sento piazzato lì sul mio viso. I miei sensi sono in sua completa balia. Io il suo burattino e lui il burattinaio che muove i miei fili e i miei sentimenti. I suoi modi sono gentili, attenti, premurosi e io non posso fare altro che sentirmi al settimo cielo ma allo stesso tempo mi sento terribilmente triste perché sono consapevole che la mia è solo una effimera illusione. Niente di romantico c'è mai stato nelle sue parole e i suoi riferimenti sono sempre puramente professionali o da buon amico. Le luci della città rapiscono i nostri sguardi e mi riempio gli occhi di quelle immagini che a breve dovrò abbandonare. Li chiudo a ogni scorcio, catturando le immagini per fissarle nella memoria, come dei fotogrammi di un film. Indelebile sarà per me questo momento, così fortemente intenso per ciò che vedo ma soprattutto per la vicinanza dell'uomo che mi sta affianco, che amo profondamente, da sempre e che per sempre amerò. Dovrò solo accettare che nessuno potrà essere come lui, nessuno mi darà le stesse emozioni. Prima o poi mi stancherò, ha ragione Freddie, e mi deciderò finalmente ad accontentarmi. Mentre in silenzio guardiamo rapiti le luci della città, sento Brandon agitarsi accanto a me. Lo guardo di sottecchi, ha la mano nella tasca della sua giacca sportiva. Mi chiedo come faccia a sopportarla con questo caldo. Mi aspettavo di vederlo almeno in maniche di camicia stasera. Prende qualcosa da quella stessa tasca e lo appoggia sul muretto, sotto ai miei occhi. Quando lo guardo in viso. indossa lo stesso sorriso di stamattina, una marachella stampata sul volto. "Mi hanno consegnato questo per te oggi pomeriggio." Una scatola piccolina di velluto rosa mi guarda dal basso. La osservo con occhi increduli e il cuore tremolante. L'ultima volta che ho aperto una scatola così ho ricevuto una proposta di matrimonio e non può essere vero adesso. Ho la bocca asciutta, come il 90% delle volte che sto con lui, ma questa volta potrei svenire sul serio. E se fosse ciò che spero? E se lui avesse capito di amarmi? Non sento più le mani. Un formicolio si è impossessato di me e non riesco a dire o fare nulla. Lo guardo interrogativa e ci sto sperando sempre più. "Aprilo! È un regalo di compleanno, in ritardo." Il formicolio si tramuta in dolore, una fitta penetrante nel petto. Ci ho sperato, quasi creduto. Ovvio che non poteva essere vero. Ovvio che sono stata una povera illusa. Ovvio. Ovvio. Ovvio. Mi martello idealmente la testa mentre guardo quella scatolina, la fonte della mia illusione e della mia delusione. Il compleanno, certo. Un regalo di compleanno in ritardo. Che stupida che sono stata. Quasi mi scappa un'amara risata che trattengo, facendola sfociare in un sorriso che mi pesa come un bisonte. Apro lentamente quella scatolina, anche se non provo molto entusiasmo nell'eseguire questo gesto. Dovrei essere felice che ci abbia pensato, che abbia avuto questo pensiero, invece di sentirmi così tanto amareggiata. Sbircio il contenuto buttando un occhio quasi distratto nella scatolina semi aperta. Richiudo di scatto sentendo un'ondata di calore che m'investe. Non sarà una proposta di matrimonio, non sarà la promessa di amarmi per sempre, ma l'entusiasmo di nuovo si impossessa di me. Quest'uomo, pur non amandomi, pur non ricambiando i miei sentimenti, riesce a stupirmi e a tenermi legata a lui con questi piccoli, semplici gesti. E ci casco ancora e ancora. Il sorriso sul mio volto adesso è spontaneo anche se pesa ancora un po'. "Come... Quando..." Le parole incespicano sulla mia lingua e lui se la ride, sapendo quanto quel ciondolo mi abbia fatta felice. Come ha fatto a capire quanto mi avesse colpito? Io non ho detto nulla, ma lui mi ha osservata davanti a quella vetrina e ha capito. Come faccio io a non illudermi con un gesto del genere? Come faccio io a non pensare a lui come l'unico che può davvero sapere ciò che voglio, di cosa io ho bisogno? "Sono andato stamattina. Per questo non mi trovavi. Tara, volevo dirti grazie per tutto quello che fai, non solo a lavoro, ma per la persona che sei. Sei diventata molto importante per me. Sei la migliore amica che potessi desiderare.". Mentre mi parla mi sta accarezzando il viso e mi guarda teneramente, come si potrebbe guardare un barboncino. Io sorrido di una triste contentezza che possono sembrare due cose che si annullano tra loro e invece no, perché spesso, quando sono con lui, è così che mi sento: a metà tra la gioia di essere qualcosa per lui, qualsiasi cosa, e la tristezza di non essere niente di più della sua fedele assistente, la migliore amica che lui potesse desiderare. E il suo tocco, quelle carezze mi bruciano sulla pelle come un acido, mi penetrano nei pori e mi marchiano. "Questa sirena starà sempre con me. Grazie Brandon." nonostante il mio stato d'animo, sono sincera, sarà come portare lui sulla mia pelle, sempre.

Sono esausta, questa è stata un'emozione veramente forte. L'emozione associata all'effetto Brandon! E' veramente tanto da sopportare. Ora non vedo l'ora di tornare a New York, perché un altro giorno così metterebbe a repentaglio definitivamente la mia sanità mentale.

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23 giugno

Roma ci saluta con qualche lacrima. Viene giù una pioggia leggera e sottile e a me dispiace che questo viaggio di lavoro sia finito. Tara è stata la migliore compagnia che potessi avere e durante gli incontri è stata fondamentale e di grande supporto. Ma non mi dovrei meravigliare più di questo. Era naturale che la ringraziassi con un regalo. Quando l'ho vista incantata davanti a quella vetrina. Era talmente rapita, con lo sguardo fisso a quel ciondolo. Ho avuto l'istinto di trascinarla immediatamente dentro e regalarglielo ma poi mi ha solleticato l'idea di farle un regalo. Se lo merita, per come lavora ma soprattutto per come mi ha perdonato, come è andata oltre il passato che ha segnato i nostri primi giorni. E poi quell'abbraccio in albergo a Milano, il suo corpo perfettamente incollato al mio, il suo respiro sul mio collo e il suo profumo che ogni volta mi inebetisce. Avrei voluto fare di più. Il mio corpo è rimasto sorpreso da quell'abbraccio e chiedeva qualcosa di più, ma ho preferito non andare oltre con lei. L'ho ferita già una volta ed ora qualsiasi cosa potrebbe rovinare il nostro rapporto professionale nonché la nostra quasi nuova amicizia. I suoi repentini sbalzi di umore, quando all'improvviso si impensierisce e si chiude in se stessa mi fanno pensare che ancora provi del rancore verso di me e per questo si allontana. In quei momenti la lascio fare, l'ho capito che devo fare così, perché poi le passa così com'è arrivato. Non posso fare cazzate con lei.

In aeroporto abbiamo già lasciato le valige e stiamo aspettando di imbarcarci, ma abbiamo tempo per mangiare un boccone. Per fortuna Tara non è una di quelle donne che, pur avendone l'occasione, non ne approfitta per assaggiare cibi gustosi e pietanze nuove. Mi piace osservarla mentre mangia. E' buffa perché glielo leggi subito negli occhi se qualcosa le piace o no. Lei mangia con l'anima prima che con la bocca e se qualcosa non è di suo gradimento fa delle facce strane che mi fanno tanto ridere. Allo stesso modo, se una pietanza è di suo gradimento chiude gli occhi e mastica lentamente. In entrambi i casi riesce sempre a provocarmi un sorriso. E non le sarò mai sufficientemente grato per tutti i sorrisi che mi ha provocato e tutti quelli che mi ha regalato. Ho deciso di non dare più per scontato queste cose. Oggigiorno dimentichiamo tutti di sorridere, perché troppo arrabbiati per qualche motivo o presi dai numerosi impegni. Lei no, lei il suo sorriso lo dona. E' il suo regalo all'umanità.

Mangiamo una focaccia con la mortadella, una delle specialità di Roma, dicono, e anche in questo caso la mia compagna di viaggio sembra gradire e un sorriso affiora sul mio viso pure stavolta. Una voce alle mie spalle mi distrae da questo spettacolo masticante "Ciao Brandon.". Ad un tratto il mio corpo diventa un macigno e si irrigidisce. Vedo il viso di Tara sbiancare di fronte a me. Riconoscerei la proprietaria di quella voce anche se fosse contraffatta "Ciao Nina." saluto mentre mi giro verso la donna che mi ha salutato. Sono più shockato che sorpreso, però neanche un po' emozionato. Deglutisco e cerco le parole e l'atteggiamento giusto, ma mi sento inadeguato e la faccia di Tara, che sposta i suoi occhi da me a lei in modo spasmodico, non mi aiuta. "Che ci fai a Roma Brandon? Non mi presenti?" mi dice disinvolta e quasi spavalda, la sua voce profonda, che penetra nella profondità dei miei timpani e scende giù nel mio stomaco fino a darmi fastidio, disgustarmi. Vorrei vendetta, sì. Vorrei fargliela pagare, questo è quello che provo. "Ti presento Tara, la mia assistente..." prendo fiato perché sto per dire una cosa che sono sicuro farà arrabbiare la mia compagna di viaggio, per cui le sorrido provando ad alleggerire il mio senso di colpa che velocemente fa la sua comparsa "... e mia compagna. Siamo quì per lavoro." Abbraccio la mia ignara complice, che ricambia il mio abbraccio e il mio sorriso, ma dietro la schiena punta le sue 5 unghie, provando a punirmi, segnandomi la carne attraverso la camicia. Questa situazione è surreale e mi scapperebbe quasi da ridere se non fossi consapevole che questa cosa abbia infastidito Tara, che questo gesto dietro la mia schiena è il suo modo di farmi capire come non le piaccia ciò che sto facendo. Cerco di essere disinvolto quanto lei "E tu Nina?" "Anche io per lavoro. Sto rientrando a Parigi. Sono con un gruppo di colleghi." dice indicandocelo. "Vedo che stai bene. Sono contenta. Allora buon viaggio." mi saluta. Si sporge sensualmente per darmi un bacio sulla guancia, come suo solito fare. Fastidiosa sì, ma molto eccitante, come sempre. Ma io la conosco. Conosco i suoi giochetti e questo è il suo modo per umiliare Tara a cui rivolge un antipatico sorriso.

Quando Nina si è allontanata a sufficienza sento Tara sciogliersi dal mio abbraccio per andare a sedersi in silenzio. "Scusa..." provo a parlarle, ma lei taglia brutalmente il mio discorso "Non fa niente, ma per oggi preferirei che mi lasciassi in pace." Ho sbagliato. Di nuovo l'ho fatto con lei e chissà se me lo perdonerà questa volta. E anche ora si chiude nei suoi momenti. Come darle torto adesso?

Ci hanno chiamato per imbarcarci. Provo ad aiutarla con il suo bagaglio a mano, ma non me lo consente. Tira dritto senza rivolgermi né la parola né lo sguardo e io mi sento un verme, faccio schifo anche a me. Non imparerò mai dai miei errori e continuo a dare a Tara prova che quello stronzo che lei ha conosciuto all'università in fondo ancora striscia dentro di me ed è sempre pronto ad usarla per i suoi scopi.

In aereo Tara ha continuato ad ignorarmi. Non mi ha rivolto la parola per tutto il tragitto e sono state ore lunghe, mute, silenziose, solitarie. Io ho fatto come voleva e non l'ho disturbata ma l'ho osservata a lungo. Non era offesa, né arrabbiata. Davvero voleva solo essere lasciata con sé stessa. Devo sistemare questo pasticcio che ho combinato, prima che questa situazione maceri e marcisca tra noi. C'è una domenica di mezzo e c'è il pericolo che il marcio imputridisca ancora di più se non dico qualcosa prima di salutarci. La accompagno al portone di casa con la scusa di aiutarla con le valigie e questa volta mi lascia fare. Il suo sguardo però è sempre lontano, pensieroso e assorto. Come spesso succede, mi taglia fuori e chiude la porta. E mi confonde quando fa così. Mi confonde il senso di impotenza, di colpa, di solitudine quando agisce in questo modo. Mi ritrovo a sentire la sua mancanza pur avendola vicino e mi confonde questo sentimento di quasi dipendenza psicologica da lei e dal suo umore. "Tara, mi puoi perdonare anche stavolta?", la mia voce è bassa e mesta. La sua risposta è immediata, incolore "Non ti devo perdonare nulla. Hai avuto una normale reazione, forse anche io avrei fatto lo stesso." ma lo sguardo è freddo, sempre distante. "E allora perché fai così?" la mia smania mi scivola sulla pelle e raggiunge la mia voce, che diventa un po' più alta, certo non per aggredirla, ma tesa ad implorare il suo perdono. "Ho i miei motivi Brandon, ma preferisco non condividerli con te. Forse sei tu che devi scusare me." E' triste mentre me lo dice, quasi vuota. Perché dovrei scusare io lei se ho ferito la sua sensibilità, se l'ho assaltata con la mia superficialità? Mi avvicino cautamente per salutarla. Ho il timore che mi possa allontanare e non darmi la possibilità di salutarla nel modo in cui abitualmente la saluto. Mi avvicino un po' di più e le poso un bacio sulla guancia, il solito bacio che mi mette in pace e mi consente di dormire sereno. Sono egoista, ho bisogno di alleggerire la mia coscienza con questo semplice gesto con lei. Ogni volta che lo faccio ho l'assicurazione che tra noi il rancore è passato. Per fortuna lei non si tira indietro, ma resta impassibile. Non una risposta, non un sorriso. Ferma, immobile. "Riposa domani. Lunedì dobbiamo relazionare a Big Pete sul nostro viaggio in Italia." le dico. Si gira per andare verso il portone di casa, ancora chiusa nel suo mutismo. Aspetto che il portone si serri dietro di lei e, con la mia coscienza pesante, mi faccio portare dal taxi a casa mia. Questo epilogo non me lo aspettavo, non avrei mai voluto che finisse così. E mi sento nervoso per ciò che mi aspetterò lunedì, dovendo affrontare sia Big Pete che Tara.Sento la mia vena sulla tempia pulsare veloce e il braccio sinistro formicola irresistibilmente. Alzo la manica della camicia. Tutto è uguale come sempre. Quella scritta fastidiosa che mi ricorda un momento di blackout della mia vita ancora lì a darmi fastidio ancora di più di sempre.

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Nota dell'autrice:

Ciao a tutti,

spero che vi stiano piacendo le revisioni. Se potete, sponsorizzate, votate o lasciate un commento.

Thanks,

TY

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