Tutto quello che non ti ho detto

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Alex si sbatté con forza la porta alle spalle, sospirando nella penombra che ormai doveva essere calata già da un po' nella stanza che gli avevano assegnato.

Nonostante i buoni propositi di rientrare presto fatti da lui quella stessa mattina, aveva finito per girovagare senza meta fino al tardo pomeriggio. La scusa che si era raccontato era quella di aver bisogno di un po' di tempo per riflettere sui recenti avvenimenti, ma alla fine tutto ciò su cui era riuscito a soffermarsi per più di cinque minuti era stata l'immagine di Sonia incollata a quella di Valerio, nemmeno fossero gemelli siamesi.

Lui stesso sapeva di non poter provare gelosia nei confronti della ragazza che aveva contribuito ad allontanare, ma d'altra parte non era sicuro che il disappunto che lo tormentava fosse dovuto a quel sentimento. Forse era solo una reminiscenza di esso, ormai spinta unicamente dal suo orgoglio.

Sbuffò e si mosse per accendere la luce, convinto di non aver voglia di cenare – né di dormire, in realtà, ma era presto per preoccuparsene –. Si avvicinò al letto per un attimo di riposo dopo la lunga camminata, ma una figura inaspettata lo sorprese.

«Cris?» non riuscì a trattenere, giustificato anche dal fatto che solo in un secondo momento si accorse che l'amico stava dormendo, su un angolo del piccolo giaciglio che alla caserma avevano il coraggio di chiamare letto. Era raggomitolato su se stesso e pendeva verso la parete con gli occhiali ciondolanti su metà del suo volto, ma non era sdraiato e la sua posizione sembrava tutto fuorché comoda, segno che addormentarsi non era stato nei suoi piani.

Il ragazzo si mosse al suono interrogativo e si portò le mani al viso, stropicciandoselo al di sotto delle lenti un istante prima di aprire gli occhi. Tenne le palpebre socchiuse, forse infastidito dalla luce, ma alzò il mento in direzione della voce che l'aveva ridestato.

«Alex!»

Non appena lo riconobbe, si mise seduto tentando di lisciare la maglietta sgualcita, ignaro della zazzera arruffata che aveva in testa. Doveva trovarsi lì già da un po', rifletté Alex.

«Cosa ci fai qui?» decise di domandargli.

Cris, ancora un po' spaesato, lanciò un'occhiata alla finestra, dalla quale ormai non entrava altro che il pallore morente del crepuscolo. Si schiarì la gola. «Non volevo addormentarmi e fare così tardi» considerò, poi ricominciò a guardare Alex e spiegò: «Quando ho saputo di Valerio ho pensato che sicuramente saresti andato a parlargli, quindi ho aspettato qui il tuo ritorno per discutere su alcune cose che mi ha riferito Riccardo. Non credevo tornassi a quest'ora.» Fece un mezzo sorriso come per giustificarsi. «Spero non sia accaduto niente di grave.»

«Hai pensato che sicuramente sarei andato a parlargli?» ripeté Alex, così sorpreso per essere tanto prevedibile dagli altri che ignorò tutta la parte sul voler discutere. «A quanto pare sono proprio capitan ovvio. Pure quel genio di Riccardo sapeva che ero lì.»

Cris parve in procinto di dire qualcosa, ma s'interruppe quando scorse la sua smorfia. Lo scrutò per un attimo in volto, poi chiese: «C'era anche Sonia, non è vero?»

Alex sbuffò, e quella bastò come risposta.

«Riccardo si aspetta che collaboriamo con lei» proseguì Cris, che evidentemente era al corrente di tutto. Doveva essersi imbattuto nel capitano Gregori poco prima che quest'ultimo raggiungesse lui e Sonia.

«Può aspettarsi quello che gli pare! Non ho mai avuto intenzione di seguire i suoi stupidi ordini e di certo non lo farò adesso.»

Cris scosse piano la testa e si alzò. Alex se lo ritrovò davanti, così vicino che gli era difficile scorgere altro all'infuori del suo viso. Aveva la solita espressione amichevole di quanto doveva dirgli qualcosa che non gli sarebbe piaciuto, perciò Alex partì prevenuto e quasi non lo ascoltò quando parlò.

«Capisco che Sonia sia ancora una ferita aperta» iniziò, ma venne interrotto.

«Non lo è» sottolineò Alex, sia per sé stesso che per negarlo all'altro. Non era del tutto una bugia, ma non aveva idea di cosa fosse Sonia per lui, quindi non poteva proprio classificarla come tale.

«Va bene, ma suppongo non sia facile vederla con Valerio. Eppure devi andare avanti, specie perché collaborare con lei sarà solo di utilità alla nostra causa. E questo lo dico per te, non per...» Cris si interruppe di colpo, come se avesse aggiunto qualche parola di troppo.

Alex alzò un sopracciglio, incuriosito. «Per?»

Cris distolse lo sguardo e un rossore gli colorò le guance in modo insolito. D'un tratto il silenzio si fece pesante come non era mai stato tra loro. Nella mente di Alex balenò l'idea che l'amico gli stesse nascondendo qualcosa, ma era un'ipotesi tanto aliena che faceva davvero fatica a prenderla in considerazione. Cris gli aveva sempre detto tutto da quando erano piccoli, non poteva essere che non stesse condividendo qualcosa di importante in una situazione simile.

«Cris, cosa stavi per dire?» insistette Alex, spostandosi in modo da entrare nel raggio visivo del giovane. Sperava così di incastrarlo.

«Niente, solo che non ho secondi fini di alcun tipo...» Il rossore sulle sue gote aumentò, e Alex l'avrebbe attribuito all'imbarazzo se quello che aveva davanti non fosse stato Cris. Cris, di cui sapeva tutto, l'amico che gli era stato sempre accanto e che non aveva segreti per lui... o almeno così credeva.

«Comunque, di' quello che ti pare, ma non collaborerò con Sonia» ribadì cambiando discorso, quasi per testare la reazione dell'altro. Lo scrutò attento e lo trovò quasi sollevato di esser tornato a parlare della ragazza. Molto strano, specie perché l'argomento non era dei più convenienti per lui, che aveva cercato di convincerlo invano fino a quel momento.

«Ha detto o fatto qualcosa?» gli chiese Cris quasi forzatamente, forse solo per non sviare la direzione che aveva preso la conversazione.

Alex alzò gli occhi al cielo. «Lo sai com'è, a volte pare che lo faccia apposta a irritarmi. Tipo quando si è spiaccicata contro Valerio come se non lo vedesse da un mese.» Non riuscì a trattenere un'espressione schifata. «Come se io non fossi lì con loro, o forse proprio per quello. E dire che le è stato permesso di entrare nella sua cella solo grazie a me, quell'ingrata.»

«Tu potresti avere molto di più» si lasciò sfuggire Cris, che a quanto pareva si era pentito subito di aver aperto bocca. «Ehm... io volevo dire... devo andare, mi stanno aspettando a casa.»

Sembrò accorgersi solo in quel frangente che aveva i capelli arruffati e iniziò a passarci le dita a mo' di pettine con gesti rapidi e nervosi, finendo per scompigliarli ancora di più.

Alex rimase per un attimo sospeso tra la saltuaria stranezza della loro conversazione e l'indecisione di impedire all'amico di finire con un nido di rondine al posto della chioma dorata; alla fine gli prese il polso per fermarlo.

«Sei un disastro, guarda che hai combinato» sospirò, e sostituì la mano di lui aggiustandogli con pochi movimenti la capigliatura. Di certo non era un parrucchiere, ma Cris se lo sarebbe fatto bastare.

Finché non si allontanò dalle morbide ciocche bionde, non udì un singolo suono provenire dal ragazzo, e anche quando ebbe smesso, quello restò in un ancora imbarazzato silenzio.

«Non c'era bisogno che aspettassi il mio ritorno» disse con un'alzata di spalle per rompere quell'atmosfera inusuale.

Cris sorrise e parve il solito di sempre, però poi parlò e Alex notò nel suo tono incerto che la stranezza non era passata del tutto. «Qualcuno dovrà pur assicurarsi che non combini qualche disastro.»

Disastro. Il chiudersi con Sonia nella cella di Valerio era considerato tale? D'altronde non aveva avuto l'approvazione di nessuno; ma comunque non era successo niente, se si escludevano i minuti imbarazzanti e umilianti che aveva trascorso con la coppia.

«E i tuoi di disastri? Chi li previene?» decise di contrattaccare tirando forzatamente le labbra per scacciare – invano – quelle congetture, indicando con un cenno il letto su cui l'amico si era addormentato per sbaglio.

Quest'ultimo però non resse il gioco, focalizzò il proprio sguardo in quello di Alex e l'ilarità svanì.

«Hai un sorriso triste.»

Alex rimase senza parole davanti tale affermazione. Era ovvio che Cris, che lo conosceva meglio di chiunque altro, si accorgesse di ciò che voleva nascondere, ma spesso evitava di toccare argomenti troppo delicati, e lui gli era grato per ciò. Forse ciò significava che stavolta era davvero preoccupato per lui.

«È tutto a posto» lo rassicurò quindi, ma l'altro scosse la testa con espressione seria.

«No, non lo è.»

Aveva ragione, dopo quella scena tra i due fidanzatini felici era tornato a casa parecchio turbato, ma possibile che fosse così evidente?

Alex si sentì scrutato a fondo dai suoi occhi cristallini, così limpidi che credeva non potessero nascondergli segreti. E invece si stava rendendo conto che ne avevano eccome; quell'apprensione verso di lui non era un sentimento sul nascere, bensì uno consolidato, che Cris doveva provare da tempo e che lui non aveva mai notato. Di certo non glien'aveva parlato per non irritarlo. Da quanto glielo nascondeva?

Tale rivelazione fu pesante da sopportare, quindi Alex si ritrovò ad abbassare lo sguardo, assorto, anche per celare ciò che provava se ripensava a Sonia e Valerio.

«Va bene così. Loro sono stati felici senza di me ed è giusto che continuino a esserlo» disse con tutta sincerità. Non era mai stato così trasparente, nemmeno con se stesso.

Seguì qualche secondo di silenzio, ma Alex non rialzò il viso per soddisfare la curiosità che lo attanagliava. Restò semplicemente a fissare il pavimento spento e anonimo della stanza che aveva preso in prestito; che prima o poi avrebbe dovuto lasciare. Lui non apparteneva davvero a quel posto, e si chiese se al momento di andarsene Cris sarebbe rimasto al suo fianco com'era stato fino ad allora: ormai non aveva più niente che lo legasse a lui o, per meglio dire, che lo facesse sentire in obbligo di stargli accanto.

Quasi volesse fornirgli una risposta a tale domanda, l'amico fece un passo verso di lui; e lo abbracciò.

La sorpresa fu tale per Alex che stette immobile per quelli che gli parvero minuti, tempo durante il quale il suo cervello registrava l'esteso contatto che di rado prima d'ora avevano avuto. Poi mosse impercettibilmente le mani fino alla schiena di Cris, per fargli capire che accettava il suo gesto. Come poteva non accettarlo? Un calore inspiegabile gli si stava diffondendo all'altezza dello stomaco, e improvvisamente il pensiero di Sonia apparve lontano e sfocato, come appartenente a un'altra vita.

«Hai ragione,» replicò Cris in merito a ciò che aveva affermato poco prima, e la sua voce gli arrivò un po' distorta poiché aveva l'orecchio poggiato sul suo torace, «ma vorrei vedere felice anche te.»

Alex sorrise contro la maglietta dell'altro, che sapeva di ricordi passati ma anche di tutto ciò che realmente gli rimaneva di quella vecchia vita. Ciò che non l'aveva mai abbandonato.

«In quanto ad amici non posso lamentarmi» ribatté, credendo davvero in ciò che diceva.

Inspirò un'ultima volta quel misto di dolce nostalgia e ferma rassicurazione e scostò la testa dal petto di Cris. Si trovò davanti i suoi occhi, così vicini che poteva scorgere al loro interno ogni singola pagliuzza più scura, invisibile a distanze usuali e sotto la luce del giorno. Le dita di entrambi continuarono a stringere inconsapevolmente il tessuto della maglietta dell'altro.

Alex avvertì il caldo respiro del ragazzo che gli sfiorava le guance, un attimo prima che lo vedesse mordersi un labbro come per cercare di frenare parole che volevano uscire. Il suo volto era rosso come in quell'estate in cui avevano trascorso troppo tempo al sole senza crema solare e Serra aveva insistito nel dire che se l'erano cercata. Ma ora non era estate, né c'era sole. E finalmente Alex comprese che era lui la fonte di quel rossore.

Quasi per sperimentare questa nuova scoperta, tolse una mano dalla schiena di Cris e gliela portò al viso, trovandolo febbricitante. L'altro spalancò appena gli occhi, sorpreso da tale gesto, e Alex lo sentì trattenere il fiato.

In un istante rammentò le sensazioni provate con Sonia quando aveva deciso di fare coppia con lei e iniziò a compararle con ciò che percepiva attualmente. All'epoca era solo un'adolescente inesperto, ma i suoi sentimenti erano stati veri, uguali a quelli che avrebbe potuto provare un ventenne. Fu per quello che seppe dare un nome senza esitazione a ciò che stava sconvolgendo il suo corpo e, in egual maniera, a ciò che leggeva sul volto di Cris.

Di punto in bianco, tutto ciò che avevano vissuto insieme parve successo per l'unico scopo di ricondurli a quel momento: la sua storia con Sonia, l'esilio dall'isola e Cris che lo aveva seguito pur concedendogli gli spazi di cui aveva bisogno e senza pretendere nulla in cambio; e ora, la chiusura finale di tutti i conti che lui stesso aveva lasciato aperti, e il rendersi conto che aveva inseguito la persona sbagliata quando al suo fianco aveva sempre avuto quella che davvero riusciva a capirlo in ogni sua sfaccettatura e a comportarsi di conseguenza.

Per sancire con i fatti quei pensieri, strinse con più forza la maglietta di Cris e tramite essa lo tirò a sé finché questo, stupito, non sbatté con il naso contro il suo. Si concesse un sorriso di un secondo per la sua imbranataggine, poi si sporse quel poco che bastava per sfiorare con le labbra quelle dell'altro.

Il contatto generò emozioni del tutto nuove, che gli fecero comprendere che si era sbagliato, almeno in parte. Erano sì simili a quelle provate la prima volta durante l'adolescenza, ma al contempo anche differenti, ampliate, più consapevoli. Cris c'era sempre stato, aveva solo atteso che anche lui lo notasse. E realizzare che da anni non faceva altro che aspettare lo indusse a premere più forte contro quelle labbra, più sorprese che insicure.

Quando si allontanò, si accorse che anche il suo viso ora emanava calore, ma non ci fece quasi caso poiché aveva ben altro a cui pensare, come ad esempio il battito improvvisamente accelerato.

Guardò Cris e si specchiò nelle sue iridi cristalline, le quali celavano al loro interno le più confuse emozioni, che Alex non gli aveva mai visto in volto. Chissà quante cose gli aveva nascosto, e quanto a lungo, pur di stargli vicino.

«Quanti anni sono che aspetti?» gli chiese a bassa voce, per fargli capire che aveva capito.

Cris parve colto alla sprovvista da quella domanda: inarcò le sopracciglia e poi distolse lo sguardo. «Io non...»

«Non puoi prendermi in giro, Cris. Ci conosciamo da troppo tempo ormai e deve ancora arrivare il giorno in cui tu potrai farmi fesso.»

Senza rialzare il capo, il ragazzo inspirò a fondo. «Non ti stavo aspettando. Cioè, ho sempre voluto starti accanto da... sai, da quando siamo andati via; ma non pretendevo davvero che un giorno tu... noi...»

«Ma allora perché non hai gettato la spugna prima? Che senso aveva continuare a stare lontano da qui se ormai era palese che potessi cavarmela anche senza di te?» Era una questione su cui non l'aveva mai interrogato, anche se avrebbe voluto. Forse aveva solo avuto paura che Cris se ne rendesse conto e se ne andasse, come avevano fatto tutti gli altri.

Cris parve finalmente trovare il coraggio di mostrargli di nuovo i suoi occhi, anche se a tratti sfuggenti. «Perché non desideravo altro che starti vicino. Mi bastava quello per essere felice, finché lo eri tu; non mi azzardavo ad aspirare ad altro.»

Alex recepì quelle parole come se esse lo stessero accusando per essersi perso così tanto durante quegli anni; come gli stessero dimostrando quanto era stato cieco.

«Ci hai mai pensato che entrambi potessimo essere più felici condividendo questa felicità?» L'amico lo guardò quasi desolato, ma Alex voleva fargli capire che non c'era astio in quelle parole, quindi gli sorrise. «Vuoi davvero vedermi felice?» Non attese conferma e proseguì: «Allora da ora in poi lo saremo insieme.»

Gli angoli della bocca di Cris si piegarono all'insù, e Alex si rese conto di quanto non avesse avuto bisogno d'altro, eppure era stato così chiuso in se stesso da non accorgersene.

Fino a quel momento aveva avuto come un vuoto al centro del petto, una mancanza, come se fosse un puzzle composto da tanti piccoli tasselli ma senza il pezzo più importante, quello decisivo. Adesso l'aveva ritrovato, ed era finalmente in grado di comporre la figura del nuovo Alessio Tivoli che era diventato. Quello che aveva tanto cercato.

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