32 | Non sei sbagliata

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CAPITOLO 32
Non sei sbagliata


Arrivo a casa.
Con le mani che mi tremano così tanto da non riuscire a infilare la chiave nella serratura, arrivo a casa. Le lacrime scendono copiose sul mio viso ora che posso lasciarle andare, ora che non devo trattenerle perché non sono più alla guida. Mi sento mancare il fiato, i singhiozzi sono così potenti che ho male al petto, un male che mi piega nelle ginocchia.
Scivolo contro la porta, gli occhi spalancati, i polmoni che mi sussultano ad ogni respiro che arrancano aria e le fitte di dolore che mi attraversano ogni bronco, ogni fessure e muscolo del corpo.
Sul pianerottolo io cedo a qualcosa che ho mai pensato di vivere e che non so nemmeno cosa sia.

Mi sento... così sbagliata.

Ho rovinato qualcosa che attendevo da tempo, l'ho fatto perché sono fottutamente sbagliata. Mio Dio... sono così fottutamente sbagliata da aver mandato a puttane quello che il mio cuore aspettava da una eternità: abbattere la barriera tra me e lui, sentirlo ovunque, inebriarmi della sua presenza...

Ho rovinato tutto.

La porta davanti a me si apre. Non riesco a muovermi, sono pietrificata nei miei stessi singhiozzi, nei miei errori, nel mio fiato spezzato e il respiro affannato.
«Ronnie...?»
Ethan.

Si inginocchia davanti a me e mi alza il viso con una mano. Sollevo gli occhi che si puntano nei suoi che trovo a fissarmi con la fronte aggrottata.
«Piccola streghetta... ma cosa ti è successo?» mi raccoglie al suo petto e mi stringe forte mentre il viso affonda contro il suo petto, macchiandogli la camicia con le lacrime.
La nostra maratona di Game of Thrones è andata a farsi fottere anche quella...

«Ehi... shh, shh, sono qui io... sono qui io adesso...» sussurra cullandomi e lasciando un bacio tra i miei capelli.
Alzo le mani e a fatica gli circondo il torso, abbracciandolo di più a me perché mi sento di annegare. Ho bisogno di qualcosa, uno scoglio a cui aggrapparmi per non soffocare.

«H-ho fatto... ho... ho f-fatto un casino...» biascico tra le lacrime e le corde vocali che mi si rompono. «L-lui... lui... s-sono... sono un d-disastro... sono un disastro» piango ancora. «È s-stato così... mio Dio così, c-così...» mi blocco ancora. Non riesco a parlare, a ragionare. Le mie insicurezze tornano tutte a galla, una per una e mi colpiscono con violenza.
Non provavo più nulla del genere da ormai due mesi. Tempo in cui mi sono concentrata sul tavolo, sulle uscite con Ethan e su Nicholas e...

Nicholas.

Il mio cuore perde un battito.
Non so nemmeno quando mi stacco da Ethan, mi rimetto in piedi ed vado diritta spedita alle scale con il mio miglior amico che cerca di richiamarmi più volte, fermami e chiedermi dove diavolo io stia andando.
Lo so bene dove sto andando.

Dal mio fottutissimo problema. Quel pezzo di merda di un ex militare che mi portata a letto, facendomi conoscere cose a cui mi sono abituata, che pensavo fossero normali, che ho messo in pratica con Logan e che sono in realtà sbagliate. Sono sbagliata, cazzo!

Salgo in sella alla moto, accelero e mi fermo sotto casa sua. Prendo rapidamente l'ascensore, busso e col cuore che mi batte a mille lui apre.
Occhi azzurri con la sua eterocromia del cazzo, una maglietta nera addosso, pantaloni da tuta grigi e il mio pugno che lo colpisce in pieno in faccia.

«Sei un maledetto bastardo!» gli sbraito puntandogli un dito contro mentre lui cerca di riprendersi e mi molla un'occhiata spaesata. Rossa in viso, con le guance che mi prudono per il nervoso apro bocca.
«Tu!» sibilo a denti stretti. «Sei un fottuto, schifoso e maledetto bastardo!» sbraito ancora e gli mollo uno spintone che lo fa indietreggiare dentro l'appartamento.
«Ma che-» prova a parlare ma non gli l'occasione di spararmi una delle sue stronzate.

«Fanculo! Hai capito?! Fanculo!» urlo alzandogli le mani addosso ancora, spingendolo via perché mi ha fottutamente rovinato la vita. Questo grandissimo pezzo di merda mi ha rovinato quello che io volevo da sempre, che ho sempre desiderato, che volevo con tutta me stessa e finalmente c'ero arrivata, finalmente ne ho avuto l'occasione ma ho mandato tutto a puttane per colpa sua!

«Vuoi... vuoi fermarti?» chiede con quella sua voce tremendamente calma e composta del cazzo mentre continuo a imprecarli contro con il sangue che mi bolle nelle vene e il desiderio di strozzarlo a mani nude, mentre lui cerca di pararsi, di fermarmi, ma non mi fermo. Non mi fermo, maledizione. Non mi fermo.

«Vai a farti fottere! Tu, la tua esistenza di merda! Mi hai rovinato la vita! Mi hai rovinato la cazzo di vita!» urlo cercando di colpirlo ma lui para ogni cazzo di colpo.
«Ronnie, ti vuoi fermare?»
Gli mollo un altro spintone. La mia carne e brace, è febbricitante di rabbia.

«Perché diavolo sei apparso in quel fottuto locale?! Perché diavolo sei entrato nella mia vita?! Non potevi startene al diavolo in Afghanistan, tra quei merdosi di terroristi?O andare a farti fottere da qualunque altra parte del fottuto mondo?!»
Provo a colpirlo ancora e ancora.
«Ronnie, calmati.»
Mi afferra per i polsi ma lo strattono e lo spingo ancora via.

«Perché cazzo hai deciso di venire da me e mandare la puttane tutto?! Vaffanculo! Vaffanculo, brutto bastardo e lasciami... Lasciami! Lasciami, cazzo!» sbraito ancora cercando di togliere le sue maledette mani via dai miei polsi.
«Calmati» ordina ma non gli presto attenzione, anzi, mi avvicino al suo viso, inviperita a sangue. «Vaffanculo!» ringhio con le corde vocali che mi bruciano copiosamente. «Ora ti spacco il culo! Ti prendo e ti stacco via-»

Improvvisamente vengo afferrata e sbattuta con violenza alla parete tanto che mi si mozza il fiato. Cazzo.
«Ora. Tu. Ti. Calmi» ordina scandendo ogni singola parola a qualche centimetro dal mio viso.
Gli occhi azzurri iniettati nei miei, la mascella serrata e il mio cuore che batte all'impazzata mentre le lacrime per il nervoso mi scendono sulle guance, tanto sono bollenti che mi bruciano le guance.
Mi ammutolisco di colpo. Non ho più forze per ribattere, per imprecare, per scaricare tutta la mia frustrazione su di lui. Sono fottutamente esausta.

Nicholas mi guarda per alcuni istanti e io faccio lo stesso ad occhi sbarrati, per il colpo alla schiena contro la parete, per tutto quello che ho detto e fatto, per quello che è successo pochi minuti fa al campus. Sono un dannato disastro che va in giro e crea scompiglio perché altro non sa fare, maledizione.

Non so fare. Perché diavolo sono così sbagliata? Perché non ne combino mai una giusta?

Questa sera era perfetta, credevo che lo fosse e io ho mandato a rotoli ogni singola dannata cosa perché faccio schifo.

Solo ora osservandolo, con i mille pensieri che mi attraversano la testa, noto il suo aspetto trasandato. I capelli scompigliati, gli occhi rossi e stanchi, le occhiaie e il viso pallido. D'improvviso fa una smorfia, gira lievemente il viso e starnutisce. In automatico molla la presa al colletto della mia felpa e si allontana di qualche passo.
Si porta il gomito vicino e cerca di fermare un altro starnuto.
Tira su col naso e mi fissa mentre io resto ancora incollata alla parete senza smuovere un solo muscolo.
Aggrotta la fronte e si avvicina di scatto.

«Ma che ti è successo?» poggia le dita sotto il mio mento, sollevandolo leggermente e studiandolo in silenzio. Punta gli occhi nei miei. «Chi ti ha fatto questo?»
Stacco immediatamente la mano via, scaraventandola via.

«Non sono cazzi che ti riguardano» sibilo avvilita e mi asciugo frettolosamente il viso dalle lacrime furibonde ché maledico mentalmente.
Lui intanto starnutisce di nuovo e per qualche istante sbatte le ciglia, strizza gli occhi, si guarda in giro con fare confuso e il suo corpo si inclina verso destra.

Ma che diavolo...

Le mie mani d'istinto si sporgono in avanti, piazzo i piedi nel pavimento e lo afferro prima che sbatta contro il pavimento.
Gli rivolgo un'occhiata stranita.

Nicholas sembra riprendersi e a fatica riacquisire l'equilibrio. In automatico stacco le mani dal suo corpo e mi allontano. Sono venuta qui per picchiarlo, maledizione, non per evitargli un trauma cranico che invece vorrei tanto perché se lo merita questo cazzone.
Lui sbatte di nuovo le ciglia e si porta una mano sul viso, stropicciando gli occhi per poi guardarmi.
«Chi ti ha fatto quello?» chiede indicandomi il viso.
Scuoto la testa. «Cosa?»
Nicholas tira un sospiro pesante.
«Chi ti ha alzato le mani addosso» spiega poi si guarda a destra, fa dei passi e mi giro allo stesso modo. Lo vedo infilarsi le scarpe da ginnastica sotto il mio sguardo intontito.

«Che stai... ma che stai facendo?» domando quindi stranita. Lui alza un indice in segno di attendere, si infila anche l'altra scarpa e si tira su.
«Vado a spezzare il collo a chiunque ti ha messo le mani addosso» fa con un tono di voce talmente basso e serio da farmi rabbrividire fin dentro le ossa. Poggia una mano contro il muro e sembra fare una breve pausa per via di un altro capogiro.
Alla fine afferra le chiavi della macchina dal mobiletto accanto alla porta della stanza da letto, vicino la statuetta di ceramica, e torna da me che sono rimasta ferma all'ingresso.

«Ma... che diavolo dici?» chiedo stizzita. Lui si ferma davanti.
«Dimmi chi ti ha toccata.»
Lo guardo sbigottita.
«Nessuno» rispondo.
Lui alza un sopracciglio. «Davvero?»
«Sì.»
Nicholas annuisce.
«Bene, allora vado alla centrale di polizia, mi faccio dare il contatto del padre poliziotto di Veronica Francesca Kyle e gli dico che sua figlia è stata picchiata da qualcuno che sta proteggendo.»

Se prima ero sbigottita, adesso resto completamente di stucco. Sbatto le palpebre incredula.
«Ma chi cazzo ti credi per dire che chiami mio padre?! E non sto proteggendo proprio nessuno perciò ora ti levi dal cazzo» sibilo incazzata a mille.
Nicholas mi pianta gli occhi addosso in uno strano modo che non riconosco affatto.

«È stato il tuo ex?»
Strabuzzo gli occhi.
«Cosa?!» quasi non strillo.
«È stato il tuo ex?» mi rifila però la stessa domanda. «Se è stato il tuo ex, lo trovo e gli spezzo le mani.»
Rabbrividisco fin dentro il cuore.
«Non è stato il mio ex» replico contrariata.
Nicholas però non molla la presa.
«E chi diavolo è stato?»
Sospiro pesantemente.
«Nessuno. Era un pezzo di merda... un certo O'Donnell mi pare, qualcosa del genere, sul bar della Pacific Ave prima della svolta a destra... e me le sono prese in faccia perché lui aveva messo le mani addosso a quella che credo fosse la sua ragazza e... non so che cazzo sia successo, okay?!» spalanco le mani infervorata col battito cardiaco a mille.

Lui resta a fissarmi, elabora le mie parole per poi ispirare con forza, la mascella serrata e chiude gli occhi per qualche istante.
«Domani vado in Centrale, lo cerco e lo sbatto in galera» asserisce mentre io rimango spiazzata dal suo atteggiamento. Si avvicina alla porta d'ingresso, la tira e la chiude, poi si leva le scarpe.

«Vieni» mi fa ma non mi nuovo. Lo vedo sospirare, si avvicina e mi prende completamente di sprovvista quando si china e mi afferra tra le braccia.
Improvvisamente mi trovo a contatto col suo petto.
«Ma che fai?!» chiedo e provo a scendere ma me lo impedisce.
«Mi vuoi lasciare?»
«Shh...» mi fa e raggiunge la cucina, mi poggia sul bancone accanto a quello del lavabo e prende un piccolo panno da cucina, lo mette sotto il getto d'acqua del lavabo, lo spreme e torna da me.

«Vieni qui» mi fa con un gesto di mano e si avvicina ancora finché non mi afferra delicatamente il mento e poggia il panno sul mio sopracciglio. Strizzo di scatto gli occhi con una smorfia di dolore in viso. Non sapevo che avessi un taglio al sopracciglio... merda, ora capisco la preoccupazione sul viso del poliziotto al Lounge bar. Mi sono limitata solo a togliere un po' del sangue da sotto le narici, non di certo di guardarmi a uno specchio. Chissà che aspetto dovrò avere...

Parte un altro starnuto e lui in automatico abbassa il viso e lo sposta verso il braccio, tira su col naso e mi guarda negli occhi mentre io mi sento di colpo strana sotto la sua occhiata. Sembra completamente fuori fase, ha i lineamenti tirati, gli occhi socchiusi dalla stanchezza e le labbra pallide e screpolate.
Toglie il panno, mi afferra i capelli che scendono sul petto e li sposta sulle mie spalle, dietro l'orecchio. I suoi occhi scendono sul mio collo così come in quel stesso posto finiscono le sue dita. Mi sfiora la pelle osservando qualcosa.

«Hai... senti male da qualche altra parte?» chiede con aria assorta.
Scuoto la testa e mentre lo fisso, lui continua a sfiorarmi il collo, dandogli qualche altro sguardo e rabbrividisco d'improvviso sotto il suo tocco.
«Com'è successo?» chiede ancora e solleva gli occhi, piazzandoli nei miei.

«Volevo solo...» incomincio col dire per poi sospirare. «Dare una mano d'aiuto a una ragazza... era in difficoltà e... non so che diavolo... come sia andata ma mi ha afferrato per la gola e mi ha scaraventata lontano» spiego quasi con vergogna. Non mi era mai successo una cosa del genere. Mai. Ho spaccato la faccia ad Elias che era il doppio di quel tizio. Magari stasera è stata semplice sfortuna, non ne ho idea.

Nicholas resta in silenzio, le sopracciglia corrucciate, un'espressione preoccupata in viso e la sua mano che si solleva e mi accarezza la guancia, trascinando un pollice sotto le mie narici probabilmente per togliere il sangue seccato. Mi ritraggo di scatto chiudendo gli occhi per la fitta che mi propaga su tutto il setto nasale fin dentro il cranio.
«Ti porto in ospedale?» mi fa riponendo la mano sul mio viso. Scuoto la testa.
«Non è niente.»
«Non sembra niente» replica contrariato.
«Non è niente» ripeto.

Lui esita, ma alla fine si limita ad annuire mentre aggrotto tutto d'un tratto la fronte
Perché la mano che ha sul mio viso è così bollente?

Do un altro sguardo al suo viso e non so nemmeno perché lo faccia, ma alzo la mano e gliela poggio sulla fronte. Scotta.
«Hai la febbre» osservo.
Lui sorride lievemente a labbra chiuse e afferra la mia mano nella sua.
«Alla Centrale sta girando un virus, credo di essermelo beccato.»
«Credi?» alzo un sopracciglio e a stento riesco a rimandare indietro un sorriso.

Chiude per qualche breve istante gli occhi, con fare stanco. Poi raggiunge il bagno e torna da me. Afferra del cotone, lo imbeve nel disinfettante e lo poggia sul mio sopracciglio per poi prendere un cerotto e lo metterlo sopra... d'improvviso i suoi occhi fanno per chiudersi e io lo afferro giusto in tempo prima che cada di nuovo.

«Dovresti riposare» gli faccio ben notare, tirandolo per la maglietta a me, tra le gambe così da bloccarlo e sollevo lo sguardo. Lui abbassa il suo e per alcuni istanti chiude di nuovo gli occhi e poggia la fronte contro la mia. D'istinto trattengo il respiro che si fa pesante senza alcuna sensata ragione. Il battito aumenta, troppo. In un modo che non concepisco.

«Si... forse hai ragione» mormora.

«Ti accompagno in stanza da letto?»
Lui scuote la testa. «No, no... non respiro di là. Sul divano.»
Annuisco.
Scendo dal bancone e lo aiuto a stendersi e poi una volta fatto raccolgo il panno, vado in bagno, lo sciacquo e ritorno in soggiorno.
Prendo posto accanto a lui e glielo poggio il sulla fronte.

Nicholas schiude come di conseguenza gli occhi.
«Spengo le luci?» chiedo. Annuisce.
«Alexa, spegni le luci in casa!» dico ad alta voce e tutto d'un tratto il soggiorno sprofonda nel buio con solo la fioca luce che proviene dalle vetrate.

«Che... che stregoneria è questa?»
«Vivi qui e non sai di avere letteralmente una sorta di maggiordomo?» ridacchio divertita. Lui ride flebilmente.
«Non capisco molto delle nuove tecnologie.»

Il silenzio cala nel soggiorno per diversi secondi finché lui non lo spezza.
«Che avevi?» chiede. Mi giro e lo guardo nella penombra.
«Cosa?» aggrotto la fronte.
«Prima... quando mi hai sferrato il pugno. Che avevi? Che ti ho fatto?»

Oh, già... sì, il pugno, il motivo per cui sono venuta qui intenzionata a spaccargli il culo e invece... sospiro e lo guardo.

Che diavolo dovrei farmene di lui in questo stato a dir poco pietoso? Magari aspetto che si rimetta almeno parzialmente in sesto cosicché io possa riprendere da dove ho lasciato, sempre che abbia ancora qualche senso farlo.
Non so ormai che diavolo sto facendo con la mia vita.

Mi passo sconsolata una mano sul viso e lo copro per alcuni secondi.
«Ho fatto un disastro» biascico demoralizzata.
«Del tipo?»
«Ho fatto sesso con il mio ex» rispondo senza peli sulla lingua e mi tolgo le scarpe con le punte dei piedi, prendendo posto accanto a lui, vicino i suoi piedi. Sprofondo di spalle contro il divano e medito sulle cazzate che puntualmente combino.

Nicholas sembra non saper come ribattere o quantomeno era una mia impressione perché riapre bocca.
«E perché mi hai tirato il pugno?»
Caccio un mugugno simile al lamento di un animale ferito in autostrada e scivolo contro lo schienale cadendo contro le sue cosce, mi ci rannicchio accanto maledicendo la mia vita di nuovo.
«Mi ha dato della pazza» confesso con un sospiro.
Lui sembra metabolizzare le mie parole.
«E non lo sei?»
D'istinto mi alzo leggermente e gli mollo un'occhiata di traverso.
«Che ho detto?» fa lui sistemando meglio la testa sul cuscino. «Sei la persona più insolente che abbia mai conosciuto. Non rispetti le forze dell'ordine, scappi dalla polizia, picchi la gente e hai questo strano sesto senso di andare in soccorso agli altri pur rischiando di farti spaccare la faccia.»
«Non è vero» replico contrariata.

Lui alza un dito verso di me. «Dillo alla tua faccia.»
Poggio la testa sulla sua coscia e resto in silenzio per un po' troppo in imbarazzo per confessargli il perché mi abbia beccato l'appellativo di pazza, anche perché fa troppo male dirlo ad alta voce per voce mi fa capire quanto io sia veramente fuori di testa.
«L'ho afferrato per il collo e stavo per ucciderlo» ammetto finalmente facendomi coraggio.

Silenzio.

Nicholas scoppia a ridere tanto da lasciami di stucco.
Alzo la festa e lo guardo. «Ma che cazzo ti ridi?» sibilo seccata.
Lui si dà subito un contegno.
«E in tutto ciò io che c'entro?»
«Forse il fatto che noi due andiamo a letto da almeno due mesi?» replico innervosita e poggio la testa di nuovo sui suoi pantaloni da tuta.
«Non negli ultimi cinque giorni» ribatte.
Aggrotto la fronte.
«Ti segni i giorni in cui non lo facciamo? Ma sei serio?»
«No. Semplicemente tendo a ricordarmi bene le cose.»
«Vaffanculo a te e alla tua memoria» mormoro sconsolata.
«Non gli è piaciuto?» chiede tutto d'un tratto.
«Cosa?»
«La tua parte manesca.»
Quasi non rido. «Che?»
«Sì. A letto tendi ad essere un po' violenta.»

Faccio una smorfia confusa.
«Ma che dici?» chiedo quindi sul serio curiosa. Lo guardo poggiando l'avambraccio sulle sue gambe.
«Sei tu quello che mi ha insegnato tutte quelle cose strane. Per questo ti sei preso il pugno. Cazzo, ho fatto con lui quello che faccio con te, è stato così fottutamente imbarazzante e disastroso e... Cazzo, mi sono sentita di merda e sono scappata via...»

Nicholas ride di nuovo.
«Io non ho fatto niente e non ti ho insegnato niente. Ti ho solo fatto vedere delle cose con il tuo consenso e ti sono piaciute altrimenti mi avresti sferrato un calcio in faccia. E quelle cose "strane" in realtà sono normali, ma ad alcuni piacciono e ad altri meno. A me piacciono.»
Improvvisamente il mio cuore inizia a battere più velocemente.

«Sono l'incarnazione del casino. Faccio solo stronzate ogni volta, non ne combino mai una giusta...»
Ritorno con la testa sulla sua coscia quando realizzo che lui non c'entra un emerito cazzo perché ha dannatamente ragione.
Mi piacciono quelle cose.

«Non è vero» lo sento dire.
«Sì, che lo è. Ogni volta che ho l'occasione per fare qualcosa mando tutto a rotoli perché non so fare di meglio» chiudo gli occhi rannicchiata al suo corpo le spalle contro il divano e l'umore a pezzi.
«Le occasioni non arrivano, te le crei.»

Aggrotto la fronte. Una mano scende sui miei capelli e prende a giocarci lentamente.
«Quando vuoi veramente qualcosa, te lo vai a prendere.»
«Certo... come se fosse facile» brontolo non potendo farne a me.
«Lo è invece. Se vuoi qualcosa o qualcuno, ti alzi e te lo vai a prendere. Questo è quanto. Aspettare il momento o l'occasione giusta ti fa solo aumentare le aspettative per poi finire col rimanere deluso a scoprire che quello che hai sempre voluto era solo nella tua testa.»

Rimango in silenzio per non so quanto tempo, colpita e affondata dalle sue parole.

«L'ho letteralmente strozzato con la mano» sospiro pesantemente al solo ricordo. Vorrei fare una magia e togliermi dalla testa tutti i ricordi degli ultimi sessanta minuti, da quando l'ho visto alla stazione del gas fino alla stanza del campus.
Ethan aveva detto che fosse il destino e io ci ho creduto per un solo istante, poi l'ho incontrato perfino in un quel bar quindi ho pensato che finalmente fosse arrivato il momento di fare il grande passo e buttarmi non pensando alle conseguenze.
E invece ho fatto un casino.

«Perché diavolo sono così fottutamente sbagliata?» chiedo titubante.
«Non lo sei» ribatte quasi con rimprovero.
«Sono violenta» replico incazzata con me stessa.
«Un po'.»
«E perché tu non mi hai mai dato della pazza?»
«Non sei pazza» fa contrariato.
«Non dovrei parlare di queste cose con te» confesso guardandolo frettolosamente. Nicholas si toglie via il panno e lo poggia per terra.
«E perché?»
«Parlare del mio ex con te non è normale» gli faccio notare.
Lui non sembra però della stessa opinione.
«Credi che io possa essere geloso?» fa d'un tratto sovrappensiero.
«Sei geloso?» chiedo d'improvviso in ansia.
«No.»
«E fai bene perché non ne avresti motivo.»
Nicholas allunga le mani, si protende su di me, mi afferra per sotto le ascelle e mi tira in su, sopra il suo petto.
Lo guardo presa completamente di sprovvista.

«Figurati se sono geloso per cinque minuti disastrosi col ragazzo di cui eri innamorata tempo fa, che hai strangolato e quasi ammazzato...» mormora ridendo lievemente. Corruccio le sopracciglia.
«Serve ben altro per farmi ingelosire.»

«Non dovresti affatto essere geloso perché noi due non stiamo insieme» dico sollevandomi di poco e guardandolo.
Nicholas mi sorride flebilmente.

«Per ora.»
Strabuzzo gli occhi. «Che?»
Lui annuisce.
«So essere paziente.»
Quasi non gli rido in faccia.
«Oh, adesso invece non vale più la regola "se vuoi qualcosa te lo vai a prendere"?»
«La pazienza è virtù quando la si usa con consapevolezza.»

Sollevo lo sguardo piantando il gomito accanto alla sua testa e lo fisso dall'alto.
«Non ha un cazzo di senso quello che hai detto» commento con fare ovvio. Lui sorride, allunga una mano e mi afferra il viso attirandolo al suo.
I miei polmoni di colpo si appiattiscono e le pupille dalle sue scivolano per qualche istante sulle sue labbra.
«Piantala di imprecare» ordina con esasperazione.
«No, mai» rispondo a tono e mi tiro indietro cercando di riprendermi.

«Ora che ti sei tolta questo sfizio, che pensi di fare?» cambia di colpo discorso.
«Ma di che parli?»

Logan non è uno sfizio che volevo togliermi. Non lo è... non...
No, lui non lo è.
Mi sono innamorata di lui non so nemmeno quando nello specifico e nonostante il tempo e la distanza ogni volta che lo vedo io sento trasalirmi il cuore nel petto.
Non può essere solo uno sfizio, un mio capriccio che volevo vivere almeno per una volta per chiudere un capitolo della mia vita.

«Tu stavi con lui ed eri vergine e facendo un calcolo veloce di quando ti ho ripescata dall'immondizia dovrebbe essere passato almeno un anno e mezzo o forse due da quando vi siete mollati. Volevi fare questa esperienza, quindi adesso che l'hai fatto e lui non è esattamente come ti aspettavi, che pensi di fare? Riprovarci e strozzarlo un'altra volta così lo uccidi e chiami per me disfarti del cadavere?»

Dovrei essere incazzata, rispondere male o forse buttarlo giù da questo divano ma invece i miei neuroni si fermano di stucco. Lo fisso per innumerevoli secondi per poi scoppiare a ridere e nascondere il viso nell'incavo del suo collo.

«Ma vai a farti fottere!» mormoro cercando di darmi un contegno. Lo sento ridere di gusto.
«Se lo uccidi dovremmo chiedere in prestito la barca di Ethan e dovremmo farlo di notte tra le due e le quattro di mattino, la guardia costiera è a sud della costa.»
Spalanco gli occhi.
«Nick, ma che cazzo...?» rido coprendogli la faccia con una mano. Continua a ridere come una matto e mi afferra la mano spostandola via.
«Dovresti apprezzare i miei consigli» replica con fare ovvio. «O forse la prossima volta cerca di strozzarlo di meno, ma da quel che so se non fai quello che ti piace ti annoi facilmente.»

Le mie guance vanno a fuoco di colpo.
«La smetti?» gli chiedo cortesemente.
«Ho detto solo la verità» sogghigna come un cretino ad occhi chiusi.
Torniamo in silenzio per qualche secondo.
«Per il resto com'è stato?»

Aggrotto la fronte.
«Cosa?» chiedo di rimando sbigottita. «Perché dovrei dirtelo? E no, non voglio dirtelo. È imbarazzante, perciò ora fai silenzio.»
Nicholas ride, si gira verso di me, infila una gamba tra le mie e mi tira a sé. Rabbrividisco di colpo quando la mia intimità sfiora la sua.

«E che significa che lui non è come ne lo aspettavo? Non mi aspettavo niente, cioè... non lo so, non ci ho mai pensato veramente anzi mi ci vergognavo un sacco a pensarci perché...» sospiro pesantemente. «Lui... io e lui non ci eravamo mai sfiorati prima e... non so, non lo so, maledizione...»

«Se non avessi l'influenza, ti avrei lasciato farmi tutto quello che non hai potuto fare a lui» poggia una mano sul mio fondoschiena e lo spinge di più contro di lui. La temperatura del mio corpo aumenta come di conseguenza.
«Con o senza influenza, non l'avrei fatto ugualmente» replico contrariata, ma forse sto mentendo. Non ne sono certa.
La sua mano si infila però sotto la mia felpa a contatto con la mia pelle e brividi mi percorrono la carne pericolosamente.

«Che... che stai facendo?» gli chiedo con il respiro che si fa improvvisamente pesante.
«Shh...» mormora contro i miei capelli. Deglutisco a fatica mentre il diaframma si alza e si abbassa irregolare.

Uno starnuto.
Strizzo gli occhi d'improvviso. No, questa volta non è da parte sua ma sono stata io.
Cazzo.

Nicholas in tutta risposta poggia il viso nell'incavo del mio collo e scoppia a ridere.
«Ma fanculo...» mormoro con il naso che mi fa un male cane ora che ce l'ho spaccato.
«Me l'hai già trasmessa» osservo, riferendomi all'influenza, e d'improvviso la mia mente si illumina.
Oh... questo spiega la nausea, i miei riflessi di merda al bar e il perché io le abbia prese così male.

«Ora dormi» sussurra tra i miei capelli mentre il mio viso è schiacciato nella sua maglietta.
«Non sono venuta qui per dormire ma per picchiarti» ribatto. Lui ride, tanto che gli vibra il petto.
«Vuoi strangolare anche me?» mi prende di colpo in giro. Sollevo la testa quando basta per guardarlo in viso e mollargli un'occhiata di traverso.
«Senti, ma perché non te ne vai a fanculo?» gli chiedo cortesemente.
Lui ad occhi chiusi sorride come un imbecille e con la mano dietro la mia nuca mi fa tornare di faccia contro la sua maglietta.

«Domani cerco quel O'Donnell e gli spezzo le dita» sussurra d'un tratto stringendomi di più a lui. Rabbrividisco come di conseguenza.
«Non devi proteggermi, non mi serve la tua-»
«È giustizia, non protezione» replica.
«I poliziotti non possono farlo» gli ricordo nel caso se lo fosse dimenticato.
Nicholas ride in uno strano modo che mi lascia spaesata. «Oh... ma io non andrò da lui in veste da poliziotto.»

Perdo un altro battito cardiaco.
«Buona notte» dice. «E non sei sbagliata... ma così bella quanto matta da morire» mormora prima che cali il silenzio assoluto e il respiro mi si spezzi inevitabilmente quando mi lascia un bacio tra i capelli e mi stringe di più al suo petto.

Le mie insicurezze, le paranoie, tutto scompare come di colpo. Tutto si dissolve nel nulla e non ne resta una sola briciola.
Mi stringo a lui e chiudo gli occhi.

***

Angolo autrice
Mhm... vediamo. Pareri?
Voglio solo dire una cosa a proposito di Logan. Io lo adoro, dico sul serio ma non so... La complicità che c'è lui e Ronnie è una direi un po' tipo infantile, quella invece che c'è tra lei e Nicholas è...
Non so nemmeno come definirla.

Sincera. Ma tipo di una sincerità disarmante. A tratti Nick sembra una sorta di amico, forse uno con benefici, questo è vero, ma non dimentichiamoci che lui ci ha provato con lei e spudoratamente e il fatto che non provi la minima traccia di gelosia nei confronti di Logan è strano.
Forse perché non lo vede minimamente come una minaccia con cui confrontarsi.

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