Capitolo quarantasette

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"Nuove vite..."

Da soli siamo gocce, ma insieme, l'oceano!
-DARK FLOWER


È difficile respirare quando l'aria scarseggia.
È complicato vedere con chiarezza quando la luce si affievolisce.
Nuotare quando si sta annegando.
Correre a fatica.

Ti senti svuotato, come se la vita stesse abbandonando il tuo corpo, confuso, esausto.
Sofferente, spaventato.
Quando Isabel perse i sensi, Elijah avvertì un senso di morte imminente avviluppargli l'anima, come se stesse per venire risucchiato nell'oblio insieme a lei.

Credette che tutto il suo mondo stesse per crollare, che l'ossigeno fosse in esaurimento, che la luce si fosse spenta, che il dolore lo trascinasse a fondo, portandolo ad annegare, a boccheggiare nel terrore.
A correre senza forze o energie.

Come fece poco dopo, quando, urlando come una furia, si precipitò fuori dalla stanza con la sua Isabel ancora stretta tra le braccia.
«Matthias! Clodette!»

La porta chiusa della cucina si spalancò con un tonfo: Matthias accorse, sbiancando quando vide Isabel priva di sensi.
«Che succede...oh! Merda!»

Clodette lo affiancò, portandosi una mano alla bocca, attonita.
«Gesù, fatela sdraiare...» si affrettò a dire, indicando il salotto.

Gli uomini ancora presenti in casa furono invitati, "gentilmente" per così dire, a lasciare la baita da Ethan. Avrebbero ultimato il piano una volta risolti i dettagli; sempre se fossero stati in grado di idearne uno. Nessuno di loro sollevò domande, pur desiderando farlo. Tuttavia, di fronte all'espressione rabbiosa di Elijah e alla gravità della situazione, decisero di astenersi dal suscitare sue eventuali reazioni "ardite", almeno per il momento.

I loro ospiti, benché cortesi, non potevano essere sottovalutati. Alla fine, erano individui appartenenti alla sfera criminale, soggetti il cui comportamento non sempre rispettava i dettami della moralità e della legalità. Ma, almeno per quel momento, si sforzarono di conformarsi alle regole, poiché ciò conveniva anche ai loro interessi.

Ognuno in quella stanza aveva un valido movente per desiderare la morte di Rick de la Cruà e, con il giusto approccio, avrebbero potuto realizzare il loro intento. Ciononostante, la realtà era più complicata: il tempo stringeva, la guerra era imminente e il loro tempismo cruciale. Ma adesso non contava più.
Per Elijah, le preoccupanti condizioni di Isabel assumevano un'urgenza primaria rispetto alla vita di chiunque altro.

Persino della sua.

Gli ultimi resoconti forniti da Brooke erano allarmanti: durante la notte, uno dei suoi informatori l'aveva avvertita; Rick stava organizzando una retata pericolosa che avrebbe interessato persino la villa.
Li stavano cercando, senza sosta, da giorni.
Non c'era dubbio, quell'uomo era deciso a eliminare l'intera famiglia Brown. Tutti quanti, Elijah sopratutto.

I Lucius sostenevano Rick con una lealtà quasi efferata, e con loro i nemici acerrimi della famiglia Brown, numerosi a causa delle azioni atroci compiute dal padre. Era imperativo per Elijah trovare nuovi alleati, oltre a quelli già acquisiti, se voleva avere qualche possibilità di prevalere sugli avversari.

O sarebbe stato spacciato!

Benjamin, almeno secondo quanto si pensava, si trovava ancora alla villa. Nessuno di loro aveva avuto sue notizie dal giorno del ballo. Si erano concordati prima della partenza: sarebbe stato Elijah a telefonare nel momento in cui lo avrebbe ritenuto più opportuno e sicuro. Fortunatamente nessuno dei fratelli aveva rivelato al maggiordomo la loro destinazione. L'avevano ritenuta una misura di sicurezza necessaria, e l'uomo non aveva avanzato ulteriori domande, probabilmente per non destare sospetti.

Alla luce dei fatti, era solo questo il motivo per cui ancora non li avevano trovati.
La svizzera era il loro unico rifugio sicuro!

«Cazzo, Isabel, amore! Mi senti? Ehi!» Elijah l'adagiò sul sofà al centro della moquette, prendendole una mano e toccandole la fronte per controllare la sua temperatura.
Sembrava più alta del normale.

«Dobbiamo portarla al pronto soccorso, Elijah!» Matthias si affrettò a sollevare leggermente le gambe della donna, mentre Brooke, con premura, le pose la testa su un cuscino più confortevole. Clodette si precipitò in cucina per riempire una ciotola d'acqua, mentre Molares, optando per una rispettosa prudenza, si trattenne all'esterno chiamando a raccolta i suoi uomini, pronti a intervenire in caso di necessità.

«Isabel...amore, svegliati cazzo!» Elijah le diede con ferma delicatezza delle leggere pacche sulla guancia, implorando con voce vibrante.
«Ti prego, ti prego!»

«Devo chiamare un'ambulanza?!» chiese Clodette ripiombando di nuovo in salotto, e facendo attenzione a non rovesciare l'acqua nella ciotola.

«No, nessuna ambulanza! Non attiriamo troppa attenzione, aspettiamo qualche minuto, se non dovesse riprendersi la porteremo in ospedale...» diede istruzioni Brooke.

«No! Ce la porteremo adesso!» Elijah troncò le sue ciarlatanate. Si rialzò, giusto il tempo di recuperare le chiavi della jeep, poi le fu di nuovo accanto, in ginocchio al suo fianco. La guardò con occhi smarriti, agitato in una misura mai sperimentata prima. Il suo pallore lo preoccupava, le gote di solito radiose e candidamente colorate, erano ora bianche e cerose, le labbra poco sbiadite...
Cristo, il suo aspetto lo terrorizzava a morte!

Nonostante il respiro regolare, le sue condizioni sembravano allarmanti. Lui non era niente senza di lei, niente, non poteva rischiare di perderla a causa di un male sconosciuto.
Dovevano fare qualcosa!

«Non c'è bisogno di essere precipitosi, Elijah! Respira ancora, il suo polso è nella norma, è solo un po' pallida. Sarà stato un calo di pressione...» insistette Brooke.

Elijah si girò lentamente, irritato.
«Dimmi, ho per caso chiesto la tua opinione? E poi che cazzo ci fai ancora qui, ti avevo detto di andartene!» chiarì. Le era grata per le informazioni che aveva fornito, ma non per questo era disposto a perdonarla. La odiava ancora per averli abbandonati!

«Sul serio? Riesci a comportarti da stronzo persino adesso!» insieme ai suoi rimproveri scese una certa tensione nella stanza. «Ti ho dato prova delle mie parole: non sono io la talpa, non puoi continuare a trattarmi di merda!»

«Oh sì che posso. Potrei continuare all'infinito se me ne daresti modo, e avrei tutte le ragioni del mondo, la cazzo di razionalità non potrebbe mai abbatterete l'astio che covo mentre ti guardo, Brooke!» Elijah si rimise in piedi, poi in maniera più garbata, riprese in braccio la sua fata addormentata.
«Perciò ti conviene scomparire dalla mia vista, immediatamente! Non farmelo ripetere...»

«Perché sennò che fai?» Brooke comprendeva che sfidare il fratello non fosse saggio, ma era decisa a non arrendersi. Non sarebbe scappata ancora come un topo in un covo di gatti: avrebbe affrontato le conseguenze delle sue pessime decisioni. D'altronde non aveva scelta; avrebbe rischiato di perdere la sua famiglia, altrimenti, di nuovo.

«Piantala!» Ethan decise di sfoderare tutto il suo vano coraggio. Lui e Brooke non si erano ancora parlati, quello era il loro primo scambio dopo un anno di silenzi. Non sapeva se avrebbe mai trovato il coraggio di esternare tutto il risentimento che covava dentro, scatenato come mine vaganti. Ma era consapevole che proteggere suo fratello, era ora la priorità assoluta, al di là di qualsiasi controversia familiare. «Non vedi che lo fai solo innervosire così!» alzò la voce.

«Sì, perché si comporta come uno squilibrato!» ribatté Brooke, infastidita. Era così presa dalla sua agitazione che non si era neanche accorta che fosse stato Ethan a rivolgerle la parola. Essere fratelli non era mai stato facile per individui testardi come i Brown, ma quando erano insieme, il tempo che li aveva separati sembrava svanire e tutti ritornavano a essere bambini. Eterni rivali, e consanguinei inseparabili.

Questo includeva anche dibattiti sconclusionati.

«Cosa ti aspettavi applausi e petali di rose dopo essertela svignata?» Ethan allargò appena le braccia.
«Sei sparita per un anno, un anno! Nessuna telefonata, nessun messaggio, nessun biglietto, cazzo! Non lo so, andava bene anche un piccione viaggiatore!» puntualizzò, con aria insolente. «E ora, con una nonchalance a dir poco irritante, ripiombi qui e ti arrechi il diritto di dire come dovremmo trattarti, o addirittura comportarci, questa è follia!»

«Io non pretendo alcuna riverenza, stupido moccioso!» si oppose Brooke, «e sentitelo gente, il poppante ha sfoderato un gergo nuovo di zecca, da solenne monarca!» lo schernì lei, zelante e pungente.
«Cos'è, hai passato troppo tempo a cercare la tua corona che hai dimenticato di indossare il cervello?»

«Brooke, ma insomma!» intervenne Clodette, con la bacinella traboccante ancora in mano, «per l'amor del cielo, non ti stanchi mai di creare discordia?»

«E tu di impicciarti? Domani è Natale, facciamo che ti regalo un biglietto solo andata per una vacanza in un deserto senza Wi-Fi, razza di megera!»

«D'accordo piantatela!» Matthias si spazientì, tanto da sbattere una mano sul tavolo che vibrò al contatto.
«Mi avete stufato con le vostre cazzate, vi sembra questo il momento di discutere?»

«Ha cominciato lui, io cercavo solo di rendermi utile!»
«Come? Rompendo i coglioni?» rispose Ethan, arrogante.
«I modi, signorino!» lo riprese Clodette.

Era una situazione paradossale, veramente ridicola: Isabel era svenuta e loro sprecavano tempo prezioso litigando. Ma Elijah non avrebbe tollerato simili sciocchezze; nessuno aveva notato che il fratello aveva lasciato la stanza finché non udirono il rombo potente della jeep. Elijah aveva caricato Isabel in macchina, sistemandola sul sedile posteriore e allacciandole la cintura di sicurezza. "I minuti" suggeriti da Brooke erano trascorsi, forse anche di più, ma la sua fata non dava segni di ripresa.

E lui si sentiva sempre più esasperato, sempre più accecato dallo sconforto!
Non riusciva a parlare, anche respirare gli sembrava un'impresa. Aveva bisogno che si svegliasse, di rivedere i suoi occhi, verdi come sorgenti di vita, risplendere di nuovo. Non avrebbe vissuto senza il mondo in cui si rifugiava, quello che solo Isabel sapeva offrirgli, uno fatto di miracoli e sogni.
Di lei e lui, insieme.

Brooke aveva ragione, che uomo precipitoso era Elijah Brown. Bastava una singola difficoltà e tutto il muro di mattoni crollava, facendolo impazzire e pestare i piedi come un bambino arrabbiato. Ma, diamine, se si facesse un resoconto della sua vita, il fato avverso lo giustificherebbe e non di poco: dalla morte prematura di Lily, alla perdita del figlio, alle violenze subite dalla madre, passando alla scomparsa di Brooke, fino al tentato omicidio e al rapimento dell'unico amore della sua vita...

Non era certo facile mantenere la calma e la compostezza dopo una vita così travagliata.
E come se ciò non bastasse, un branco di mafiosi arrabbiati cercava di minare il resto della sua già sventurata e miserabile esistenza, rendendo la faccenda ancora più difficile. Era un declino continuo, un tormento dopo l'altro, e lui si sentiva impotente, come una foglia d'autunno in balia di una tempesta.
Non poteva farci assolutamente nulla.
Il nulla più assoluto.

E questo lo aiutava?
No.

Ingranò la marcia, pronto a lasciare il vialetto, quando Matthias si precipitò allo sportello, battendo sopra il finestrino. Elijah frenò bruscamente, spiritato; in fretta sbloccò le portiere permettendogli di salire a bordo. Era troppo scosso per fare domande o chiedere il motivo per cui i suoi fratelli psicopatici stavano discutendo, non si aspettava nemmeno di vederlo comparire.
Ma era felice che fosse lì.

Matthias era una specie di protettore celeste, la voce interiore, la coscienza, e ancora un faro, una roccia, una solida sicurezza.
Matthias c'era da sempre.
E sempre ci sarebbe stato per il suo stupido, reticente, tedioso, inamovibile fratello dal cuore di burro.

«Ehi, aspettami, cazzo!» esalò, affaticato per la corsa, allacciando anch'esso la cintura.
«Dove pensi di andare da solo? Vengo con te!»
«Vieni con me?»
«Certo che vengo con te, che razza di domanda è!»

Elijah ebbe appena la forza di curvare le labbra in un sorriso flebile, riconoscente, poi, senza perdere nemmeno un altro istante, si diresse rapidamente verso l'ospedale, accompagnato da Morales e una scorta, pronta a proteggerli in caso di eventuali minacce.

Brooke ed Ethan si affacciarono alla porta, seguiti da Clodette. L'anziana donna si fece il segno della Croce, mormorando una preghiera al suo Dio, invocando protezione e clemenza. Decisero unanimemente che sarebbe stato meglio per tutti rimanere a casa.

Non avevano ancora finito di litigare.

***

Elijah odiava le strutture sanitarie.
Gli trasmettevano angoscia: tutti i problemi, tutte le malattie, tutta la sofferenza del mondo, o almeno una piccola parte di essa, era racchiusa in quelle quattro mura congelate. L'idea lo aveva sempre inquietato.
Strinse la mano di Isabel nella sua, poi la baciò, e ancora se la portò sulla guancia, poggiando il palmo sulla guancia. Chiuse gli occhi una manciata di secondi. Li riaprì sperando di rivedere i suoi, di mostrarle che lui era lì e che non avrebbe mai più permesso che si risvegliasse da sola.

Ma Isabel "dormiva" ancora, distesa su un lettino, con una flebo collegata al braccio per l'infusione di semplici vitamine volte ad accelerare la sua ripresa.
Sembrava che avesse avuto un brutto calo di zuccheri, ma i medici avevano preferito tenerla in osservazione mentre completavano i restanti accertamenti. Gli svizzeri erano noti per la loro precisione e scrupolosità, non avrebbero lasciato che Isabel uscisse prima di aver esaminato accuratamente la causa del suo stato.

Matthias aspettava in corridoio, passeggiava avanti e indietro, nervoso, le braccia incrociate al petto.
Erano lì da qualche ora, ma la situazione non accennava a migliorare.
Quanto ancora avrebbero dovuto aspettare?
Non c'era modo di saperlo.

Quel che era certo è che Isabel si trovava in mani assolutamente esperte e competenti, ma soprattutto discrete. Nessuno avrebbe mai scoperto che parte della famiglia Brown si trovava al Xundheitszentrum Grindelwald, per il semplice fatto che nessuno avrebbe mai rivelato tale informazione. In Svizzera, non importava chi tu fossi, quanti soldi avessi o quale fosse il tuo status; il segreto professionale era sacrosanto.
Se qualcuno avesse fatto domande, il personale non avrebbe mai divulgato nulla riguardo ai due amanti, neanche sotto tortura.

E quel particolare li agevolava, anzi a malapena avevano permesso a Elijah di entrare con Isabel.
"Nur die Familie darf eintreten!" Avevano ordinato.
In termini più chiari, voleva dire: sei un parente?
No?
Allora non puoi entrare!

Peccato che le regole non trovassero aderenza di fronte alla testa dura di Elijah Brown. Aveva minacciato di far esplodere l'ospedale se non lo avessero fatto passare, ed era più che serio mentre lo diceva. Niente avrebbe potuto separarlo da Isabel, neanche un branco di medici boriosi, e così è stato. Alla fine, dopo un lungo e travagliato dibattito, aveva mostrato l'anello che Isabel portava al dito, proclamandosi come il suo futuro marito. E se anche questo non fosse bastato, avrebbe fatto ricorso a misure più drastiche, radendo al suolo quella maledetta betola.

-Anche se "betola" era un eufemismo: quel luogo sembrava più un lussuoso resort che una semplice clinica medica!-

Morales aveva preferito rimanere all'esterno.
Un gruppo di uomini armati avrebbe sicuramente suscitato troppe domande, mettendo a rischio la loro copertura. Era molto più saggio aspettare fuori.

«Mi stai mandando fuori di testa, fata», disse Elijah mentre le sfiorava delicatamente alcune ciocche che cadevano sul suo collo, come se fossero le carezze di un amante. «Ho bisogno che ti svegli, amore mio. Non posso vederti così, mi stai distruggendo».
Avvicinò il viso al suo, credendo per un attimo che le fiabe decantate dai libri fossero reali, e che bastasse un singolo bacio per risvegliare la propria amata.
Elijah allora le poggiò le labbra sulla fronte, sulla punta del naso, e ancora più giù sulla bocca schiusa, come un candido bocciolo.
Per sicurezza meglio abbondare.

L'ammirò, dolce, innocente, indifesa, bellissima, ora più che mai.

«Ti prego, fata, ti prego...apri gli occhi» prese a baciarla ancora, questa volta sulle guance, sulle tempie, le dita semiaperte. Aveva così nostalgia di lei: del suono della sua voce, addirittura dei suoi rimproveri. Per la prima volta, cominciò a interrogare la sua coscienza, a chiedersi se poteva cambiare per lei. Lei, che altro non era che la sua stella polare nel deserto. Si è discusso così ampiamente di luce e oscurità che qualsiasi menzione sembra ormai trita e banale, ma un singolo bagliore non sarà mai scontato per coloro abituati alle caverne più oscure, alle tenebre più profonde.

Isabel era la fiammella che preghi non si spenga mai quando ti trovi da solo e hai paura del buio, come una carezza in una tempesta, un conforto quando tutto sembra crollare. Nel caos del mondo, lei era la sua pace, un'ancora nel mare agitato, che lo teneva saldo quando le onde minacciavano di trascinarlo via.

Isabel era tutto e lui non disposto a restare senza niente.

Ecco perché doveva svegliarsi, perché ora il freddo delle mura gli appariva più gelido, il mondo più caotico, i suoi demoni più rumorosi, il silenzio incredibilmente pensante. Erano così profondi i malesseri che gli scatenavano la sua assenza.

L'angosciante eternità è la mancanza di chi amiamo, e chi dice che l'eternità per un folle innamorato non possa essere persino una manciata d'ore?

Elijah era un uomo impaziente ma più di tutto era un pessimista nato. Persino un banale svenimento era in grado scuoterlo.

Si lasciò andare allo schienale della sedia, ma non lasciò la sua mano.
Mai.
Al contrario, continuò a stringerla come fosse linfa vitale e lui un povero moribondo. Si mordicchiò il labbro inferiore, cominciava a stufarsi, l'attesa stava diventando esasperante. Ma fortunatamente, il momento tanto agognato non tardò ad arrivare: Matthias fece capolino dalla porta con un'aria urgente. «Ehi, vieni! Il dottor Müller ha i risultati!»

Elijah si alzò di scatto, il cuore pulsava così forte da voler sfondare la gabbia toracica.
«Non osare svegliarti finché non torno! Mi hai capito?» le ordinò, puntandole un dito.

Si affrettò fuori dalla stanza, procedendo con passo deciso lungo il corridoio fino a raggiungere il medico. Quest'ultimo li attendeva in fondo al corridoio, trasmetteva una calma e una compostezza che sembravano permeare tutto il personale.
Vestiva un camice pulito e ordinato, con una targhetta dorata appesa al petto.

Quando Elijah si avvicinò, il dottore gli strinse la mano con cordialità.
«Grüezi!» salutò.
«Grüezi, Doktor Müller» rispose Elijah, rispettoso.
Matthias si unì subito al gruppo, pronunciando anch'egli un affabile «Grüezi!»

L'uomo aprì la cartella che teneva in mano, mostrando ai due i valori elevati riscontrati durante gli accertamenti.
«Die ergebnisse der Analysen habe ich hier», disse, indicando una tabella colorata, «Isabel wurde aufgrund von unterzuckerung ohnmächtig. Wahrscheinlich hat sie in letzter Zeit nicht genug gegessen, und das ist nicht gut für ihre gesundheit....»

«Che diavolo sta dicendo?» Elijah si parò a braccia conserte, la fronte aggrottata. Nonostante il tempo trascorso in Svizzera, non ricordava perfettamente ogni parola. Matthias sembrava più ferrato con le lingue.

«Che Isabel ha avuto uno svenimento a causa di un'ipoglicemia. Dice che ultimamente avrà mangiato poco, e...questo non va bene nel suo...nel suo stato» spiegò Matthias, preoccupato.

Elijah si strofinò una mano sul viso, cercando di mantenere la calma.
"Nel suo stato? Quale stato?!"

«In che senso? Che cazzo significa!» cominciò ad alterarsi.

«Was bedeutet das?» chiese ancora Matthias, domando più nello specifico cosa intendesse.

«Oh, Isabel ist schwanger!» sorrise l'uomo, battendo una pacca sulla spalla di Elijah.
«Glückwunsch, Herr Brown!»

Elijah guardò prima l'uno, poi l'altro, confuso.
«Matthias» lo richiamò, «ma che...»

Il biondo scosse la testa, sedendosi su un divanetto nel corridoio con aria sconsolata.
In realtà sembrava sconvolto.
«Lui...» deglutì con difficoltà, «si sta congratulando con te. Dice che Isabel è incinta, Elijah.»

Elijah rimase immobile, con lo sguardo perso nel vuoto, come se avesse appena ricevuto un pugno nello stomaco. Le sue gambe tremavano leggermente, il respiro sembrò morirgli nella gola, una sensazione di stordimento lo pervase dalla sommità del cranio fino alle orecchie, come se il suo equilibrio fosse stato compromesso, scombinato.
Non riusciva a dare un senso a ciò che stava sentendo.
«No, non è vero...» mormorò.

Il medico palesò una certa perplessità; normalmente la notizia di una gravidanza suscitava gioia e festeggiamenti. Non si aspettava quella reazione, ma comprese che era opportuno conceder loro un momento di privacy. Con delicatezza, staccò il foglio con i dati e lo consegnò a Elijah.

«Der Östrogenspiegel ist durch die Decke gegangen!», aggiunse, «es gibt keinen Zweifel!»

Matthias si affrettò a tradurre, la voce carica di emozione, incrinata dalla commozione.
«Dice che i suoi livelli di estrogeni sono alle stelle. Non c'è dubbio che sia incinta, Elijah.»

Elijah accettò il documento con un gesto quasi meccanico, come se i movimenti del suo corpo fossero separati dalla consapevolezza.
«Es sollte bald wieder losgehen, keine Sorge. Ihr geht es gut, sie ist gesund wie ein Fisch!»

«Dovrebbe riprendersi a breve, non è niente di grave. Lei sta bene, ed è..sana come un pesce» continuò a specificare Matthias.

«Ich lasse euch sprechen, bis später!» li salutò il dottor Müller, sorpassandoli.

«Dice che...»
«Ci lascia da soli, sì questo l'ho capito!» esplose Elijah, sedendogli accanto e cercando di mettere in ordine le idee.

La sua Isabel...la sua Isabel aspettava un bambino.
Il suo bambino.
Il loro bambino.

Si erano amati così intensamente che la loro forza aveva generato un dono ancora più grande, capace di sconvolgere l'esistenza. Dio Santo, sentiva di non poter contenere la felicità, l'eccitazione, l'euforia!
Sognava di legarsi a quella donna fin dal primo giorno in cui l'aveva vista, e come uno sciocco arrogante sentiva che ci sarebbe riuscito, che l'avrebbe fatta sua in un modo o nell'altro. E ora, in maniera altrettanto sciocca e inaspettata, scopriva di avercela fatta.
Non aveva niente di cui pentirsi, niente di cui scusarsi. Isabel era la sua tappa, la destinazione finale.

Certo, avrebbe potuto intraprendere il cammino in maniera diversa, ma non avrebbe mai rinunciato a conquistarla, a completare quella strada che portava a lei.

Adesso il loro legame sforava il fisico, l'ancestrale e l'universale unione delle anime. Un estensione dei loro cuori batteva nel suo candido ventre. Un essere umano con i suoi occhi forse, e i capelli dorati di Isabel, con la tremenda supponenza del padre o l'immensa delicatezza di una fata. Della sua mamma addormentata e ancora ignara del meraviglioso dono che la vita aveva deciso di concederle.

Mancavano nove mesi, ma lui avrebbe voluto saltarli tutti per incontrare quella piccola, eterea, celestiale, evanescente creatura. Tenerla tra le braccia, come non aveva potuto fare con il piccolo Noah, e darle un futuro diverso, un destino migliore di quello toccato agli angeli che ora vegliavano su di lui.

L'amore può crescere in modo esponenziale?
Assolutamente sì, Elijah lo sapeva bene.
Era un sentimento che non conosceva confini.
Ogni giorno che trascorreva in compagnia di quella donna, si rendeva conto che l'amore che provava per lei era ancora più grande di quello del giorno prima, una potenza inarrestabile che li spingeva sempre avanti, sempre più vicini, sempre più uniti.

Sempre, sempre di più.

Doveva parlarle, anzi doveva svegliarsi, assolutamente.
C'erano così tante cose da condividere con lei, così tante emozioni che aveva bisogno di esprimere.
Doveva raccontarle dei sogni che aveva fatto per loro mentre vegliava sul suo sonno. Dovevano scegliere il colore della culla, pensare ai giocattoli da comprare, immaginare il suono delle sue risate mentre esplorava il mondo. Sognare le prime parole che dirà, che senza ombra di dubbio saranno "papà", i primi passi che compirà, gli obbiettivi che realizzerà, guidato dall'amore e dalla cura che gli doneranno quotidianamente.

Non riusciva neanche a stare fermo dalla gioia!

«Congratulazioni, fratello» Matthias aveva gli occhi lucidi. Gli batté una pacca rincuorante sulle spalle.
«Sono davvero tanto, tanto felice per voi!»

«Anch'io, anch'io Matthias» sorrise l'altro a corto di fiato.
«Non mi sembra vero...io» scosse la testa, «non ci credo ancora, non-non so che dire.»

«Non devi dire niente, le emozioni più più belle sono quelle che non riusciamo a esprimere», osservò Matthias, saggio e vagamente composto, anche se si sforzava di esserlo. In un momento così pericoloso e delicato, un infante non era una benedizione.
Ma una condanna, per Isabel soprattutto.
Lei non era più il bersaglio principale, ma se Rick avesse scoperto del bambino non le avrebbe dato scampo. L'obbiettivo era eliminare i Brown, tutti i Brown, nessuno escluso. E di certo, non avrebbero risparmiato una donna incinta, che in grembo portava il loro erede.

Gli parve di rivivere un terribile déjà vu.
«Ma ammetto di essere spaventato, Elijah...» aggiunse dopo, incapace di trattenere le parole.

«Che intendi?»

«Non posso fare a meno di pensare a...»

«Lily Rose?»

«Sì», Matthias deglutì. «Io tengo a Isabel, Elijah, come tenevo a Lily, io non voglio...»

«Non farà la sua fine!» Elijah si rimise in piedi, allontanando quell'idea così aberrante.
«Non lo permetterò mai, mai! Mi hai capito?»
Il suo respiro si fece più rapido e superficiale.
«Non devi neanche pensarle certe cazzate!» esclamò con la bocca ancora troppo asciutta per l'eccitazione e la sensazione di avere un nodo in gola.

«E invece devo, e dovresti farlo anche tu, Elijah» Matthias gli andò più vicino.
«Capisco che ora vorresti goderti le gioie della natalità, ma non puoi farlo e neanche Isabel può. Dovete restare fermi e concentrati sul nostro obbiettivo; fare fuori Rick e chissà quant'altra gente che ci vuole morti. Il messicano aspetta solo questo, che qualcuno di noi compia un passo falso...»

«E cosa credi che dovrei fare? Dimmi? Spaventarla a morte? Isabel si trova in uno stato delicato, non gioverebbe al bambino farla preoccupare!»

«Non devi allarmarla, ma metterla in guardia che è ben diverso. Isabel è non una ragazzina, men che meno una pavida; sa prendere le sue decisioni da sola, e soprattutto sa cos'è meglio per lei e suo figlio...»

«Nostro figlio!» lo corresse Elijah, rigido.

«Questo dettaglio sarebbe irrilevante se morissi!»

Elijah cominciò a sudare.
«Preferisco morire per Isabel e il bambino che rischiare di perderli entrambi, Matthias!»

«Ecco, è esattamente questo che intendevo!» Matthias chiuse gli occhi mentre la rabbia e forse il rimpianto per ciò che stava per dire, gli attraversavano il viso.
«Vuoi comportarti da martire per non mettere a repentaglio la vita di Isabel, ma se non l'avessi capito la vita di entrambi pende sul fondo della morte.
Non ci saranno pannolini da cambiare, né nomi da scegliere se non ti dai una svegliata: non puoi rifugiarti nell'illusione che tutto andrà bene se nascondi a Isabel la verità. Devi dirglielo, è giusto che lei sappia l'inferno che l'aspetta e soprattutto che scelga di lottare con te perché lo voglia!»

«Isabel non deve scegliere di combattere, per il semplice fatto che io non la porterò a combattere con me! Come cazzo ti viene in mente una puttanata del genere, Matthias!» Elijah sembrò sul punto di esplodere, ma a stento si trattenne.
«Non ho intenzione di farle rischiare la vita per un tuo tornaconto personale...»

«Un mio tornaconto? Stai scherzando?!» Matthias non poteva credere alle sue orecchie.

«Credi che non lo sappia? Non fare l'innocente», Elijah scrollò la testa con disprezzo.
«A te non importa dell'incolumità di Isabel, tu pensi a salvarmi la pelle. Sarebbe più facile per te sopportare la sua morte piuttosto che la mia, non è vero? È per questo che mi chiedi di coinvolgerla, perché sai che lei rischierebbe tutto per salvarmi, persino la sua vita e quella del mio cazzo di bambino!»

Matthias rimase di stucco, incapace di replicare alle accuse di Elijah, così su due piedi.
«Io non voglio perdere mio fratello!» si giustificò.

«E io non voglio perdere mia moglie!»

«Lei non è tua moglie!»

«Lo diventerà, così come io diverrò padre, Matthias», continuò, nello stesso tono minaccioso.
«Perché se così non fosse, o se a Isabel capitasse qualcosa, puoi considerarmi morto da adesso!»
Elijah avanzò fino a stargli davanti.
«Non ti permettere mai più di sollevare proposte così balorde, perché non te le perdonerò una seconda volta.»

Con uno strattone lo superò, camminando a testa china verso la stanza di Isabel.
Aveva bisogno di vederla, di vedere solo lei!

La notizia del bambino era stata come un faro nell'oceano, ma Matthias sembrava intenzionato a oscurare anche quel piccolo raggio di speranza. Elijah lo comprendeva, specialmente se si metteva nei suoi panni, condivideva le sue stesse paure. Tuttavia, non avrebbe mai potuto mettere a rischio la salute di Isabel coinvolgendola in un'operazione così pericolosa. Lei doveva rimanere al di fuori di tutto, anche se, naturalmente, avrebbero discusso della situazione.
Tra di loro non c'erano segreti o menzogne, ma per nessun motivo l'avrebbe coinvolta.

Oltrepassò la soglia, benedicendo il suo tempismo: non appena mise piede nella stanza, la vide rinsavire, poco alla volta. Si avvicinò al suo fianco con delicatezza, posando una mano tremante sulla sua.

«Amore? Ehi, mi senti?» la richiamò dolcemente.

Poi, quasi come per incanto, notò un lieve movimento delle palpebre di Isabel e un sussulto nel suo respiro. Aveva un'espressione tesa, come se stesse lottando contro qualcosa nell'incoscienza. I suoi occhi si spalancarono leggermente, mentre il colore tornava graduale sulle sue guance pallide.
La vita stava riaffiorando nelle sue membra.

Elijah sentì un peso ingombrante sollevarsi dalle spalle, la preoccupazione e l'angoscia svanirono, sostituite da un dolce auspicio mentre guardava la sua fata tornare a lui.
Soltanto da lui.
«Sono qui, sono qui...» ripetè.

Isabel batté le palpebre, permettendo alla vista di mettere a fuoco lo spazio circostante. Poi notò Elijah.
Sorrise, come faceva sempre quando lo guardava.
«Sei qui...» rispose debolmente.

«Te lo avevo promesso, no? Non ti saresti più svegliata da sola.»

Isabel allungò la mano libera verso di lui.
«E tu mantieni sempre le promesse.»

«Sempre, amore mio» Elijah le baciò le punte delle dita, una per volta e per lei fu come venire pervasa da un istantaneo sollievo.
«Non farlo mai più, Isabel. O ne potrei morire!»

«Scusa, amore...» biascicò lei, ritraendo la mano mentre si sollevava dal lettino per sedersi.
Elijah le offrì un aiuto, posizionandole con gentilezza un cuscino dietro la schiena. «Non volevo farti preoccupare. Spero non sia nulla di grave.»
Poi si spostò di lato, facendogli posto. «Vieni qui.»

«Ricordi cos'è successo?» chiese Elijah, sedendosi accanto a lei e circondandole le spalle con un braccio. La strinse contro il suo petto, e Isabel si sciolse. Appoggiò la testa sul suo oramai porto sicuro, la sua fortezza.

«In parte sì. Ricordo che stavamo parlando e...all'improvviso ho come perso i sensi», disse Isabel. Chiuse gli occhi mentre Elijah le baciava la fronte, più volte.

«È vero» lui si ritrasse per ammirare il suo sguardo, finalmente vivo. Quegli abissi che lo facevano navigare su una terra ancora inesplorata, verdi e spumeggianti come una cascata, preziosi come tesori perduti.

"Chissà che se anche se il bambino li avrà belli come i suoi..." pensò.

«Te lo ripeto, non farlo mai più!» l'avvertì, affondando il naso tra i suoi capelli.
«Promesso!» gli assicurò lei, per quel che poteva.
«Avevamo detto basta promesse», le ricordò Elijah, con voce più morbida.
«Ancora una...» fece Isabel, infrangendo la sua stessa regola col più futile dei pretesti.
Elijah sorrise, ancora; un brivido lento gli camminò nella schiena.
Dio quanto l'amava!
«Ancora una», acconsentì.

Subentrò un silenzio che a entrambi parve immenso, poi fu Isabel a romperlo con la più rumorosa delle gesta: gli baciò le labbra con le sue, dolci come una poesia, cercando la sua lingua, il punto preciso in cui, da entità separate, si fondevano in un'unica cosa.
Elijah aumentò la presa attorno al suo corpo, come se volesse assorbirla totalmente; la baciò a sua volta, riversando tutto lo struggimento che lo aveva afflitto durante quelle ore di oscurità assoluta.

«Quindi?» gli chiese lei, cercando di introdurre aria preziosa nei polmoni.
«Quindi cosa?» ripetè Elijah, avvinghiato ancora a Isabel.
«Cos'è successo dopo? Sono in ospedale, giusto?»
Per essere una che si era appena ripresa da uno svenimento, manteneva un sangue freddo invidiabile!

Elijah si chiese se ci fosse un modo appropriato per rivelarle del miracolo che portava in grembo.
Alla fine, optò per la sincerità, decidendo di confessarglielo senza fronzoli, nel modo più autentico che conoscesse.

«Sai che domani è Natale, amore mio?» le chiese all'improvviso.
«Davvero? Di già?» Isabel parve sorpresa in maniera sincera, «mi dispiace di averti fatto passare una vigilia tremenda, allora...»
«Oh no, fata è la più bella di tutta la mia vita!» Elijah la prese in contropiede, tanto che Isabel si mantenne stupita.
«Non ti seguo...»

Elijah l'accarezzava come se temesse di romperla, di sfregiarla in qualche modo.
«Cosa si fa a natale?» continuò a dire, ignorando la sua confusione.

«Non lo so...si mangia?» provò a indovinare lei.

Elijah ridacchiò «sì, e?»

Isabel era troppo intontita per cogliere il punto della questione, e sinceramente non si sentiva nemmeno di chiedere perché Elijah le stesse facendo quelle domande apparentemente insulse.
«Ci si scambia i regali?»

«Corretto, amore mio.»
Poi, con un gesto delicato e reverenziale, abbassò la mano sul ventre di Isabel, come un artista che tocca la sua opera più preziosa. Con gli occhi brillanti di emozione, sussurrò: «il mio è qui dentro!»

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