Capitolo sessantasei

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"Avevamo detto basta promesse, o sbaglio?"






Ti sento tremare stretta a me come una luna nell'acqua.
-LA TERRA SANTA


Era ormai mezzanotte inoltrata, e più di un'ora era trascorsa da quando Isabel aveva finalmente fatto ritorno a casa. Brooke ed Ethan l'avevano soccorsa con premura, accompagnandola nella piccola clinica che avevano a loro disposizione. Sebbene non l'avessero propriamente ricoverata, l'avevano fatta visitare da un medico per assicurarsi delle sue condizioni. Con un senso di sollievo collettivo, l'esito delle visite fu positivo: sia Isabel che il suo bambino erano in buona salute.

Isabel era sdraiata sul lettino, mentre il medico concludeva l'ecografia. «Sembra tutto a posto,» disse lui con un sorriso rassicurante. «Lei e suo figlio state bene.»

Brooke, che era rimasta al fianco di Isabel per tutto il tempo, le strinse delicatamente la mano. «Grazie al cielo,» sussurrò, sentendo il peso della preoccupazione sollevarsi dal suo cuore.

Ethan e Matthias aspettavano poco lontano, rispettando la privacy di Isabel ma pronti a intervenire al minimo segnale. Matthias si era precipitato da loro non appena li aveva sentiti rientrare. Alla vista di Isabel, aveva ringraziato qualsiasi Dio avesse deciso di aiutarli. Gli era grato, davvero, dal profondo del cuore. Tuttavia, nonostante la felicità del momento, aveva deciso di non svegliare Elijah, che era ancora sotto l'effetto dei sedativi.

E, considerando l'aspetto di Isabel, forse era meglio così.

Tutti e tre erano consapevoli che la sua sparizione celava qualcosa di più profondo e terribile, un segreto che Isabel non aveva ancora trovato il coraggio di confessare. Matthias, non voleva mica costringerla a parlare, certo, ma era pronto a farlo se non si fosse decisa a rivelare ciò che le era accaduto in quel bosco. L'incertezza lo logorava: non riusciva a capire se sospettasse di lei o se fosse turbato dal tempo eccessivo che Isabel impiegava a confidarsi con loro.

Aspettò che il medico se ne andasse prima di avvicinarsi cautamente a Isabel. «Come ti senti?» le chiese.

Isabel gli sorrise, decisamente più sollevata. «Sto bene, grazie. Sono solo un po' stanca.»

«Ne sono felice,» sospirò Matthias, cercando di nascondere le sue preoccupazioni. A passo lento si sedette su una poltrona di fronte al suo lettino.
«Se non sono troppo invadente, posso chiederti dove ti sei nascosta? Io e i miei fratelli conosciamo accuratamente il bosco, ma setacciandolo non ti abbiamo trovata. C'è forse un posto in particolare che ci è sfuggito?»

Brooke gli lanciò una strana occhiata, o almeno Matthias ebbe quest'impressione. Persino lei sapeva quale fosse il suo obiettivo. Voleva farla parlare gradualmente, senza metterle fretta. Ma la cosa non sembrava piacerle particolarmente. Isabel era ancora sconvolta; possibile che Matthias fosse così cinico da infischiarsene?

Isabel temporeggiò, forse più del dovuto; fingendo di doversi aggiustare la coperta, lasciò che la domanda pendesse senza risposta. Persino Ethan sembrò accorgersi del suo essere titubante.

«Isabel...» iniziò Matthias con dolcezza.

«Non forzarla! Non deve raccontarci nulla se non si sente pronta,» intervenne Brooke, volendo essere - insolitamente - protettiva.

Matthias, però, si fece più insistente. «È importante sapere cosa le è successo, solo così potremo aiutarla.»

«L'importante è che sia a casa!»

«Senza dubbio, ma lo è anche sapere come c'è arrivata, e lei lo sa. Vero, Isabel?»

Isabel rispose alla sua domanda con un'altra domanda: «Dov'è Elijah? Voglio vederlo!» non intendeva nascondere nulla di ciò che le era accaduto, ma non voleva affrontare quell'argomento con Matthias. Non voleva che fosse lui il primo a conoscere la sua storia. Era con Elijah che doveva parlare, era soltanto a lui che doveva spiegare l'inganno di Fred!

«Tra poco. Prima ci dirai cosa ti è successo.»

«Non voglio aspettare un secondo di più!»

«Dovrai, invece. Quindi? Cos'è successo?» Matthias non sembrava disposto a cedere, e ciò non fece che innervosire Brooke.

«Sei impazzito? Se Elijah ti sentisse, ti sparerebbe!»

«Isabel, quando Brooke ti ha trovato, stringevi tra le mani un coltellino con delle curiose iniziali...» Matthias, ostinato, ignorò la sorella. «Iniziali che purtroppo conosciamo tutti.»

«Matthias! Piantala!»

«So dove vuoi arrivare...» lo interruppe Isabel, nervosa. «Ma, senza offesa, non è a te che devo delle spiegazioni.
Ho bisogno di vedere Elijah, soltanto lui. Puoi dirmi in quale stanza si trova?»

«Isabel!»

«Credimi, non è come pensi, non vi ho tradito in alcun modo, ma voglio che sia lui il primo a conoscere i fatti!»

Matthias la fissò intensamente, come per accertarsi che stesse dicendo la verità. Alla fine annuì con aria severa, sforzandosi di mostrare un po' più di empatia.
«Mi dispiace, Isabel. Capisco che tu voglia incontrarlo, e anche lui desidera vederti, ma preferirei che lo facessi in un secondo momento. È ancora sotto sedativi, purtroppo, a causa di Rick. Lui è morto durante lo scontro, ma Elijah è stato ferito.»

«Cosa?!» Isabel quasi cadde giù dal lettino. Il suo peggior incubo si era avverato. Per tutto quel tempo aveva sperato che Elijah fosse rimasto incolume da quella battaglia, invece ora, con orrore, appurava che non era così. Doveva accertarsi delle sue condizioni, e dove farlo da sola!
Si alzò immediatamente, infilando le ciabatte.
«Devo vederlo, adesso!» dichiarò con ferocia determinazione.

Ma Matthias le fu accanto prima che potesse muovere un solo passo in più. Quando Isabel provò ad aprire la porta, lui si frappose tra lei e quell'unica via d'uscita.

«Matthias, spostati!»

«Non posso, mi dispiace.»

Persino Ethan, a quel punto, intervenne. «Matthias, piantala, falla uscire!»

«Stai esagerando, ti avverto!» lo ammonì Brooke, tirandolo per un braccio, ma lui chiaramente non sembrava d'accordo e riuscì a liberarsi strattonando via la sua presa.

«Matthias, ti prego!» Isabel era addirittura sul punto di colpirlo. Aveva stretto le mani a pugno e, se entro pochi secondi non si fosse spostato, si sarebbe scagliata contro di lui, questo era certo. Matthias era sempre stato ragionevole e, soprattutto, si era sempre fidato di lei. Non poteva credere che, anche se indirettamente, stesse mettendo in dubbio la sua lealtà ai Brown.

E non ci mise molto a urlarglielo contro. «Tu pensi davvero che io sarei capace di tradirvi?» esclamò, visibilmente agitata. «Mi fai davvero così stupida?»

Matthias non si scompose. «Quello che credo io non ha importanza, ma quello che crederà Elijah sì. Tutti noi vogliamo sapere cosa ti è accaduto, e anche lui vorrà saperlo. Ma in tutta franchezza, devo accertarmi che non sia nulla che possa sconvolgerlo!»

«Lo sconvolgerà comunque!»

«Bene, allora devo conoscere la verità personalmente: voglio sapere cosa ci facevi a casa di Fred, perché hai il suo coltello, e... sì, se hai preso parte a qualche tipo di cospirazione, dato che indossavi persino i vestiti che portano le sue donne. Sì, so tutto, Isabel. So cosa succede in quella casa, e il costosissimo abito bianco con cui sei tornata dimostra che adesso lo sai anche tu!»

Isabel lo guardò con dolorosa incredulità, la sua voce tremava quando rispose: «Non hai idea di cosa ho passato in quella casa maledetta, non ti permetto di darmi della traditrice!»

Matthias aggrottò la fronte in modo significativo.
Poi si voltò dall'altra parte, come se stesse raccogliendo le forze per esprimere un pensiero complesso, uno che sembrava causargli non poco dolore.
«Sai, nella mia vita sono sempre stato un uomo piuttosto cieco e bonario,» iniziò a dire dopo.

«Matthias!»

«Tendenzialmente un idiota patentato che credeva nella buona fede di chi mi stava attorno,» continuò a dire, mettendola definitivamente a tacere.

«Mi fidavo di così tante, innumerevoli persone: da mio padre a Benjamin, da mia sorella a Elijah, dalla cazzo di tata alla cuoca che gestiva la cucina. E guarda come è andata a finire: mio padre ha sventrato una ragazzina, Benjamin ci ha traditi come se gli anni trascorsi a mandare la nostra vita a puttane non fossero una punizione sufficiente per la morte di sua figlia. Mio fratello mi ha rinchiuso in un cazzo di sgabuzzino quando mi ero offerto di salvargli il culo. Brooke ha messo in scena un patetico teatrino per camuffare la sua scomparsa. La nostra cameriera rubava l'argenteria e la cuoca passava informazioni sensibili a chi ci voleva morti a tutti i costi...»

«Questo non ha niente a che vedere con me!» sbottò lei, senza farsi intimidire.

«Oh, sì che ce l'ha! Perché queste persone, proprio come te, sembravano insospettabili finché i loro segreti non sono venuti a galla. Per questo mi dirai esattamente cosa ti è successo. Non dopo, né tra cinque minuti, né tra due. Adesso!»

«Io non ho segreti con Elijah! Lo amo e sono sempre stata sincera con lui!»

«E allora perché non vuoi dirmi cosa ci facevi da Fred?»

«Perché tu non sei Elijah! Non è con te che voglio parlare adesso. È così difficile o addirittura sospetto capirlo?»

«Sì, lo è, Isabel, perché credo che tu stia solo temporeggiando per cavarti dall'impaccio. Come puoi pretendere che io mi fidi ciecamente anche di te? Che la tua misteriosa scomparsa non susciti in me dubbi leciti e legittimi? Sei sparita per ore e, dopo un'infruttuosa ricerca, riappari sporca di terra a pochi passi dall'abitazione di Frederick, vestendo i suoi abiti e stringendo tra le mani un coltellino che presumibilmente gli appartiene...»

«Ti ho già detto che è ad Elijah che chiarirò ogni dubbio!» gridò allora Isabel, perdendo la calma. Il nervosismo accumulato in quegli ultimi giorni la fece esplodere. «Se stai cercando un colpevole su cui scaricare tutti i tuoi sospetti, allora ti consiglio di indagare su Benjamin invece di perdere il tuo tempo con me!»

Matthias scosse la testa con disapprovazione. «Dimmi, Isabel, tu cosa faresti? Come ti comporteresti se dovessi proteggere un fratello già leggermente instabile e afflitto da problemi di autocontrollo, dall'ennesima delusione?»

«Fammi passare, Matthias, non te lo ripeterò di nuovo!»

«Se la verità che si cela dietro il tuo silenzio è così terribile come dici, lui potrebbe fare una scenata epocale e rischiare di strapparsi i punti che, miracolosamente, ci hanno risparmiato un funerale. Sai che è capace di gesti estremi, Isabel. Lo conosci, sai quanto può diventare ingestibile ed esagerato, violento, e talvolta anche offensivo...»

«Stai dando a tuo fratello del pazzo schizofrenico? Wow, questa la dice lunga sulla considerazione che hai di lui!»

«Sai che non è questo il punto, Isabel!»

«Ah no? A me sembra proprio di sì. Tu vorresti impedirgli di soffrire risolvendo il problema al posto suo, ma non puoi farlo. In ogni caso, Elijah saprà cosa Fred mi ha costretto a fare!»

Matthias socchiuse gli occhi, sospettoso. «Quindi avevo ragione? Eri da Fred fino ad ora!»

«Da quanto tempo eri lì, Isabel?» Stavolta anche Brooke si unì al dibattito. Era rimasta ad ascoltare, nonostante le accuse di Matthias, ma ora non poteva più tacere.

«Isabel, ma che cazzo!» persino Ethan si mostrò perplesso.

Isabel si sentì braccata, messa all'angolo come se fosse circondata da un branco di lupi affamati, senza più via d'uscita. Non era così che aveva immaginato quella serata; aveva sperato di tornare a casa, di vedere Elijah per primo, e sprofondare nel suo petto fino a dimenticare la morte di Clorinda, gli inganni di Fred, i suoi giochi orridi, o il sacrificio eroico di Clara.

Voleva semplicemente, per un'un ultima volta, sentire di nuovo quella fresca sensazione di normalità e sollievo che aveva provato all'arrivo alla loro baita romantica.
Ma la realtà era ben diversa. Se voleva vederlo, doveva provare ai Brown che i loro sospetti erano del tutto infondati.

Isabel abbassò lo sguardo, cercando di sfuggire a quelli- più inquisitori- dei Brown. «Non volevo che andasse così, Matthias. C'è molto di più dietro a tutto questo, cose che non posso spiegare facilmente.»

«Lo capisco,» disse Matthias ammorbidendo il tono ora che lei si mostrava più collaborativa. «Ma dobbiamo sapere la verità. Devi dimostrarci ora più che mai la tua lealtà. Dimmi cosa ti è successo e ti prometto che ti lascerò vedere Elijah.»

Brooke le prese una mano, con dolcezza.
«Siamo qui per te,» garantì con voce rassicurante.
Ethan annuì, facendo eco alla solidarietà dei suoi fratelli.

Isabel prese un respiro profondo. «Va bene, vi dirò tutto. Ma promettetemi che non farete nulla di avventato.» Ormai non aveva altra scelta; non sarebbe uscita da quella stanza fino a quando non avesse confermato di essere, proprio come loro, una povera vittima.

«Promesso,» rispose Matthias.

Poi Isabel cominciò a raccontare. Rimasero in quella stanza per altre due ore inoltrate. Isabel trovò dentro di sé il coraggio di raccontare ciò che le era accaduto con la massima accuratezza e rapidità possibile. Fremendo all'idea di rivedere il suo Elijah, parlava senza sosta, senza prestare attenzione alle reazioni che prendevano forma sui volti dei suoi interlocutori: Brooke appariva ancora più scossa di prima, Ethan sembrava più sconvolto che indignato, mentre Matthias sedeva con la sua consueta aria meditabonda, come se stesse rimuginando su qualcosa di veramente grave.

Ma Isabel non si fermò, anzi, confessò ogni cosa: dall'inganno alla proposta di Fred, dalla cena fino ai giochi nel labirinto. Provò addirittura un certo sollievo verso la fine del racconto, quando menzionò il coraggio di Clara e delle altre donne di Blackely House che l'avevano aiutata. Non aveva dimenticato la promessa fatta a Clara e si sentì sollevata di essere riuscita a mantenerla, seppur in parte: adesso anche Matthias sapeva che qualcuno teneva a lui come Elijah teneva a lei.

Chissà come riuscì persino a terminare il suo discorso senza piangere, ma era certa che non ci sarebbe riuscita con Elijah.

Fu soltanto Brooke, sorprendentemente, a dare sfogo alle sue emozioni. Si alzò di scatto, sbattendo la mano sul tavolo con tale forza che un bicchiere vacillò pericolosamente sul bordo. «Figlio di puttana!» gridò. «Lo sapevo che Fred c'entrava qualcosa, la storiella della caccia non me la sono mai bevuta!»

Matthias, seduto in una delle poltrone della stanza, si passò una mano tremante sul viso. Fred era un uomo privo di scrupoli, ma il racconto di Isabel superava ogni immaginazione. «Isabel, mi dispiace infinitamente, non credevo che sarebbe arrivato a tanto...»

Adesso anche Matthias, finalmente, le credeva.

«Come ha potuto!» Brooke si teneva la testa, furente. «Come ha potuto farti questo? È un mostro!»

Ethan si alzò cautamente, raggiungendo Isabel.
Aveva sbagliato a dubitare di lei, e ora se ne vergognava profondamente. Proprio com'era successo nel bosco.
Non sapeva come rimediare...
«Non posso nemmeno immaginare il terrore che hai provato, Isabel. Ma ti giuro che pagherà per ciò che ha fatto. Non troverà mai redenzione per queste atrocità.»

Isabel sembrava sorpresa. Ethan era sempre stato il più schivo tra i fratelli di Elijah, quello con cui aveva avuto meno confidenza fin dall'inizio di tutta quella storia. Eppure, negli ultimi giorni, sembrava volerle stare vicino in maniera quasi protettiva.

«Grazie, Ethan. Ma non è necessario che facciate nulla per me. Vi chiedo solo, se potete, di aiutare quelle povere donne che sono rimaste bloccate lì...»

«Gli taglierò quella brutta testa del cazzo e la scaraventerò in un fosso!» Brooke non si dava pace; per quanto si sforzasse, non riusciva a riprendere il controllo di sé stessa. Era tipico dei Brown, e forse anche di Elijah: loro due si somigliavano così tanto che Brooke glielo ricordava costantemente.

Matthias, invece, era quello più taciturno.
Se ne stava appoggiato sul palmo della mano, fissando un punto impreciso della stanza, perso in chissà quale pensiero lontano. Isabel non si disturbò nemmeno a chiedergli la sua opinione. Era ancora arrabbiata con lui per il fatto che avesse dubitato di lei. Era contenta che fosse sconvolto, turbato all'inverosimile; se lo meritava. Era stato scorbutico e scorretto con lei. Il minimo che potesse fare era chiederle scusa, ma non le interessava. Non ora.

Aveva ben altro a cui pensare.

Si alzò dalla sedia, attirando l'attenzione di tutti, anche la sua.

«Se non vi dispiace, adesso vorrei parlare con Elijah. Un patto è un patto, giusto?» esordì, rivolgendosi principalmente a Matthias.

L'uomo la fissò per una manciata di secondi, poi tornò a guardare il pavimento. Si alzò lentamente, dirigendosi verso l'uscita. Le aprì la porta e, appoggiandosi allo stipite, le indicò la direzione con un gesto della mano. «Ultima stanza a destra,» spiegò laconico, senza aggiungere altro.

Subito dopo, senza un motivo apparente, li sorpassò a passo svelto, incamminandosi verso il giardino della Clinica. Brooke ed Ethan lo osservarono allontanarsi, studiando entrambi la sua schiena.

Non riuscivano a capire cosa gli fosse preso.
O magari sì.

Brooke era sempre stata brava a decifrare i suoi fratelli. C'entravano forse le donne di Blakely House? Non che il racconto di Isabel non fosse un motivo sufficiente per aizzarsi contro Fred, ovvio, ma quella era una reazione che si sarebbe aspettata più da Elijah che da Matthias.

C'era qualcos'altro sotto, qualcosa di più intimo e profondo che Matthias voleva tenere per sé. Doveva saperne di più.

«Aspetta!» esclamò Brooke, facendo qualche passo prima di girarsi verso Isabel. «Torno subito!» assicurò, mettendosi a inseguire Matthias. Isabel non fece in tempo a risponderle; Brooke aveva già infilato la porta.

«Si può sapere che ti prende!» gridò la rossa, vedendo Matthias raggiungere una delle Jeep parcheggiate. Era davvero insolito che suo fratello si comportasse in maniera così enigmatica.

L'uomo, aggrappandosi al riserbo, montò rapidamente sulla Jeep. Brooke riuscì a raggiungerlo prima che partisse; una volta seduta sbatté lo sportello, forse per attirare la sua attenzione.

«Sto parlando con te!» continuava a dire, ma Matthias rimase in silenzio, concentrato sulla manovra. Infine, dopo essersi addentrato lungo il sentiero accidentato del bosco, le chiese:

«Hai delle armi addosso?»

«Cosa?»

«Ti ho chiesto se hai delle armi!»

Brooke annuì senza pretendere delucidazioni, le bastava che avesse risposto; era pallido, sembrava un dannato zombie. Scattante gli mostrò la pistola che teneva sempre con sé nei pantaloni.

«Bene. C'è un'ascia e il tuo bazooka dietro,» aggiunse Matthias, facendo retromarcia. «Ci serviranno,» concluse, mentre il veicolo sobbalzava leggermente sui terreni accidentati.

Brooke lo guardò come se fosse impazzito, poi si allacciò la cintura di sicurezza, decidendo di assecondarlo. Dovunque stessero andando, e lei aveva una chiara idea della loro destinazione, sarebbe rimasta al suo fianco.
Era arrivata l'ora di fare un po' di casino, finalmente!

Ethan, invece, preferì scortare Isabel fino alla stanza di Elijah. Qualcuno doveva rimanere di guardia. Camminarono per qualche metro lungo il corridoio, poi si fermarono davanti a una porta bianca.

«Sei pronta?» le chiese, prima di poggiare la mano sulla maniglia.

Isabel annuì, implorando pietà al suo povero cuore; sembrava impazzito, scalpitava come un dannato, maledizione!

Ethan le diede un leggero cenno d'incoraggiamento, poi girò la maniglia e aprì la porta con un movimento fluido e deciso.

L'interno della stanza era immerso in una penombra silenziosa, interrotta soltanto dal lieve ronzio di un ventilatore sul soffitto. Elijah era appoggiato al bordo della finestra aperta, la sua figura immobile, quasi statuaria, come un eroe ferito di una vecchia leggenda. Il busto, ancora avvolto dalle bende, tradiva la recente operazione che aveva subito; indossava dei jeans sgualciti, tanto sgualciti, segno inequivocabile di un terribile e mancato riposo. Teneva la testa inclinata in avanti, i muscoli delle spalle e del collo si contraevano sotto la pelle visibilmente tesa. Sembrava angosciato.

Aveva sentito il lieve cigolio della porta, sapeva che qualcuno era entrato, ma si era rifiutato di voltarsi. Rimaneva fermo, concentrato a mantenere quella posa rigida, quasi temesse che un solo movimento potesse far crollare la fragile calma che aveva faticosamente costruito.

Isabel entrò lentamente, quasi con timore reverenziale, mentre Ethan rimaneva sulla soglia, pronto a intervenire se necessario. Ma si dileguò non appena capì che la sua presenza era di troppo.

Isabel era così spaventata e, al tempo stesso, così sollevata. Ora che aveva Elijah di fronte a sé, poteva finalmente essere certa che stava bene, che malgrado le ferite fosse vivo. Rimaneva soltanto una questione terrificante in sospeso: come avrebbe reagito all'inganno di Fred o alle sue devastanti conseguenze? Il solo pensiero di affrontare la sua collera e il suo dolore le faceva tremare le ginocchia. Avrebbe voluto restare nascosta in quell'angolo buio, rifugiata nell'ombra, allontanando il momento della verità il più a lungo possibile. Ma sapeva che non poteva nascondersi per sempre.

Con Elijah, l'onestà, per quanto dolorosa, era l'unica strada percorribile.

«Mi avevi promesso che avresti fatto attenzione...» disse lei, con calma. Voleva toccarlo, abbracciarlo, percepire il suo calore sulla pelle. Cercò di costringere i piedi a muoversi nella sua direzione, ma scoprì che erano inchiodati al pavimento.

Elijah rimase nella stessa posizione, immerso nei suoi turbamenti. Tuttavia, quando finalmente la voce di Isabel giunse alle sue orecchie, si voltò immediatamente. La sua espressione si distese in un sorriso distaccato, come se davanti a lui si trovasse una mera apparizione, uno scherzo della natura. «Continui a tormentarmi, fata?»

Era convinto, forse, di essere ancora intrappolato nel delirio. Desiderava disperatamente che fosse lei, che fosse davvero Isabel, ma il medico era stato chiaro: i farmaci che assumeva gli provocavano delle allucinazioni. Doveva fare attenzione, o avrebbe rischiato di baciare nuovamente Rosalind.

Si perse a guardarla, ad ammirarla con una dedizione quasi reverenziale. I suoi biondi capelli, cadevano soffici sulla curva del seno, incorniciando il suo viso con una grazia angelica. La vestaglia bianca che indossava, leggera come una piuma, seguiva con eleganza ogni suo movimento, svolazzando con lei a qualsiasi sussulto. Somigliava a una visione celeste, a una creatura di un sogno che, per un miracolo divino, si era materializzata davanti a lui.

Dio, persino nelle sue visioni più vivide, non aveva mai contemplato una bellezza così squisita e senza pari.

La sua mancanza stava diventando insopportabile, non c'era altra spiegazione.

Isabel non capì, non subito almeno, ma decise di agire.
Con passi misurati, aggirò il letto, camminando sul soffice tappeto di seta che ricopriva il pavimento. Il timido bagliore della luna si distendeva sul pavimento, desideroso di riposare, di illuminare senza invadere con la sua presenza. Creava un'intimità particolare tra loro, un'insolita magia, una crescente trepidazione, simile a quella provata il giorno del loro primo incontro.

Isabel si avvicinò a lui, tanto da essere separata solo da un esile soffio d'aria. Si era cambiata al suo arrivo alla clinica, liberandosi della terra e della vergogna che l'avevano macchiata, tornando ad essere soltanto lei, la donna tenace di cui Elijah si era perdutamente innamorato.

E pretendeva che lui la vedesse, che la riconoscesse!

«Cosa ti sei fatto?» mormorò, allungando le dita verso la fasciatura attorno alla sua vita. Tracciò delicati ghirigori, carezze lievi come piume, cercando di alleviare il suo dolore, di cancellarlo, di fingere che non fosse mai esistito, proprio come quella notte a Blakely House. Era felice, troppo felice di rivederlo, tanto che non si sentiva padrona dei suoi movimenti. Era quasi stordita dalla sua presenza imponente e sensuale.

Elijah non la fermò, non fece nulla per ostacolare quella che lui credeva essere la sua nuova, splendida, dolcissima visione. Decise invece di farsi più ardito, di agevolare quel dolce tormento di vicinanza. Senza preavviso, le cinse forte la vita, tirandola bruscamente a sé. Le sue mani erano così grandi che sembravano coprirle metà della schiena. Se era davvero un sogno, allora preferiva viverselo fino all'ultimo briciolo di lucidità, o fino a quando quel dolce spirito non si fosse dissolto come nebbia al sole del mattino.

Isabel, di slancio, si aggrappò alle sue spalle per avere sostegno. Non esitò neanche. Ormai, aveva imparato ad apprezzare i modi così impazienti e carnali di Elijah, amandoli sempre di più. Inspirò bruscamente, lasciandosi cullare da lui; ogni fibra del suo corpo sembrava concentrata ad assorbirlo, a godersi ogni brivido che lui le provocava fin dentro le ossa.

Nessuno dei due voleva parlare, nonostante fossero tante le cose da dire; interrompere quel momento idilliaco avrebbe rischiato di uccidere entrambi.

Più lui che lei, a dire il vero.
Ma Isabel scelse di pronunciarsi comunque.

«Mi sei mancato,» confessò in un sussurro liberatorio, benché la sua voce morbida tradisse una sofferenza sincera.

Elijah le sfiorò una guancia con un dito. Si perse a guardarla meglio, con maggiore intensità. Isabel stavolta sembrava così reale, così presente, la sua pelle così viva e calda. E il che era così strano. Tutte le sue fantasie finivano sempre per evaporare quando cercava di avvicinarsi a loro, quando tentava di toccarle, di farsele bastare per quel che poteva.

Invece questa sembrava...permanente.

«È così che ti incontrerò? Solamente nei miei sogni, fata?» la sua voce era insolitamente roca, bassa, quasi gutturale.

Un'ondata di vertigini la travolse, credeva di essere sul punto di sciogliersi. Poi, però, Isabel lo guardò con maggiore attenzione.

«È questo che pensi? Che sia solo un sogno?»

«Non lo è?»

«No, certo che non lo è. Io sono qui, amore, guardami.»

Isabel gli prese il viso, allineandolo al suo. Fu allora che capì la ragione della sua reticenza: Elijah credeva di stare ancora sognando, era convinto che lei fosse solo un'illusione, il frutto dei suoi desideri più arditi. Aggrottò la fronte, strofinando delicatamente i pollici sulle sue guance. Sembrava che Elijah non la stesse nemmeno ascoltando.

Era così presa da lui che sobbalzò quando avvertì il suo tocco sulla pelle, nella zona sensibile vicino al collo. Con gravosa lentezza, Elijah tracciò la linea della sua clavicola, risalendo fin sopra l'orecchio. Voleva baciarla, voleva baciarla dappertutto.

«Dimmi dove sei, dimmi come posso trovarti, ti prego,» il suo tono ora somigliava a una supplica, a un debole lamento.

«Elijah, guardami! Guardami! Sono qui!» Isabel continuava a scuoterlo, ma lui non distoglieva lo sguardo dai suoi occhi, sembrava ipnotizzato dai suoi smeraldi scintillanti. Il silenzio a quel punto divenne sempre più denso, quasi pesante. L'aria stessa si fece sovraccarica, l'elettricità riprese a vibrare. Solo quando si sentii quasi mancare, Isabel si accorse che stava trattenendo il respiro.

Le labbra di Elijah sfiorarono l'angolo delle sue, così leggere che sembravano il tocco di un petalo. Stava per soddisfare i suoi impulsi più reconditi, di assaggiare finalmente le sue carni salate, ma Isabel, senza sapere nemmeno come, riuscì a sottrarsi a lui.

«Elijah, questo non è un sogno. Brooke mi ha trovata nel bosco e mi ha riportata da te. Ethan e Matthias erano con me un attimo fa, anche loro mi hanno soccorsa. Perché non vuoi ascoltarmi? Perché ti ostini a non credermi?»

Elijah scosse il capo, come se stesse accettando controvoglia un'idea che gli pesava sul cuore.
«Non posso, fata, non posso farlo.»

«Perché no?»

«Perché non posso.» A quel punto, Elijah la lasciò andare e si appoggiò di nuovo al bordo della finestra. Non voleva infliggersi altro dolore, non voleva credere a ciò che quel dolce fiorellino gli stava dicendo. Se lo avesse fatto, se si fosse illuso di averla di nuovo con sé solo per vederla svanire ancora una volta, ne sarebbe stato devastato. La sofferenza sarebbe stata così insopportabile da farlo impazzire.

«Ti prego, va via, non prenderti gioco di me...lo hai fatto innumerevoli volte oggi. lo ti mando via e tu continui a tornare. Non capisci che io voglio lei? Voglio lei, la vera lei, solamente Isabel, cazzo!» Elijah sbatté un pugno contro la vetrata con una forza tale che Isabel temette si frantumasse in mille pezzi.

Non sapeva più come convincerlo, la frustrazione saliva, ma poi lui disse qualcosa...qualcosa che fece crescere in lei una rabbia profonda, quasi viscerale.

«Stamattina, a causa tua, ho baciato Rosalind, e me ne vergogno, me ne pento amaramente. È stato schifoso, avrei dovuto sapere che non eri tu, la mia mente annebbiata doveva sapere che era troppo bello per essere vero...»

«Tu hai...hai baciato Rosalind?» mormorò lei, in tono grave.

«Sì. Credevo fossi tu. Te l'ho detto prima, non ricordi?»

Isabel si ammutoli. Il suo sguardo divenne stranamente opaco. Smise di accarezzarlo come aveva continuato a fare fino a quel momento, anche se lui era di spalle. Picchiettò, invece, un dito sulla sua schiena per attirare la sua attenzione.

Ora che ci pensava, forse c'era un modo per svegliarlo.

Elijah sembrò non sospettare nulla. Assecondandola per l'ennesima volta, si girò completamente. Sovrastandola, si avvicinò di nuovo a lei. Non riusciva a farne a meno.
Quella donna era la sua ossessione preferita.

«Sparisci...ti prego,» le intimò in un sussurro esile. «Io non voglio te...» ammise con non poca difficoltà. Sembrava più intento ad autoconvincersi che a convincere lei.

Isabel gli sorrise, un sorriso deliberatamente pacato.
«Tra un attimo sì,» annuì. Il suo tono ora era più aspro di prima, decisamente più amaro.

«Bene, ma fallo in fretta, non voglio...»

Non fu in grado di terminare la frase, perché Isabel, indignata, gli tirò un manrovescio così forte da farlo traballare sul posto. Era stata impulsiva, se ne rendeva conto, ma se ne infischiava. Lei rischiava la vita per lui e lui baciava quella che presumibilmente era una vecchia fiamma?

Ma insomma!

«Cos'è che hai fatto?!» esclamò inviperita.

Elijah si tenne la guancia, perplesso. Le sue palpebre sfarfallarono, come se per la prima volta stessero cercando di mettere a fuoco la realtà. I suoi occhi, prima annebbiati, si accesero di un'emozione indefinibile quando incontrarono quelli di Isabel.

Quando li vide davvero stavolta!

Vide il modo in cui una ciocca dei suoi capelli si era sciolta e le ricadeva sulla fronte. Sentì il profumo inconfondibile della sua pelle, quello che aveva sempre associato a lei. Notò la lieve curvatura delle sue labbra, la stessa che ricordava di aver baciato mille volte, il leggero rossore delle guance...

Non c'era dubbio. Era lei. Il suo cuore, che fino a quel momento aveva battuto in preda all'angoscia, inizio a rallentare, a ritrovare un ritmo più calmo e regolare.

«Isabel...» sussurrò, sopraffatto dalla commozione.

Lei lo guardò con occhi lucidi, annuendo leggermente. Elijah degluti, assalito da un nodo in gola, mentre la sua vista si riempiva di lacrime non trattenute. Si rese conto, con una chiarezza travolgente, che la sua presenza non era un miraggio, non era un inganno della sua mente disperata.

Isabel era li con lui, era tornata.
Isabel era lì.
Isabel era tornata, e lui...lui le aveva detto di Rosalind, le aveva detto di Rosalind in quel modo.

Cazzo!

Doveva rimediare, doveva farle capire che si era trattato solamente di un errore, che...

«Aspetta!» gridò, vedendola dirigersi verso la porta. Prima che riuscisse ad aprirla, si fiondò su di lei, bloccandola lì, tra il suo corpo e la fredda superficie di legno.

«Guardami!» le intimò, strofinando la fronte sulla sua nuca.

«No!»

Isabel non si sbilanciò. Se lo avesse fatto sarebbe stata la sua fine. Tentò piuttosto di forzare la porta. Sapeva che non c'era modo di riuscirci, dato che il peso di Elijah era nettamente superiore al suo, ma ci provò comunque, determinata a non cedere.

«Isabel!»

«No!» Voleva mantenere alta la sua risolutezza, ma la presa di Elijah, il suo calore, il suo trasporto, minavano il suo autocontrollo. E il suo autocontrollo, da lì in poi, non fece che continuare a sgretolarsi: con un gesto deciso, Elijah le afferrò le spalle, costringendola a girarsi.

E lei lo fece.

Le cinse il viso tra le mani, con estrema cura, come se fosse una bambola fragile. Si appoggiò a lei, il suo corpo era duro e solido, un muro di muscoli. Isabel gli permise di cullarla, come fosse intrappolata in un febbrile incantesimo.

Erano così tante le cose da dire, le spiegazioni da dare. Elijah aveva molte domande per Isabel, e Isabel ne aveva altrettante per lui. Elijah voleva sapere dove diavolo si fosse nascosta, perché ci avevano messo così tanto tempo a ritrovarla. E lei doveva spiegare come fosse finita a correre in un labirinto con un folle alle calcagna.

Dovevano dissipare i dubbi l'uno dell'altra, era logico, ma ad Elijah non andava di farlo subito. Tutto quello che voleva ora era solamente baciarla, cazzo. Dare sfogo alle sue pulsioni, alla voglia di stringerla, di adorarla, di toccarla, di abbracciarla fino a lasciare lei e se stesso senza fiato...

Cristo, doveva farlo all'istante!

«Tu non sai, non hai idea di quanto la tua scomparsa mi abbia fatto male!» Il suono della sua voce la fece rilassare.
Il suo timbro era così profondo e vellutato, assomigliava a una carezza, a una dolce coperta.

Isabel sentì una vampata esplodere dentro di lei. Senza fatica, respinse l'istinto di ribellione che le intimava di opporsi a lui. Quell'uomo riusciva a far diventare tutto più semplice. Si lasciò andare, permettendo alle sue difese di abbassarsi completamente.

Non poteva permettersi il lusso di arrabbiarsi troppo con Elijah, visto che, stando a quanto aveva raccontato al suo "fantasma", quello con Rosalind era stato solo un malinteso. Inoltre, anche Isabel aveva una storia da confessare, quella con Fred, e a pensarci bene, era di gran lunga peggiore della sua.

Si spinse contro di lui, azzerando la misera distanza che li separava, ma Elijah non le diede modo di approfondire il contatto. La sollevò tra le braccia e la portò sul letto, depositandola con cura sul materasso. Abbassò la testa su di lei, le labbra vicinissime alle sue.

Isabel chiuse gli occhi, pronta a godersi quella che sarebbe stata una dolce, piacevolissima invasione.

«Mi sei mancato, mi sei mancato tanto...» sussurrò, ma non riusci a continuare. Le sue parole furono soffocate da un bacio, un bacio frenetico, carico di libidine, e di emozioni represse. Tutto il dolore, la paura, l'angoscia, si riversarono in quel momento. Le mani di lui le cingevano la vita, la stringevano, la tastavano con insistenza, con un'urgenza quasi animalesca. Aveva bisogno di lei, e pretendeva che lei lo capisse, che condividesse con lui la stessa urgenza, la stessa frenesia che lo consumava. Lei rispose con eguale intensità, intrecciando le dita nei capelli di lui, lasciandosi andare completamente alla sua lingua impaziente.

Non esisteva più niente. C'erano solo loro due e un letto che sembrava invitare a celebrare il loro incontro. Elijah l'avrebbe sedotta senza esitazioni, se solo fosse stato sicuro che i suoi punti avrebbero retto. Era un uomo esigente e impulsivo, in ogni aspetto della sua vita, e purtroppo lo era anche da ferito. Per quella sera però, si sarebbe fatto bastare la loro reciproca brama di possedersi, e la gioia di essersi ritrovati.

Quando finalmente si staccarono, entrambi ansimanti, Isabel lo guardò negli occhi e vide una scintilla di speranza. La stessa che custodiva dentro di sé. Elijah le accarezzò il viso, asciugando una lacrima che non si era accorta di aver versato.

«Non andartene mai più,» mormorò lui, con una dolcezza che la fece tremare.

«Non andrò da nessuna parte, » rispose lei, stringendosi ancora di più a lui. «Promesso.»

«Avevamo detto basta promesse, o sbaglio?» chiese lui, una soddisfazione possessiva ardeva nelle sue pupille.

Isabel sorrise, poggiando la fronte alla sua.
Aveva così tanta voglia di ridere.
«Ancora una...» bisbigliò, poi tornò a baciarlo.

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