Capitolo ventisette

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"Ti porto via, fata!"


Dimmi che non ho ragione,
vivo dentro una prigione,
provo a restarti vicino
ma scusa se poi mando tutto a puttane...
-BRIVIDI


Era un momento in cui la vita e la morte danzavano in un'armonia crudele, un'ossessionante sinfonia che svelava la vulnerabilità dell'esistenza. La morte, con la sua presenza silenziosa, faceva sentire la sua influenza su ogni anima presente, gettando un velo di tristezza sulla sala. Era un ricordo crudele che la vita, con tutta la sua bellezza e complessità, poteva svanire in un istante, come un sospiro disperso nel vento. L'omicidio di Parker ne era la prova.

Il rimbombo degli spari squarciò l'atmosfera, scatenando il panico. I nobili, inizialmente immersi nelle loro conversazioni eleganti, si trasformarono improvvisamente in una folla tumultuante, cercando rifugi improvvisati dietro mobili lussuosi, o fuggendo verso la porta dell'atrio rimasta spalancata. Le risate e i tintinnii di bicchieri cedettero il passo a grida di terrore e al suono cupo dei passi affrettati. Nel caos, eleganti abiti si strappano e gioielli preziosi cadono, dimenticati, mentre la paura si diffonde come un'onda travolgente. Isabel rimase pietrificata, gli occhi fissi sulla scena orribile che si stava svolgendo di fronte a lei: l'orrore la paralizzò, le sembrava di vivere un dannato déjà-vu!

Senza esitazione, Elijah le afferrò il polso con forza, tirandola verso di sé. Non avrebbe mai permesso che le accadesse qualcosa. Mai!
«Isabel, dobbiamo andare!» gridò, la voce permeata dall'urgenza. Lei, quasi senza rendersene conto, assecondò il suo gesto e si alzò, incapace di staccare gli occhi dal corpo di Parker, immobile e immerso in una pozza del suo stesso sangue.

Matthias, già pronto all'azione, aveva estratto la pistola e la puntava con determinazione verso Rick. Non era l'unico: molti degli ospiti, trasformati da gentiluomini in guardiani improvvisati, brandivano le armi contro l'uomo che aveva appena seminato la morte: senza esitazione aprirono il fuoco. Il suono roboante degli spari si intrecciò con il tintinnio discordante dei vetri infranti, il tonfo sordo delle sedie che si rovesciavano. Piatti e bicchieri di porcellana caddero al suolo, frantumandosi, mentre la sala si trasformava in un caos di rumori e schegge vaganti.

Rick, veloce come un'ombra, si nascose sotto il tavolo insieme a Melissa. Entrambi armati, pronti a reagire. Melissa, con abilità, tirò fuori una pistola nascosta nelle reggicalze e, alzando di poco la tovaglia, la puntò in direzione dei fuggitivi: Isabel ed Elijah, che cercavano disperatamente una via di fuga tra il caos incontenibile.

«Questa volta non mi scappi puttana!» sibilò.
Con mira concentrata, premendo il grilletto, il proiettile sfrecciò ma mancò il loro bersaglio. Involontariamente, colpì una donna che, spinta dalla folla alle sue spalle, si trovò accidentalmente sul percorso del proiettile. Mentre la gravità dell'impatto la faceva vacillare, il suo corpo si piegò in avanti, le mani istintivamente cercarono di afferrare qualcosa per sostenersi, ma inutilmente. Con un tonfo sordo e agghiacciante, cadde a terra, ostacolando il passaggio.

«Maledizione!» Melissa si rintanò nuovamente sotto il tavolo, schivando i colpi brutali dei suoi avversari, i quali nel frattempo, continuavano a sparare nella sua direzione.

Fendendo la folla con determinazione, Elijah stringeva Isabel a sé, facendo attenzione a non farla cadere.
Il suo unico obiettivo era portarla fuori da quell'inferno, viva. Non c'era spazio per pensare a null'altro!

«Isabel, non lasciarmi! Rimani accanto a me! Non allontanarti!» gridò, muovendosi a tentoni. Isabel emise un suono incomprensibile, ma non si oppose rimanendo avvinghiata a lui. La paura la pervadeva, temeva di venire schiacciata, risucchiata dal caos che dominava il corridoio, ma la presenza di quell'uomo in qualche modo la rassicurava. Stare accanto a Elijah, anche nel pieno di quella follia, riusciva ad attenuare l'orrore che stava vivendo. Tremava come una foglia, era terrorizzata.

«Ti porto via fata, non preoccuparti!» Elijah si chinò a posarle un bacio sulla fronte, aumentando la presa attorno alle sue spalle.

«Levatevi dai piedi, cazzo!» esclamò, spingendo con fermezza la moltitudine di gente che gli sbarrava la strada. Il tempo stringeva, e ogni istante era prezioso.

«Matthias, chiama Benjamin!» Elijah si guardò attorno, cercando di individuare il fratello. La fuga era ormai inevitabile. Dovevano ideare un piano per sconfiggere Rick, un piano che contemplasse la sua eliminazione, ma da un luogo che garantisse sicurezza, come la Svizzera. Lì non avevano nemici; anzi, la maggior parte dei loro alleati risiedeva in quei territori, facilitando così la ricerca di un supporto vantaggioso.

Avevano urgente bisogno di protezione: nulla avrebbe impedito a Rick di ucciderli, ora che -soprattutto- persino Matthias aveva cercato di ingannarlo.

«Matthias? Dove diavolo sei?» ripeté Elijah, ma tra l'enorme ressa non riuscì a scorgere alcuna traccia del fratello. Solo in quell'istante, nella frenesia di proteggere Isabel, si rese conto che l'uomo era rimasto indietro.

«Cazzo!»

Isabel lo guardò, allarmata «che succede?»

«Matthias è ancora dentro!» esclamò, sovrastando le urla.

«Oh mio Dio!» Isabel spalancò gli occhi. «Che facciamo adesso? Dobbiamo tornare a prenderlo!»

«Aspetta» Elijah, fermatosi bruscamente, si voltò in  direzione della sala, scrutando attentamente per individuarlo.
«Matthias!» gridò, la voce carica di preoccupazione. «Matthias, cazzo! Dobbiamo andare!»

«Andate, vi copro io!» urlò Matthias, sparando contro il riparo improvvisato del nemico. Poi, con prontezza, si lanciò dietro un tavolo adiacente, abile nel trovare riparo senza farsi colpire.
«Raggiungete la macchina, arrivo fra poco!»
La sua voce tremava, il petto ansante a causa del respiro accelerato. Doveva concentrarsi se voleva uccidere Rick e fuggire, non avrebbe abbandonato la battaglia senza provarci, non dopo quello che aveva fatto a Parker: quell'uomo aveva sacrificato la vita per proteggerli, per aiutarli in quella maledetta farsa!

Con orrore fissò il suo corpo inerme, trattenendo a stento le lacrime. Non era così che doveva andare, non era così che doveva morire. Il suo cuore batteva pesantemente nel petto, come se ogni pulsazione urlasse contro l'ingiustizia del destino. Era deciso a fargliela pagare, Rick non avrebbe potuto restare impunito, non dopo tutto questo!

«Matthias, non fare cazzate! Lascia perdere dobbiamo andare!» gridò Elijah, mentre la marmaglia spingeva sempre più lui e Isabel verso l'uscita principale.

«Vai, ho detto! Arriverò, te lo prometto. Parti!» Matthias si nascose sotto il tavolo, cercando di schermarsi dai frammenti di vetro e dai proiettili che colpivano la sua postazione.

«No, Matthias! Cazzo!» Elijah emise un ringhio frustrato; conosceva suo fratello, sapeva che Matthias non si sarebbe allontanato fino a quando non avrebbe reso giustizia a Parker. Il problema era il tempo: dovevano raggiungere la villa, prendere i bagagli e fuggire. Non potevano procrastinare; se non si fossero sbrigati, avrebbero perso l'aereo. Il comandante era stato chiaro, non avrebbe volato oltre la mezzanotte. Doveva tornare indietro e convincere Matthias a partire, ora!

Ma prima, doveva accertarsi che Isabel rimanesse al sicuro: con abilità e determinazione, schivando con prontezza i movimenti frenetici degli altri fuggitivi, finalmente riuscirono a raggiungere la porta d'ingresso. All'esterno, la gente scappava cercando riparo nelle macchine, o correndo verso la strada in cerca di aiuto. Molti nobili che avevano partecipato all'evento erano arrivati in limousine, ma non tutte erano parcheggiate fuori ad aspettarli, poiché l'asta era terminata prima del previsto. Fortunatamente, Elijah aveva dato istruzioni precise al suo autista, che qualche auto più in là, lo attendeva fuori dalla Rolls-Royce con un'espressione imperturbabile e perfettamente composta sul viso.

Doveva essere abituato a scene come quella.

«Seguimi!» Elijah prese Isabel per mano, stringendola affinché non cadesse. Insieme corsero verso la vettura già in moto, facendo attenzione a non inciampare a causa dei tacchi indossati da lei.

Ma fu in quell'istante che Elijah notò qualcosa che dissipò ogni dubbio sull'artefice del piano che li aveva distrutti: Rosalind stava scappando verso una limousine, decisa a far perdere le sue tracce.

Che figlia di puttana!

Probabilmente era stata lei a informare Rick, a tradirli. Credeva che il patto sarebbe stato sufficiente a tenerla buona, ma si sbagliava. Portarla al ballo si era rivelato un errore madornale, una scelta pessima e catastrofica.
Tuttavia, non avrebbe dovuto aspettare a lungo prima di vendicarsi: era deciso a darle la caccia, non importa quanto tempo ci avrebbe messo a trovarla.
Non sarebbe stata risparmiata, quella era una promessa!

Una volta giunti all'auto, Elijah aprì la portiera a Isabel, parlandole: «d'accordo, fatina, aspetta qui. Io devo rientrare e cercare di convincere mio fratello a non farsi ammazzare», sospirò. Poi, con delicatezza, le prese il viso fra le mani, guardandola con urgenza.
«Promettimi che non ti muoverai dalla macchina finché non torno!»

Isabel scosse la testa, allacciando le braccia attorno al suo collo. Forse non era giusto avercela tanto con lui;  in fondo aveva rischiato la vita per proteggerla.
«No! Non lasciarmi qui, ti prego!»

Elijah, se possibile, la strinse ancora più forte, affondando il viso nell'incavo del suo collo. Il delicato profumo dei suoi capelli, la leggera sfumatura salmastra della sua pelle.
Dio, quanto le era mancata!

«Se ti accadesse qualcosa impazzirei. Lo capisci?»

Isabel annuì. Lei sciolse la presa permettendo ai loro occhi di incrociarsi. Non voleva che Elijah rientrasse alla villa, e ciò non derivava solo dalla paura di restare sola e indifesa in quel dannato parcheggio. No, la sua preoccupazione principale era che Elijah potesse morire, ferito in mezzo a quel dannato putiferio.

E glielo disse, a un passo dal baciarlo.
Perché niente contava in quel momento: né i suoi dubbi, né le bugie di Rosalind, né i complotti di Melissa. Solo la vita che cercavano disperatamente di salvare, aveva importanza!

«E se ti colpissero? E-e se non riuscissi a scappare in tempo?» 

Elijah sorrise, poi con dolcezza, le sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Amava compiere quel gesto, aveva il sapore di una quotidianità desiderata, di quella routine che avrebbe voluto condividere con lei al suo fianco.
«Allora ti importa ancora di me, fatina.»

«Certo che mi importa!» Isabel aggrottò la fronte, guardandolo incredula per la sua inaspettata ammissione.
«Hai promesso che saremmo rimasti insieme..» aggiunse con voce incerta.

«Ed è così fata, sempre!» Elijah prese le sue mani, baciandone il dorso con affetto.
«Ma adesso...»

«Adesso devi andare, giusto?» Isabel scosse la testa, ritraendosi.

Ma Elijah non gradì il suo allontanamento: senza darle modo di opporsi, la tirò con forza a sé, schiacciando le labbra sulle sue. Lei s'irrigidì ma non si tirò indietro, così lui sfruttò il momento e intensificò il loro magico contatto, quell'attimo di squisito piacere che lasciò entrambi senza fiato.

Moriva dalla voglia di farlo, si sentiva sfinito!
Fingere di non desiderare quella donna era stata la cosa più difficile, anzi la più dolorosa e sfiancante che avesse mai fatto. Per tutta la sera, il suo sguardo l'aveva costantemente accompagnata, cercando con cura il modo perfetto di avvicinarsi, di poterla sfiorare, anche solo per un istante.
Se lo sarebbe fatto bastare, in qualche modo.
E invece si era ritrovato a maledire se stesso, desiderando che quella serata finisse in fretta, solo per raggiungerla e non lasciarla andare mai più!

Cos'era quella fata?
Un angelo?
Una tentazione, una salvezza? 

Non ne aveva idea, eppure era l'unica persona in grado di ravvivarlo. Gli occhi di Elijah brillavano come stelle quando la guardava, il suo cuore danzava al ritmo dei suoi sorrisi. Ogni tocco di lei risvegliava in lui un vortice di emozioni, una miscela ardente di desiderio e sentimenti profondi ai quali non aveva ancora dato un nome, ma che possedevano ormai una voce. Se proprio doveva morire quella notte, preferiva assaporare ogni istante di piacere che quella donna poteva regalargli nei suoi ultimi momenti di vita.
La morte non avrebbe potuto essere più dolce.

Degli spasmi febbricitanti la colpirono come scintille quando Elijah si stacco dal bacio per morderle le labbra. Lo fece piano, succhiandole poco dopo. Era una presa morbida ma esigente, che la reclamava.
Un gemito fuggì dalle labbra di Isabel, ma più che di lussuria o godimento sembrava quasi...di tormento.
Perché in fondo lo era, inquieta fino al midollo!
Quel momento fra loro portava con sé il profumo di un addio, uno strano sapore agrodolce che inevitabilmente la terrorizzò.

Seppur carica di dubbi e domande che non aveva dimenticato, desiderava prolungare quell'istante il più possibile. E c'era un solo modo per farlo.
Isabel non poteva aspettare oltre, la vita le aveva già mostrato la sua imprevedibilità, la presenza brutale della morte: doveva confessargli ciò che provava!
"Solo così tornerà da me", pensò.

Così, in maniera del tutto improvvisa, fu lei a prendere parola quando Elijah si staccò dalla sua bocca.
In quell'attimo fugace riuscì a scontrarsi con i suoi occhi color dell'oceano: due pozzi profondi che la fissavano non con desiderio o perversione, ma con protezione, con amore. Sembrava quasi volesse rassicurarla senza bisogno di proferire alcunché.

«C'è una cosa che non ti ho detto, Elijah...» mormorò Isabel.

Elijah le carezzò la guancia, dolcemente.
Voleva fiondarsi su di lei, ancora, non ne aveva abbastanza, ma decise di farla parlare prima.
In fondo, molto in fondo, era pur sempre un galantuomo.
«Quale?» le chiese.

Lei prese un lungo respiro, incerta se esprimersi o meno. Ma alla fine lo fece e in cuor suo non riuscì a pentirsene.

«Anch'io ti voglio, Elijah. Voglio che ricominciamo. Non so se sia una buona idea, tanto meno se concederti una seconda possibilità sia saggio, ma voglio farlo!»
Quelle parole risultarono così folli alle sue orecchie; non riusciva a credere di averle pronunciate.

«Per questo, ho bisogno che tu torni da me. Vai da Matthias, salvagli la vita, ma poi... non lasciarmi! Mi devi delle promesse e risposte a domande che non ho dimenticato, ma che scelgo di accantonare, almeno per il momento.»
Isabel lo guardò, e nei suoi occhi, ancor più verdi se possibile, si rifletteva un affetto profondo, mischiato a una speranza incerta, come se lottassero insieme per trovare un dannato equilibrio.

«Quindi, assicurati di riportare te stesso indietro sano e salvo, d'accordo? Io, ho bisogno di te, ho bisogno di te, Elijah» ripetè, come se farlo rendesse ancora più reale la sua richiesta.

Le parole di Isabel fecero sorgere un calore inaspettato nel petto di Elijah. Le sue sopracciglia si sollevarono incapaci di nascondere lo stupore, la commozione.
No, non era vero.
Stava sognando, o forse era già morto e non lo sapeva ancora.

Cercò disperatamente di resistere all'impulso di baciarla: voleva rassicurarla, dirle che ora anche lui comprendeva a pieno i suoi sentimenti.
Quello che provava era...amore, probabilmente.
Quello puro e travolgente che non conosce limiti, capace di abbattere ogni barriera e di tessere un legame così intenso da rendere i loro cuori un'unica cosa, il loro battito una melodia, un'armonia condivisa. Lei faceva nascere nel suo animo la gioia, ancor prima di vederla o sentire la sua voce, gli bastava pensarla in realtà, per sentirsi felice.

E quella confessione non faceva che peggiorare le cose.
In quel preciso istante, sperimentò un'euforia incredibile, o meglio, un senso di fortuna straordinaria. Se una donna così buona e dolce come Isabel desiderava un uomo oscuro e distrutto come lui, allora c'era ancora speranza. La sua anima poteva redimersi; non era troppo tardi!

Accanto a lei, avrebbe potuto deporre le armi, abbandonare ogni difesa e vivere semplicemente, senza rimorsi, pene, rabbia o vendetta.
Il suo dolore, l'infinito martirio che era stato costretto a sopportare, erano fardelli che aveva imparato a gestire con rassegnazione. Non pensava di poter vivere senza di essi, ma ora invece, comprendeva che l'unica cosa senza la quale poteva vivere era Isabel.

Lei rappresentava il suo rifugio, il suo angelo custode.
Ma ancora di più, Isabel era l'amore che aspettava, la gioia che aveva tanto desiderato dopo Lily.
E lui aveva tutto l'intenzione di viversela a pieno!

Avrebbe voluto sincerarsi completamente con lei, era proprio ciò che voleva, ma alla fine, per qualche strano capriccio, decise di tacere.
E come un villano, cedette al suo impulso incontrollato: Elijah le afferrò la mascella, invadendole la bocca ancora una volta. Fu un bacio irruente, le labbra di lui premevano forti e caldi sulle sue.
La stava divorando con eccitazione, con una passione che bruciava come fuoco, un turbine di sensazioni avvolgenti che li stringeva in un abbraccio appassionato e senza riserve.

Lui la voleva e basta dannazione, e ora anche lei finalmente voleva stare con lui!
Contava solo questo.

"Dimmi, dove altro potrei andare fata?"
Pensò, mentre si beava di quel dolce contatto.
"Dove?"

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