Episodio 7

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Ahimè, eccoci qui, vorrei tanto non dover scrivere più la cronaca di questi episodi per non risvegliare quei brutti ricordi, ma dato che ormai ho promesso facciamolo. Sarò molto molto sintetica.

Dunque, finalmente non si sa come non si sa quando Leonardo riesce a convincere Cateronza a venire a vivere in casa con lui. Ma non fatevi strane idee, non vuol spennellare la sua potta, non in maniera letterale almeno.

E nel momento in cui Cateronza assume il possesso della casa come sua unica signora e padrona, assistiamo alla scena di Salaì che come un coinquilino sfrattato va girando per l'atrio con gli scatoloni in mano gridando: "quella era camera miaaaaa"

Ancora non abbiamo avuto l'onore di capire dove sia finito il pargolo, quello che Cateronza ha concepito per germinazione spontanea. A chi l'avrà mollato stavolta? Agli zingari?

Ovviamente - dicevamo - passati tipo vent'anni non è invecchiato proprio nessuno. Cateronza s'è solo messa lo sciallo della nonna e pare malata. Avrà preso freddo mentre batteva il marciapiede.

Poi non ricordo in che contesto compare il confaloniere di Firenze, che per tradizione indiretta (lista degli attori Wikipedia) scopriamo essere Pier Soderini. Nella serie invece lo chiamano solamente confaloniere, al massimo confaloniere Soderini, perché tanto mica aveva un nome la gente nel Rinascimento. E proprio qui dobbiamo fare un discorsetto.

Allooora, forse questi geniacci non hanno chiaro che nel passato i cognomi non esistevano, e non chiedetemi quando sono nati perché non lo so. "Cognome" nel XV secolo e nel XVI ancora indicava il soprannome. Letteralmente: Ludovico Sforza cognominato Moro. Quelli che oggi sono i nostri cognomi, per loro erano 1) patronimici= nome del padre; 2) demotici= termine improprio che io uso per definire il paese di origine, che è il caso appunto di Leonardo da Vinci. 3) soprannomi, che è il caso degli Sforza, soprannome dato a Muzio Attendolo e trasmesso ai discendenti.

Ora, non siamo mica in Francia, dove i nobili non venivano chiamati coi loro nomi ma coi loro feudi, che è il caso di Bayart (Pierre Terrail signore di Bayart), di La Palice (Jacques II de Chabannes signore di La Palice), del Ligny (Luigi di Lussemburgo conte di Ligny). In Italia non funzionava così, non li chiamavano il Milano, il Ferrara, il Firenze e il Mantova. Capirete che alle nostre orecchie fa parecchio ridere.

Quindi questa cosa che praticamente nessuno in questa serie abbia un nome e chiamino Ludovico "duca reggente" o "Sforza", quando per tutti era sempre stato il Signor Ludovico o al massimo il duca di Bari/Milano, e che chiamino Galeazzo semplicemente "Sanseverino" come se fosse l'unico figlio di Roberto Sanseverino, quando tutti lo chiamavano messer Galeazzo, per me è proprio insopportabile.

Stessa cosa vale per tutti gli altri naturalmente, che non si chiamavano mica ciambellano, ciabattino e panettiere, avevano un nome. A questo punto perché il padre di Leonardo piuttosto che chiamarlo Piero non lo chiamano notaio? Perché fare due pesi e due misure? 

Poi c'è Leonardo che va in piazza a vedere la nuovissima opera di Michelancilo: il David. Arriva Michelancilo in persona e gli dice: "e allora, Leonà, che ne pensi?"

E lui, molto gentilmente, gli risponde: "questa non è arte"

E infatti, non è arte, rispondiamo noi, è Galeazzo: Galeazzo è la vera opera d'arte.

Uno vede Michelancilo e la prima cosa che si domanda è: ma perché diavolo è vestito così, con quel farsetto tutto sbrindellato che nemmeno un vagabondo? Ebbe dovete sapere che l'attore, su sua stessa ammissione, ha confermato di aver voluto interpretare un Michelancilo "rock", e a questo punto non gli possiamo dare neppure torno, perché se l'aderenza storica di questa serie era andata a puttane sin dall'inizio a questo punto hanno fatto trenta, che egli faccia pure trentuno.

Comunque sia, ecco come andò veramente la conversazione quel giorno:

Lionardo: "Non mi piace il tuo David".

Michelancilo: "e perché?"

Lionardo: "ha il cazo piccolo".

Michelancilo: "è ispirato al tuo".

Eh, che volete farci, mica tutti possono avere l'horrevole gran Cazo di Ferrandino.

Poi non ricordo di cosa stessero parlando in una scena successiva, forse degli enormi affreschi che il confaloniere innominato ha commissionato a Leonardo e Michelancilo, comunque sia è qui che sentiamo finalmente nominare una unità di misura effettivamente usata a quell'epoca: il braccio. Ecco, peccato soltanto che io dubito che a quell'epoca avessero il concetto di "braccia quadrate", quantomeno ho fatto qualche ricerca e non mi risultano da nessuna parte. Perciò boh, ognuno tragga le sue conclusioni.

Poi c'è Leonardo che si è perso di notte all'interno del palazzo del confaloniere (che in verità scopriamo essere il mitico palazzo di Cnosso) e si mette a fare i segnali di fumo come gli indiani agitando una torcia nel mezzo del salone. Ad un certo punto si gira e noi pensiamo gli fossero partiti a fuoco i capelli, invece ha solo visto uno spettro aggirarsi solitario per quei cunicoli. 

Successivamente veniamo a scoprire che non era uno spettro, bensì il padre di Leonardo, ser Piero, che qui è l'unico che invecchia. Ser Piero è venuto a dire al figlio: "hai un dono incredibile". E uno pensa: be', finalmente se ne è accorto, meglio tardi che mai. Soltanto che il vero Piero se n'è accorto quando Leonardo aveva dieci anni, ovvero quando lo mise a bottega.

Leonardo, da bravo figliolo, lo manda a fanculo gridando: "non m'hai mai voluto bbbbbbeeeeeene!"

Questa forse l'avrà urlata Ercole d'Este quando vide il padre Niccolò preferire il bastardo Leonello a lui, che pure era il primogenito legittimo. Leonardo io direi che ha proprio poco da lamentarsi. 

Poi ricompare Galeazzo, anzi no, scusate: Sanseverino, che va ad inquietare Leonardo affinché interceda per lui presso il confaloniere allo scopo di ottenere la liberazione di Ludovico prigioniero dei francesi. Frena frena frena!

Allora, in che anno siamo? 1505? 1506? Uno come Galeazzo, conte, marchese, gran scudiero di Francia e via dicendo, ha bisogno di chiedere l'intercessione di un pittore per parlare col confaloniere manco fosse l'ultimo dei pezzenti?

Quel che proprio mi fa incazzare di questa serie, dopo la questione del parto e quella dei nomi, è che i titoli nobiliari o sono totalmente inesistenti o valgono come un due di picche. Mah.

In secondo luogo: chi diavolo è il confaloniere Soderini? Ha tutto questo potere decisionale nella politica mondiale nell'epoca? No, perché, dico: neppure l'imperatore Massimiliano I d'Asburgo riuscì a convincere il re di Francia a rilasciare Ludovico, nonostante tutte le sue insistenze, e ci dovrebbe riuscire una persona da nulla come il confaloniere Soderini? Oh, eh, se me lo dice voi ci credo!

Salì litiga con gli amici di Michelancilo in taverna, i quali gli dicono: "Tu sei abituato a metterti in ginocchio!"

Ah, ed io che pensavo a pecorina!

Comunque sia, gli amichetti della taverna lo pestano a sangue, Salaì torna in bottega tutto malconcio e la prima cosa che gli dice Leonardo quando lo vede è: "ma che hai fatto alla faccia? e adesso come farai a dipingere?"

Perché certo, uno ha bisogno della faccia per dipingere, mica delle mani.

Salaì gli rinfaccia di essere un insensibile, un egoista e un egocentrico e di averlo abbandonato per Cateronza, e conclude dicendo: "tu non sai quello che ho sacrificato per te!" Riferendosi alla storia dei colori del fu periodo milanese, ovvero al proprio pertugio posterioris.

Leonardo scopre che il padre è morto e va a bussare alla porta di casa per partecipare alle esequie. Peccato solo che - almeno in Sicilia facciamo così, e dato che la Sicilia è stata l'ultimo baluardo delle tradizioni antiche sono pronta a scommettere che nel XV lo facessero dovunque - quando c'è il morto in casa la porta si tiene rigorosamente aperta, coi piedi del morto rivolti verso di essa, cosicché ognuno possa entrare liberamente.

Invece no, Leonardo bussa, gli apre Ken di Barby e gli chiede: "Sei leonardo?" 

E lui: "No, io sono Batman!"

Scopriamo che Ken è l'unico fratellastro (ahimè!) di Leonardo, ovvero Gastone? No, scusate, Guglielmo, infatti gli dice: "Sono Guglielmo, sono tuo fratello." Perché giustamente Leonardo nei suoi quarant'anni di vita aveva sempre vissuto nel suo rifugio antiatomico e non sapeva neppure che faccia avesse il fratellastro.

Poi gli dice pure: "nostro padre era venuto da te perché sapeva di stare morendo".

Cioè, sapeva di stare morendo? Cos'aveva? Il cancro? la leucemia? Ma lo vogliono capire che siamo nel XV secolo? Mi risulta che uno che sta morendo non si alza neppure dal letto, figurarsi andare andare sgambettando per le stanze di palazzo Soderini, che alla fine se ne uscì correndo proprio.

"Sapeva che stava morendo, capisci?" 

"Deh, io vivo tra i cadaveri"

Si vede che era andato col Freccia Rossa a Padova, s'era fatto diagnosticare il tumore alla prostata e poi, al ritorno, mentre aspettava l'autobusso per rientrare, è passato a scoglionare il figlio.

Amareggiato, Leonardo va dal Soderini col quale aveva in sospeso l'affresco e gli dice: "senti, ho da andare pure io a Padova a farmi l'esame della prostata, il contratto è chiuso".

Il contratto è chiuso? Ma è passibile di denuncia. Invece no, Leonardo piglia e se ne va come se niente fosse, Michelancilo per solidarietà fraterna si dà pure alla macchia, e dall'oggi al domani Soderini si trova con due pareti abbozzate e due artisti in meno a Firenze.

Poi torniamo all'ispettore Stefano Giraldi che va a rubare in casa di Leonardo, trova un barattolo e non sapendo come aprirlo piglia e lo spacca sul pavimento. Sì, tranquilli, non c'è nulla di strano, pure gli archeologi d'Egitto fanno così quando aprono una tomba. Io lo feci una volta all'età di due anni, all'aereoporto di Majorca, perché avevo una tazza trasparente piena di pescetti dentro e volevo farli uscire. Alla fine sono usciti, ma non li ho più ritrovati, e mia madre si ritrovò con una tazza e cinque euro in meno. Si vede che Stefano è rimasto a quella fase.

Comunque sia, nella tazza ci trova una mappa del tesoro con tanto di percorso segnato terminante in una grossa X. Stefano conta i passi e capita alla certosa di Pavia? di Milano? Non mi ricordo. Comunque, capita in questa chiesa e trova fra' Pacioli con un bambino. 

Stefano, come tutti i vecchietti del mio paese, lo avvicina e gli domanda: "attia! a cu' appartieni?"

E qui scopriamo il putto essere figlio di Leonardo, perché evidentemente è stato concepito come il Magnus di Ragnar, ovvero sia Caterina ha urinato addosso a Leonardo dopo che il falso Ezio Auditore l'aveva accoltellato.

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