Sogno o realtà?

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Maoko's pov

Sapere che il giorno seguente avrei dovuto affrontare lo sguardo di quel Kou Mukami, mi snervava al solo pensiero. Non potevo di certo però focalizzarmi solo su quello, dovevo pensare ad altro.
"Devo pensare solo a rilassarmi" Ripetei a me stessa mentre raggiungevo la solita limousine che mi avrebbe portata a "casa", anche se quella villa non la si poteva definire casa.

Portai in avanti la mano andando così ad aprire la portiera della macchina che, per un singolo attimo, invece di mostrarmi quei soliti sei ragazzi dalla pelle pallida, mi mostrò dei bambini.
Erano dei piccoli pargoli che alla sola vista mi avevano spiazzata: perché erano così familiari?
Quei lineamenti erano così simili a quelli dei sei fratelli, ed effettivamente erano loro.
Ma perché avevo questa strana sensazione di aver già visto questi piccoli bambini?

Però, dopo poco, tutto sparì in un singolo e semplice battito di ciglia.
Cercai di non perdere troppo la testa per quello che avevo appena visto e salii in macchina senza fiatare, mentre gli occhi verdi di Ayato erano puntati su di me, come infastiditi della mia vista.
O forse voleva solo ridicolizzarmi come era il suo solito fare.

-Allora.. -iniziò lasciando per un attimo in sospeso la frase mentre mi guardava dall'alto in basso - ho sentito che fai parte del club di teatro, non è così?- ammise lasciando quella domanda sospesa nel silenzio che era presente in quel momento nel veicolo.
Ovviamente, non fiatai, decisi di ignorare la domanda e guardai altrove: non capivo tutto quel silenzio. Nessuno volevo dire la sua? Mi sembrava impossibile.

-Oi! -disse con tono autoritario cercando di attirare attenzione e, con forza e un po' di esuberanza, poso il braccio sullo schienale del sedile per poi prendere, con l'altra mano, il mio viso.
Le mie povere guance, che erano arrossite a tale gesto, vennero schiacciate dalle sue dita, mentre il mio viso venne rivolto verso di lui.
-Parlo con te, chichinashi! - ammise ancora una volta.

Non poteva farmi nulla, ma la cosa valeva per me: era pur sempre un vampiro e il solo pensiero di colpirlo sarebbe stato inutile, se non insensato. Però il mio piccolo corpo non poteva resistere a tutto questo, infatti mi ritrovai ad avere gli occhi lucidi: mi capitava fin troppo spesso di arrabbiarmi e di piangere dalla rabbia, ma non volevo rovinarmi così! Perciò le trattenni contro il mio volere, tenendo il contatto visivo con Ayato senza ancora fiatare.

-Ottimo, tu non andrai in quel stupido club- ammise tranquillamente e mollando il mio viso sgarbatamente, mentre i miei occhi iniziarono a vagare sugli occhi degli altri fratelli che, parevano, essere disinteressati.
Solo uno tra questi fiatò: Raito.

-Non ti sembra di esagerare, fratellino? - ammise sistemandosi il cappello mentre guardava prima il gemello e poi la sottoscritta. -È con me, poi, non succederà nul-

Si bloccò. "Che succede?" Pensai subito sentendo questa sensazione di vuoto, come se la macchina avesse appena preso un dosso improvviso.
Era una sensazione così strana soprattutto perché non si era ancora fermata, continuava imperterrita, come se non finisse più.
Ma era impossibile: doveva essere successo qualcosa.
I sei fratelli non fecero nulla, sembravano però molto concentrati, mentre il mio istinto di sopravvivenza decise di farmi portare le mani sule capo, capendo successivamente che la macchina stava praticamente volando, anche se in senso negativo: stavamo per schiantarci!
Non potevo fare altro, così chiusi gli occhi.

~

Avevo un mal di testa tremendo, non sapevo dove fossi finita e nemmeno cosa fosse successo.
Per un attimo pensai di non aver perso i cinque sensi perché non percepii nemmeno il terreno sotto di me, ma successivamente quando mi misi seduta notai l'erba verde intorno a me che, in qualche modo, mi aveva attutito di poco la caduta.

Era ormai notte, oppure era appena arrivata la notte, perché non riuscivo nemmeno ad intravedere la luna da quanto erano fitti gli alberi: non avrei mai pensato di finire in mezzo al nulla.
Ma, forse, non erano alberi perché nemmeno un filo di luce era passata davanti ai miei occhi, forse ero diventata cieca.

Ma non era così: c'era una mano, che appena mi vide muovermi si posò sul mio viso. Cauta, ma precisa, anzi oserei dire diretta. Non riuscivo a percepire se fosse maschile o femminile: era ben curata.
Provai a portare una mano sugli occhi, ma una voce maschile mi fermò -Non ti muovere - mi avvisò.

Riposi la mano secondo i suoi ordini e mi lasciai guidare dalla voce di questa persona, anzi di questo ragazzo -Ora chiudi gli occhi -

Seguii anche questo suo desiderio e dopo pochi istanti avevo capito di essere rimasta sola. Chi fosse quella persona non lo sapevo, ma di sicuro mi aveva portato in salvo, anche se dopo pochi attimi, il mio unico pensiero fu "Dove sono i Sakamaki? ".
So che sembrava strano, ma se si fossero fatti del male non avrei saputo dove andare.

Mi alzai in piedi guardandomi intorno e, si, era veramente notte e riuscivo a vedere perfettamente la luna: era alta in cielo, ed illuminava la strada che stavamo percorrendo.

Era tutto così strano, potrei dire ambiguo: era passato un giorno? Era stato tutto un sogno? Dove mi trovavo adesso?
Mi incamminai per la strada ritrovandomi nuovamente alla scuola: perché dovevo tornare lì?

Non ci capivo niente di questa giornata, ma l'unica cosa che volevo era poter tornarmene a casa. Fortunatamente vidi subito la figura di Ayato, che come il suo solito, sembrava essere molto furioso e probabilmente assetato. Gli altri erano forse un po' agitati, ma non capivo nulla, avevo bisogno di riposare e riflettere.

Comunque, saranno stati una decina di prima la distanza che divideva me dalla mia famiglia ospitante che, stava cercando la sottoscritta davanti all'entrata di scuola.
Stavo per emettere una singola parola, ma fu inutile: una mano mi afferrò.
Finii di nuovo tra quegli alberi, chi fosse non lo sapevo, ma lo avevo ben visto in faccia: capelli castani, pelle pallida, una buona muscolatura e degli occhi espressivi che mi fissavano.

Mi stava studiando: fissava ogni centimetro del mio corpo mentre la sua presa non mollava. Lo ammetto, non sapevo che fare; ero spaventata.
Cercai di liberarmi divincolando la mano, ma lui ad ogni movimenti stringeva di più facendomi emettere un piccolo gridolino di dolore.
-Sei tu- ammise il castano prima di accecarmi la vista con l'altra mano.

Che stava succedendo?
Una voce, no, la voce mi chiamò nuovamente -Hey, scusami- diceva mentre io ero seduta, anzi accovacciata a terra, vicino al muro della scuola.
Come ci ero arrivata lì? Cosa stava succedendo oggi?
-Ragazzina? Ti senti male? - chiese ancora vedendo poi una figura maschile davanti a me.

Aveva una pelle pallida molto curata, quasi fatta con il trucco, degli splendidi occhi azzurri e dei dolci capelli bianchi.
Non riuscivo a capire niente di oggi o di quale giorno fosse, ma risposi - Sono solo.. Un po' intontita- ammisi alzandomi subito dopo.

Il biondo mi porse una mano per alzarmi che, ovviamente, accettai volentieri.
-Sicura di stare bene? -chiese ancora il ragazzo vedendo il mio sguardo un po' spaesato, ma cercai di non farlo allarmare ancora.
-Certo, non ti devi preoccupare. Anzi ti ringrazio- ammisi dolcemente mentre guardavo ancora una volta il ragazzo di fronte a me.

Il biondo senza rispondere mi fece un sorriso genuino - Almeno posso accompagnarti dentro? Non vorrei cadessi ancora -ammise senza lasciarmi la mano, come se fosse veramente preoccupato per me.

Annuì senza esitare. Mi sembrava di star per cadere di nuovo sul serio, quindi piuttosto di vedermi spiaccicata a terra, preferii che mi aiutasse qualcuno. Così lo seguii senza esitare e, notando, che i Sakamaki erano spariti dall'area d'entrata della scuola.
-Perdona la curiosità- mi disse mentre camminavamo -Posso sapere il tuo nome? -

-Mi chiamo Maoko, Maoko Masuku- chiarii continuando a camminare.
-Piacere mia cara, io sono Kou Mukami, spero di non trovarti di nuovo svenuta la prossima volta-ridacchiò continuando a camminare verso la hall della scuola.

Kou Mukami. Avevo già sentito questo nome.
Era su una bacheca. La bacheca dei club scolastici, ora che ricordo.
-Credo che sarò una tua allieva nel club di teatro- ammisi senza riflettere troppo.
Kou sembrò illuminarsi -Ma è fantastico! -sorrise guardandomi sorridente -Vuol dire che più tardi ci vedremo! Non vedo l'ora di vederti all'opera -ammise ancora -Io devo andare, ma non farti del male, devo fare alcune cose.- concluse lasciandomi la mano e incamminandosi per il corridoio.

-A più tardi Neko-chan- ammise senza aggiungere altro e, camminando per il corridoio.
Ammetto di averlo guardato andarsene, ma solo per pochi istanti: come poteva essere passato un giorno? Come faccio a non avere nemmeno uno stimolo? Una sensazione di fame o cose simili?
Non ci stavo proprio capendo.
Rimasi in piedi, in mezzo alla hall di quel enorme stabile.

-Dove ti eri cacciata, Bitch-chan? Non sai quanto ti abbiamo cercato! -ammise una voce, fin troppo familiare, soprattutto per quel Bitch-chan.

-Raito- ammisi subito voltandomi verso di lui. Non sapevo se essere contenta di averlo rivisto o se avessi preferito piuttosto scappare, ma ormai era troppo tardi per poter fuggire.
-Non lo so- conclusi -So solo che... Eravamo in macchina e-

-Questo lo so -mi interruppe avvicinandosi a me - È saltata in aria l'auto e tu sei praticamente scomparsa nel momento in cui questa è esplosa- spiegò il rosso avvicinandosi ancora di più a me.
-Non sai quanto mi sei mancata~ Avrei un certo languorino-

-Raito, per quanto tempo sono sparita? - chiesi facendo un passo indietro allontanandomi da lui per quel poco
Per un attimo potei vedere i suoi roteare infastiditi, ma il suo sorriso da maniaco e il suo sguardo rimasero quelli, per poi rispondermi -Un giorno. Sei sparita per un giorno e due ore - rispose.

Un giorno.. Un giorno era passato. Non ci capivo niente.
-Quindi ora... Dobbiamo.. -cercai di chiedergli se avremmo potuto tornare a casa.
-Dobbiamo andare al club- ammise fermandomi e prendendomi per un braccio.

Dovevo proprio? A quanto pareva.

Dopo un po' di tempo passato tra presentazioni e qualche spicco di trama, rimanemmo ad organizzare il prossimo spettacolo scolastico.
Non so come sia stato possibile, ma per mia sfortuna venni scelta la principessa, in quella che doveva essere una favola.
Il giovane Kou, che per tutto il tempo aveva tenuto a bada il gruppo di giovani sotto il suo controllo, era invece il principe azzurro e, per concludere i protagonisti e antagonisti, Raito era il cavaliere oscuro.

Questa giornata era fin troppo strana per essere definita normale, per questo l'unico pensiero che mi balenò in mente fu "Voglio tornarmene a casa".

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