Introduzione - In che senso "non altrimenti specificato"?

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Quando si parla di disturbi mentali ci si addentra in un campo della medicina relativamente recente e del quale molte regole sono tuttora in fase di scrittura. Ogni persona è unica e così la sua esperienza della vita e della malattia, e quindi, intorno ai disturbi canonici e relativamente semplici da diagnosticare (relativamente perché è bene tener presente che non si dovrebbe mai essere superficiali quando si tratta di psiche), si espande uno spettro che comprende situazioni non esattamente classificabili, nelle quali, ad esempio, sono presenti gli stessi sintomi ma secondo dinamiche anomale.
Nella galassia dei disturbi mentali esiste un fetta di patologie classificate come disturbi del tono dell'umore. All'interno di questa fetta ci sono condizioni come depressione e disturbo bipolare. Nello spettro bipolare, ma non nel disturbo bipolare nelle sue forme canoniche, vale a dire quello di tipo 1 e 2, ci sono io.

Volendo darne una visione estremamente generalizzata e senza scendere nel dettaglio, in genere il disturbo bipolare si presenta con fasi di depressione che si alternano a fasi di esaltazione (mania o ipomania, dipende se di tipo 1 o 2) intervallate da periodi di umore stabile. Nel mio caso queste distinzioni non sono affatto definite.

Nel mio caso è presente un'alternanza pressoché stagionale di fasi in cui il mio umore è più alto o più basso della norma, periodi di depressione/ipomania lieve o moderata molto simili a quelle del disturbo ciclotimico, con in più un'incidenza di episodi in cui il mio stato mentale è fortemente alterato e la cui insorgenza è spesso imprevedibile. Col tempo ho cominciato a riferirmi a questi episodi con il termine glitch. Quando il mio cervello decide di glitchare, i sintomi di depressione e mania si presentano quasi sempre insieme. Stati misti è la definizione clinica, ed è l'inferno in terra. Quando sono in un episodio, il mio stato mentale è letteralmente un terno al lotto. Posso essere serena e propositiva un giorno e poi svegliarmi completamente svuotata di ogni voglia di vivere il successivo. Posso essere priva di forze al mattino e assolutamente erratica e irragionevole la sera.
Posso persino sperimentare entrambe le cose nello stesso momento e sentirmi insieme furiosa e disperata. Nei casi più gravi mi creano un tale annrbbiamento mentale da intaccare pesantemente la mia produttività lavorativa, e la stanchezza che ne consegue mi porta ad allontanarmi da amici e conoscenti.

In che modo è pericoloso?

Uno dei pregiudizi con cui mi è capitato di scontrarmi è questo: "Se non è specificato, allora vuol dire che non è così grave". Non so per quale motivo si cerchi di semplificare ogni cosa e suddividerla in blocchi su cui applicare un'etichetta. Grave/non grave... ma in che senso? Ci sono aspetti del disturbo bipolare "classico" che non ho mai sperimentato, le illusioni di grandezza ad esempio, ma non vuol dire che la mia condizione non sia pericolosa. Basti pensare a cosa potrebbe accadere quando le ideazioni suicidarie tipiche degli stati depressivi si accompagnano all'impulsività e alla confusione mentale della mania. Fare due più due è facile. Più a lungo una condizione del genere resta non trattata, più pericolosa essa diventa per chi ne soffre, e in questo scenario l'assenza di manifestazioni palesemente disturbate (come le illusioni di cui parlavo qualche riga fa) rende ancora più complessa l'identificazione del problema.

La definizione del giusto percorso terapeutico può portare via tempo e richiedere diversi tentativi. Nel mio caso la risposta ai farmaci è alla terapia è stata molto positiva: uno stabilizzatore del tono dell'umore ha ridotto drasticamente le ossessioni e segnato un vero punto di svolta nella mia vita.

Ormai, quando penso al mio passato, lo divido in due grandi fasi: prima e dopo aver cominciato la terapia.
Il prima mi appare maledettamente inquinato da pensieri disfunzionale generati a casaccio dal mio cervello anche nei periodi che ricordo come felici. Persino nei tempi migliori c'è sempre quella giornata di annebbiamento, quel pomeriggio di battaglia mentale che avvelena un periodo altrimenti perfetto.

Il dopo mi appare come un percorso a ostacoli da affrontare con consapevolezza, ma finalmente con lucidità.
I primi giorni di trattamento farmacologico mi sono sentita i sensi un po' ottusi, ma poi il corpo si è adattato. Non sono mai stata contraria all'assunzione di farmaci, stiamo parlando di malattie non di stati d'animo, ma certo il cambio di prospettiva riguardo al mio stato mentale mi ha lasciata, almeno all'inizio, un po' spaesata. Ho dovuto rivalutare molti aspetti della mia persona che non avevo mai considerato. Scoprire che era necessario riportare il tono del mio umore nella media non solo sul lato negativo ma anche su quello positivo mi ha spiazzata. Mi sono trasformata in un cliché vivente ponendo la domanda che tutti gli artisti si pongono davanti a un'opzione del genere: riuscirò a essere creativa senza il mio entusiasmo?

Sì. La risposta è sì. Perché non ho affatto perso il mio entusiasmo, esattamente come non ho perso momenti in cui ho visto tutto nero, momenti in cui mi sono sentita disperata e arrabbiata. Non ho perso la mia umanità, semplicemente adesso, se mi sento in un determinato modo, so dire perché. I giorni in cui vorrei mollare tutto c'è una ragione, i momenti in cui mi arrabbio c'è un motivo.

Con questa ritrovata lucidità ho potuto anche trarre i maggiori benefici dal percorso di psicoterapia che necessariamente deve affiancarsi al trattamento che porto avanti. Volta per volta imparo come gestire le ombre che mi porto dentro, come parlar con loro, come zittirle quando urlano troppo. È un percorso che per me sarà ancora relativamente lungo, ma vale la pena portarlo avanti.

Posso dire che ne sto già traendo benefici: in contemporanea con l'inizio delle terapie mi sono trovata ad affrontare la fine di una relazione sentimentale e un enorme carico di stress lavorativo che si è protratto per mesi. Il fatto che ne sia venuta fuori (non ancora del tutto, ma il peggio è passato) senza annebbiamenti o ideazioni suicidarie significa molto.

Ciò detto, è inevitabile che ogni storia personale sia diversa. Devo ammettere con me stessa che, sebbene non abbia avuto fortuna da un punto di vista familiare, quando si è trattato di terapie la mia risposta è stata rapida e positiva. Molti non possono dire lo stesso.

Ho fatto della mental health awareness una battaglia. Quello che intendo fare è aiutare a capire. Non essendo né un medico né un terapeuta, quello che posso fare è raccontare la mia esperienza, nella sua piccolezza e nella sua individualità. Raccontare cosa vuol dire camminare quotidianamente fianco a fianco con i propri demoni mentali.

Ho raccolto i pensieri e gli scritti buttati giù negli anni, li ho sistemati secondo un ordine, imposto a posteriori, che mi sembrava quello più adatto per far capire meglio cosa ha comportato e cosa ha significato per me soffrire di un disturbo mentale. Da un inferno inconsapevole presa di coscienza che giorno dopo giorno si rinnova e si riscopre.

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