20. Hakuna Matata

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

Sono seduta sul divano con una scodella di patatine al formaggio per affogare tutta la mia frustrazione. Sullo schermo osservo Simba in compagnia di Timon e Pumbaa mentre cantano tutti felici e contenti Hakuna Matata.

Beati loro che sono senza pensieri.

Guardo sconfortata la ciotola quasi vuota, emettendo un profondo respiro. Ci voleva qualcosa di più forte. Forse dovevo mangiare il gelato alla nocciola.

Nella mia mente tentano di emergere gli avvenimenti di questa mattina in montagna. Se chiudo gli occhi rivedo il viso compiaciuto di Enea, quindi mi costringo a guardare il cartone animato Disney con due occhi spalancati, quasi senza battere le palpebre.

Se qualcuno mi vedesse in questo stato mi chiuderebbe in una clinica psichiatrica senza pensarci due volte.

«Carla, ma sei sorda? Ti sto chiamando da tre ore!» sbotta mio fratello alle mie spalle.

Mi coglie così tanto di sorpresa che la mia presa sulla ciotola cede e tutto il contenuto rimasto finisce sul pavimento.

«Mamma ti distruggerà appena vedrà tutto questo disastro.»

Mi giro e gli lancio un'occhiata di fuoco. «Potresti prendermi la scopa invece di sogghignare?» ribatto con un tono un po' troppo aspro. Sono peggio di un seltz a limone.

Aggrotta le sopracciglia. «Ehi, stai calma. Stavo solo scherzando.» Si avvia verso lo sgabuzzino.

«Scusa, Matti. Ma oggi è proprio una giornata no.»

«Cerca di riprenderti. Abbiamo appuntamento per le nove» afferma mentre mi porge la scopa.

Mentre afferro gli oggetti che mi sta porgendo, osservo il suo jeans grigio e il maglioncino bordeaux che fa spiccare il colore dei suoi occhi. «Tu sei già pronto?»

«Sì. Non sto bene?» Compie un giro su se stesso per farsi ammirare.

«Sei un figone, lo sai» affermo con un sorrisino sulle labbra.

«Finalmente hai riso, stavo iniziando a preoccuparmi sul serio. Non ti si addicono le rughe sulla fronte.»

«Io non ho nessuna ruga!»

Lui ride e scuote la testa. Lo guardo e mi assale un'improvvisa voglia di confidargli tutto quello che mi sta succedendo. Lo considero da sempre il mio migliore amico, tuttavia so di non potergli raccontare niente per molte ragioni.

«Butto questa roba e mi vado a preparare» dichiaro infine un po' amareggiata.

«Bene, non possiamo festeggiare il primo dell'anno in ritardo.»

Mi schiaccia l'occhiolino e mi rivolge un sorriso affettuoso mentre prende la paletta con la sua mano destra e con quella libera mi spinge delicatamente verso le scale.

«Sei mia sorella, ma te lo devo dire: il tuo pigiama è contro la femminilità.»

Gli alzo il dito medio senza voltarmi e vado in camera accompagnata dalla sua risata.

Faccio una doccia da tempi record e mi vesto senza badare molto a ciò che indosso. Afferro i miei stivaletti neri dentro l'armadio, indosso il cappotto verde e prendo la borsa nera sulla scrivania, verificando che dentro ci sia tutto.

Lancio un'occhiata veloce allo specchio e il mio sguardo si focalizza sulla collana. Sfioro la ballerina, combattuta se toglierla o meno, ma alla fine decido di tenerla.

Scendo le scale e trovo già mio fratello fermo sullo stipite della porta con un'espressione accigliata. Lo so che odia essere in ritardo.

Mi dirigo con passo svelto verso la cucina per salutare i miei genitori. Quando entro, mio padre alza lo sguardo dal piatto di spaghetti e mi fissa con aria inquisitrice senza un motivo apparente.

Prima che possa esordire con una delle sue frasi pungenti e rovinarmi così anche la serata, lo anticipo. «Noi stiamo uscendo, a più tardi!» li saluto, andando via senza aspettare la loro risposta.

Mi precipito giù dalla veranda e mi incammino verso l'auto che è già con il motore avviato. Salgo e guardo mio fratello posare il cellulare nel portaoggetti.

«Dobbiamo andare a prendere Sara?» gli domando titubante mentre sistemo la cintura di sicurezza.

«No» afferma con tono duro, quasi infastidito, ma colgo che c'è anche dell'altro.

«Se hai voglia di parlare, io sono qua.»

Fa un cenno di assenso con la testa, ma non aggiunge altro. Volto il capo verso il finestrino mentre penso a quanto le situazioni possano cambiare in maniera improvvisa e inaspettata. Consideravo la relazione di Mattia e Sara stabile come una roccia. Deve essere successo qualcosa di grave.

Dopo circa dieci minuti di viaggio, lui rompe il silenzio. «Era Elia al telefono prima. Verranno alcuni miei compagni di squadra. Non è un problema, vero?»

«Alcuni... chi?» chiedo con le mani che iniziano a formicolarmi.

«Non ha specificato. C'è qualcuno che non ti sta simpatico?» ribatte con tono inquisitorio.

«No, no. Figurati» affermo mentre inizio a innervosirmi sempre di più.

«Allora nessun problema.»

Vorrei urlargli che, in realtà, è un grosso problema. Mi do un pizzicotto sul braccio per verificare se la giornata di oggi sia reale o solo un incubo, ma il leggero dolore mi fa capire che sono sveglia.

Il resto del tragitto lo passiamo in silenzio, accompagnati dal sottofondo della musica. Il mio piede destro non smette di tamburellare per il nervosismo e mi uscirà del sangue se non smetto di torturarmi il labbro inferiore.

Parcheggiamo vicino a piazza Cavour, comunemente ribattezzata come piazza Borgo. È un po' distante rispetto al duomo, però non abbiamo voluto rischiare di non trovare posto.

Fortunatamente ho pensato a questa eventualità e indosso delle scarpe comode. Camminare sul basalto lavico con i tacchi è una tortura vera e propria; rischi di tornare a casa con una caviglia sgolata in pochi secondi.

«Come mai non hai invitato i tuoi amici?» mi chiede Mattia mentre percorriamo la via Etnea per arrivare al bar Savia, il luogo dell'appuntamento.

«Solitamente trascorriamo il primo dell'anno da soli.» Non faccio il nome di Sara per non infastidirlo.

Si ferma. «Vuoi che diamo buca ai miei amici?»

Scruto i suoi occhi grigi e capisco da come mi guarda che lo farebbe davvero. Nonostante voglia dirgli di sì, alla fine scuoto la testa. Sta passando un periodo complicato con la sua fidanzata e so che il modo migliore per distrarsi è stare in compagnia.

«Magari provo a sentire Noa e Mel. Sono sicura che se non hanno di meglio da fare ci raggiungo.»

Lui mi sorride, il sorriso tipico che mostra quando è riconoscente. Mi cinge le spalle con il braccio e continuiamo a camminare.

«Sono lì» afferma mentre indica due tavoli sotto il gazebo esterno del bar.

Scruto con attenzione chi compone il gruppetto ed emetto un sospiro di sollievo quando constato che Enea non è tra loro.

Forse dopotutto potrebbe essere una serata divertente.

Elia è il primo ad alzare lo sguardo e ad accorgersi della nostra presenza. Mi mostra uno dei suoi sorrisi dolci e io mi avvio verso di lui per sedermi nella sedia vuota al suo fianco.

«Ciao a tutti!» saluto mentre mi accomodo. Il mio umore è migliorato notevolmente.

Tutti ricambiano e il ragazzo con i capelli rossicci della scorsa sera, che credo si chiami Alessandro, fa un cenno al cameriere di raggiungerci.

«E le vostre compagne di squadra?» chiedo a Elia.

«Tutte impegnate. Abbiamo deciso solo oggi pomeriggio di unirci a voi» mi rivela prima di bere un sorso d'acqua.

«Manca qualcuno?» domanda mio fratello ai presenti.

«In realtà...» inizia a dire il ragazzo accanto a me.

«Scusate il ritardo» enuncia una voce alle mie spalle che mi fa sussultare.

Chiudo immediatamente gli occhi e faccio dei respiri veloci, mentre spero di essermi immaginata tutto.

Socchiudo un occhio e vedo Enea e il suo giubbotto di pelle sedersi dal lato opposto rispetto al mio. Porto lo sguardo sul bottone verde del mio cappotto e non alzo gli occhi neanche quando il cameriere mi porta la cena.

Ho i nervi a fior di pelle. Sono una bomba pronta ed esplodere e desidero andare via da qui.

Il solo fatto di sentire Enea scherzare e ridere con gli altri mi fa ribollire il sangue nelle vene. Che si senta così a suo agio nonostante la mia presenza mi fa infuriare.

Mi ero ripromessa solo poche ore prima che sarei stata lontana da lui, ed eccomi qui, a festeggiare il primo dell'anno con il morale sotto ai piedi grazie a un ragazzo che mi sta facendo impazzire.

Sono arrabbiata con lui, ma lo sono soprattutto con me stessa perché gli permetto di influenzarmi così tanto.

«Ehi, qualcosa non va?» mi sussurra Elia all'orecchio con voce apprensiva.

Giro lo sguardo e osservo il suo viso. I suoi occhi limpidi e sinceri riescono a infondermi un po' di tranquillità. «No, no. Sono solo stanca» rispondo, rigirandomi l'arancino tra le mani.

«Hai studiato molto?»

«Un po'» gli mento spudoratamente.

In realtà oggi pomeriggio non ho studiato affatto. Sarebbe stato inutile visto il vortice tortuoso dei miei pensieri. Il mio esame sarà tra otto giorni e non ho ancora ripassato tutto per colpa della mia mente che viaggia per altre galassie...

Preferisco dirgli una piccola bugia piuttosto che raccontargli la reale causa del mio turbamento.

«Tranquilla, andrai benissimo. Io non ne capisco molto di Restauro, anzi non ne capisco nulla, però posso ascoltarti mentre ripeti. Se vuoi.»

La sua proposta è gentile e capisco dal suo sguardo che non ha secondi fini. Sono contenta che si stia instaurando questo rapporto tra noi.

«Mi aiuteresti davvero tanto. Ho un po' di difficoltà a concentrarmi» ammetto prima di addentare un pezzettino della mia cena. Il mio stomaco ha iniziato a brontolare.

«È perché sai già tutto» mi dice, dandomi un leggera gomitata sul braccio.

No, il problema è tuo fratello, penso a malincuore.

«Andiamo?» domando Mattia mentre si alza dalla sedia. Tutti lo imitano e lo faccio anche io, continuando a mangiare la mia cena.

Proseguiamo ancora lungo la via Etnea e ci dirigiamo verso piazza Duomo. La via è illuminata con grandi festoni colorati e ci sono tantissime persone.

Io e mio fratello, da circa cinque anni, ascoltiamo il concerto di Capodanno nella piazza centrale di Catania. Solo Sara era diventata una presenza stabile da quando si erano messi insieme.

«Carla, tutto ok?» Sollevo lo sguardo su Mattia che mi cammina accanto.

«Non sono proprio dell'umore oggi. Te l'ho già detto» borbotto mentre tento di non guardare gli altri componenti del nostro gruppo che ci camminano davanti.

Specie quello che si trova un po' in disparte e parla con qualcuno al telefono... La mente umana è davvero strana. Più ti imponi di non fare qualcosa, più ti ritrovi a farla nonostante sai sia sbagliato.

«Va bene, pensavo che Elia ti avesse dato fastidio.»

Sollevo gli occhi al cielo. «Matti, lui è l'unico dei tuoi amici che conosco. È normale che io parli con lui. Vuoi che faccia il gioco del silenzio tutta la serata?»

«In realtà l'idea non sarebbe male.»

Gli do una gomitata sul fianco sinistro e lui ride.

«Forse dovrei presentarti ad Alessandro. È fidanzato da sei anni e non tradirebbe mai la sua ragazza.»

«Matti, ti stai facendo troppe paranoie. Abbiamo solo parlato. E comunque lo sai, non sto cercando nessuna relazione al momento.»

«L'amore non chiede il permesso» sussurra, più a se stesso che a me.

«Ho già degli obiettivi, quindi tutto il resto passa in secondo piano. Tra pochi mesi partirò.»

Lui mi fissa con un'espressione che non so decifrare. «Bene, allora ti conviene mettere le cose in chiaro con il mio amico. Se preferisci ci penso io.»

«Che intendi?» chiedo mentre butto in uno dei cestini il tovagliolo imbevuto di olio.

«Sei così ingenua o lo fai solo per non farmi infastidire? Sono un ragazzo e capisco quando un qualcuno è interessato a una ragazza solo dal modo in cui la guarda.»

«Elia non mi guarda in nessun modo particolare, Matti. Stai esagerando.»

«Ti sbagli. Ti guarda come se fossi un fiore delicato e proibito. Quindi, prima che debba intervenire io, metti le cose in chiaro.»

«Va bene» affermo scuotendo la testa, «Lo sai che prima o poi dovrò stare con qualcuno o finirò davvero ad essere una zitella con mille gatti?»

«Come ti ho già detto, i gatti mi stanno simpatici.»

«Matti...»

«Sto scherzando, lo so. Ma chi sarà il fortunato che sceglierai dovrà prima affrontare una bella discussione con me.»

Non ribatto perché tanto so che non gli farei cambiare idea. Dopo quello che è successo è normale che lui voglia prendere delle precauzioni e, se devo essere sincera, la sua iniziativa renderebbe anche me più tranquilla.

«Basta che me lo restituisci intero.»

«Su questo non posso darti la mia parola.»

Gli do una seconda gomitata prima di scoppiare a ridere insieme. Sento il cuore un po' più leggero.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro