26. Salto nel vuoto

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Credo di aver rischiato la vita più in questo viaggio di mezz'ora che nell'arco della mia esistenza.

Dopo la seconda curva, ho chiuso gli occhi e mi sono avvinghiata al suo corpo per paura di cadere; non so come lui abbia fatto a respirare nonostante la mia morsa ferrea.

«Carla, siamo arrivati. Rimuovi questa presa da koala, abbiamo altri programmi per la serata.» Sento le dita di Enea sfiorare le mie e automaticamente faccio scivolare le mani sul suo torace prima di liberarlo.

Apro gli occhi e mi ritrovo davanti il suo sguardo divertito che ricambio con disappunto. I suoi zigomi definiti sono illuminati da una luce intensa che mi fa piegare il capo: la luna piena è alta in cielo, privo di nuvole.

Scendo dalla moto e levo il casco, mentre osservo la distesa di piantagioni attorno a noi di cui non riesco a vedere la fine.

Enea sistema il cavalletto e io lo colpisco con un pugno leggero sulla spalla. «Hai problemi di udito? Ti ho urlato mille volte di rallentare.»

Assottiglia le palpebre. «E io ti ho detto mille volte di non preoccuparti.»

Sbuffo infastidita e mi avvicino al muretto alla nostra sinistra per distrarmi, ammirando il panorama.

Il suo atteggiamento saccente mi irrita parecchio.

Il fiume Simeto scorre indisturbato sotto di noi e il vulcano fa da sfondo con la sua imponenza. Dovremmo trovarci vicino ad Adrano in base al fianco che mostra.

«Perché siamo qui?» Guardo il mio accompagnatore che ha il viso rivolto verso il cielo, gesto che gli ho visto fare diverse volte.

«Lo scoprirai presto.» Le sue iridi astute incontrano le mie e mi mordo la lingua per non rispondergli a tono.

Ha capito molto bene che l'ignoto mi spaventa e, forse, proprio per questa ragione si diverte a non rivelarmi mai i suoi piani.

Scuoto la testa rassegnata e sposto la visuale verso destra, notando delle persone che camminano sul ponte. Cerco di aguzzare la vista per vedere meglio cosa stanno facendo e il terrore mi invade quando una sagoma precipita verso il basso.

Mi giro verso Enea con gli occhi spalancati, mentre lui rimane impassibile a osservare la scena accanto a me.

«Dobbiamo chiamare l'autoambulanza! Fai qualcosa!» Estraggo il cellulare dalla tasca del giubbotto e le dita mi tremano così tanto che non riesco a digitare i numeri.

La mano di Enea si posa sulle mie e io alzo lo sguardo sul suo volto, sbigottita e spaventata per la situazione.

«Ma che stai facendo?» La mia voce trema e il cuore mi batte all'impazzata senza darmi tregua.

Mi afferra il mento e volta il mio viso nuovamente verso il ponte. «Stai tranquilla, non è morto nessuno. Stanno soltanto facendo bungee jumping.»

Guardo verso il basso e vedo una figura rimbalzare a pochi centimetri da terra. Cerco di rallentare il respiro e porto le mani all'altezza del cuore per calmarlo.

Fulmino Enea con lo sguardo, tanto che lui mi osserva con le sopracciglia aggrottate.

«Qual è il problema stavolta?»

«Potevi dirmelo subito. Rischiavo di avere un infarto!»

Mi rivolge un'espressione scostante e si avvia in direzione del ponte, lasciandomi indietro senza ribattere. Prendo un profondo respiro e lo raggiungo con passo cauto, fermandomi accanto a lui all'estremità della ringhiera.

Ho paura di aver esagerato stavolta. Non so il perché, ma è molto più semplice per me scaraventare la mia collera e le mie insicurezze su di lui. Nonostante la giornata che abbiamo trascorso insieme a Capodanno, credo che una parte di me ancora non riesca a perdonarlo per il modo in cui mi ha trattata in passato.

«Enea...» Tento di trovare nel mio cervello le parole giuste per scusarmi del mio atteggiamento schivo e scontroso, spiegandogli il mio punto di vista, ma non elaboro nessun discorso di senso compiuto.

I suoi occhi nocciola si soffermano su di me e noto una luce sinistra che mi mette in allerta. «Sei pronta?»

«A fare cosa?»

Non mi risponde e si avvia verso il gruppo di ragazzi che stanno recuperando l'imbracatura.

«Enea! La puntualità non è il tuo forte» afferma uno di loro appena si accorge di noi.

«Ho dovuto fare una deviazione prima di arrivare.»

«Chi sarebbe questa bella pulzella?»

Il ragazzo moro che ha parlato mi fissa in modo così intenso da farmi sentire a disagio. Istintivamente mi avvicino a Enea e afferro la manica della giacca per richiamare la sua attenzione. Lui si gira verso di noi e punta i suoi occhi sul ragazzo che non ha ancora smesso di guardarmi.

«Sta alla larga da lei, Sebastiano. Dico sul serio.»

Il diretto interessato indietreggia alzando le braccia ed Enea si volta verso gli altri.

«Comunque, lei è Carla. Carla, loro sono Alberto, Federico, Antonio e Sebastiano.»

Sollevo la mano per salutarli e il ragazzo con i capelli biondi a spazzola, che dovrebbe essere Alberto, si avvicina sorridendo e mi fa il baciamano. Sono così sorpresa che non mi muovo.

Sono decisamente un gruppo strano.

«Cosa ci facciamo qui?» sussurro a Enea, cercando di non attirare l'attenzione dei suoi amici.

«Secondo te?» Inarca il sopracciglio destro con fare allusivo prima di voltarsi verso il parapetto del ponte.

Incomincio a indietreggiare scuotendo la testa. È davvero pazzo se crede che io mi lancerò da qui.

Mi scruta da sotto le ciglia lunghe con uno sguardo di pura sfida. «Hai paura?» Sfoggia il solito ghigno diabolico e capisco che ancora una volta mi sta mettendo alla prova.

«Non cascherò nel tuo tranello di nuovo. Ma stai tranquillo, mi divertirò molto a vederti precipitare.» Incrocio le braccia al petto e gli rivolgo un sorrisino di scherno per sfidarlo a mia volta.

Le sue iridi diventano più vivide prima di andare da Alberto con passo sicuro. Gli sistema l'imbracatura stringendo le diverse fasce e vedo Federico controllare l'aggancio delle corde alla ringhiera.

«Ma tu fai mai qualcosa di legale?» chiedo di getto a Enea con sguardo corrucciato.

Lui e gli altri scoppiano a ridere, facendomi sentire un'ingenua.

«Non temere, Campanellino, non passa mai nessuno da qui a quest'ora» afferma Antonio con convinzione.

Mi avvicino al parapetto e guardo giù; ci saranno circa venticinque metri. Una figura muove le braccia verso la nostra direzione.

«Quella è Vittoria, aiuterà Enea a togliere l'imbracatura» mi spiega Alberto che probabilmente si è accorto del mio sguardo perplesso.

Enea si avvicina alla ringhiera e un'ansia improvvisa mi assale. Ho paura per la sua incolumità. «Sei sicuro di volerlo fare?»

«Sì, e dopo di me salterai anche tu.» Mi schiaccia l'occhiolino mentre le sue labbra si sollevano verso l'alto. Non l'ho mai visto spensierato come in questo momento. L'adrenalina riesce a eliminare la sua solita barriera e lo rende se stesso.

«Io non mi lancerò mai da qui.»

Avvicina il suo viso così tanto al mio che sento il suo respiro sulle mie labbra schiuse. «Lo vedremo.»

Si allontana, permettendomi di respirare di nuovo normalmente. Sale sul corrimano aiutato da Antonio e Federico e un groviglio mi si concentra alla bocca dello stomaco. La sua figura illuminata dalla luna è bellissima e, quando spalanca le braccia verso l'esterno, sembra uno di quegli angeli caduti di cui amo tanto leggere. Mentre i suoi piedi si staccano dal parapetto per precipitare verso il vuoto, il mio cuore manca un colpo.

Mi sporgo dalla ringhiera per accertarmi che sia sano e salvo e lo vedo ondeggiare ed effettuare gli ultimi rimbalzi prima di essere aiutato da Vittoria.

«Visto? Non c'è niente di cui aver paura.» Federico mi sorride, mentre spettina con le mani la sua chioma rossa.

Mi limito a scuotere la testa e appoggio la schiena al corrimano, aspettando che Enea ritorni. Trascorrono diversi minuti prima che lo veda comparire e, accoccolata al suo braccio sinistro, c'è la ragazza mora che era con lui il giorno della giocata a carte; il giorno nero per essere precisi. Lei mi guarda con occhi taglienti e stringe ancor di più la presa sulla sua giacca, come se volesse rivendicarne la proprietà.

«Bene, Carla, adesso tocca a te.» Enea si ferma a pochi passi da me, ma non distolgo l'attenzione dalla sua amica che mi guarda con superiorità.

La sua risata sguaiata mi ricorda quella delle iene. «Ma l'hai vista? Una ragazza come lei non farebbe mai una cosa del genere.»

Enea fissa i suoi occhi nei miei mentre alza la mano sinistra per giocare con i suoi ricci. «Forse hai ragione.»

Stringo il labbro inferiore tra i denti e chiudo i pugni con forza. Perché si schiera con lei invece che difendere me?

Guardo verso il parapetto, mentre il mio corpo è scosso da brividi causati dal nervosismo. So di non dover dimostrare niente a nessuno, tuttavia mi sento ferita nell'orgoglio.

«Prepara l'imbracatura, Alberto, salto anch'io.»

Lui si posiziona accanto a me e incomincia a blindarmi con quelle enormi fascette.

«Non temere, so esattamente cosa faccio. Non ti succederà nulla, sarà come volare» mi sussurra lui all'orecchio per rassicurarmi. Di sicuro ha percepito il mio tremore.

Con la coda dell'occhio vedo Enea osservarmi con un'espressione soddisfatta e noto che Vittoria non è più al suo fianco; è seduta sul marciapiede vicino a Sebastiano con il volto adombrato e le braccia conserte.

Federico mi lega la corda alle caviglie e io osservo le mie Vans verdi per trovare nuovamente lucidità, anche se in verità vorrei andare via da qui. Mi afferrano le braccia e mi aiutano a salire sul parapetto.

«Qualcuno verrà giù a prendermi o mi lascerete lì?» Sono così tesa che non riesco a riconoscere neanche la mia voce.

«Non temere, qualcuno verrà.» Alberto mi sorride rassicurante e io alzo gli occhi verso il cielo.

Non ho il coraggio di guardare Enea per paura che scorga il panico nelle mie iridi. Fisso la luna davanti a me e cerco di rilassare i miei muscoli svuotando la mente.

Non penso più a Enea, né a Elia, né alla laurea imminente, né a mio padre e né al mio sogno ormai distrutto. Percepisco soltanto il mio respiro e il battito accelerato. È come se solo in questo momento, con il cuore in tumulto che vuole uscire dal petto, che percepisco la mia vitalità.

Una civetta spiega le ali verso le stelle e io chiudo gli occhi prima di saltare giù.

Il senso di vuoto mi travolge e il respiro mi si mozza. L'intento era quello di essere coraggiosa, ma incomincio a gridare nell'attimo in cui i miei polmoni si riempiono di nuovo di aria. Vedo il terreno a pochi metri e istintivamente richiudo le palpebre.

È giunta la mia morte.

A un certo punto il mio corpo riceve una spinta verso l'alto e inizio a ballonzolare a pochi centimetri dal suolo. Una risata isterica fuoriesce dalla mia gola in modo incontrollato, espellendo tutta l'adrenalina che mi scorre dentro.

Rivivo a occhi chiusi gli attimi della caduta a rallentatore: è stata l'esperienza più eccitante che io abbia mai fatto.

Due braccia solide mi riportano in posizione verticale e riconosco chi è grazie al suo profumo. Non so come abbia fatto ad arrivare qui giù così velocemente. Con movimenti rapidi mi inizia a slacciare l'imbracatura.

«Soddisfatto della mia prestazione?» Mi sento ancora su di giri.

«Non saprei, hai gridato per tutto il tempo.»

Mi preparo a colpirlo alla spalla per la seconda volta, però lui anticipa la mia mossa e blocca il colpo, allargando di più il suo sorriso.

«Ormai ho capito come funziona la tua mente.»

Lo scruto minacciosa, ma credo di sembrare più un gattino spelacchiato che altro. La sua espressione rilassata mi sembra davvero strana sul suo viso.

Credo stia per lasciarmi andare il polso, ma improvvisamente mi attira verso di sé e le sue labbra si fermano a pochi centimetri dalle mie.

Dovrei dirgli che baciarci è una pessima idea, che suo fratello ha compiuto lo stesso gesto qualche ora fa, che mi sono ritrovata in mezzo a due fuochi senza neanche accorgermene, invece il mio corpo vorrebbe solo che annullassi la distanza che ci separa.

Come se avesse ascoltato la mia tacita richiesta, poggia la sua bocca sulla mia, facendo una leggera pressione. È un contatto così delicato e intimo che per la paura indietreggio.

I suoi occhi si incupiscono. «Ti accompagno a casa.»

Allungo la mano per afferrarlo, ma l'istante successivo ritiro le dita e le porto al petto; in fin dei conti non saprei cosa dirgli.

«Andiamo, ho un impegno.»

«Ti sei ricordato della tua amica?» Le parole mi escono di getto senza riflettere.

Si volta verso di me e noto con rammarico che il suo ghigno malefico e distaccato è tornato. «Oh, la piccola Carla è gelosa?»

«Gelosa, io? Tu sei fuori.»

«Sei una bugiarda davvero terribile.»

«Non è vero.»

«Forse con le persone che non ti conoscono bene.»

«Tu non sai niente di me.»

Lui si avvicina e mi osserva dall'alto dei suoi centimetri. Sono costretta a sollevare il capo per guardarlo negli occhi.

«Ti conosco abbastanza bene da sapere che subito dopo che dici una bugia ti mordi l'interno della guancia» afferma, colpendomi il viso con due dita.

Come ha fatto ad accorgersene?

«Le tue deduzioni mi spaventano.»

«Basta guardare i segnali. Se anche tu prestassi attenzione, potresti accorgerti di molte cose.»

Lo osservo per capire se mi stia mandando un messaggio criptato, ma non ho il tempo di formulare un'ipotesi perché lui si volta e mi dà le spalle.

«Muoviti.» Il suo umore nero è tornato.

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