30. Confidenze

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Continuo a fissare il cognome del professore, come se potesse scomparire all'improvviso dalla pagina con uno sguardo. Ho ottenuto un ventitré nella sua materia, ma non pensavo fosse un tipo così rigido. La mia media è del ventinove, cosa pretende di più da me?

Mi alzo e appoggio il foglio sulla cattedra, con le dita che mi tremano. Devo uscire da questa stanza prima che dica qualcosa di inappropriato.

«Mi dispiace, farò tutto il possibile per fargli cambiare idea» dichiara il relatore, percependo il mio turbamento.

Annuisco e mi avvio verso la porta.

«A presto, signorina, non si demoralizzi.»

«Arrivederci.» Non aggiungo altro per paura di riversare la mia collera contro di lui.

Ripercorro a passo lento il corridoio senza una meta specifica. Cerco di ripetermi che nella vita può succedere di peggio, e lo so molto bene, ma la rabbia non sembra voler andare via. Inciampo in qualcosa e precipiterei a terra se due braccia non mi afferrassero al volo.

«Cosa faresti oggi se non ci fossi io nei paraggi?» mi chiede Elia con un sogghigno.

Mi scosto dal suo corpo e fisso i suoi occhi nocciola nel tentativo di riacquistare un può di controllo. La sua presenza mi fa stare già meglio.

«Qualcosa non va?» continua dubbioso, scrutandomi il viso.

«No, tutto ok. Voglio solo andare via da qui.»

Mi osserva con occhi indagatori prima di afferrarmi il fianco destro per aiutarmi a camminare. Gli avvolgo il braccio attorno al busto per avere più equilibrio.

«Anche poco fa potevi far benissimo la mia stampella umana come ora, invece di portarmi in braccio» dico, mettendo il broncio.

«Sì, ma non sarebbe stato divertente» afferma mentre scendiamo le scale.

«E non ti vuoi divertire più?» chiedo per stuzzicarlo e per distrarmi.

«Qualcosa mi dice che stavolta riceverei un bel pugno in faccia» ribatte, osservandomi con la coda dell'occhio.

Usciamo dell'edificio e saliamo in macchina, fortunatamente non c'è nessuna multa nel parabrezza, e ci allontaniamo dall'università.

«Ho scritto un messaggio a tuo fratello. Gli ho detto che ti avrei accompagnato io a casa.»

«Grazie mille.» Sono così distratta che non ci ho neanche pensato a Mattia.

Controllo il cellulare e leggo velocemente le notifiche. Apro la chat di Noa che si scusa per non avermi risposto e gli chiedo di venire a casa mia. Stavolta il suo messaggio affermativo è immediato. Appoggio la tempia sul finestrino e sospiro: oggi è decisamente una giornata no.

Trascorriamo il tragitto avvolti in un silenzio rilassato, sebbene sento lo sguardo di Elia su di me diverse volte. Ha capito che qualcosa non va, tuttavia credo che stia aspettando che gli racconti l'accaduto di mia spontanea volontà.

«Sai che ti dico? Ho voglia di un dolce» dichiara all'improvviso.

Distolgo lo sguardo dalla strada e mi volto verso di lui. «Non devi studiare?» gli chiedo un po' confusa.

«Sì, ma un po' di zuccheri mi aiuteranno a concentrarmi.»

Solleva gli angoli delle labbra e capisco che lo sta facendo per me.

«Ci sto» dico, girando il viso verso il finestrino.

Non voglio che veda l'espressione gioiosa del mio volto. Queste sue attenzioni mi scaldano il cuore e, anche se una parte di me pensa che non me lo merito, il mio umore tetro si placa almeno un po'.

Parcheggia davanti a una pasticceria angolare in cui non sono mai stata. La cameriera ci fa accomodare nella veranda esterna, dove sono collocate le stufe a forma di fungo che riscaldano l'ambiente.

Apro il menù poggiato sul tavolino e scorro i nomi dei dolci con l'acquolina in bocca. Sollevo lo sguardo sul mio accompagnatore e mi accorgo che non sta leggendo l'elenco delle torte, sta fissando me con un sorriso che non so decifrare.

«Non scegli i tuoi zuccheri energetici?»

«Non ho bisogno del menù. So già cosa voglio» decreta con tono serio. Le sue iridi caramello brillano di una luce strana, come se volessero mandarmi un messaggio. «E lo sai anche tu» continua senza interrompere il contatto visivo.

«Il cuore caldo al cioccolato?» chiedo con un tono titubante.

Ride e scuote la testa prima di dire: «Sì, certo, proprio quello.»

Fortunatamente, veniamo interrotti dalla ragazza che ci chiede le nostre ordinazioni e mi ritrovo anche io a scegliere il dolce preferito del ragazzo di fronte a me.

Ci servono in pochi minuti e osservo la cameriera appoggiare i piatti sul tavolo con un sorriso a trentadue denti. Sto per infilzare il cucchiaino nel bordo, ma vengo interrotta dalla mano di Elia che si posa sopra la mia.

«Non profanare in questo modo il tortino al cioccolato» sentenzia con tono serio e un'espressione scioccata.

«Che ho fatto?» domando, guardando verso il piatto.

«Ti spiego come si taglia. Il bello del cuore caldo è creare una fessura al centro e vedere il cioccolato fuso scendere sulla superficie bianca» spiega mentre effettua i movimenti con maestria, lasciando emergere il cuore del suo tortino.

«È una regola non scritta?» chiedo ridendo.

«Certo! Ti prego di seguirla sempre quando ne mangiamo uno. Potrei sentirmi male altrimenti.»

Io rido di gusto e taglio il dolce come mi è stato spiegato prima di portarne un po' in bocca.

«Menomale, hai riso. Avevo paura che l'espressione triste che avevi poco fa non sarebbe andata via.»

«Grazie.» Lo guardo con un timido sorriso e, istintivamente, allungo la mia mano sinistra sul tavolino per sfiorare il dorso della sua.

Lui scruta le nostre mani prima di aprire il palmo e intrecciare le nostre dita. Riporta le sue iridi verso le mie e per la prima volta non c'è traccia di umorismo: è totalmente serio.

Una morsa strana si propaga nel mio stomaco e qualcosa nella mia testa mi urla di scappare lontano. Qualunque cosa mi stia per dire, io non sono pronta ad affrontarla.

«Credo sia meglio andare» affermo, portando il mio sguardo ovunque, fuorché su di lui. Che sciocca. Mi sono creata la fossa da sola e adesso non c'è nessuna scusa plausibile; sono costretta ad ascoltare le sue parole.

«Rilassati, non ho intenzione di dirti nulla che possa metterti a disagio» ribatte, facendomi riportare gli occhi sul suo volto. «Non sono stupido. Non affermerò qualcosa che so al momento non essere corrisposta. Ti ho promesso di esserti amico e lo sono. Sarà il tempo a darci le risposte, non ho fretta» dichiara prima di sciogliere la presa sulle mie dita, lasciando la mia mano inerte e sola.

Era bella la sensazione di calore che provavo.

Completiamo il nostro dolce ognuno perso nei propri pensieri e dopo saliamo in macchina per dirigerci verso casa mia.

Quando accosta sul vialetto sono pronta a schizzare fuori in una frazione di secondo, ma Elia è più veloce di me. Fa il giro della macchina e mi apre lo sportello. Lo ringrazio, tuttavia non so che cos'altro aggiungere. Vorrei affermare qualcosa per riportare il nostro rapporto su un terreno più facile, ma non mi viene in mente nulla.

Le sue dita mi sfiorano il mento e mi fanno alzare il volto verso il suo. «Respira, Carla, non è successo nulla. Il nostro rapporto cambierà solo se siamo entrambi a volerlo, altrimenti rimarrà così» enuncia, lanciandomi la corda di salvataggio che aspettavo.

«Ok» mi limito a sussurrare un po' più serena. Gli schiocco un bacio sulla guancia e sguscio via zoppicando verso la porta di casa, imbarazzata per il mio gesto istintivo.

Chiudo l'anta alle mie spalle e basso le palpebre prima di emettere un profondo respiro.

«Oh, oh, la mia povera Carla è nei guai.»

Apro gli occhi e osservo Noa venirmi incontro con un sorrisino furbo.

«Era Elia il ragazzo che ti ha accompagnato, vero?»

Appendo il giubbotto e con passo malfermo mi getto tra le sue braccia, sprofondando il viso sul suo petto. Non sono una persona fisica, ma al momento ho bisogno di qualcuno che mi rassereni e il mio amico, conoscendomi bene, ricambia la stretta senza esitazione.

«Andiamo in camera? Tua madre è uscita qualche minuto fa.»

Annuisco e mi avvio verso le scale zoppicando.

«Che ti è successo?» mi chiede allarmato.

«Storia lunga, ma ho problemi peggiori al momento.»

Mi aiuta a salire i gradini e, quando raggiungiamo la mia stanza, mi precipito sul letto e lui si stende accanto a me.

«È arrivato il giorno delle confidenze?» Usa un tono scherzoso per farmi sentire a mio agio. Sa che aprirmi con qualcuno, persino con lui, non è facile per me.

Afferro il cuscino e mi copro il viso, non sapendo da dove cominciare.

«Avanti, Carla, così mi fai preoccupare. Parla, magari la situazione è molto più semplice di quello che pensi se la elabori ad alta voce.»

Prendo un grande respiro e scosto il cuscino, ma guardo il soffitto per sfuggire agli occhi chiari del mio amico. Dopo qualche attimo di tentennamento, gli spiego tutto, dal primo incontro con Elia fino alla scoperta dell'esistenza dei due gemelli.

«Oh, merda! Adesso mi sento in colpa per averlo invitato a quella stupida festa e per averti spinto a lasciarti andare. Potevi parlarmene prima, avrei potuto aiutarti! Ma stai tranquilla, non la passeranno liscia» afferma lui con tono sottile.

«Puoi aiutarmi adesso. Io... sto frequentando entrambi nello stesso momento» sussurro, vergognandomi incredibilmente.

«Frena un attimo, cara mia, tu... cosa?» mi chiede mentre si alza dal letto e inizia a camminare avanti in dietro.

«Forse frequentare non è il termine esatto, però li ho rivisti e... ho baciato entrambi. Adesso il mio cervello è completamente in confusione» confesso tutto d'un fiato, afferrandomi la testa fra le mani.

Lui si ferma e si gira a guardarmi, rimanendo al centro della stanza a scrutare i miei occhi. Si avvicina con passo lento e si siede vicino a me. Mi scosta una ciocca di capelli dal viso e mi sorride sereno e, una parte di me, si sente sollevata perché non mi sta giudicando negative per la situazione in cui mi sono cacciata.

«Rispondimi con sincerità. Cosa hai provato quando li hai baciati?»

Inspiegabilmente il mio cuore inizia a battere in maniera incontrollata, forse perché non mi aspettavo una domanda così diretta.

«Non è così semplice da spiegare» dico, afferrando tra le mani il mio pupazzetto a forma di mucca. «Di solito se incontri due bei ragazzi c'è sempre il ragazzo che ti piace oggettivamente di più. Stavolta invece è ben diverso, sono identici! Ho cercato di catturare delle piccole differenze, ma sono appunto... piccole.»

«Non è quello che ti ho chiesto. Immagino che sia un punto dolente, ma proprio per questo devi andare oltre e concentrati sulle sensazioni. Avranno lo stesso aspetto, però possiedono un'anima distinta» dichiara con voce apprensiva. «Ti riformulo la domanda. Cosa provi quando stai con loro?»

Sposto lo sguardo fuori dalla finestra e cerco di fare ordine nel mio cervello per far uscire dalla mia bocca qualcosa di sensato, ma soprattutto qualcosa di vero.

«Sono il giorno e la notte. Non potrebbero essere più diversi. Elia è... dannatamente dolce, gentile, premuroso e divertente. Sta attento a ogni singola mia reazione e quando sono con lui mi sento protetta.» Prendo un bel respiro e riporto il mio sguardo su di lui. «Enea è un uragano. Non riesco a capire mai cosa gli frulla in testa, fa cose imprevedibili... e io come un automa faccio tutto quello che mi chiede. Riesce a farmi uscire dagli schemi e mi fa sentire libera di esprimere lati del mio carattere che solitamente non mostro.»

«Accipicchia, sei messa proprio male» commenta lui, sdraiandosi sul letto. «Se fossero gay, ti direi di decidere in fretta così potrei consolare io l'altro.»

Afferro un cuscino e glielo tiro in faccia, mentre lui cerca di ripararsi.

«Fai la persona seria!» esclamo esasperata.

«Ma guarda che io sono serio!»

Lo osservo minacciosa e lui ride, toccandomi con l'indice la punta del naso.

«Ecco, è questo l'atteggiamento giusto. Devi uscire gli artigli.»

«Davvero, Noa, così non mi aiuti.»

Si porta una mano sul mento e fissa il copriletto azzurro. Riesco a vedere gli ingranaggi del suo cervello in azione. «Forse è ancora troppo presto per dare giudizi definitivi. Hanno entrambi svelato dei lati del loro io, ma c'è sicuramente di più» afferma con tono serio.

«Mi stai suggerendo di andare avanti così fin quando non capisco davvero chi sono e cosa provo? È un'assurdità. Non posso farlo. Già adesso sto uscendo fuori di testa perché mi sembra di giocare sporco.»

«Ti devo ricordare cosa loro hanno fatto a te?» mi chiede, alzando un sopracciglio. «Ti hanno presa in giro, adesso non possono prendersela con te se stai cercando di fare chiarezza.»

Lo guardo con un'espressione poco convinta, però non aggiungo altro. Mi sento ancora confusa, tuttavia di una cosa adesso sono consapevole: non voglio allontanarmi da nessuno dei due per motivi differenti.

Il problema è che non riesco a capire quale delle due versioni di me che sta con loro sia quella reale. Ho perso me stessa senza che me ne fossi accorta.

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