41. Sempre

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Il cigolio della porta interrompe la nostra conversazione ed Elia entra nella stanza, seguito da una ragazza dai lunghi capelli biondi che le coprono il viso.

Quando si gira verso di noi, scorgo i lineamenti delicati e i grandi occhi verdi che le brillano di un sentimento che mi attorciglia lo stomaco.

Volto la testa e abbasso lo sguardo, mordendomi l'interno del labbro per scaricare la tensione che scorre in ogni centimetro della mia pelle.

Mi aspettavo una ragazza completamente diversa. Nella mia mente si era delineata una mora alta e formosa che avrei odiato dal primo momento, invece, dal suo sorriso timido e insicuro, deduco sia una brava ragazza, il che, per certi versi, è anche peggio.

La osservo con la coda dell'occhio e noto le sue iridi soffermarsi per qualche secondo su di me per poi dedicare tutta la sua attenzione al ragazzo disteso sul letto.

Una parte di me mi urla di mettermi in mezzo per interrompere il loro contatto visivo, ma so che non posso farlo. Dovrei alzarmi e lasciarle il mio posto, tuttavia la mia stupidità mi induce a girare il capo verso Enea.

Sento un altro brandello di me staccarsi quando vedo il luccichio dei suoi occhi. Possiede ancora il muro che lo divide dal resto del mondo, però per la prima volta vedo uno scorcio, una porticina aperta che non è destinata alla sottoscritta, ma alla ragazza davanti a lui.

«Che c'è? Non vieni a salutarmi?» domanda con un tono dolce che non gli ho sentito mai usare, mozzandomi il respiro.

Lo fisso con occhi sbarrati, tuttavia non si accorge del mio sguardo che gli implora di fermarsi, di non sbriciolare l'ultima parte del mio cuore che ancora spera che lui si ricordi di me. La sua espressione serena, con un sorriso che mi stritola le viscere, è rivolta a una persona che non sono io.

Ma, forse, ciò che mi spiazza di più è la consapevolezza che così lui non mi ha mai guardata, sottolineando il fatto che tra noi, in realtà, non c'è stato nulla di importante.

Odo i passi di Claudia avvicinarsi e mi sforzo di uscire dal mio stato di intorpidimento. Mi alzo per andare verso il fondo della stanza, vicino a Elia, così da lasciarle il posto vuoto accanto al letto, tuttavia devo lottare contro le mie gambe che non vogliono muoversi. La me stessa che non si vuole arrendere mi grida di non lasciare il suo fianco, ma sarebbe una follia.

Con quale pretesa posso mettermi tra loro?

Io e Claudia ci ritroviamo l'una di fronte all'altra e provo uno strano formicolio nella pancia. Lei ricambia il mio sguardo e abbozza un leggero sorriso che io non riesco a ricambiare. La supero, stando attenta a non urtarla, e mi dirigo a passo svelto verso il muro, dove appoggio la schiena per non crollare.

Le loro voci si propagano per la stanza, ma io inizio a canticchiare una litania nella testa per occludere la conversazione. Osservo la strada trafficata al di là della finestra per non guardare la scena che si sta svolgendo di fronte a me.

Vorrei sparire.

Vorrei essere da sola nelle quattro mura che delimitano la mia stanza per affogare liberamente nel mio dolore. Il mio istinto masochista, però, non la pensa come me e mi fa voltare in tempo per vedere il bacio che si scambiano.

La canzone che risuona nella mia testa si spegne.

Le labbra di lei poggiano su quelle di Enea in modo delicato, mentre lui intreccia le dita alle sue. Quando si allontanano, sulla bocca di Claudia compare un sorriso luminoso, mentre il mio cuore si rimpicciolisce man mano che le sue labbra si tendono verso l'alto.

Brividi freddi scorrono lungo le mie articolazioni e un senso di panico si fa strada sotto la mia pelle. Mi stringo le braccia attorno al busto per sostenermi e per non cedere davanti a loro.

Non può essere vero. Quello che sto vivendo non è reale.

Enea sfiora il volto di Claudia, come se fosse un fiore fragile da proteggere e lei lo guarda con uno sguardo carico d'amore.

Chiudo gli occhi per barricarli dietro le mie palpebre, ma la fitta allo stomaco mi impedisce di estraniarmi.

Devo andarmene da qui.

Una mano solida e calda mi avvolge il polso e apro gli occhi, ritrovandomi il viso di Elia a pochi centimetri dal mio che mi osserva con apprensione, mentre io lo scruto con uno sguardo smarrito che cerca una via di fuga.

Lentamente il palmo della sua mano scivola sopra la mia e stavolta è lui a muovere il suo pollice con movimenti circolari per darmi sollievo. Noto nei suoi occhi un velo di tristezza, probabilmente dovuta alla mia reazione nel vedere suo fratello insieme a Claudia, però non riesco a nascondere quello che provo.

I miei sentimenti sono qui, alla luce del sole, e l'unica persona che dovrebbe vederli non sa più chi sono.

Nuove lacrime silenziose iniziano a scorrere lungo il mio viso, tuttavia vengono asciugate da Elia prima che possano precipitare a terra. Si avvicina e appoggia la sua fronte alla mia.

«E tu vuoi dirmi che non state insieme?» domanda Enea con un tono divertito.

Mi giro verso di lui e lo vedo intento ad accarezzare i capelli lisci della ragazza al suo fianco in modo naturale, piccole attenzioni che confermano la complicità che c'è tra di loro.

Basta. Non ce la faccio più.

Stringo la mano di Elia in una morsa ferrea.

«Vi lasciamo soli» sento dire al ragazzo accanto a me prima di trascinarmi fuori dalla stanza, intuendo il mio bisogno di allontanarmi da qui.

Camminiamo con passo svelto lungo tutto il corridoio ed Elia si arresta soltanto quando arriviamo nella sala d'attesa. Si volta verso di me e appoggia le sue mani sulle mie spalle prima di afferrarmi il mento per sollevarmi il capo e avere il suo sguardo dritto nel mio.

Sta per dirmi qualcosa, ma le parole gli si incastrano nella gola quando leggono il turbamento nei miei occhi. Il mio respiro è veloce e un senso di nausea aumenta il mio malessere. Lascia scivolare le braccia attorno al mio corpo e mi abbraccia per farmi sentire la sua presenza, per farmi sapere che lui c'è. Il suo torpore è come il richiamo di una sirena per il freddo che avvolge le mie ossa.

Sto per ricambiare la stretta per perdermi in lui, ma il suono del mio telefono mi riscuote e compio un passo indietro, mentre Elia mi lascia andare.

Scappo dai suoi occhi pieni di angoscia e io rispondo alla chiamata senza leggere il nome del mittente. «Pronto?»

«Carla, dove sei? Mamma mi ha detto che eri con Enea. Sei ancora con lui?» mi chiede Mattia con un tono preoccupato.

«Sono al Policlinico, in ospedale» sussurro, nonostante il disappunto che provo nel sentire la sua voce.

«Che è successo? Stai bene?»

Sono ancora infuriata con lui, eppure solo adesso mi accorgo che ho bisogno del suo sostegno perché, per quanto mi possa ripetere il contrario, lui sarà sempre il mio porto sicuro.

«Sì. Potresti venirmi a prendere?»

«Arrivo, non sono molto distante.»

Ripongo il telefono in tasca e sollevo il capo verso Elia che mi guarda con apprensione.

«Sei ancora arrabbiata con lui?»

Abbasso lo sguardo e mi mordo il labbro. «Sì, ma più che arrabbiata sono delusa.»

«Lui ti vuole bene, non aveva intenzione di ferirti. Stava cercando di proteggerti a modo suo.»

Non riesco a rispondergli e mi limito a fare un cenno di assenso con il capo. Lo so che ha ragione, ma al momento non riesco a pensare anche alla situazione con Mattia. Oggi la mia psiche ha già affrontato troppo, adesso vorrei solo stare da sola e non pensare.

Rimaniamo in silenzio a osservarci ed emetto un sospiro interiore quando il cellulare segnala l'arrivo di un messaggio da parte di mio fratello. «È qui.»

Elia mi scruta con un'espressione intensa e quando schiude le labbra ho quasi paura di udire le sue parole. «Vuoi che ti accompagni fuori?» mi chiede infine, anche se dal modo nervoso con cui stringe il polsino del suo maglione capisco che voleva domandarmi altro.

«No, davvero» affermo, con una punta di ringraziamento nella mia voce.

Mi mostra un sorriso dolce e il groviglio che ho dentro si allenta un po'.

«Ti ripagherò del denaro che ci hai dato. Ci sentiamo» dichiaro prima di girarmi in direzione della porta di ingresso.

Elia mi afferra la mano per fermarmi e avvicina la bocca al mio orecchio. «È l'ultima cosa a cui devi pensare. Mia madre non si accorgerà di nulla.»
Sento il suo respiro sulla mia pelle prima che le sue labbra si poggino sulla guancia per un tocco fugace. «Non sparire.»

Scioglie la presa e io procedo spedita verso la porta senza voltarmi indietro. Quando le ante si richiudono dietro di me, inizio a correre per arrivare all'uscita e allontanarmi immediatamente da questo posto.

Vedo la macchina di Mattia parcheggiata sul ciglio della strada e apro lo sportello con un impeto forse troppo eccessivo. Mio fratello si protrae verso di me per lamentarsi, ma si trattiene appena scruta il mio volto. Devo avere un aspetto pessimo.

«Che è successo?» mi chiede con voce tesa.

L'ultima cosa che voglio è raccontargli tutto, ma devo farlo. Appoggio il capo sul finestrino e gli spiego cosa è accaduto, mantenendo un tono neutro, come se stessi parlando di qualcosa che ho sentito dire e che non mi è successa personalmente.

Lui rimane in silenzio, ma noto le nocche stringere il volante con una pressione maggiore. Giro la testa verso il panorama che scorre al di là del parabrezza senza guardare nulla davvero.

Fino a poche ore fa non sapevo quale dei due gemelli mi piacesse di più. In un colpo solo adesso ho perso entrambi.

Qualcuno, probabilmente, pensa che me lo merito.

*

Arriviamo a casa immersi nel silenzio. Esco dall'auto e apro la porta di ingresso sperando che in casa non ci sia nessuno, ma sulla soglia della cucina compare mia madre e io mi blocco all'instante senza preavviso, facendomi urtare da Mattia che mi seguiva alle spalle.

«Carla Amato, io e te dobbiamo parlare» dichiara con una voce che non ammette repliche.

«Mamma, non credo sia il caso» si intromette mio fratello, affiancando il mio lato destro.

«Non è il caso? Lo è eccome» sbotta, puntando l'indice destro nella mia direzione, «Ubriacarsi e dormire a casa di un ragazzo senza neanche telefonarmi. Per di più da uno come Enea...»

«Mamma, smettila!» tuona Mattia per interromperla.

Basta.

Mi avvolgo le braccia attorno al corpo e inizio a respirare velocemente. La forza delle mie gambe che mi permetteva di stare in piedi viene meno e mi accascio sul pavimento.

«Sta avendo un attacco di panico. Prendi le sue medicine!» sento dire da mio fratello, ma la sua voce giunge alle mie orecchie in maniera ovattata.

La vista inizia ad appannarsi e piccoli puntini luminosi sostituiscono il parquet marrone del soggiorno. L'oscurità mi richiama a sé e, come in passato, non mi oppongo. Mi incammino verso di lei, lieta di abbandonare il dolore che mi stritola e mi impedisce di ispirare aria nei polmoni.

«Carla, resta con me» mi sussurra Mattia da un luogo che sembra lontano anni luce.

«Carla, reagisci!» lo sento ancora, mentre qualcosa di caldo e accogliente fascia il mio corpo. «Carla, guardami! Non mi lasciare ancora da solo.»

Osservo il buio che mi circonda, che mi richiama. Sarebbe facile rimanere qui.

«Ti prego» mi implora con tono disperato.

L'intensità delle sue emozioni mi dà la forza per reagire. Mi sforzo di aguzzare la vista e di mettere a fuoco qualcosa che non sia nero come la pece. Lotto per ritrovare i colori e la prima cosa che vedo sono gli occhi grigi di Mattia, lucidi per le lacrime versate.

«Matti...»

«Grazie al cielo» sussurra prima di chiudere gli occhi.

Vedo mia mamma piangere sul ciglio della mia camera da letto, ma quando si accorge che ho ripreso conoscenza, sparisce nel corridoio.

Osservo il volto pallido di mio fratello e la sua mano che trema mentre tiene la mia. «Mi dispiace per quello che ho fatto, specie per quello che ti ho detto. Ti prego, perdonami. Sei l'unica cosa bella che ho in questa vita» ammette con voce scossa.

La gola mi pizzica e devo sforzarmi per ritrovare la voce. «Ti voglio bene.»

Mia madre entra nella stanza con in mano un bicchiere di acqua e una pillola bianca che mi porge con un piccolo sorriso di incoraggiamento. Mando giù il medicinale e sfioro la mano di Mattia per trattenerlo.
«Resta con me.»

«Sempre.»

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