45. Non prenderti gioco di me

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Osservo gli occhi di Enea riflettere un'incertezza sottile che tenta di mascherare con la sua solita corazza. È confuso e credo stia cercando di rimembrare un ricordo sfuggente che non riesce a focalizzare.

Socchiudo le labbra per dirgli almeno che ci conosciamo, ne sento un bisogno viscerale, ma un braccio mi circonda le spalle e sussulto per la sorpresa.

«Vi siete conosciuti in ospedale» afferma mio fratello con la voce impastata per via dell'alcool, aumentando la sua presa su di me in modo protettivo. «È la mia sorellina, Enea, stai attento.»

Non posso vedere il suo viso, però immagino i suoi occhi grigi fissi su quelli del ragazzo di fronte a noi.

Enea sogghigna divertito. «Tranquillo, Amato, non sono io il gemello a cui devi fare le raccomandazioni.» Mi lancia un'ultima occhiata prima di voltarci le spalle e dirigersi verso il nostro tavolo.

Appena si allontana abbastanza, do una gomitata a Mattia nello stomaco, fulminandolo con lo sguardo. «Che ti salta in mente?»

«Ti conosco troppo bene. Stavi per dirgli tutto, menomale che ho sentito la conversazione. Deve essere lui a ricordarsi gli avvenimenti, altrimenti rischi soltanto di peggiorare la situazione. Ti sei dimenticata delle parole del medico?»

Fisso la sua espressione seria prima di abbassare lo sguardo sulle mie scarpe e prendere un profondo respiro per eliminare il groppo che sento dentro. Solitamente sono io quella ragionevole, ma mi sento sopraffatta. Non posso fare nulla per cambiare quello che è successo, e questa impotenza mi sta divorando lentamente, entrando in profondità in maniera quasi subdola tanto è silenziosa.

«No, certo che no. Starò più attenta.»

Mattia mi dà un buffetto sulla guancia e io alzo lo sguardo sul suo viso per trovare nelle sue iridi un po' di pace.

«Sicura di non volere un goccetto? Lo so che bevi solo quando sei adirata, ma credo ti possa aiutare un po' stasera. Puoi stare tranquilla, ci sono io con te.»

Avvicino di più il mio corpo al suo e appoggio la testa sul suo petto. «Hai ragione. Meglio sbronzarsi.»

Vorrei che il mio cervello si spegnesse anche solo per poche ore. Le emozioni altalenanti di questa giornata mi stanno soprassedendo.

«Comunque, perché quella frase pungente non necessaria?» gli chiedo confusa.

«Non ho potuto dirglielo quando avrei dovuto, quindi ho colto l'occasione ora vista la nuova possibilità. La mia sorellina non si tocca senza il mio consenso.» Mi prende a braccetto e mi trascina dagli altri.

Le sue parole colpiscono nel profondo. Non ho mai considerato l'incidente come una seconda opportunità per agire in modo diverso, come se avessi una seconda chance per rimediare alle mie scelte passate. Forse è un ragionamento che devo elaborare con più calma in un altro momento.

Mi siedo accanto a Elia che sta parlando con Melissa e guardo mio fratello mentre ordina una bottiglia di Jack Daniel's. Il cameriere ritorna poco dopo e posiziona i bicchierini davanti a ognuno di noi.

«Signori, è arrivato il pezzo forte della serata» afferma Mattia mentre svita il tappo. Si alza e inizia a versare il liquido ambrato.

Alzo le palpebre e mi ritrovo addosso gli occhi profondi di Enea che continuano a scrutarmi con insistenza proprio di fronte a me.

Respira.

«Pensavo che per oggi avessi finito» mi domanda Elia, richiamando la mia attenzione su di lui. «Non sei costretta a bere se non vuoi.»

«Tranquillo, lo so, però penso che qualche bicchiere non mi possa nuocere. E poi, ci sei tu pronto a difendermi dagli attacchi dei malintenzionati.» Sollevo gli angoli della bocca e gli colpisco la spalla con la mia.

Anche lui sorride prima di protendersi verso di me e portare le sue labbra vicino al mio orecchio destro. Sento il suo respiro sulla mia pelle. «E se fossi uno di quelli?» sussurra, cogliendomi alla sprovvista.

Mi scosto per vedere meglio il suo viso, convinta che stia scherzando, invece non trovo la fossetta che mi aspettavo: la sua espressione è seria e sembra che stia aspettando davvero una mia risposta.

«Carla, devi fare il discorso!» esclama Melissa, lanciandomi un'ancora di salvataggio.

Elia si allontana da me e volta il capo dalla parte opposta, interrompendo il contatto visivo.

«Carla, allora?»

Distolgo gli occhi dal ragazzo accanto a me e guardo la mia amica che mi incita con un bicchiere in aria.

«Dov'è Noa?»

«Non lo so, credo sia ancora fuori a parlare al telefono.»

Guardo verso la porta di ingresso, indecisa se andarlo a cercare o meno, ma alla fine mi schiarisco la gola e alzo lo shottino pieno. Osservo il volto di ogni componente della mia stramba comitiva: mio fratello ubriaco che tenta di non pensare ai suoi demoni; Melissa sbronza fino al midollo per godersi la vita senza limiti; Enea che, fortunatamente, ha smesso di guardarmi con fare enigmatico; Claudia che come sempre ha questo sorriso timido stampato in faccia che mi fa venire l'orticaria ed Elia che solleva il bicchiere con la mente chissà dove.

«Vi ringrazio per essere qui con me oggi. Non è la solita festa di laurea, ma preferisco essere qui con voi essendo me stessa, piuttosto che essere in mezzo ad altre cinquanta persone fingendo di divertirmi in loro compagnia» dichiaro, alzando più in alto il bicchiere per poi scolarlo in un solo secondo.

Sono le parole più vere che potessi dire.

Gli altri mi seguono a ruota e continuiamo così fin quando la bottiglia non è del tutto vuota. Nel giro di poco tempo, mi ritrovo a ridere insieme a Melissa e Claudia senza capirne effettivamente il motivo e ne sono contenta. La mia mente ha deciso di lasciarmi in pace.

Mattia ed Enea stanno parlando con entusiasmo, palesando la quantità di alcool che scorre nelle loro vene. Non parlerebbero con un tono così confidenziale e amichevole se fossero sobri. L'unico che non ha seguito il gruppo è Elia che ha rifiutato di bere al terzo giro.

«Bene, per rendere la serata più interessante, propongo il gioco più scandaloso della vostra adolescenza! Il gioco della bottiglia!» La mia collega afferra la bottiglia di Jack ormai vuota per poi distenderla sul tavolo.

«Adolescenza? Non gioco da quando avevo undici anni» affermo, cercando di ricordare, fallendo, quei ricordi lontani.

«Dai, sarà divertente! Sei la festeggiata e inizi tu.» Si allunga sul tavolo e posiziona la mano destra sopra la mia testa.

«Menomale che oggi ci sono pochissime persone» biascico, spostando lo sguardo per i tavoli del locale. Ci sono soltanto altri due gruppi di ragazzi, impegnati ognuno a confabulare tra loro.

«Bacio, carezza o schiaffo?» mi domanda, mettendomi poi la mano davanti al volto.

Senza pensarci, tocco il pollice e aspetto il suo verdetto.

«Schiaffo» enuncia un po' infastidita.

Di sicuro voleva che scegliessi l'opzione più peccaminosa. Giro la bottiglia in maniera rilassata e la vedo fermarsi davanti al busto di mio fratello che fa finta di spalancare gli occhi dalla paura.

«Ti prego, sorellina, sono il tuo fratellone preferito.» Mette il broncio e mi mostra la sua faccina da cucciolo.

Mi protendo verso di lui, seduto a capotavola, e gli scocco un bello schiaffetto in viso, anche se dal rumore sembra più forte di quello che è in realtà.

«Ah, sì? Vieni qui.» Si alza e si sporge verso di me per farmi il solletico sui fianchi, facendomi ridere senza controllo.

«Smettila, Mattia, tocca a te» affermo tra una risata e l'altra prima che lui mi lasci definitivamente andare.

«No, no, decido io. Io ho scelto il gioco e io scelgo il turno dei giocatori.» Melissa prende la bottiglia e la stringe al petto come il più grande dei tesori.

«E chi sarebbe il prossimo giocatore, sentiamo» borbotta mio fratello con tono petulante.

«Beh, credo che il secondo posto della serata è destinato a Enea» declama lei, osservando il ragazzo in questione.

«Perché? Dovrei festeggiare la mia amnesia?» chiede il diretto interessato con voce apparentemente tranquilla, mentre poggia il suo braccio sinistro sulle spalle di Claudia.

«No. Dovresti essere felice di essere ancora vivo» ribatto istintivamente con un tono forse un po' troppo serio.

Sono io quella che non riesce a dimenticare il gruppo di ragazzi che lo circonda mentre lo riempiono di botte. Sempre e solo io.

«Peccato che non ricordi neanche che cosa mi sia successo davvero e nessuno vuole dirmelo.» Mi scruta con uno sguardo intenso, mentre riacquista un po' di lucidità.

«Ok, meglio tornare a giocare.» Melissa si alza e si posiziona dietro a Enea. «Bacio, carezza o schiaffo?»

Lui abbassa lo sguardo sulle dita e sceglie il dito medio: carezza. Il respiro che ho trattenuto fuoriesce dal mio naso. Posso sopportare la vista di una carezza.

Afferra la bottiglia e gli dà una spinta per farla girare. Pian piano rallenta e il collo della bottiglia si avvicina pericolosamente nella mia direzione, fortuna che alla fine si arresta davanti a Mattia.

«Vi prego, non ci tengo ad essere toccato da lui» si lamenta mio fratello, facendo una faccia disgustata.

Enea si alza dallo sgabello e gli accarezza i capelli, come se fosse la testa di un cagnolino.

«Amico, non ti ho staccato la mano perché stiamo giocando.» Mattia incrocia le braccia al petto e gli rivolge un'occhiata assassina.

Un sorriso scaltro compare sul volto di Enea, ma decide per fortuna di non ribattere.

«Bene, adesso è il turno di Claudia. Non sia mai che mia madre mi venga a dire che non sono ospitale.» Allunga la mano. «Bacio, carezza o schiaffo?»

Porta le dita davanti al suo petto e lei le scruta con attenzione, scegliendo alla fine l'indice: bacio. Prende la bottiglia e inizia a farla girare, mentre tutti osserviamo l'oggetto attentamente. Sta quasi per fermarsi di nuovo verso mio fratello, ma Enea le dà un piccolo colpetto per fare in modo che essa punti su di lui.

«Ehi, così non vale» sbotta Mel, scostandosi una ciocca rossa che le ricadeva sopra il viso. Odia quando le persone imbrogliano, anche se la posta in ballo è uno stupido gioco.

«È la mia ragazza. Pensi che le avrei permesso di baciare qualcun altro?»

«Permesso? Sembri un cavernicolo.»

«È la pura verità» continua lui, voltandosi verso Claudia che lo guarda con occhi adoranti.

Respira.

Lei gli sorride e afferra il collo di Enea per avvicinarlo al suo volto. Le loro labbra sono a meno di un centimetro di distanza e io volto lo sguardo verso il bancone del bar, reprimendo l'istinto di tapparmi le orecchie.

«Va bene, piccioncini, andiamo avanti» dichiara Melissa dopo un tempo che mi sembra interminabile.

Mi giro nella sua direzione e la vedo osservare con uno sguardo intenso il ragazzo accanto a me. «Elia, è il tuo turno. Claudia, a te l'onore di sentenziare la sua sorte.»

«Ok. Bacio, carezza o schiaffo?» chiede con voce acuta.

Senza pensarci, Elia tocca il pollice e un suono strozzato esce dalla mia bocca, mentre vedo comparire un sorriso radioso sul volto della mia amica. Ho il sospetto che abbia proposto questo gioco solo per fare accadere tutto ciò, anche se non è detta l'ultima parola. Il ragazzo accanto a me ruota la bottiglia e io la osservo girare quasi a rallentatore, cercando con la forza del pensiero di allontanare da me la parte superiore.

Non posso baciarlo, neanche per gioco.

Come se qualcosa nell'universo facesse di tutto per andare contro la mia volontà, il collo della bottiglia si ferma davanti al mio petto.

«Evviva!» esclama Mel eccitata, alzandosi in piedi e saltellando come una bambina il giorno di Natale.

«Va bene anche sulla guancia, giusto?» chiede Elia con un tono nervoso. Noto le vene in rilievo del suo collo e capisco che anche lui non è entusiasta della situazione.

«Sulla guancia? Fratellino, così mi deludi. Dalle un bacio come si deve» interviene Enea.

Io, Elia, Mattia e Melissa lo guardiamo tutti ammutoliti, ognuno per una ragione diversa, credo. Ascoltarlo incitare il gemello a fare un passo nei miei confronti, dopo tutta la situazione assurda che si è creata il giorno del mio compleanno, è destabilizzante.

Qualcosa dentro di me scatta quando le sue parole raggiungono il mio stomaco. Mi bruciano dentro e mi infastidiscono più di quanto dovrebbero. Mi volto verso Elia con il cuore in tumulto e gli stampo un bacio innocente sulla bocca... o almeno queste erano le mie intenzioni.

Appena poggio le mie labbra su quelle carnose di lui, il caos che avvolge il mio cervello tace. Potrei dare la colpa all'alcool che ho in circolo nel sangue, ma in realtà mi sento lucida al momento. Intuisco che lui sta per ritrarsi, ma gli mordo il labbro inferiore per non farlo allontanare, per tenerlo ancora un po' avvinghiato a me e godermi questa sensazione di pace, assaporando la sua carne che sa di birra e menta. Aumento la pressione nel tentativo di farle schiudere, stuzzicandolo anche con la lingua.

Sento qualche risolino, ma mi giunge alle orecchie in modo ovattato.

Alla fine, lui mi lascia entrare e il bacio casto che mi ero figurata in mente è solo un pensiero lontano. Non è un bacio da fuochi d'artificio o da farfalle nello stomaco; è un bacio che ti riscalda da dentro, che ti fa sentire protetta, amata... a casa.

Elia si stacca brutalmente da me e mi guarda con un'espressione stupita e uno sguardo sofferente. Si alza e si dirige con passo svelto verso la porta di ingresso del locale.

Che cosa ho combinato?

Percepisco gli occhi degli altri perforarmi la pelle, tuttavia non gli presto attenzione. Mi precipito all'inseguimento di Elia, infischiandomene del giubbotto che giace sul divanetto nonostante le basse temperature.

Apro la porta e lo vedo camminare avanti e indietro per la stradina quasi completamente sgombra. «Elia...»

Si ferma e io mi piazzo di fronte a lui. I suoi occhi tormentati sono una coltellata nel mio cuore.

«Elia, io...» tento ancora una volta, ma non riesco a formulare una frase che abbia senso in questa situazione.

Che diamine mi è passato per la testa?

Noto il suo petto abbassarsi e alzarsi come se avesse corso una maratona e l'unica cosa che vorrei è tornare indietro nel tempo.

«Non prenderti gioco di me. Non baciarmi in quel modo solo perché sei gelosa di lui e i suoi comportamenti ti feriscono.»

Usa un tono di voce secco e rude mentre mantiene lo sguardo basso, e ogni parola è come un ago che mi infilza la pelle e mi serra la gola.

Alza lentamente il capo e dai suoi occhi accesi e brillanti capisco che sta per dirmi qualcosa di importante da cui non potremo più fare passi indietro.

Non farlo.

Le mani iniziano a formicolarmi.

Ti prego, non farlo.

Si erge di fronte a me con una postura dritta e virile.

Ti prego.

«Io provo un sentimento vero verso di te. Non so se sia amore, ma so che  non mi merito tutto questo» dichiara con voce tremante mentre i suoi occhi si immergono con intensità nei miei, prosciugando l'ossigeno che mi scorre dentro.

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