54. Partenza

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«Non puoi lasciarmi da sola con Noa, ho bisogno anche di te per sopravvivere in questo mondo» mi supplica Melissa, stringendomi in un abbraccio che mi toglie il respiro.

«Ehi, guarda che ci sono anche io» borbotta mio fratello, fermo sull'uscio della mia camera.

Mel solleva la testa e lo osserva con un'occhiata minacciosa. «Preferisco di gran lunga fare finta che tu non esista.»

Sogghigna. «Lo so che mi pensi ogni notte.»

«Sì, ogni volta che ho gli incubi.»

Noa si sdraia sul letto e scoppia a ridere. «Colpito e affondato.»

«Non mi sei di aiuto così.»

«Stai sbagliando strategia.»

Sbuffa. «Che cosa vuoi saperne tu delle donne.»

«Non ho una vagina, ma ne so molto più di te.»

Melissa mi afferra per le braccia. «Hai visto? Senza di te siamo persi, tu sei il collante indispensabile che ci aiuta ad andare avanti.»

«Tranquilla, Mel, ho parlato con questi due tipi. Mi hanno detto che non combineranno guai. Vero, ragazzi?»

«Sì, signora!» rispondono in coro, mentre li osservo con uno sguardo perplesso.

«Da quando sono così amici?» mi domanda Mel all'orecchio.

«Non ne ho idea.»

«Ecco, hai visto? Mi sento incredibilmente sola senza di te.»

Le afferro una ciocca ramata e la ripongo dietro all'orecchio. «Non ti accorgerai neanche della mia assenza. Inoltre, puoi chiamarmi tutte le volte che vuoi, ti risponderò a qualsiasi ora del giorno» affermo con tono dolce per rasserenarla.

«Sarà meglio per te, altrimenti vengo lì e ti riporto subito a casa.»

«Sei pronta?» Mia madre entra dentro la stanza affollata e io annuisco per darle una conferma.

Guardo tutti i presenti e sento una morsa alla bocca dello stomaco. Sto cercando di essere io quella forte della situazione, ma se tutti continuano a guardarmi con quegli sguardi tristi non resisterò ancora per molto.

La prima ad accorgersi del mio turbamento è mia madre, che rompe il silenzio. «Che dite ragazzi, scendiamo giù? Ho preparato una torta al cioccolato per l'occasione.»

«Subito!» Noa si alza dal letto e la segue giù per le scale.

Mattia si volta, ma all'ultimo ci ripensa e sposta la sua attenzione su Melissa. Si inchina e le indica la porta con la mano. «Dopo di lei, milady.»

«Essere ruffiano non ti fa guadagnare punti» dichiara lei, ma accetta il suo invito ed esce dalla camera, sfoggiando la sua camminata da accalappia uomini.

«Mi farà diventare matto» sussurra Mattia, seguendola come un cagnolino.

Scuoto la testa e vado anche io al piano inferiore, dove mia madre ha allestito il tavolo in soggiorno con il dolce e le bevande. Trascorriamo un'ora senza parlare più della mia imminente partenza tanto che, quando il citofono risuona nella stanza, ci coglie completamente alla sprovvista.

Mia madre si precipita ad aprire la porta e sulla soglia compare Elia con il suo sorriso ammiccante che la fa capitolare in un battito di ciglia.

«Ciao, caro, accomodati, vuoi un pezzo di torta?»

«La ringrazio, signora, ma così rischiamo che sua figlia perda il volo.»

«È quello lo scopo» mormora Melissa, facendoci scoppiare tutti a ridere.

Prendo la valigia e la borsetta nel vano scala e mi incammino verso l'ingresso. «Sono pronta.»

La prima persona che mi salta addosso è mia madre. «Mi raccomando, chiamami almeno due volte al giorno.»

«Sì, mamma» ribatto per quella che credo sia la milionesima volta.

«A tuo padre dispiace molto non essere qui» continua, lasciando finalmente la presa su di me.

«Non importa.» Non vederlo è uno dei pochi lati positivi del viaggio.

Mattia si avvicina e mi solleva per farmi fare una giravolta. «Se hai bisogno di qualcosa, chiamami, prenderò il prima aereo disponibile.»

«Allora mi inventerò qualsiasi scusa per farti venire.»

«Non dire assurdità, stai attenta.»

Annuisco mentre gli occhi mi si appannano leggermente, ma scaccio le lacrime prima di dare inizio a un'azione a catena senza fine.

Si scosta, lasciando il posto a Noa e Mel che mi stritolano in un mega abbraccio combinato.

«Sarà un'esperienza incredibile. Sei un bravo ingegnere, Carla, fagli vedere di cosa sei capace» afferma il mio collega per incoraggiarmi.

«Ma non pensare solo al lavoro, divertiti e non stare sempre a casa come tuo solito.» Mel si avvicina ancor di più in modo tale che solo noi tre possiamo sentire le sue parole. «I danesi sono dei fighi assurdi, cogli le occasioni.»

Scuoto la testa amareggiata, mentre Noa ridacchia. «I tuoi consigli sono sempre i migliori, Mel.»

«Ovvio, avevi dubbi?» domanda prima di schiacciarmi l'occhiolino.

«Ci vediamo a luglio, ragazzi.» Sospiro e raggiungo Elia alla porta. «Andiamo.»

Saluto tutti con un magone alla gola prima di incamminarmi dietro il mio accompagnatore che si è offerto di trasportare l'enorme valigia.

Sollevo gli occhi al cielo per imprimermi l'azzurro limpido nella memoria, mentre mi convinco mentalmente che fare questo viaggio è la scelta giusta; solo così capirò se il futuro che ho intrapreso mi soddisfi appieno o meno.

Sento aprirsi uno sportello e abbasso il capo in tempo per vedere Enea scendere dal lato del guidatore. Alza la mano per salutare tutte le persone sulla veranda, ma non si avvicina. Si appoggia allo sportello, giocando con la visiera del suo cappellino nero. Non so se è solo paranoia, ma sembra far di tutto per non incrociare il mio sguardo.

Accelero il passo e tiro la maglietta di Elia per farlo fermare. «Perché è qui?»

«Stamattina mi ha detto che avete chiarito, così gli ho chiesto di accompagnarci all'aeroporto. Lo sai che è sempre un problema parcheggiare» mi spiega, scrutandomi in volto. «Ho fatto male?»

Il ritmo del mio cuore aumenta, ma faccio di tutto per tenerlo sotto controllo. «No, va bene.»

Percorriamo il vialetto fino al cancello e mi fermo davanti alla portiera posteriore. Elia mette il bagaglio nel cofano, mentre io lancio un'occhiata a suo fratello, impegnato a digitare qualcosa sul cellulare. «Ciao, Enea.»

Osservo il suo petto sollevarsi per un ampio respiro e, lentamente, alza il capo e punta i suoi occhi dritti nei miei. Il suo sguardo sembra scrutarmi dentro, ma è così blindato che non riesco a capire a cosa stia pensando. Inarca l'angolo sinistro della bocca a mo' di saluto prima di salire in macchina, senza aggiungere altro.

Mi mordo il labbro e salgo anche io e, dopo aver salutato tutti un'ultima volta dal finestrino, ci avviamo verso l'aeroporto. La conversazione rimane viva grazie a Elia e alle sue performance di canto, ma, tra una risata e l'altra, scruto Enea che rimane in rigoroso silenzio.

Se dovessi guardare la scena dall'esterno, credo che la troverei esilarante. Suppongo che essere scortata da entrambi sia la degna conclusione di questi mesi caotici che hanno animato la mia vita.

Percorriamo il cavalcavia per raggiungere il piano superiore delle partenze dove, come sempre, il caos regna sovrano. Fortunatamente, riusciamo a trovare un posto libero vicino al secondo ingresso. Elia scende dall'auto e io lo seguo. Chiudo lo sportello e osservo l'Etna davanti a me, mentre una sensazione malinconica mi avvolge; ancora devo partire e già sento nostalgia della mia terra.

Elia apre il portabagagli ed estrae la valigia. «Pronta?»

Mi mordo l'interno della guancia e mi volto verso l'interno dell'abitacolo. Osservo il ragazzo che ha incasinato la mia vita rimanere immobile, come se non esistessi. «Enea... ci vediamo.»

Lui annuisce senza rispondermi, ma noto le sue nocche stringere il volante. Lo guardo combattuta e anche ferita dalla sua indifferenza, ma richiamo tutto il mio autocontrollo per dargli le spalle. Non posso cambiare il passato in pochi secondi e la strategia di Noa che prevedeva di farmi apprezzare ancora da lui non ha funzionato. Non ho più tempo.

Stringo i pugni e mi accosto al fianco di Elia, nonostante una vocina interiore mi supplica di tornare indietro. Entriamo all'interno della struttura, dove ci accoglie un vocio caotico causato dalle persone in subbuglio, animate dalla foga della partenza.

«Elia...» dico, voltandomi verso il diretto interessato, ma lui poggia due dita sulle mie labbra per farmi tacere.

«Niente parole deprimenti, questo è solo un a domani un po' più lungo del solito.»

Sorrido. «Grazie, davvero, per tutto.» Anche se possibilmente non dovrei farlo per non complicare ulteriormente il nostro rapporto, lo stringo a me per comunicargli in modo efficace quanto gli sono riconoscente. La nostra amicizia è nata da uno scherzo di cattivo gusto, ma, oggi, sono contenta che sia entrato nella mia vita.

Mi passa una mano tra i capelli prima di sospirare. «Vado a prenderti qualcosa da mangiare in aereo, il viaggio è lungo. Preferenze?»

Scuoto la testa e lo guardo allontanarsi prima di concentrarmi sul tabellone delle partenze per capire dove consegnare la valigia.

«Hai visto quel ragazzo? Sembra un modello» mormora dopo un po' una ragazza alla mia destra.

Qualcuno si ferma a pochi passi da me e io mi volto sorridente, convinta di vedere la fossetta inconfondibile di Elia.

«Dov'è mio fratello?» chiede Enea, giocando con uno dei suoi ricci fuoriuscito dal cappello mentre guarda la zona degli imbarchi alle mie spalle.

«È andato a prendere qualcosa da mangiare» sussurro nervosa. Si sta comportando in maniera strana e non capisco il motivo; fino a questa mattina mi parlava senza problemi.

Prende un profondo respiro e sposta il suo sguardo sul mio viso. Le sue iridi sono torbide e inquiete e di riflesso lo divento anche io. «Ascoltami, Carla, io...»

«Ehi, fratello, sicuro che non ci siano vigili a controllare? Mi paghi tu la multa se ne troviamo una» lo interrompe Elia, mentre mi porge sorridente un panino che metto in borsa dopo averlo ringraziato.

«Sì, non temere» ribatte con voce neutra. Compie un passo indietro e si abbassa la visiera fino a coprire i suoi occhi, impedendomi di vedere la sua espressione.

«Dovresti andare a consegnare il bagaglio, l'aereo partirà a breve» afferma Elia, indicandomi il tabellone delle partenze.

Annuisco e lancio un'occhiata di sottecchi a Enea, ma lui continua a mantenere il volto inclinato dal lato opposto rispetto a noi. Sospiro e mi avvio verso lo sportello A25, quello della compagnia che mi porterà a destinazione.

«Ma li hai visti? Sono fichissimi e sono due!» esclama la ragazza di prima mentre le passo accanto.

Mi volto anche io verso i gemelli e li osservo parlare. Spontaneamente sorrido perché, nonostante tutto quello che è successo, sono felice di avere avuto la possibilità di vedere oltre il loro involucro esterno, scoprendo bellezze interne che solo pochi hanno scorto.

L'hostess richiama la mia attenzione e io le consegno la carta di imbarco insieme al mio documento. Impiega pochi secondi a registrare la mia valigia e la sollevo sul nastro per l'imbarco. Mi augura un buon viaggio e, automaticamente, ricambio il suo sorriso.

«Pronta» affermo una volta che ritorno dai ragazzi.

Entrambi mi scortano alla serpentina dei controlli e quando arrivo all'ingresso mi volto per l'ultimo saluto, anche se il dolore alla bocca dello stomaco continua a pressare, mozzandomi il respiro per l'agitazione.

Elia mi rivolge uno dei suoi sorrisi con la fossetta che allenta un po' la tensione che sento nel petto. Sollevo gli angoli delle labbra e lui compie un passo in avanti, avvolgendomi in un abbraccio rassicurante. «Pretendo un messaggio ogni giorno per sapere che sei ancora viva.»

Ridacchio. «Va bene, papà, starò attenta.»

Sollevo gli occhi dalla sua spalla e intercetto quelli di Enea che ci guarda con la mascella contratta. Riesco a vedere nitidamente i muscoli tesi delle sue braccia e le vene in rilievo del suo collo.

Elia mi lascia andare e si scosta per darmi la possibilità di salutare suo fratello. «Ciao, Enea» dico incerta, non sapendo come comportarmi. Gioco nervosa con l'elastico al polso prima di porgergli la mano, l'unico saluto che mi sembra non invada troppo il suo spazio. Non sopporterei un suo rifiuto a un gesto più intimo.

Lui osserva la mia mano prima di spostare le sue iridi sulle mie, barricate dietro il suo muro inaccessibile. Si avvicina cauto e, quando ispiro il suo profumo, il battito accelera impazzito. Mi avvolge tra le sue braccia e io rimango inerme, totalmente spiazzata. Impiego diversi istanti prima di realizzare davvero che mi sta abbracciando e il mio corpo reagisce d'istinto. Mi aggrappo alla sua felpa nera e appoggio la fronte dell'incavo del suo collo.

Lo sento sospirare sulla mia guancia e le lacrime, che ho trattenuto per tutto il giorno, scivolano silenziose sul mio viso. Non voglio che finisca così tra di noi, ma non so cosa fare per cambiare la situazione.

Lo sento scostarsi e devo richiamare tutto il mio buon senso per lasciarlo andare. Mi stacco dal suo corpo e asciugo frettolosamente le lacrime con il dorso della mano per non fargliele vedere.

Le mie iridi lucide si tuffano nelle sue pozze nocciola e trattengo il fiato quando nel suo sguardo leggo lo stesso turbamento che mi sta divorando dall'interno.

«Tu e mio fratello state insieme?» domanda, cogliendomi alla sprovvista.

«No...»

«Meglio così.»

Annulla la distanza che ci separa e appoggia le labbra sulle mie con impeto. Mi afferra per il mento per intensificare il bacio e io lo lascio fare, assecondando in maniera istintiva e naturale i suoi movimenti. Schiude la bocca e assapora il mio labbro inferiore con la lingua prima di incastrarlo tra i denti, dandomi un morso che mi produce dei brividi lungo la spina dorsale.

Quando si allontana, ho il respiro ansimante e la mente in subbuglio.

«Enea.» Pronuncio il suo nome come una preghiera, mentre tento di capire che cosa sta succedendo.

«I passeggeri del volo OS490 in partenza per Copenaghen sono pregati di raggiungere il gate dieci per imbarco immediato. Ripeto, i passeggeri del volo OS490 in partenza per Copenaghen sono pregati di raggiungere il gate dieci per imbarco immediato. Grazie.»

«Vai.»

«Enea, ma...»

«Ne riparleremo al tuo ritorno.»

Socchiudo le labbra per ribattere, ma una voce nasale mi interrompe. «Signorina, posso vedere la sua carta di imbarco?»

Mi volto verso l'hostess e gli mostro il documento.

«Deve passare subito i controlli, il volo sta per decollare.»

Per un attimo il mio cuore vacilla e le orecchie iniziano a fischiare. Non posso andarmene così, senza sapere se gli è tornata la memoria, quale significato ha per lui questo bacio.
Chi sono io per lui?

«Ti chiamerò.»

Stringo l'orlo della sua felpa. «Promesso?»

Mi scosta una ciocca ribelle dietro l'orecchio e, nonostante il suo tocco delicato mi rassicuri, la sua espressione tormentata mi destabilizza. «Promesso.»

Annuisco titubante mentre il mio sguardo intercetta quello di Elia. Noto la scintilla di tristezza nei suoi occhi che tenta di mascherare con un sorriso forzato. «Devi andare.»

Prendo un profondo respiro e mollo la presa, nonostante dentro di me tutto mi urli di rimanere.

«Ciao, ragazzi.» Stringo i pugni e mi volto con un macigno nel cuore. Mi aggrappo a quella piccola scintilla di speranza che si è accesa nel mio petto.

Forse non è ancora tutto perduto.

Forse avrò anche io un lieto fine.

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