29 - Guarire

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng


Abbiamo il link per il preordine! Ve lo posto sul profilo perchè so che correre a prenotarvi la vostra copia. Per ora c'è solo quello per l'e-book, ma fra poco metteremo anche quello per il libro cartaceo.
Nel frattempo stiamo decidendo quali fantastici gadget regalare a chi prenoterà il libro entro il 29!
Ci sono sorprese fantastiche per tutti voi, lungimiranti lettori, che vi accaparrerete le prime copie.
Se volete maggiori informazioni vi ricordo che potete seguirci su tiktok, trovate il link nella bio, o anche su Istagram.
Buona lettura.
Baci.
Noy


«Continua» Samuel aggiustò la schiena e piegò le ginocchia, le chiappe di Gabriele aderirono meglio al pube. Pur moscio, l’idea di sentirne la pressione era allettante.

Il ragazzo abbassò le mani e gli passò i polpastrelli sul bordo elastico dei pantaloni della tuta, in mezzo alle sue gambe, a pochi centimetri dalla stoffa del sospensorio, sempre più tesa. Sollevò il capo, nello sguardo si leggeva una malizia cupa, quella del gatto che si degusta l’attimo prima di catturare il topolino.

Il ventre ebbe un fremito: voleva essere divorato da lui.

Gabriele insinuò gli indici oltre il bordo elastico e le nocche gli accarezzarono la pelle del pube, ancora glabra dall’avventura con Kay. Si morse le labbra e fece scivolare i pantaloni verso di sé, la stoffa incontrò il suo rigonfiamento. «Continuo?»

«Sì», mormorò Samuel, la voce arrochita.

Gabriele si sollevò sulle ginocchia e gli sfilò i pantaloni fino a metà coscia. Nei boxer neri attillati il membro riposava incurante di tutto. Si accomodò di nuovo su di lui e gli prese ad accarezzare l’addome. «Ti piace la corda rossa?»

«Non posso dimostrartelo con i fatti, ma sì», Samuel gli posò le mani sulle gambe muscolose, le dita giocarono con i peli, neri come le sopracciglia, «mi piace moltissimo. Ti fa male?»

«Più di quanto pensassi.» Gabriele era arrivato ai pettorali, ancora coperti dalla felpa. «Posso togliertela?»

«Come, un capo di abbigliamento così sexy?» Samuel inarcò la schiena e lo facilitò nella svestizione.

Gabriele gettò la maglia dietro di sé e accennò un sorrisino. «Sai cosa ho pensato, quando hai aperto la porta?»

«“Oddio, ho sbagliato casa, chi è questo sfigato”?»

«No», il ragazzo gli passò i polpastrelli attorno all’areola, l’unica parte di lui eretta, «ho pensato che pure conciato così eri provocante.» Si ficcò un dito in bocca e lo ciucciò come un lecca-lecca delizioso.

Non era possibile non avere una reazione! Non era possibile! E invece niente, morto. Un brontolio di frustrazione gli risalì la gola.

Gabriele aprì la bocca e si leccò il dito, le palpebre socchiuse, sembrava godersela un mondo. «Non trovavo più le parole per il discorsetto serio che mi ero preparato», gli sfiorò un capezzolo con il polpastrello bagnato, provocandogli un minuscolo ma piacevole brivido. «Ero troppo distratto da pensieri spinti su quello che avrei voluto farti.»

Samuel chiuse gli occhi, il ragazzo continuava a stuzzicargli il capezzolo e lui voleva assaporare con tutto sé stesso quella sensazione di piacere ritrovato e quelle parole così lusinghiere che gli riscaldavano il petto come una tazza di tè in una giornata invernale.

«Devo fermarmi?» La voce di Gabriele era carezzevole come il suo tocco.

«No, per favore, no.» Samuel era ricoperto di pelle d’oca.

«Stai iniziando a rispondere bene…» La lingua del ragazzo gli leccò lo sterno e le dita gli strizzarono i capezzoli, rivoli di piacere gli incresparono la pelle. Gabriele gli fece scivolare la lingua sul petto e risalì lungo il collo, mordicchiò la linea della mandibola, facendo sentire i denti. «Cominciavo a pensare che tu non fossi più attratto da me», gli sfiorò le labbra.

Samuel posò le mani sui fianchi del ragazzo, mosse la bocca verso di lui e sollevò la testa. Non c’era più? Riaprì gli occhi, si ritrovò davanti quelli scuri di Gabriele, ombre cupe glieli attraversavano. «Ma che dici…»

«Cerchi sempre di mandarmi via» il compagno si appoggiò con tutto il corpo su di lui e gli lasciò un bacio leggero sul bordo delle labbra.

Samuel mosse appena la testa e gliele catturò con le proprie, non lo baciava da troppo tempo e aveva bisogno di sentire il suo sapore, di perdersi nell’odore della sua pelle, oltre al profumo che si spruzzava addosso. «Ora non ti sto mandando via», incontrò la sua lingua, che lo stuzzicava, concedendogli delle leccatine veloci e allontanandosi.

Le mani di Gabriele gli presero il viso e lo immobilizzarono, il ragazzo approfondì il bacio, la lingua gli esplorò la bocca, la intrecciò con la sua. Mosse il bacino, sfregandolo contro quello di lui, i nodi della corda sul pube gli raschiavano la pelle del ventre.

Samuel lo inseguì nel bacio, giocò con lui, eppure continuava ad avere i muscoli delle spalle irrigiditi e un accenno di nausea iniziava a farsi largo nello stomaco. «Basta, fermati» era senza fiato, ma non avrebbe saputo dire se per il piacere del bacio o l’angoscia di non potersi muovere. «Non tenermi bloccato.»

Gabriele sussurrò un «Ok» delicato e gli camminò con le mani sul petto per tirarsi su a sedere. «Girati.»

«Gabri, non…»

«Ti fidi di me? Almeno un pochino?»

Si fidava? Avrebbe sempre potuto fermarlo dopo. «Sì», gli uscì più debole di quanto avrebbe voluto. Ruotò il bacino e il petto e si mise a pancia in giù, frotte di immagini e di pensieri si rincorsero, inafferrabili, nella mente. Il viso di Kay si fece spazio nel caos, gli occhi grigi e freddi lo trapassarono. Posò una guancia sul dorso delle mani, tentando di scacciare l’espressione di pena e di delusione con cui Kay lo aveva guardato l’ultima volta.

Gabriele gli tolse del tutto i pantaloni e i boxer e si posizionò tra le sue gambe. «Allarga un pochino» gli sfiorò le cosce. «Sei rigido come un baccalà, ma nei punti sbagliati. Ora ti faccio rilassare io…»

Sembrava una minaccia. Samuel mosse il bacino e fece strusciare le ginocchia e le cosce sul copriletto, aprendo le gambe abbastanza da offrirgli una visione completa del culo.

I polpastrelli freschi di Gabriele si posarono su una chiappa e gliela spostarono di lato, mettendo allo scoperto il buchetto. «Ti sei fatto la ceretta pure qui?»

«Lascia stare» Samuel sospirò. «Mai più, guarda. Il dolore non vale la pena.»

Gabriele ridacchiò sottovoce e lasciò andare la chiappetta. «Fermami ogni volta che vuoi, ok?» Gli posò le unghie sulle spalle, proprio dove iniziavano le ali aperte del dragone stilizzato che aveva tatuato sulla schiena. Le fece scivolare verso il basso, lungo la colonna vertebrale, con una pressione leggerissima, appena percettibile.

La pelle si increspò e Samuel fu inondato da brividi che si sparsero dalla schiena fino alla nuca e sui fianchi e gli percorsero le gambe. A ogni carezza, a ogni passaggio aumentarono e Gabriele si avvicinava sempre più a due punti sulla schiena molto sensibili.

Le unghie risalirono lungo i fianchi e li trovò, proprio dove iniziavano le costole: un lampo di piacere gli annebbiò la vista. Dalla gola gli scappò un gemito acuto, inarcò la schiena e si contorse.

Gabriele li stuzzicò ancora e Samuel gemette e si incurvò. Il ragazzo prese a sghignazzare, insistendo a passargli le unghie in quei punti. «Non hai reagito così nemmeno quando mi sei venuto in bocca… a saperlo che era qui il tuo centro del piacere, avrei risparmiato tanto tempo.»

Samuel aveva il fiato corto, avrebbe voluto rispondere a tono, ma era sopraffatto dal piacere che aveva preso possesso del suo corpo. Non era un piacere sessuale, però, e si limitava a fargli contrarre la schiena, ma non le parti basse.

Gabriele lo risparmiò e fece scorrere le unghie più in basso, sulle natiche e le cosce. Samuel riprese a respirare, finché quelle dita insolenti non gli accarezzarono l’interno coscia e si insinuarono in mezzo alle chiappe. Quando passarono leggere lungo la fessura che le divideva, sussultò e soffocò un gemito.

Qualcosa di caldo e umido si posò su una delle due collinette, la bocca di Gabriele? Un morsetto glielo confermò. Inspirò a fatica e strinse la stoffa del copriletto, le mani del ragazzo gliele allargarono e la lingua scivolò in mezzo, sempre più giù.

Gli leccò la pelle sensibile attorno al buco, Samuel fu attraversato da una scossa ed emise un guaito disperato. Strinse il culo e balbettò soffocato «Fermati, fermati, fermati.»

Gabriele si interruppe immediatamente. «Tutto bene?»

«Sì.» Perché lo aveva fermato? Samuel deglutì a vuoto.

«Sei troppo teso, Samu. Se davvero non ce la fai, possiamo smettere.

Samuel incassò la testa nelle spalle e posò la fronte sul copriletto. Era stato inaspettato e intenso. Ed era davvero troppo teso, come se fosse la prima volta che qualcuno lo toccasse e lui avesse paura di quello che sarebbe successo. Cristo, non si era sentito così nemmeno durante la sua vera prima volta con un uomo e aveva quanto? Sedici anni? Ma allora era stato troppo arrapato per ragionarci su. «Continua.»

«Sicuro?» Le mani del ragazzo si posarono sulle natiche.

«Sì, sono sicuro.» Samuel strinse tra i denti la stoffa del copriletto, nemmeno si dovesse preparare a subire un’operazione chirurgica senza anestesia.

«Ok.»

Di nuovo, le mani di Gabriele gli allargarono le chiappe e la lingua guizzò attorno alla pelle del buco, tenuto così stretto che non sarebbe passato nemmeno uno spillo. Samuel inspirò a fondo, i movimenti lenti e precisi di Gabriele lo aiutarono a rilassare i muscoli, prima delle spalle, poi della schiena e infine dell’ano. Quando la lingua si intrufolò oltre il bordo, le gambe si fecero di gelatina, tentacoli di piacere gli avvolsero il petto, le braccia. Penetrarono in lui, stimolati da ogni guizzo sapiente della lingua del compagno, attorno al cuore, nel ventre e più giù gli risvegliarono con un fremito le palle.

Samuel ansimò, allentò e strinse il buco attorno alla lingua che lo stava facendo godere così tanto, strappando a Gabriele un lamento sommesso, che lo travolse. Inarcò la schiena, tremava, la lingua si insinuava in ogni fessura e gli mappava le parti più intime. Aveva la mente vuota, qualcuno stava gemendo, era lui?

Gabriele lo massaggiò, con cura, come se fosse un oggetto fragile e prezioso.

Era finito in Paradiso, graziato da tutti i suoi peccati.

Il compagno si allontanò e mormorò «Girati, Samu.»

Samuel grugnì e ruotò sul bacino, rimettendosi a pancia in su, a gambe aperte ai due lati del ragazzo. Aveva la vista offuscata, faticava a mettere a fuoco e abbandonò la testa all’indietro sul cuscino.

Gabriele gli accarezzò le cosce, l’inguine. «Guarda», glielo massaggiò fino alla punta e gli mostrò le dita bagnate.

Quello non era dovuto alla prostata. Samuel chiuse gli occhi e si morse il labbro inferiore. Che fosse la volta buona?

«Posso spogliarmi?»

La richiesta di Gabriele fu talmente ingenua e inaspettata, che gli strappò una risatina. «Non sono il tuo Dom stasera, fai quello che vuoi.»

Il compagno tirò la corda nel punto centrale ed essa gli scivolò lungo il corpo, molle, lasciandolo segnato e graffiato da strisciate rosse nei punti in cui i nodi avevano calcato sulla pelle. Si tolse il sospensorio, liberando il pene, che svettava dritto e palpitante e gattonò su di lui, fino ad arrivare a rubargli un bacio veloce. «Hai visto?»

Samuel allungò il viso e gli lambì le labbra con le proprie, gli posò una mano dietro la testa e gliela bloccò. Non doveva scappare. Aprì la bocca e spinse la lingua per farla aprire anche a lui, si intrecciarono e dalla gola del compagno uscì un gemito roco, che lo fece fremere.

Gabriele si sedette su di lui, pelle a contatto con la pelle, ruotava il bacino e si sfregava su di lui. «Devo fermarmi?» mugolò.

Samuel aveva il fiato corto, non interruppe nemmeno il bacio per rispondere con un «No» strascicato. Gli artigliò la schiena con le unghie, facendolo aderire del tutto sul suo petto. «Dimmi cosa vuoi.»

Il compagno gemette e inarcò la schiena. «Voglio cavalcarti fino a prosciugarti.»

«Mi sembra un ottimo piano.»

Il migliore mai esistito in tutta la storia dell’umanità.

Samuel allungò una mano verso il comodino, la passò sul legno liscio e trovò la maniglia del cassetto. Lo aprì e frugò, tra oggetti spigolosi, fino a tastare la superfice di plastica dei preservativi. Ne afferrò uno e ritirò la mano, trionfante. Potevano partire.

---

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro