9 - Voci

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"Anche il fumo delle chiacchiere rovina gli affreschi."

- Dino Basili -

Moon

Apro il diario mentre percorro la strada che mi separa dalla fermata dell'autobus, e noto che oggi c'è il compito in classe di Filosofia. E io non ricordo niente.

Avrò studiato? Forse sì e la solita amnesia mi ha fatto dimenticare tutto. Non ne ho idea. Ma mi sembra che queste lacune si siano intensificate negli ultimi tempi e vorrei solo sapere per quale motivo. Navigo in un oceano di dubbi e paure.

Salgo sul mezzo, ho intenzione di leggere gli appunti e cercare di memorizzare il più possibile i concetti principali.

Percorro il lungo corridoio tra le file di posti a sedere e vedo Malek in fondo. I nostri sguardi si incontrano per un breve attimo, ma lui torna subito a ridere con i suoi amici e mi ignora bellamente.

Coglione.

Faccio altrettanto e mi siedo lontano dal gruppetto per fare ciò che mi sono prefissata. Prima di entrare nell'edificio scolastico mi fumo una sigaretta e leggo un altro paio di pagine del libro di Filosofia. Arrivo in aula e mi siedo al mio posto, aprendo il quaderno per immagazzinare altre informazioni su Socrate.

Stavolta non me la caverò.

La professoressa Dikon entra in classe ed esordisce ad alta voce: «Allora, tutti pronti per il compito?», e poi sorride, beffarda. «Miriam, distribuisci i fogli» ordina a una mia compagna.

La ragazza in questione, dai capelli biondi e un pochino in sovrappeso, si alza, va alla cattedra per prenderli e li sistema a faccia in giù su ogni banco. Quando arriva al mio e fisso il foglio che mi sta davanti, inizio a preoccuparmi sul serio.

Ho una buona media e non vorrei rovinarla per colpa di quel dannato problema.

«Avete un'ora, iniziate!» cinguetta la professoressa.

Giro il foglio e guardo la prima domanda: "Qual è la teoria principale di Socrate?"

Ok, so rispondere. Prendo la penna e comincio a scrivere con foga; è come se percepissi vaghi ricordi provenire da lontano, da una vita parallela che ho sfiorato solo per un breve periodo. Mi fa male la mano, ma le parole scivolano via con una sicurezza che mi stupisce.

Non so spiegarmelo, ma ho la sensazione di aver già studiato questo filosofo con qualcuno. Che me lo sia dimenticata?

Consegno il compito per seconda, ho risposto a tutte le domande: sono riuscita a ricordarmi le poche pagine lette sull'autobus e prima di entrare in classe, e i miei ricordi sfumati mi hanno aiutata a completare le frasi.

Credo di non aver fatto poi così tanto schifo. Sorrido a me stessa, vittoriosa.

Mi reco all'aula di Letteratura tedesca. Goethe, Kafka, Hoffmann... la testa mi scoppia. Per fortuna mancano cinque minuti alla ricreazione. Sembrano non passare mai, osservo di continuo le lancette dell'orologio posto sul muro in cima alla cattedra. Ma poi, finalmente, la campanella suona inesorabile ed esco dall'aula, con Karin alle calcagna.

Mi dirigo al bagno e lei entra dietro di me.

«Un certo Thomas, di sei anni più grande, mi ha chiesto di uscire...» mi dice, tutta emozionata.

«Congratulazioni», affermo noncurante.

Mi guardo attorno e vedo che tutte le ragazze mi stanno fissando e stanno ridendo, parlando tra loro, senza distogliere lo sguardo da me.

«Cos'avete da ridere come tante oche giulive?» chiedo ad alta voce, così che tutte in bagno possano sentirmi. Ma a parte le loro facce vagamente imbarazzate, non vedo altro, perché Karin mi prende per un braccio e mi porta via.

«Fregatene.»

«Mi fissano...» le dico, scrollandomela di dosso bruscamente.

Lei alza le mani in segno di resa. «Sei uscita con Nash, è normale!»

Con chi?! Mentre rientro in classe incontro Markus e Malek. Karin mi dà una gomitata e me lo indica con un cenno che solo io posso vedere. Quello sarebbe Nash? Ma non si chiama Malek?

Lui mi osserva intensamente, mentre Markus mi fa un occhiolino, ridendo. Ma cosa diavolo succede?

Karin, che ha osservato la scena, a un tratto mi salta sulle spalle e mi domanda: «Non ti sei dimenticata di dirmi qualcosa?»

«Uhm... fammi pensare... no» sbotto. Ma perché si ostina a toccarmi? È una piattola.

«Dai... a scuola non si parla d'altro!»

«Ma cosa dici?»

«Tu e Nash...»

«Nash?»

«Eh!»

«Non so a cosa ti stia riferendo.»

«Dai... sabato alla fine avete combinato cose, bugiarda! Mi avevi detto che non era successo nulla.»

«E infatti è così! Non ci siamo neanche baciati!»

«Be', voci di corridoio dicono il contrario...» alza le spalle.

Quel coglione! «Aspettami qui.»

Sono furiosa, mi alzo in piedi e raggiungo l'aula in cui si trova in piedi Markus, davanti al ragazzo dagli occhi azzurri.

«Ehi tu, idiota!» mi riferisco a Malek, indicandolo e facendogli segno di raggiungermi.

«Che vuoi?» Mi si avvicina con aria annoiata.

«Vai a dire in giro che abbiamo scopato insieme?» Il suo amico è di fronte a noi e ci osserva divertito.

«Perché, non te lo ricordi? È vero che non è stato granché, ma una cosa del genere non si dimentica» mi dice, tutto gongolante. Guarda il ragazzo vicino a lui in modo complice, e ridono.

Gli do una spinta. «Sei un gran bastardo, Rainbow! Non ci siamo neanche baciati!»

«Uuuh, si è arrabbiata!» strizza l'occhio a Markus.

Sono fuori di me dalla furia e sento di poterlo pestare a sangue, ma purtroppo siamo a scuola, quindi devo rimandare a quando saremo fuori di qui.

Le lezioni si susseguono lentamente. Sembra che questa giornata non voglia mai finire. Il mio pensiero, però, è fisso su Malek e su quello che ha fatto. Merita una sonora lavata di capo; chi si crede di essere?

Terminata anche l'ultima ora, usciamo tutti dall'edificio. Una ragazza, di un anno più grande, mi si avvicina.

«Non ti è andata poi così tanto male, per essere stata la tua prima volta. Con il più fico della scuola... La maggior parte delle ragazze qui dentro ti invidia!» mi sorride con malizia e poi continua a scendere le scale, ancheggiando.

Ok, ne ho abbastanza.

Lo vedo nell'angolo, che sta tirando da una sigaretta con fare compiaciuto, e mi dirigo verso di lui. Lo odio. Lo spintono verso il cancello del cortile interno. Lui sembra sorpreso per un attimo, la sigaretta gli cade e gli brucia la mano. Ma poi torna con la sua solita espressione da macho spocchioso.

«Cosa cazzo vai a raccontare in giro per la scuola?»

«Calmati, principessina.»

«Io ti ammazzo, hai capito?»

«Sei sicura di riuscirci?»

«Non ti preoccupare, te ne farò pentire amaramente.»

«Non ho paura di te, bimbetta» mi dice, gli occhi fissi nei miei.

Gli metto le mani al collo. «Come mi hai chiamata?»

Ride. Poco dopo lo libero e gli dico con tono severo: «Guardati le spalle, verginello, non la passerai liscia».

«Devo avere paura di una ragazza alta appena un metro e un tappo?»

«Non ti far ingannare dalla mia statura, sono molto più sveglia di quello che sembro.»

«Non lo metto in dubbio, ma rimani una nana.» Si mette le mani in tasca e fa per tirare fuori un'altra sigaretta, ma io presa dalla foga gli tiro uno schiaffo sulla guancia, talmente forte che gli fa voltare la testa.

Si blocca e rivolge un'occhiataccia che racchiude un misto tra tristezza e ribrezzo.

Lo fisso a mia volta, per comprendere la sua reazione indecifrabile, ma lui compie un gesto innocuo quanto inaspettato. Alza la mano, io chiudo gli occhi aspettandomi il peggio, ma lui la poggia delicatamente sulla mia guancia, come una piuma, in una muta carezza.

Mi sento avvampare, abbasso gli occhi sul pavimento asfaltato. Lui continua a guardarmi e mi alza il viso passandomi l'indice sotto il mento, poi si avvicina al mio orecchio e bisbiglia, per non farsi sentire dagli altri studenti: «Sei odiosa Moon, ma sei bellissima quando ti arrabbi».

Lo guardo, sconvolta dalla sua dichiarazione. Cosa intende dire con questo? A che gioco sta giocando?

Il mio sguardo allibito non si muove dalle sue pupille. Rimango a scrutarlo, finché non è lui a distogliere gli occhi e a spostarli su un'automobile, sulla quale dei ragazzi stanno salendo. Poi inizia a muoversi con estrema lentezza verso le scale.

Che cosa sta aspettando? «Pensi che dicendomi una frase carina io mi addolcisca?»

«Non penso questo, ma sto provando a fare pace con te.»

È scemo o cosa? «Pace? Pace?! Hai detto a mezza scuola che abbiamo scopato!»

Nash

Luce.

«C...cosa abbiamo fatto?!»

«Lascia stare, dì a tutti che hai detto una cazzata!» mi intima Lucy. Sembra fuori di sé dalla rabbia.

«Che cazzata?»

«Mi prendi per il culo adesso?»

«Lucy, no... perché sei arrabbiata con me?»

«Vuoi davvero saperlo?»

«Sì, vorrei...»

«Perché sei un pezzo di merda!»

E nuovamente non la riconosco più. Questa non è la mia Lucy...

Lucy

Luce.

Sento il viso in fiamme e mi trovo di fronte a Nash, che mi osserva con occhi strabuzzati.

«Perché mi guardi così?»

«Lucy?»

«Sì...» Che sta succedendo?

«Sei tornata in te.»

Che vuol dire?

Prende la mia mano e mi tira fuori dalla massa di giovani che si è riversata fuori scuola.

«Andiamo all'autobus, ti accompagno. Non ti senti bene...»

«Sto benissimo, invece!» Gli lascio la mano e mi avvio spedita alla fermata, con un imbarazzo crescente nel petto e una strana sensazione alla bocca nello stomaco. Non ricordo cosa sia successo, ma sicuramente niente di buono.

Arrivo alla fermata e salgo sull'autobus; mi volto, ma di lui non c'è traccia. Vago con lo sguardo lungo i sedili, e non è al suo solito posto.

È scomparso.

She hates me - Puddle of mudd

Then I started to realize i was living one big lie

She fucking hates me

Trust, she fucking hates me

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