XXXIV. TENEBRE

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Dorina tremava. Si era svegliata su un divano di velluto rosso. Si trovava in una sala rotonda con piccole finestre quadrate, un tavolino di legno scuro e una porta graffiata. Nel complesso le trasmetteva un senso d'angoscia. 

Aveva fatto il giro della camera tre volte alla ricerca di un modo per uscire, per tornare da lui. Non capiva perché l'avessero portata via dal castello. Se proprio doveva morire, beh, voleva farlo accanto al suo Kaas. Uniti. Si passò una mano tra le pieghe dell'abito. Tremava. Sbuffò. Doveva mantenere la calma, doveva farlo per lui, doveva...

La porta si spalancò. Dorina scattò avanti, pronta a balzare addosso a chiunque avesse provato a dirle che doveva stare lì. Aveva già le mani alzate, le dita tese come artigli e...

-Sono io, sono io- Amadeo le mostrò i palmi in segno di resa –sono io e vengo in pace, promesso-

Dorina lasciò cadere le braccia. –Voglio andare da Kaas-

-Questo potrebbe essere un problema- chiuse la porta e vi si appoggiò contro –mio padre è parecchio arrabbiato per il matrimonio saltato- si strinse nelle spalle, aveva i capelli in disordine e la giacca era strappata –odia quando le cose non vanno come vorrebbe lui, il che è una sciocchezza, ma lui è molto rigido e... -

-Kaas, io voglio andare da Kaas-

Amadeo sospirò. –Non credo che lo potrai vedere a breve-

Dorina sussultò. –Gli è successo qualcosa?- il pensiero era come una belva che le azzannava la gola. Non poteva essergli successo qualcosa. Lo avrebbe sentito, il suo legame con Kaas era forte, troppo forte perché potesse... la gola le si serrò.

-Non piagere, Dorina, ti prego, non piangere-

Lei non avrebbe pianto. Non poteva... le lacrime non l'ascoltarono.

Cominciarono a scivolarle lungo le guance come pioggia. E a lasciarla vuota.

-Non fare così, non sai quanto odio vedere una donna piangere, soprattutto se è bella- Amadeo le si avvicinò.

Dorina cercò di asciugarsi le lacrime con le dita.

-Parlerò con mio padre, cercheremo di risolvere-

Non avrebbero risolto. Lo sapeva bene. Quelle storie non finivano mai bene. 

La porta si spalancò e una domestica con una treccia entrò con un vassoio in mano.

-Pensavo che il tè avrebbe aiutato- Amadeo tentò un sorriso. -Sbaglio?-

Dorina si lasciò scivolare sul divano. -Mia madre sostiene che il tè sia la cura per ogni male-

-Non posso che concordare-

La domestica si avvicinò, lo sguardo curioso. Dorina prese una tazza e ne bevve un sorso.

-Credimi, andrà bene, non temere-

-Quando si dice così... - puntini neri le esplosero davanti. Non si sentiva bene. Tutta colpa dello stress. Scivolò giù e sbatté contro il pavimento. Il dolore la travolse.

-Dorina- Amadeo urlò.

Lei tentò di dirgli che stava bene. Beh, non proprio bene, ma era cosciente. Non ci riuscì.

-Dorina, ti prego, rispondi- le sue mani su di lei. La scuoteva.

Lei non parlava. Non ci riusciva. Cercò di raccogliere la speranza. Amadeo l'avrebbe salvata. Non aveva studiato medicina dopotutto? Quando lui le sfiorò il polso fu certa che tutto sarebbe finito bene... fino a quando non vide i suoi occhi riempirsi di lacrime.

Kaas aveva male ovunque. Doveva essere crollato un pezzo del soffitto durante l'aggressione e lui c'era rimasto sotto. Non ricordava un'altra volta in cui fosse stato così male. Non era nemmeno certo di essere ancora vivo. Forse quel buio era l'inferno. Il solo luogo in cui uno come lui avrebbe potuto finire.

-Kaas? Dove sei finito?-

Aggrottò la fronte. Chi lo chiamava? Qualcuno che veniva da lontano. Come se fosse miglia di distanza nello spazio o nel tempo.

-Kaas- un'imprecazione poco femminile -non provarci nemmeno a morire, hai capito?- e poi un filo di luce. Occhi verdi. Da gatto. Nicalla. -Sei vivo, vero?-

-Che ci fai qua?- un sussurro roco. Non la sua voce.

-Direi che ti salvo la vita-

-Dorina, dov'è Dorina?- un colpo di tosse. Il dolore lo accecò per un istante.

-Non lo so, ma la troveremo- Nicalla sembrava fiduciosa. Almeno lei. Kaas tremava. Non voleva che lei lo vedesse così. -Dobbiamo trovarla- la voce era come una cantilena. Pezzo dopo pezzo le macerie furono spostate. Kaas non comprendeva come la cugina potesse procedere tanto rapidamente e continuare a parlare. Forse lo faceva per lui, per tenerlo concentrato. -Dorina è una forte, ce la farà- però c'era turbamento nel suo tono. Molto turbamento.

Kaas non parlò. Non riusciva a parlare. Le tempie gli pulsavano. Il suo mondo era andato a pezzi. Senza la sua Dori. Deglutii, un sapore metallico gli scese lungo la gola. Il sapore del sangue mischiato a quello della paura. Conosceva bene entrambi. Dopotutto era un soldato. Paura, dolore, sangue, angoscia. Conosceva ogni sfumatura delle cose orrende che potevano succedere. Inspirò ed espirò con lentezza. La gola gli faceva male. Episodi della sua vita gli passavano davanti. La guerra. Edifici in fiamme. Donne in lacrime. Mirella che gli urlava di odiarlo. E lei. Dorina, la sua dolce Dorina. Una ribelle come lui. Sorrise al nulla. L'avrebbe trovata. Avrebbe lottato per lei. E forse perfino per gente come lui, come loro, avrebbe potuto esserci un lieto fine. Anche se al momento sembrava molto distante. Impossibile da raggiungere.


Nicalla lo aiutò ad entrare in casa di Amadeo, dove lei sapeva che avrebbero trovato Dorina.

-È là- Nicalla lo guidò verso una porta che Kaas spinse con tanta forza da farla sbattere contro il muro.

Il respiro gli mancò. Dorina era diversa sul pavimento. I capelli sparsi intorno. Si lanciò da lei. La sollevò tra le braccia, la scosse, la baciò. Nulla. 

Kaas non poteva crederci. Doveva essere una bugia. Un modo per prendersi gioco di lui. -Dori- sussurrò piano.

Lei non si mosse. Sembrava morta. Non poteva essere morta. Era tanto pallida...
-Mi dispiace-

Kaas fissò il vuoto. Chi gli stava parlando? E perché Dori non gli rispondeva? Non capiva, non capiva, non capiva. -Dori, non scherzare- fece un passo avanti, poi un altro. Gli sembrò di camminare con il fango che gli arrivava all'altezza delle ginocchia. -Dori- le prese la mano... e subito la lasciò. Fredda. Anzi, gelida. Non aveva mai sentito nulla di così gelido. Non poteva essere reale.

-Kaas, lei non ti può sentire- Amadeo se ne stava lontano, il viso cereo.

Kaas imprecò. -Bugiardo, la vuoi tenere per te, vero?- avrebbe voluto colpirlo tanto forte da rompergli il naso.

-Credi che ti mentirei?- La voce di Amadeo era rotta. -Mi è caduta tra le braccia... io... non so cosa le sia successo, maledizione! Deve essere questa dannata malattia-

Dori però era forte, Kaas lo sapeva bene. Il periodo a Parigi l'aveva fatta riprendere. Lei stava meglio. Doveva stare meglio. Cercò il battito del suo cuore. Le sfiorò il polso. Nulla. Imprecò e le sfiorò il seno sinistro, sopra l'abito, alla ricerca di quella leggera pulsazione che con il suo udito fino non riusciva a sentire. Nulla. Non sentì nulla. -Dori- la chiamò ancora. Come se potesse riportarla dal regno dei morti. Desiderava che fosse così. Chiamarla indietro. Come in una fiaba. -Dori, apri gli occhi, lo scherzo è finito- lei però rimaneva immobile, gelida, i capelli biondo tinto che le si spargevano intorno, privi di vita. Come lei. Il mondo scoppiò. Non era possibile. Eppure era così. La verità si trovava davanti a me e lui non poteva farci nulla. Doveva assistere impotente. Le lacrime lo colsero alla sprovvista. Kaas non era abituato a piangere. Forse non sapeva neppure come fosse piangere. Gocce che scivolavano giù e si schiantavano sul corpo esanime di lei. Le passò una mano tra i capelli, la radice più scura, li spinse indietro, il panico che gli serrava la gola. Non doveva essere vero. Non poteva essere vero.

-Non possiamo far altro che lasciarla riposare, Kaas- Amadeo gli posò una mano sulla spalla. Un gesto amichevole. Peccato che lui non fosse suo amico. Kaas non ragionò. Lo colpì con un pugno. Fu Nicalla ad afferrarlo per la vita e a trascinarlo fuori.

-Lei è viva- gli sussurrò all'orecchio -ma dobbiamo avere pazienza-

Furono quelle parole a fargli gelare il sangue nelle vene.

La bara bianca. Kaas avrebbe voluto farla a pezzi per tirarla fuori. Non poté. Lo tenevano sotto controllo. Nicalla era al suo fianco, l'abito nero semplice,  una veletta a coprirle parte del viso. Una guardia all'apparenza esile. Solo all'apparenza. Kaas non dubitava che avrebbe saputo tenerlo in riga.

-Non ci provare neppure ad avanzare- lo freddò quando lui fece un passo verso la bara.

-Non puoi credere che sia morta-

-No, non lo penso-

Kaas sussultò. Non si aspettava quella risposta. Le lanciò un'occhiata. A che gioco stava giocando? Nicalla però era immobile.

-Stai fermo, fingiti addolorato, attendi-

-Hai un piano?-

-Non ce l'ho sempre?-

Kaas avrebbe voluto ribattere che era lui quello dei piani. Non era però il caso. Nicalla sembrava abbastanza furiosa. E Kaas voleva credere che lei avesse un piano. Disperatamente. Si passò una mano tra i capelli. Nicalla. Quanto sapeva della cugina? Quanto era cambiata negli anni? La Nicalla bambina era una creaturina delicata. Esuberante, sì, ma in modo più educato. La Nicalla attuale... Kaas la studiò con la coda dell'occhio. C'era qualcosa di antico in quello sguardo verde. Antico come il mondo. Kaas non l'aveva mai notato. Ne ebbe paura.

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