CHAPTER THREE

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«Forse avevi ragione, Nick, avevo proprio bisogno di qualcosa da bere» esclamò prendendo un sorso della sua birra. «Già, ne avevi proprio bisogno, ma continuerai a stare dall'altro lato della piscina? Perché non vieni... Qui?» chiese il minore ghignando, prendendo un altro sorso del suo drink alcolico. «Perché? Mi vuoi vicino, Nick?» gli chiese inclinando la testa, «Non fare il complicato, Karl, per favore». Egli rise e andò sott'acqua, nuotando fino a che la figura dell'altro non si fosse fatta abbastanza vicina. «Va bene così, ora?» gli chiese con un filo di voce e non così lontano dal suo viso, «Mh... secondo te? Siamo abbastanza vicini?». Nick cercò di prenderlo per i fianchi ma inconsciamente il maggiore si scansò prima che egli potesse toccarlo, prendendo la bevanda altrui. «Karl, è troppo forte per te quella roba» lo avvisò e in risposta ricevette una risatina, «Oh, andiamo, Nick! L'hai detto anche tu, ho bisogno di bere!». Afferrò la cannuccia e fece due sorsi abbandondanti, sentendosi la testa girare una volta che l'alcool iniziò a girare in corpo. «Cazzo, è fortissimo!» esclamò ridendo, e fece per prendere un altro sorso. «Karl, no! Basta! non sai reggere l'alcool» disse il corvino prendendogli il bicchiere di mano e posandolo a bordo piscina, l'altro tirò fuori il labbro di sotto. «Ti prego, è divertente!» rispose Karl, cercando di fargli pena, ma non riuscì a toccarlo neanche per sbaglio. Anzi, Nick lo trovava persino carino in quelle condizioni, con la camicia bagnata che aderiva al suo corpo e la sfrontatezza data dal drink. «Ho detto di no, piccolo» disse ma poi si fermò, si chiese per un attimo cosa avesse detto. L'aveva chiamato "piccolo"? Cosa avrebbe pensato Karl di ciò? Gli era uscito spontaneo, non voleva davvero. Pensava che quel soprannome gli stesse dannatamente bene, ma sperò con tutto se stesso che se ne non fosse accorto. A quanto pare il destino non era dalla sua parte, «Piccolo? Da dove viene questo nomignolo, mh? Sono davvero il tuo piccolo?» gli chiese sorridendo come un bimbo; posò le proprie braccia sulle spalle altrui. «Karl, spostati, sei ubriaco».
A Nick piaceva così tanto che il maggiore fosse intraprendente da brillo, ma non poteva portare a nulla di buono. Insomma, egli non pensava a cosa diceva e poteva benissimo dire tutto ciò che voleva senza volerlo davvero. Gli venne in mente quella volta quando Clay gli disse che da ubriachi si dice sempre la verità, ma era davvero vero? E se fosse stata soltanto una trappola?
«Uff... Non mi vuoi più bene? Non sono più il tuo piccolo?» chiese il bruno, cercando un contatto visivo. L'alcool aveva preso il posto del razionalismo e non capiva molto. L'altro evitò i suoi occhi, sentendo i due fisici troppo vicini. «Karl... Ti prego, spostati, non sai cosa stai facendo» cercò di dirgli, ed effettivamente il ragazzo si spostò, ma sembrò offeso. «...Perché mi tratti come un bambino, Nick?».
Il nominato non sapeva come rispondere, l'ultima cosa che avrebbe voluto era ferire il più grande, ma voleva solo proteggersi. Non voleva avere un'avventura di una solo notte, voleva amarlo e stringerlo fra le sue braccia. Voleva dormire accanto e fare maratone di film con lui, era tutto ciò che desiderava.
«Nick... Per favore...» iniziò nuovamente, «Cosa, Karl? Cosa vuoi? Mi spieghi cos'hai sta sera? Hai forse bisogno di ancora un po' di alcool per dire cosa cazzo c'è ne non va? Gesù, mi stai facendo andare fuori di testa, Karl». Il minore lo prese per la camicia e lo avvicinò a sé, «Sto diventando pazzo a vederti così, cosa succede?» sussurrò.

Il più alto si morse le labbra e lo guardò in entrambi gli occhi. Nick aveva ragione, c'era qualcosa che non andava, la sua copertura era caduta, e tutto per colpa dell'alcool!
Le sue guancie si fecero fuoco e si chiese cosa dire, perché infondo non era proprio così ubriaco, ragionava ancora quando voleva. Il drink era stata solo una scusa per avvicinarsi inconsciamente a lui, e forse la situazione aveva preso la piega sbagliata. «I... Io... Non...» balbettò abbassando il viso, ma la mano altrui si posò sul suo mento e rifece nascere un contatto visivo. «Cosa, Karl? Tu cosa?». «Io non... Sono ancora lucido, Nick, e...». Il nominato alzò gli occhi al cielo e strinse ancora di più il colletto altrui, lo avvicinò a sé e alzò un sopracciglio come in segno di domanda. «Nick, tu...» disse, ma non riuscì a finire la frase. Lo sguardo di Karl cadde sulle labbra appena inumidite del corvino, e spinto da una forza a lui sconosciuta lo baciò.

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