33. Un nuovo amico?

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Thomas aveva sonno, ma non poteva mettersi a dormire. Aspettava una telefonata e aspettava visite. Rebecca l'aveva avvertito, e gli aveva anche anticipato che non sarebbe stato facile. Quando la chiamata arrivò era seduto al tavolo della cucina, con il telefono in mano, intento a scorrere reel su Instagram. «Pronto?»

«Perché cazzo non rispondi al citofono?»

«Con chi parlo?» Anche lui non gliel'avrebbe resa facile.

«Sono il tipo di Luca, quello che al momento è da te.»

«Elia?»

«Sì, sono io. Perché non rispondi al citofono, dove siete?»

«Tu dove sei?»

«Sono qui sotto, fammi salire.»

«Scendo subito.»

«Aspe-»

Non aveva intenzione di aspettare, né di fare quella conversazione al telefono. A dire il vero, nemmeno l'idea di averla sotto casa era l'ideale, ma almeno avrebbero evitato di disturbare Luca. La faccia del ragazzo, quando Rebecca l'aveva portato lì, gli sarebbe rimasta impressa per il resto della sua vita: era pura tristezza, rassegnazione, sconforto. Entrando in casa aveva tenuto le spalle basse per tutto il tempo, come se sulla schiena gli avessero caricato tutto il peso del mondo. Si meritava un po' di riposo e si meritava tutta la delicatezza possibile. Ora che era sotto il suo tetto se ne sentiva responsabile. Avrebbe provato a proteggerlo il più possibile da ciò che poteva gestire, visto che tutto il resto era fuori dal loro. E il ragazzo che si trovò davanti appena aprì il portone era una delle cose che, almeno in parte poteva gestire.

«Perché sei sceso e non mi hai fatto salire?» fu la prima cosa che Elia gli disse, appena varcò la soglia del portone, infilandosi al suo interno.

«Per lo stesso motivo per cui ho abbassato il volume del citofono e ho staccato il telefono di casa: Luca sta dormendo.»

«Hai ancora il telefono di casa, ma in che anno sei nato? Comunque, non importa se dorme, fammi salire.»

Gli veniva da ridere. Davvero quello scricciolo pensava, con i modi da duro, di fargli paura o di ottenere qualcosa così? «Scusa, ma non vedo perché dovrei farti salire solo perché me lo chiedi. Anzi, non me lo stai nemmeno chiedendo.»

«Per favore... mi fai salire?»

«No.» Incrociò le braccia al petto e si appoggiò al muro alle sue spalle, nell'androne.

«Sapevo che doveva venire anche Fede!» borbottò l'altro.

«Come scusa?»

«Lascia stare. Cosa vuoi per farmi salire? Devo pregarti? Cosa devo fare?» Elia si passò una mano sugli occhi. Non quanto Luca, ma sembrava piuttosto provato anche lui.

«Niente, voglio solo fare parlare un po', prima. Possiamo fare due passi qui fuori?»

«Di cosa vuoi parlare?»

«Tu che pensi?»

«Di Luca. Vuoi parlare di Luca. Fammi indovinare, vuoi dirmi che tu puoi dargli un tetto sulla testa e che se lui adesso è qui da te e non a casa mia, significa qualcosa, magari che puoi prenderti cura di lui meglio di quanto non possa fare io. Ma io non ho tempo di stare qui a spiegarti che questa è una cazzata e che lui è mio. Quindi o mi fai salire o faccio un casino così grande che alla fine si sveglia da solo insieme a tutto il condominio e scende lui stesso, me lo prendo e ce ne andiamo.»

«Rebecca me l'ha detto che sei veloce a giudicare. Ti sei fatto tutto un film, ma ti assicuro che non era mia intenzione dirti una cosa del genere. Usciamo, per favore.» Elia era così lontano dalla verità che metterlo sulla buona strada e convincerlo sarebbe stato più duro del previsto.

«E allora cosa vuoi, perché questa voglia improvvisa di parlarmi di lui?» Elia lo seguì oltre il portone e si infilò insieme a lui nel vicolo dietro il palazzo.

Thomas si appoggiò al muro tra una vetrina e l'altra della piccola traversa di Via Garibaldi in cui erano entrati. Era difficile spiegare a un tipo come Elia, che saltava subito alle conclusioni, il percorso che lo aveva portato lì, e in fondo non gli doveva niente, era a malapena un conoscente. Aveva però il sospetto che, se Luca fosse rimasto da lui abbastanza a lungo, avrebbe avuto a che fare spesso anche con il ragazzo. «Perché lui è come ero io quando me ne sono andato di casa io, solo che ero più giovane di un paio d'anni e dalla mia parte avevo i nonni. E anche io, come Luca, stavo con qualcuno che non capiva cosa stessi passando.»

«Stai dicendo che non posso capire cosa sta passando il mio ragazzo solo perché non ci sono passato io per primo? Scusami, eh, ma se non te ne fossi accorto sono frocio almeno quanto te e quanto lui. Non sapevo che ci fosse un club per quelli sbattuti fuori dalla propria famiglia, altrimenti avrei falsificato la tessera! E poi che ne sai di cosa ho passato io? Manco mi conosci e vieni qui a fare l'uomo di mondo e... rapisci il mio ragazzo!»

A quel punto Thomas, per quanto si stesse sforzando di trattenersi, scoppiò a ridere. Elia era buffo, in fondo, le sue proteste gli facevano tenerezza. «Rapito?» Scosse la testa, senza smettere di sorridere. «Non ho rapito nessuno, lui è venuto da me, io gli ho solo dato un posto dove dormire.» Elia stava già per ribattere, quindi Thomas si affrettò a continuare: «Non è colpa tua, lo so che sicuramente avrai avuto le tue difficoltà con il tuo coming out e nel percorso che ti ha portato a vivere apertamente la tua sessualità. Ma questa specifica cosa non la puoi capire. Essere buttato fuori dalla tua vita, dalla tua famiglia, che dovrebbe essere il tuo porto sicuro, ti fa sentire allo sbando. Non basta avere un ragazzo e qualche amico fidato, ti manca comunque la terra sotto i piedi, ti senti perso. Anche se Luca ha avuto tempo per prepararsi all'idea di lasciare tutto, in fondo so che sperava di poter restare in buoni rapporti con i suoi, di potere essere ancora amato dalle persone che dovrebbero farlo in modo incondizionato».

Davanti a quelle parole l'altro sembrò calmarsi, almeno distese le dita, che fino a quel momento erano state chiuse a pugno in entrambe le mani.

«Perché mi stai dicendo queste cose?»

«Tu perché sei venuto fino a qui?»

«Te l'ho detto, per riprendermelo e portalo da me, dove deve stare.»

«Perché?»

«Ma come "perché"? Lo sbiancante per i denti ti è entrato nelle orecchie? Perché sono il suo ragazzo.»

Sospirò e finse di non cogliere l'insulto; continuò, piuttosto, a cercare di farlo ragionare. «E questo come lo aiuta? Luca pensa di accettare un lavoro qui in centro, a due passi, e ho una stanza in più. La casa è di proprietà dei miei nonni, non c'è affitto, solo le spese. Puoi offrirgli di meglio?»

«Già stare con me è meglio, per lui. Sono certo che se glielo chiedessi lui verrebbe con me all'istante, smettila con questi giochetti mentali, mi sto stancando.»

«Elia, ti assicuro che non sto facendo giochetti mentali. E scommetto che Luca verrebbe a stare da te, se solo glielo chiedessi, e non si lamenterebbe di dormire sul divano o dividere il letto con te. Ma per quanto potrebbe farlo? Una settimana? Due? Davvero lo porteresti via da una casa in cui può sistemarsi in una stanza tutta sua solo perché hai deciso che deve stare con te?»

«Ma lui vorrà comunque stare con me. Non lo decido solo io.»

«Lo so, ed è bello, siete carini, davvero. Ma cercate di fare gli adulti. Perché da stanotte Luca non è più un ragazzo, è un adulto che deve badare a sé stesso. E non dovrei dirtelo io come sta Luca, lo vedrai da solo appena ti farò salire. Sei venuto qui e hai usato parole come "mio", "prenderlo", "portarlo", come se non fosse una persona, ma un oggetto. Ti do un piccolo spoiler su come si sente lui adesso: abbandonato, buttato via, come un pacco consegnato per errore alla famiglia sbagliata. Vuoi farlo sentire così anche tu? Un pacco da prendere e portare via?»

«Ma cosa stai dicendo? È proprio perché loro l'hanno buttato via che deve stare con chi lo vuole, con me. Stai solo cercando, con grandi discorsi, di farmi rinunciare e lasciarlo con te senza fare storie, scommetto che ti piscerebbe, eh?»

A Thomas venne di nuovo da ridere, ma quado poco prima l'aveva fatto Elia si era irrigidito. Cercò di contenersi. Il modo in cui Elia era geloso poteva anche essere considerato carino, se spogliato di quello strato di possessività che a Thomas proprio non piaceva. Lo giustificava la giovane età e il nervosismo dovuto alla situazione delicata, difficile da gestire anche per chi aveva qualche anno in più. «Sì, vorrei che restasse, ma per il suo bene. Se ti preoccupi che io possa provarci sei proprio fuori strada. Luca non mi piace in quel senso.»

«Non è il tuo tipo? Cosa sei, cieco, oltre che sordo?» Un altro nemmeno così velato insulto, che finse di non cogliere. La sua pazienza proverbiale, però, stava iniziando a vacillare. Rebecca non l'aveva preparato a tanta caparbietà.

«Stai forse cercando di combinare tra me e Luca?»

«Stai forse cercando di fare un giro gratis alle Molinette?»

Difficile parlare con uno così, Luca si era scelto un tipo davvero impegnativo, prevedeva per loro parecchi battibecchi e litigi, nel futuro immediato, e non solo. «Ascolta. Luca è un bel ragazzo, questa è una cosa oggettiva, ma non sono interessato a lui in quel senso. Ti capita mai che qualcuno, solitamente etero, presupponga che tu debba assolutamente conoscere un suo amico, senza sapere niente dei tuoi o dei suoi gusti, come se bastasse essere gay per piacersi a vicenda?»

«Sì, Rebecca voleva presentarmi te.»

Solo al pensiero di uscire con una persona tanto faticosa, Thomas rabbrividì. «Ecco, lo stai facendo anche tu. Per la quarta volta. Luca. Non. È. Il. Mio. Tipo.» Aveva scandito abbastanza bene? Difficile essere più chiari di così, anzi, forse c'era un modo: «Preferisco gli uomini più grandi, più grossi e in grado di strapazzarmi un po', mi spiego? Luca è carino ma è troppo delicato per me, strapazzerebbe al massimo un uovo.»

«Guarda che-»

«Aspetta! Fermati qui!» lo interruppe prima che potesse dire altro. «Sono sicuro che tu stia per dire qualcosa sulla vostra attività sessuale, ma non la voglio sapere.»

«Allora perché l'hai invitato al Salone, perché gli hai chiesto di uscire?»

«Perché è sempre da solo. L'anno scorso al Salone ci è andato da solo, e prima di Natale l'ho incontrato ai mercatini da solo. So che ha degli amici, ma credo che non ci passi molto tempo insieme.»

«Sì, beh, comunque sono degli stronzi, meglio perderli che trovarli. E adesso non è più da solo, adesso ha me. Andrò al Salone e agli stupidi mercatini di Natale, se devo.»

«Questo mi fa piacere, ma tu sei il suo ragazzo, per quanto sia bello non puoi essere tutto il suo mondo, soprattutto ora che, perdendo la sua famiglia, si è ristretto così tanto. Credo che abbia bisogno anche di amici, di amici veri. E io sono qui, a disposizione. Non fargli sprecare questa possibilità e l'aiuto che posso dargli solo perché sei geloso o perché non vedi oltre il tuo naso.»

Elia restò in silenzio a lungo, guardando in basso, verso la punta delle sue scarpe. Era combattuto, indeciso se dare ancora battaglia o battere bandiera bianca. Poi rilassò gradualmente le spalle e borbottò: «Ti piacciono quelli più grandi e più grossi?»

«Assolutamente. Massicci e possibilmente mori.» Sorrise. Forse era riuscito a farlo ragionare, anche se avrebbe preferito tenere per sé un dettaglio così intimo.

«Non ci proverai con lui appena mi giro?»

«No. Non lo farei nemmeno se mi piacesse, non approfitterei mai di un momento di disperazione di qualcuno per infilarmi nelle sue mutande.»

«E vuoi essere solo suo amico.»

«Solo un amico. Suo, e anche tuo, se vorrai.»

Elia si accasciò, appoggiando la schiena contro il muro. «Cavolo, quando ti ho visto scendere credevo avrei dovuto lottare di più. Ero pronto a strapparti le chiavi dalle mani a forza.»

«Beh, credevi che avessi rapito il tuo ragazzo!»

«Dovrei scusarmi per aver pensato male, ma ancora non mi fido al cento per cento per te, sei tipo in prova, per ora.»

Thomas rise. Sì, davvero un bel tipetto. Come era venuto in mente, a Rebecca, di presentarglielo? Per fortuna che Luca era arrivato prima, o avrebbe avuto uno degli appuntamenti più terribili di sempre!

«Adesso mi fai salire?»

«Va bene. Cerca di essere delicato, okay? È molto fragile, al momento.»

«È sempre fragile.» Lo disse con tenerezza, come se quella fosse una cosa che amava di Luca.

«Già che ci sei... pensi di riuscire a fargli mangiare qualcosa? Credo sia a digiuno da ieri.»

«Sicuro. Non sa dirmi di no.»

Quella risposta, così decisa e spavalda, lo urtò. «Ascolta, non vorrei intromettermi ancora, ma lo sai che è innamorato di te, vero?»

«Sì.»

«E che pende dalle tue labbra?»

«Sì.»

«Ecco, allora cerca di non usare questo potere che hai su di lui per approfittartene e ferirlo.»

«Non lo ferirò.» Elia rispose con una sicurezza tipica della sua età. Quanto avrebbe voluto vivere i suoi diciotto anni in quel modo! Invece aveva saltato un sacco di tappe, per crescere in fretta e maturare prima del previsto. 

Lo ferirai, ma non lo farai di proposito e lui ti perdonerà sempre, almeno finché non maturerai o lui si stancherà. Vi auguro la prima opzione, ragazzi.

Entrati in casa, Elia non si tolse nemmeno la giacca, corse letteralmente verso la camera che lui gli indicò ed entrò senza bussare. E dire che doveva essere delicato! Forse però, era proprio quello di cui Luca aveva bisogno. Meno di un minuto dopo sentì la voce assonnata e roca dell'amico chiedere: «Sei qui?», come se lo stesse aspettando o se fosse indeciso se considerarlo davvero lì o solo un sogno. 

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