Capitolo 44: IL FUOCO NEGLI OCCHI

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La settimana trascorre nell'oblio più completo. Ashley ed io facciamo una gran bella maratona per prepararci all'esame di anatomia. Saltiamo i corsi delle altre materie e ci imponiamo di memorizzare più della metà del programma fatto fino ad adesso. Evan passa ogni sera per portarci un paio di caffè lunghi dello Starbucks così che noi due possiamo studiare fino a notte inoltrata.
Ci accasciamo quasi sempre vestite senza neanche avere la forza di disfare il letto.
Tutto questo lavoro mentale mi allontana per un po' dal pensiero di Ian. Il sabato sera a teatro è stato a dir poco memorabile. Non credo che saprò cancellare tanto facilmente la sua fragranza e nemmeno le sue labbra mentre citavano i versi di Shakespeare. Neanche i suoi occhi, quelli proprio non riuscirò a depennarli per nessuna ragione al mondo.
A volte penso che dovrei confidarmi con Ashley di quello che sto provando per il ragazzo venuto dal passato, proprio come fa lei con la sua voglia di conoscere il misterioso cavaliere mascherato, ma poi ci rimugino e non lo faccio. Cosa dire? Ho paura? Già! Ho una fottuta paura di essere giudicata.
In fondo Ian è un uomo sposato a tutti gli effetti. Il nostro legame di sangue, la mia attrazione fatale non significano niente di fronte a due fedi messe al dito più di settant'anni fa.

Il venerdì mattina finalmente è il giorno del test. Faccio una gran bella colazione con yogurt, cereali e un bicchiere di latte. Ho anche comprato una confezione di ciambelline fritte ripiene di miele, ma non hanno nessun paragone con quelle di casa Roden.
Ashley è da più di un'ora chiusa in bagno. Dice che truccarsi e pettinarsi le schiarisce le idee. Indosso la divisa e prendo il libro. Dalle pagine scivola un biglietto.

<< Scommessa! Se passi l'esame mi concedi un'uscita. Non accetto rifiuti questa volta. Ho fatto anche io la mia parte con tutti quei caffè>>

Evan! Infilo il biglietto in tasca e metto il libro nella tracolla, un istante esatto prima che Ashley resusciti dal bagno. Ha i capelli perfettamente stirati e gli occhi truccati di un bellissimo blu notte.

Ci dirigiamo nei corridoi a passo svelto. Ritardare ad un esame equivale ad essere condannate a morte in partenza.

"Scusate, avete visto Phoebe?"

Il fidanzato della capo cheerleader ci blocca il passaggio per entrare in aula. È insieme a Daren e ad un altro paio di giocatori della squadra. Ashley evita di guardare il tipo che le ha rovinato la festa di Halloween, concentrandosi soltanto sulla domanda di Zac.

"Non l'ho vista, mi dispiace. Io e Holland siamo appena arrivate"

Zac passa il suo sguardo su di me, scrutandomi da capo a piedi. Per un attimo mi sorge il dubbio che abbia qualcosa non in ordine. 

"Sono due giorni che non la vedo" dice lui, visibilmente preoccupato.

"Anche io" Ashley fa spallucce. "Io e Holland siamo state in ritirata studio per tutta la settimana"

Di nuovo l'attenzione di Zac si sposta sul mio corpo. Mi sistemo i capelli e stiro le pieghe della gonna. Ashley tenta di entrare, ma Zac le blocca la porta con un braccio. Il suo bicipite si contrae facendo forza sullo stipite.

"Tu e Phoebe siete migliori amiche, non puoi non sapere dove si trovi"

Lei alza gli occhi al cielo, sospirando.

"Hai provato a cercarla dietro gli armadietti o in qualche angolo del corridoio con il mio ex ragazzo?" intervengo, "potrebbe essere una buona idea. E adesso, se permetti, dovremmo sostenere un esame!"

Zac grugnisce, sbattendo il palmo contro il legno. "Cosa cazzo stai dicendo?" mi rivolge uno sguardo infuocato. "E tu, Ashley, come cazzo fai a stare insieme ad una bugiarda simile?" Di nuovo l'attenzione del ragazzo è su di me. "Non eri una OUT fino a pochi giorni fa?"

"Lo sono ancora" lo affronto a muso duro.

Daren ridacchia dietro di lui.

"E allora non hai voce in capitolo. Non hai il diritto neanche di parlarmi"

"Zac piantala!" Ashley tenta di nuovo di farsi strada, ma invano.

"Hunter ti ha mollata perché sei una OUT, hai così tanto veleno in corpo che vuoi che anche io e Phoebe chiudiamo!" sputa su di me tutta la sua frustrazione.

"E' questo che ti ha fatto credere Hunter? Non ti ha parlato che mi ha supplicata in ginocchio pur di stare con me? Non ti ha detto neanche che ha tentato di baciarmi con forza e che si è messo a frignare come un bebè?"

"Non ti credo. Sei una bugiarda, Holland!" mi grida contro. Posso sentire il fiato di Zac a pochi centimetri dal mio viso. I suoi occhi chiari sono stretti e arrabbiati, nascosti in parte da ciuffi di capelli biondi scomposti. Il suo braccio molla la presa sulla porta, consentendoci finalmente il passaggio. Camminiamo svelte, varcando la soglia di quella che sarà la nostra residenza per le prossime tre ore.

"Hunter è un vero amico non mi  tradirebbe mai con la mia ragazza!" quasi mi urla dietro.

"Sei così sicuro?" mi volto appena, giusto il tempo per vedere Zac stringere i pugni e fuggire via. Seguito dai suoi amici.

Ashley solleva le sopracciglia, fingendo indifferenza con i ragazzi già seduti nell'aula, che ci guardano con due occhi grandi quanto noci di cocco.

Individuo America e Penn, seduti al solito posto. Chiedo ad Ashley di posizionarci dietro di loro. In fondo Phoebe non si è presentata e lei può stare liberamente al mio fianco.

"Dobbiamo farlo per forza?" stringe gli occhi, disgustata.

"Sono miei amici"

"Okay" segue con riluttanza la mia volontà.

Quando ci sediamo, America si volta per salutarmi. Lo fa in modo freddo e repentino, senza considerare minimamente Ashley. Anche Penn mi saluta, sbilanciandosi poi in un debole sorriso verso la mia compagna.

Il volto di Ashley non muta di una virgola; serio e con gli occhi puntati avanti, al professor Wilder che è appena entrato in aula. Il mio sguardo e quello di Penn si incrociano appena. Come volevasi dimostrare, dice la sua espressione. Non sarò mai alla sua altezza, neanche per un banale saluto.

"Buongiorno, ragazzi. Il mio assistente vi consegnerà il primo test di questo modulo di studi. Tre ore di tempo. Concentratevi e fate silenzio. Non ho nessuna intenzione di fare il cane da guardia tra i tavoli. Siete abbastanza grandi per assumervi la responsabilità di non copiare tra di voi!"

Improvvisamente la porta si apre facendo rumore nel silenzio della stanza. Ci voltiamo tutti verso il responsabile di tale frastuono.

"Tom Felton" La voce di Ashley, insieme alla visione del ragazzino pallido, mi fa drizzare i peli sulle braccia. 

Il biondino procede nella nostra direzione, mi lancia uno sguardo deciso. Maledetto. Cattivo. Poi si siede proprio alle mie spalle.

Brividi. Ogni centimetro della mia pelle è attraversato da brividi.

"Hai visto anche tu quello che ho visto io?" ripete Ashley, accertandosi della sua sanità mentale. "Tom è qui. Tom è dietro di te"

"Lo so" guardo la mia amica. Sono improvvisamente, letteralmente terrorizzata.

"E hai anche visto come ti ha guardata?" rincara la dose. "Aveva il fuoco negli occhi"

"Ashley, mi stai mettendo paura" la rimprovero.

L'assistente ci consegna il compito e il professor Wilder fa partire la clessidra del tempo. Fisso il foglio, fisso le domande e provo a concentrarmi, senza badare all'oppressione dello sguardo di Felton alle mie spalle. Non mi lascerò rovinare questo test da lui, non dopo tutto lo studio fatto in questi giorni. Faccio scendere i capelli ai lati, sulle spalle, nascondendomi dietro di essi. Cerco di rispondere ad ogni quesito con parole semplici e concise, impiegando quasi tutto il tempo a disposizione.

Alla fine delle due ore e mezza, Ashley mi molla un calcio sotto al banco. "Pss, ehi, Holly!"

Alzo lo sguardo su di lei. Il professor Wilder è impegnato a leggere qualcosa comodamente seduto dietro la cattedra.

"Mi servono le ultime cinque domande, per favore!"

Annuisco e le trascrivo sul foglio. Ne faccio una pallina e la spingo verso di lei. La sua mano scorre sul piano, tenta di prenderla, ma la carta scivola sotto alle sue dita, finendo a terra, ben lontana dal banco.

"Maledizione!" grugnisce.

Gli occhi del professore si alzano nella nostra direzione, per poi riabbassarsi sul testo.

Ashley allunga il piede, cercando di recuperare la pallina. Sbatte la punta della scarpa sulla sedia di Penn, che si volta indietro. Il ragazzo intercetta la carta appallottolata che sta tentando di recuperare la bionda. Si piega, la raccoglie e gliela passa. Ashley guarda il giovane interdetta. Sembra indecisa se prenderla o addirittura lasciar perdere. I loro occhi restano connessi per un istante. La mano di Penn protesa in avanti con la pallottolina.

"Che sta succedendo qui?"

Non so con quale strano potere il professor Wilder abbia intercettato lo scambio né come abbia fatto a materializzarsi così velocemente  di fronte ai nostri banchi.

"Questa la prendo io" dice l'uomo, afferrando la pallina di carta dalla mano di Penn. "Signorina Benson prego il suo test, anche il suo signor Badgley. Il vostro tempo finisce qui"

Ashley apre bocca per replicare, ma poi ci rinuncia e consegna il foglio. Anche Penn fa lo stesso.

"Bene, adesso potete uscire" li invita a prendere le proprie cose e andarsene.

"Mi dispiace" sussurro a Penn. La pallina di carta era mia, lui non c'entrava niente, ha solo avuto la sfortuna di raccoglierla nel momento sbagliato.

"E' tutto okay, ho già finito il mio test" mi rassicura, dirigendosi verso l'uscita.

Ashley invece balbetta qualcosa di incomprensibile, radunando tutte le sue cose. "Maledetto OUT!" È l'unica cosa che riesco a decifrare.

La seguo con occhi dispiaciuti.

"Ti aspetto a mensa" mi rivolge un paio di occhi sconsolati. Poi esce e chiude la porta con un leggero frastuono.

"Silenzio!" La voce del professore blocca qualsiasi tipo di borbottio o brontolio che si è venuto a creare nella stanza.

Mi dispiace per Ashley e per le sue ultime cinque domande non svolte. Ricontrollo il mio test un paio di volte, in attesa della fine della terza ora. Al suono della campanella torno di nuovo tra i presenti.

America riordina il materiale che è in giro sopra il suo banco. "La tua amichetta ha messo nei guai Penn. Sapevo che prima o poi sarebbe successo qualcosa del genere!" sbruffa.

"E' stato solo un incidente e poi Penn aveva già terminato il suo test" mi sento in dovere di difendere la mia compagna di banco.

"Sai come la penso a riguardo" dice lei, "non dovresti uscire con quella smorfiosa. Punto e basta"

"Io ci vivo con quella smorfiosa" le faccio notare.

"Puoi chiedere di cambiare stanza, io ho un posto vuoto nella mia"

L'assistente ci prende i test, passando banco per banco. Resto senza parole, non so cosa risponderle. E' strano il mio rapporto con America. Mi piaceva come ragazza, mi piaceva fino a qualche giorno fa, fino alla sera di Halloween, adesso non è esattamente la stessa ragazza di prima.

"Pensaci!" mi dice, sgattaiolando via.

Ripongo le penne e il libro dentro la tracolla. Con la coda dell'occhio vedo Tom Felton alle mie spalle che sistema come me le sue cose. Improvvisamente il test di anatomia, America, la vicenda di Penn e Ashley passano in secondo piano. Tom Felton è qui. A un passo da me. Per quanto questo ragazzo mi spaventi, io devo parlarci. Devo capire qualcosa in più su ciò che sa di tutta questa storia. Così, prendo tutto il coraggio che posseggo, tutta la mia buona volontà, tutto il desiderio che ho di scoprire la verità e mi butto a capofitto nell'Inferno.

"Ehi, scusami, tu sei Tom Felton?"

Il ragazzo solleva lo sguardo sul mio. Non risponde niente, si limita soltanto a stringermi gli occhi contro. Rabbrividisco.
Nel vero senso della parola.

"Ho bisogno di parlarti" mi faccio forza. "Ho bisogno di sapere cosa sai sul pendolo delle anime gemelle, su quel disegno che mi hai...."

Non termino la frase perché il ragazzino indietreggia e si fionda fuori dalla porta, correndo via a gambe levate. Per i primi tre secondi resto a guardarlo perplessa, poi mi risveglio dal torpore e lo inseguo.

"Ehi, aspetta!"

Il biondino fugge via tra la gente. Le sue gambe magre si muovono leste, raggiungendo gli armadietti maschili. Schivo un gruppo di ragazze, scusandomi per aver fatto cadere i loro libri e continuo a corrergli dietro.

"Ma guarda che gente!" si lamenta una di loro, piegandosi a raccogliere i volumi a terra.

Tom raggiunge i bagni e vi entra dentro. So che a me non è permesso accedere, ma la questione Tom Felton è molto più importante di qualsiasi regola del college. Spingo la porta ed entro nella toilette, scoprendo che è vuota.
Mi guardo intorno. Ci sono un lavello, una tazza e un paio di rotoli di carta igienica. Dove è andato? Non può essere sparito nel nulla, l'ho visto entrare con i miei stessi occhi!

Poi accade qualcosa che mi fa gelare il sangue nelle vene. Il mio cuore si blocca e il mio cervello va totalmente in tilt.

Una mano secca e scarna mi afferra per la gola, uscendo a sorpresa da dietro la porta che io stessa ho aperto.

Tom Felton mi spinge indietro, fino a sbattermi contro la parete. Le piastrelle mi freddano il sudore dietro la schiena. Cerco di sfuggire dalla presa che mi costringe al muro, ma non ci riesco. Sono bloccata e respiro a fatica.

"Quella collana è mia!" sibila il biondino a un centimetro del mio viso.

Mi sposto di lato, scalciando e dimenandomi. Felton stringe più forte la sua mano attorno alla mia gola. Cerco di afferrare il cellulare che ho dentro la tasca dello zaino, ma lui se ne accorge e mi blocca il braccio con una mossa svelta e fugace. Il telefonino mi scivola dalla tasca, finendo dritto nella tazza alla mia sinistra con un inquietante pluff.

"Quel pendolo appartiene alla mia famiglia ed io me la riprenderò!" La forza di Felton mi fa sbattere la testa contro le mattonelle. Sento male alla nuca. Provo ad urlare, ma le sue dita sono così insidiose che mi bloccano il passaggio di aria. Annaspo. Boccheggio. Vorrei piangere, gridare e fuggire via, ma non riesco a fare niente di tutto questo.

Tom Felton mi sta letteralmente soffocando.

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