Capitolo 50: CIELO ENIGMATICO SENZA STELLE

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"Perché hai fatto di tutto per rovinare questa serata?"

La mia è una vera e propria aggressione. Non concedo a Ian neanche il tempo di chiudere la porta della camera che inizio a gridare come una pazza.

"Non hai permesso che io e Evan andassimo al Roy's!" agito le braccia in aria, "e ci hai pure interrotti nel momento migliore!"

Ian mi afferra i polsi, facendomi zittire all'istante. In realtà non so perché sono così furiosa. Io stessa non ero sicura per prima di questa uscita, tuttavia mi sono sentita manovrata, stretta all'angolo da decisioni non mie.

"Non avrete mangiato sushi, ma la carne era ottima, non puoi negarlo" La voce di Ian è diplomatica e mi fa salire ancora di più il nervoso. "E poi quel tuo amico corre troppo. Non si bacia una donna al primo appuntamento"

I miei occhi si stringono nei suoi alla ricerca di  risposte. E' davvero questo il motivo della sua interruzione? Stavamo correndo troppo?

"Io e Evan ci conosciamo da molto tempo, mi andava di ricambiare il suo bacio e tu non dovevi intrometterti"

Le dita di Ian stringono forte contro la mia pelle. Posso sentire l'arteria pulsare sotto alla sua presa.

"Devi andarci piano non puoi passare da un ragazzo ad un altro con tanta facilità. Prima Hunter adesso Evan..."

"Tu non sei mio padre" mi difendo. "Non hai nessun diritto di giudicare le mie scelte"

"Nel mio mondo non funziona così" replica lui, fissandomi dritta dritta nelle palle degli occhi. "Si sceglie una ragazza e quella è la donna della propria vita"

"Balle!" mi agito, cercando di sfuggire. "C'erano tradimenti e sotterfugi anche negli anni quaranta. E poi mi risulta che neanche il tuo matrimonio sia durato una vita!"

Ian allenta la presa. Gli ho sferrato un colpo basso e me ne pento subito dopo. Ho tirato in causa Nikki, non avrei dovuto farlo.

"Scusami, non volevo" mi precipito a rimediare.

Ian lascia andare definitivamente le mie mani. Fa un passo indietro e fissa il pavimento. Poi, dopo alcuni istanti di totale silenzio, nel quale si percepisce distintamente il ticchettio dell'orologio a parete e il rumore lontano delle auto sul Main Street Bridge, se ne esce con una domanda che mi lascia di stucco.

"Sei innamorata di lui?"

I miei occhi incontrano di nuovo l'azzurro profondo e immenso dei suoi. Le mie mani cercano tasche inesistenti nel vestito color smeraldo che indosso. Ian mi incoraggia con lo sguardo, fa un passo avanti, tornando di nuovo a un soffio da me. Il mio cuore viaggia a mille chilometri orari mentre mi decido ad ammettere: "Io non lo so"

"Impossibile" replica lui, schiudendo le labbra. "Impossibile  che tu non sappia se ami qualcuno..."

Resto con il fiato sospeso, le braccia lungo il corpo, i battiti che pulsano fin dentro alle orecchie. La vicinanza di Ian è sempre più ridotta e io mi sento svenire da un momento all'altro.

"Perché quando ami qualcuno quel sentimento ti prende tutto il corpo. Dalla testa ai piedi, dalla punta dei capelli fino a quella delle scarpe. Ti travolge e saresti disposto a morire tu stesso per l'altro. Come Giulietta e Romeo."

La mia bocca è asciutta. Deglutisco a fatica, mentre le dita di Ian scivolano dai miei capelli all'altezza del mio cuore.

"Evan non è il tuo Romeo" sentenzia, pretenzioso.

"Come puoi saperlo?" balbetto, nella confusione più totale.

Nella mia mente ho già la risposta. Palese. Ben marcata ed evidente. Io, Ian Somerhalder, sono il tuo Romeo. Io sono l'amore. Solo e soltanto io. Ma Ian non dice niente del genere, figuriamoci! Lui sorride. Le sue labbra si piegano lasciando trasparire la fila superiore di denti bianchi e perfetti. Con l'indice mi solleva il mento e con gli occhi mi scava dentro.

"Guarda nel tuo cuore, piccola Holland, io posso leggervi e non c'è scritto il nome di quel ragazzo. Non concederti a chiunque solo per la paura di restare da sola. Un giorno qualcuno arriverà e ti farà battere il cuore a mille, tu dovrai essere pronta e non averlo già occupato"

Tutto si ferma. Tutto ciò che mi circonda non esiste più. Parlare di amore con Ian mi disorienta, mi fa precipitare nell'abisso più profondo che esista. Sono in fondo all'oceano e non ho una bombola di ossigeno abbastanza sufficiente per risalire.

"Evan non è un ripiego" Non so come la mia voce riesca a trovare lo spazio e il modo per venir fuori. "Ed io sono giovane, non posso  iattendere in un angolo l'amore della mia vita"

Quello che dico è vero e irreale allo stesso momento. L'esperienza fa parte del gioco, anche se, con chiunque uscirò, qualsiasi ragazzo bacerò, il mio cuore non batterà mai per lui, impegnato com'è a farlo per il ragazzo che mi sta di fronte proprio in questo momento.

"Non ti sto chiedendo questo, solo di rifletterci bene. Non voglio vederti soffrire" Le mani di Ian si incastrano nelle mie.

Scendo con lo sguardo sui suoi palmi. Hanno ancora il segno delle cicatrici, proprio come i miei.

Anche Ian mantiene l'attenzione sui segni che ci accomunano. "Credo che questo legame significhi qualcosa per noi" dice, infine.

Resto immobile, paralizzata dalle sue parole.

"Tutta la mia apprensione ha un senso. Voglio proteggerti e voglio proteggere me stesso"

Una piccola ruga di delusione si delinea sulla mia fronte. Solo questo significa per lui il nostro legame? Apprensione. Protezione. Di me e anche di se stesso. Una maschera di egoismo compare nei suoi occhi, mentre i miei si riempiono di lacrime, che cerco invano di nascondere.

Il nostro legame per me non è solo questo, è anche amore, desiderio allo stato puro. Ho voglia di baciare Ian, di stringerlo forte a me, di farci l'amore. Ho voglia di pensare che c'è un motivo se in un giorno qualunque di fine estate, lui è precipitato proprio sul mio letto. Ho voglia di credere che il nostro legame di sangue vada aldilà di chissà quale screzio magico. Io voglio fidarmi delle parole di Tom. Sarò stupida, infantile e ingenua a pensare che quel ragazzo dicesse la verità, ma per una volta voglio andare oltre a tutto ciò che è razionale. Non abbiamo più riparlato di quello che è venuto fuori sabato pomeriggio a Riverplace Tower, ma adesso è giunto il momento di affrontare l'argomento.

"E se Felton avesse ragione? Se quell'orologio portasse davvero alla tua anima gemella? Lui vuole rubarcelo per questo scopo! E se il nostro legame avesse un senso vero e proprio. Se le nostre anime..."

"Felton è un assassino" mi interrompe bruscamente, vanificando la possibile teoria. "Pensavo che incontrarlo potesse illuminarmi su tutta questa storia, pensavo che lui conoscesse la chiave per tornare indietro e riportarmi alla mia vita, ma è soltanto un ragazzino che crede a stupide leggende di famiglia"

"Forse non sono poi così stupide. Forse la chiave è proprio in quelle leggende. Non mi è sembrato uno sprovveduto. Felton sa il fatto suo. Sa perché vuole quel pendolo e se abbassiamo la guardia saprà anche come ottenerlo"

"E' solo un ciarlatano" Ian inizia a muoversi nella stanza, senza una direzione precisa.

"Sapeva che venivi da un altro tempo e sapeva del filo rosso" gli ricordo.

"Senti, Holland, non credo ad una singola parola di quello che ci ha raccontato quel biondino. Okay, vuole impossessarsi di questo dannato orologio e vuole le nostre vite, ma è solo un fanatico, niente di più" con rabbia afferra la collana e la sfila dal collo. La visione del pendolo mi fa balzare il cuore in gola.

"Non puoi dire sul serio" mi avvicino a lui, trattenendolo per un braccio. "Questo orologio, il legame di sangue che abbiamo, il filo rosso che ti ha condotto dal quarantacinque fino alla mia stanza, avranno pure un significato, no?"

Lo sguardo di Ian vacilla, brillando come una lucciola nella notte. Fissa il pendolo che adesso stringe dentro una mano e poi si sposta sul mio volto.

"Può darsi, ma una leggenda non mi riporterà indietro, non mi renderà felice o appagato. Voglio restare lucido e razionale, senza lasciarmi ingannare da tutte queste stupidaggini"

"Finchè riterrai che tutto quello che ci sta succedendo è una stupidaggine, non troverai una soluzione. Il matrimonio di tua moglie con Paul è una stupidaggine, ferirsi contemporaneamente è una stupidaggine, essere piombati dentro un pendolo è una stupidaggine. Non ti capisco, Ian. Proprio non riesco a capirti"

Indietreggio e mi volto. Mi chiudo in bagno, lasciandolo da solo nella camera da letto a fissare il pendolo e a farsi chissà quali domande. Vuole tornare indietro, ma non ha fantasia. Rivuole la sua vecchia vita, ma non tenta neanche di aprire gli occhi su questa nuova realtà. E' cieco ed io sono letteralmente invisibile ai suoi occhi. Apro la vasca e attendo che si riempia. Il mio dolore non aspetta altro di essere annegato.
***

Nel pieno della notte mi sveglio. Il posto accanto a me è vuoto. Assonata mi siedo sul letto e cerco nella stanza dove possa essere finito Ian. Sono un po' delusa e arrabbiata con lui, abbiamo discusso e ci siamo addormentati senza neanche darci la buonanotte, ma non vederlo al mio fianco mi fa preoccupare. Quando riesco a mettere bene a fuoco i contorni delle cose ecco che lo vedo. E' sul terrazzo. Seduto a terra, sembra intento a leggere. Cerco qualcosa di caldo da mettermi sulle spalle e lo raggiungo. Apro lentamente la porta finestra e mi siedo al suo fianco.

"Holland, mi dispiace, ti ho svegliata?" si riscuote. Con una manica si asciuga la faccia. Non voglio indagare ma sembra quasi che stia piangendo.

"No, affatto. Mi sono svegliata da sola, non ti ho visto più e sono venuta a cercarti" fingo di non notare le sue lacrime.

Scorro gli occhi sulle pagine che tiene sulle ginocchia. Sono i fogli del diario di Paul Wesley. Sono stropicciati e in parte distrutti dalla perfidia di Tom Felton quando è entrato nella camera d'hotel.

"Ho sempre conservato il diario di Paul, per rispetto non l'ho mai letto. Non a fondo, almeno. Non so cosa mi sia preso, ma ho sentito la necessità di farlo"

"Non devi giustificarti" mi stringo dentro la felpa. Un vento leggero soffia sulle nostre teste, preannunciano l'abbassamento di alcuni gradi.

"Paul racconta le nostre giornate di soldati. Era anche molto bravo a scrivere poesie. Ce ne sono molte qua dentro. E sono tutte dedicate ad una donna, ma non ne fa mai il nome"

Un brivido mi fa venire la pelle d'oca. Mi stringo più vicino a Ian, cercando un po' del suo calore. 

"Paul non mi ha mai parlato di una ragazza. Lui non era fidanzato o sposato. Le donne non gli interessavano..."

I miei occhi scorrono sulle scritte blu quasi sbiadite. Sono versi brevi, dove la parola cuore e guerra e solitudine riecheggiano più e più volte.

"Pensi che siano rivolte a...a..." Non trovo il coraggio di completare la domanda. Di fare quel nome. Fortunatamente è Ian a pronunciarlo, sollevandomi dal gravoso incarico.

"A Nikki?" si asciuga di nuovo gli occhi. "Non lo so. Non so più niente ormai"

Non ho il coraggio di chiedere o aggiungere altro. Nessun parere, nessuna supposizione. L'incertezza che tra Paul e Nikki ci fosse qualcosa anche da prima, prima di partire per la guerra, quando erano solo tre ragazzi felici e spensierati, resta sospesa tra di noi come un'altalena in lento movimento. Forse Paul la amava segretamente, forse era solo una sua ossessione, un suo chiodo fisso. Oppure niente di tutto ciò. Probabilmente quei versi erano destinati ad un'altra donna, un altro amore immaginario o reale, ma che non aveva niente a che vedere con la moglie del suo migliore amico. E quello che è successo dopo, dopo il millenovecentoquarantacinque è solo un'altra storia.

Volgo gli occhi al cielo e penso a quanto debba essere doloroso per Ian tutto questo. I dubbi, le mancate verità e l'incapacità di potersi confrontare, di poter chiedere come sono andate davvero le cose. E' scioccante.

Forse sono stata troppo dura con lui, sono stata io l'egoista. Ho pensato al mio cuore, senza considerare quanto fosse ferito e perso il suo.

"Facciamo pace?"
"D'accordo" sorride.

Con rapidità riordina tutti i fogli del diario e li mette di nuovo dentro a ciò che ne è rimasto della copertina. La sua testa si posa sulla mia spalla e la mia trova appoggio al muro. Ci addormentiamo così, sotto ad un cielo enigmatico senza stelle.

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