Capitolo 58: PACE? PACE.

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Il mattino seguente alzarsi è dura. Mi vesto svogliatamente e stringo i capelli in una treccia. Per la fretta con la quale sono fuggita dall'hotel Clarke non ho con me i libri, non ho il cellulare che mi ha regalato Evan e neanche una semplice penna. Ashley minimizza il tutto, concedendomi di poter usufruire di qualsiasi cosa mi serva dalla sua scrivania.
Mi lancia uno dei suoi zainetti, dicendo che posso pure tenermelo per sempre. Il prugna non si è mei intonato bene con il colore dei suoi capelli, mentre su di me fa decisamente un effetto migliore. E se lo dice lei, come osare darle torto?

Ficco nella sacca qualche matita, alcuni spiccioli che trovo nelle tasche della giacca e un block notes già scarabocchiato. Lancio uno sguardo rapido all'orologio prima di uscire. Sono in perfetto orario ma, non faccio in tempo a mettere il naso fuori che inciampo in qualcosa di morbido e ingombrante. Impreco sommessamente, restando al contempo a bocca aperta.

"Ian, che ci fai tu qui?"

Il corpo del ragazzo che mi ha fatta fuggire in lacrime nel pieno della notte è disteso a terra, assonnato e intorpidito.

"Holland, signorina Ashley, siete già sveglie?" sbadiglia.

Ashley lascia che la porta si chiuda dietro di noi. I suoi occhioni da cerbiatta scrutano il giovane mentre tenta di mettersi in piedi con disinvoltura. 

"Da quanto stai qui fuori?" mi sento chiedere. Ho la voce che trema e non solo quella.

"Da ieri sera. Ti ho seguita quando sei fuggita dal ristorante e ho deciso di dormire qui"

"Hai dormito sul pavimento?" squittisco, come se fosse la sola cosa strana successa in questo ultimo periodo.

"Tranquilla, ho dormito in posti peggiori" replica lui, piegando la testa a destra e poi a sinistra. Il rumore delle sue vertebre che scricchiolano, tornando ad una forma più naturale, mi fa rabbrividire. 

Ashley incastra il suo braccio sotto al mio e studia Ian con occhi indagatori. Sembra cerchi di decifrare cosa stia passando per la testa del giovane in questo momento.

Improvvisamente ricollego la sgradevole sensazione della notte passata. Pensavo di essere seguita e lo ero davvero. I passi e il respiro che ho creduto di sentire non appartenevano a Tom Felton e neanche a un fantasma. Erano di Ian.

"Non c'era bisogno della guardia!" Mi faccio avanti a testa alta. Sono ferita per la discussione che abbiamo avuto. Mi sento umiliata e mi vergogno per aver messo in bella luce quello che mi sta passando dalla testa e dal cuore.

"Non avrei mai permesso che tu fuggissi nella notte da sola, siamo già abbastanza a rischio, non c'è bisogno di rincarare la dose"

"Hai perfettamente ragione, come ho potuto essere così ingenua? Noi due siamo legati ed io ti ho messo in pericolo. Ho messo in pericolo la tua vita. Sei un padre, dovrei ricordarmelo! Accidenti, dovrei contare fino a dieci certe volte per non commettere simili stupidaggini, il fatto è che, spesso, il mio corpo si stacca dal cervello dopo il due!" riprendo a camminare. I passi che faccio sono veloci, tanto da trascinare Ashley via con me.

"Holland, aspetta!" Ian ci raggiunge, si pone di fronte a noi, ostacolandoci il passaggio. "Non è come credi, io non sono preoccupato soltanto per me. E' vero voglio tornare indietro incolume, proprio come sono arrivato, ma voglio che anche tu possa proseguire la tua vita...oh...mi dispiace così tanto..."

Il mio volto è impassibile, così come la direzione presa dal mio corpo. Vado avanti, nonostante Ian continui a barricare costantemente la strada. Non appena raggiungiamo il corridoio comune ai due dormitori un gruppo di matricole si sofferma a guardarci. Ashley mostra loro il dito medio ed emette un ringhio così potente da far accapponare la pelle. Il tutto è efficace perché i ragazzini fuggano via come scottati.

"Mi dispiace per ieri sera" prosegue Ian, imperterrito. "Mi dispiace molto per la piega che ha preso la nostra conversazione... non...non è come pensi. Io, io non..."

I miei piedi si fermano di colpo. Un arresto brusco che fa quasi inciampare in avanti Ashley.

"Cosa c'è di diverso da ieri sera? Fammi capire? Il linoleum sul quale hai riposato ti ha fatto cambiare idea sull'amore? Hai forse capito di non amare più tua moglie?" Gli vado così vicino che basterebbe solo allungare le labbra per baciarlo. Sento Ashley mantenere una presa sul mio braccio, abbastanza forte da strapparmi via in caso di bisogno.

Ian boccheggia. Fissa le mie pupille dilatate e le mie labbra.

"Non è cambiato niente a quanto pare" I miei occhi si riempiono di nuovo di lacrime. Credevo di averle terminate con il pianto di questa notte, ma non è così.

"D'accordo, sono stato troppo duro con te. Non lo meriti, non lo meriti affatto, piccola Holland"

"Non chiamarmi in quel modo" grugnisco, sorprendendomi della mia potenza vocale. "Mia madre mi chiamava in quel modo, lei mi amava. Non tu"

Ian posa le mani sulle mie spalle, cercando di calmarmi, ma la sua presa finisce per agitarmi ancora di più.

"Vorrei poterti dire di ricambiare i tuoi sentimenti, vorrei poterlo fare con tutto me stesso, credimi, ma non sarebbe giusto. L'amore per mia moglie è così forte che va oltre lo spazio e il tempo. Sono partito giovane per la guerra e non ho vissuto il nostro rapporto come avrei dovuto"

Socchiudo le palpebre reprimendo un lungo singhiozzo. Vedo un abisso dentro di me. Un cuore infranto. Un mare di sangue che scorga.

Ian emette una sorta di sorriso forzato, poi fa risalire i palmi sul mio collo, stringendolo dentro le sue mani. Riapro gli occhi. Incontro i suoi, così puliti e sinceri. Il mio cuore precipita a fondo, portandosi via ogni sorta di possibile resistenza.

"Sai, mi sarebbe piaciuto nascere in questa epoca. Anno 2017. La tecnologia, YouTube e le fashion blogger. Avrei frequentato il college, forse avrei fatto parte anche della squadra di basket. Mi piace quello sport, è proprio un bel gioco di squadra! Avrei studiato e mi sarei garantito un futuro. Avrei partecipato ad ogni singola festa, e poi, un giorno, avrei incontrato la ragazza più bella, più affascinante, più graziosa della scuola. Mi sarei innamorato follemente di lei, dei suoi capelli rossi come la passione, dei suoi occhi grandi e della sua pelle liscia come il velluto. Avrei condiviso con lei mille giorni e mille ancora. Avrei progettato un futuro, responsabilità, figli. Avrei tatuato il suo nome sul braccio e l'avrei baciata ogni singolo istante"

Deglutisco, improvvisamente afona.

"Questo è quello che avrei fatto se fossi stato al posto di qualsiasi tuo compagno o amico della Jacksonville, ma io non sono uno di voi. Sono un soldato e sono cresciuto in un altro mondo. Io non sono pronto a restare qui. Non faccio parte di questi anni. Sono un uomo che crede nei valori della vita. Per quanto tutta la storia delle anime gemelle sia fantasiosa e allettante, io sono un uomo fedele. Ho promesso, ho giurato a Nikki fedeltà eterna, fino alla morte..."

Il mio respiro si incrina. Sento il torace alzarsi e abbassarsi a fatica.

"Tu, Holland, sei una donna forte oltre che bellissima ed hai il diritto di conoscere un uomo che possa donarsi a te, completamente"

"Il mio uomo sei tu, ne sono sicura" butto fuori in un soffio.

Ian scuote la testa. I capelli gli ricadono sul viso e li sposta di nuovo indietro, liberandosi lo sguardo.

"Io non posso" dice, appoggiando la fronte alla mia, "perché non capisci?"

"Tu non vuoi" lo ammonisco.

"Io non posso" ripete lui, scandendo ogni singola parola.

La mano di Ashley fa trazione sul mio braccio, tirandomi leggermente indietro. Il respiro di Ian si allontana dalla mia faccia.

"Credo che sia ora di andare" dice la mia amica, interrompendoci.

Ian acconsente. I suoi occhi non si sganciano dai miei. Sono come due grandi vulcani. Contengono una miscela esplosiva di amore, rancore, disperazione e confusione che solo un pizzico sarebbe sufficiente per far esplodere l'intero stato.

Retrocedo di un passo, mantenendo il braccio incastrato a quello della mia compagna di stanza. Ian non si muove. Le mani dentro ai pantaloni e la giacca elegante posata sulle spalle. Mentre mi allontano penso alla nostra cena, penso al nostro legame e a quello che è appena successo. Il gioco di sguardi. Il gioco di parole. Ian ha detto che non può, non ha detto che non vuole. L'immagine di Nikki sulla tomba, quella di una donna con il viso segnato dal tempo, occupa gran parte della mia mente. Più mi allontano da Ian, più mi chiedo cosa lui provi veramente per me. Si tratta soltanto di restare fedeli e aggrappati al passato? Tornare indietro è la soluzione più facile, più logica e più semplice. Ritrovare ciò che si conosce. E se quello non fosse vero amore, ma solo una fantastica illusione al quale sorreggersi per non annegare? Allora Ian avrebbe perso un treno.
E lo avrebbe perso alla grande.

Mi volto. Ashley apre l'accesso che porta al cortile. Prima di varcarlo però guardo di nuovo indietro. Ian è sempre lì. Non si è mosso di un passo.

"Holland, non voglio che tu serbi rancore per me. Dimmi che non mi odi. Per favore"

Mi fermo e Ashley si arresta di nuovo con me.

Sai già che ti amo. Vorrei replicare. "Non ti odio, stai tranquillo" sostengo il suo sguardo. 

Il volto di Ian sembra rilassarsi e le sue mani trovano nascondiglio dentro le tasche dei pantaloni.

"Pace?" chiede.
"Pace" annuisco.

Le nostre voci rimbombano nel corridoio. Pace.

Mi ritrovo in cortile. La luce del giorno, la confusione di studenti, il rumore del mattino. Scoppio a piangere. E Ashley mi accoglie tra le sue spalle grandi per l'ennesima volta.

NOTE AUTRICE:

Ehilà! Buongiorno a tutti!
Vi ricordo che ci sono ancora molti posti per il gruppo WhatsApp di Endless. Lo creerò la prossima settimana, se siete interessati scrivetemi un messaggio privato così vi lascerò il mio contatto.
Vi auguro un buon fine settimana!
Alla prossima con i nostri Ian e Holland e il loro pendolo delle anime gemelle.
Baci
Serena

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