Capitolo 66 EXPLOSION

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"Dobbiamo medicarti il braccio" Ian guida a tutta velocità lungo la strada deserta che costeggia l'oceano. 

"Dobbiamo medicare anche il tuo" puntualizzo, tenendomi premuto il palmo contro l'arto leso. Adesso fa davvero molto male. Non so come Ian possa riuscire a mantenere il volante con una ferita così profonda e dolorante.

"A quanto pare la nostra incursione nell'ufficio del signor Felton non è servita a molto. Quel ragazzo è un pazzo psicopatico e non possiamo farci niente, a parte trovare il modo per riportarmi indietro e togliere di mezzo questo pendolo maledetto, ovviamente!"

Le parole di Ian grattano e graffiano ogni mio senso. Resto in silenzio, ad ascoltare la melodiosa voce di Michael Buble cantare Let it snow. Ogni Natale mi fa pensare a mia madre e alla sua mancanza. Quest'anno però è tutto un po' diverso, è come se la malinconia del passato fosse sostituita dall'incognita del futuro; e poi, qui in Florida, il Natale non è mai un vero e proprio Natale. La neve non esiste, ci sono venti gradi all'ombra e qualche intrepido coraggioso si fa pure un tuffo nelle acque dell'Atlantico. Ancora non mi sono abituata molto alla visione dell'Albero di Natale carico e addobbato al fianco di palme e tavole da serf.

Quando raggiungiamo Ponte Vedra Beach, Ian parcheggia di fronte a casa Radcliffe e salta giù dall'auto. Mi apre lo sportello e mi aiuta a salire i gradini del porticato.

"E' davvero molto tardi, Daniel starà dormendo, non è meglio se torniamo domani?" chiedo, angosciata.

Le finestre sono chiuse. Non c'è movimento né lumi accesi dentro l'abitazione. Ian ignora la mia richiesta e si attacca al campanello. I miei occhi cadono sui muscoli tesi e contratti del suo braccio e del suo collo. Devo compiere davvero uno sforzo sovraumano per smettere di pensare a quanto sarebbe bello e piacevole massaggiargli le spalle fino a farli rilassare.

"Holland? Ian? Cosa ci fate qui a quest'ora?"

L'apparizione di Daniel sulla porta, dentro ad un pigiama lungo color verde acido, ci coglie di sorpresa. Lui sbadiglia e si sistema gli occhiali sul naso.

"Abbiamo bisogno del tuo aiuto, ci fai entrare?"

Ian non concede un secondo di tempo al ragazzo per accettare o meno la nostra visita inaspettata, dà una spallata alla porta ed entra con irruenza, trascinandomi ovviamente con sé.

"Ma...ma...siete feriti?" Daniel balbetta, assonnato e totalmente disorientato.

"Dobbiamo forse scarabocchiarti un disegnino per farti capire l'urgenza che abbiamo di trovare una soluzione?" Ian tira un calcio alla porta perché si chiuda.

"Io...io...io non ho una soluzione, non ancora. Ho bisogno di altro tempo...io..."

Ian lo afferra per il colletto del pigiama. Punta gli occhi contro i suoi, nascosti dietro alle lenti appannate e sibila: "Siamo in pericolo, Radcliffe, non c'è tempo!"

Il giovane annuisce e allora Ian lo molla.
Resto immobile ad osservare la scena, come uno spettatore privo di entusiasmo. L'odore del sangue e della paura ricopre ancora la mia pelle.

"Hai qualcosa per disinfettarci, almeno?"

Daniel fa un paio di passi indietro, ci guarda scosso e impaurito, poi sembra tornare cosciente. "Vado a prendere il kit del pronto soccorso" dice.

In un lampo sparisce al piano di sotto.
Ian mi viene vicino. 

"Hai freddo?" mi chiede.

Scuoto leggermente la testa.

"Stai tremando, accidenti" Le sue mani si posano sulle mie e le sfregano con energia.

Daniel torna da noi con una piccola cesta bianca. Tira fuori cotone, garze, bende e alcol.

"Riesci a toglierti la maglia? Dobbiamo sistemare quella ferita" dice Ian.

Annuisco. Lui mi aiuta a sfilare le maniche e poi il collo. Ci mette molta cautela e molta delicatezza. Resto in reggiseno di fronte ai due ragazzi, ma non provo alcun imbarazzo perché il dolore è molto più forte del pudore.

Ian si avvicina fin troppo. Le sue dita sfiorano la mia pelle, provocandomi brividi ovunque. Adesso sì che ho freddo! Sento il suo respiro accelerare e poi tornare regolare. Davanti al mio busto seminudo sembra improvvisamente titubante.

"E' molto...grave?" chiedo.

Lui studia bene il mio braccio, poi scuote la testa, scrollando via anche la benché minima traccia di imbarazzo. 

"E' solo una ferita superficiale, riusciremo a bloccare l'emorragia senza punti di sutura, anche se, ti resterà la cicatrice..."

"Non mi importa" Ho il cuore tappezzato di cicatrici. Una più, una meno non fa la differenza.

Ian mi disinfetta il braccio, ripulendolo dal sangue. "Ti farà un po' male. L'alcol brucia" mi avverte.

"Fai quello che devi fare" stringo forte i denti.

Daniel resta immobile a guardarci medicare a vicenda. Ian mi benda il braccio con una fitta rete bianca, dopodiché sono io ad occuparmi di lui. Le stesse ferite, lo stesso identico dolore. Quando termino la fasciatura attorno al suo arto, Daniel si fa avanti con un paio di felpe.

"Prendete queste, dovrebbero riscaldarvi un po'"

Il cotone pulito a contatto con la pelle riesce a farmi smettere di tremare. Anche Ian sostituisce la sua maglietta con il nuovo indumento. La felpa azzurra con le strisce bianche gli sta d'incanto. In realtà, qualsiasi abito ad uno come lui starebbe d'incanto; sportivo, casual, elegante o da notte.

"E' stato Tom, non è vero?" chiede Daniel, una volta che ci siamo ripresi. 

Annuisco. Ian mi viene vicino. Il suo corpo affianco al mio è una fonte di calore naturale.

"Mi ha rinchiusa in un vecchio magazzino e mi ha colpita con un coltello, voleva uccidermi, ma sono riuscita a difendermi e scappare" spiego brevemente.

"Come vedi non siamo al sicuro. Abbiamo davvero bisogno di quella combinazione e al più presto possibile!" interviene Ian.

Daniel si fa pensieroso. Si gratta il mento e mormora qualcosa di incomprensibile tra sé e sé. Nel salone l'orologio a pendolo batte la mezzanotte. Guardo Ian e Ian guarda me.

"In questi giorni ho pensato molto alla possibilità di una combinazione al contrario, ho cercato in ogni riga, ho studiato ogni singola pagina del libro, ma non si parla di niente del genere..."

"Sono sicuro che esiste" interviene Ian con decisione.

"Con le lancette dell'orologio si possono fare fino a 720 combinazioni" dice Daniel.

"Per ogni ora esistono dodici combinazioni e cinquantanove possibilità di minuti" lo interrompe Ian. "E, se escludiamo le dodici in punto, allora 719"

Daniel lo squadra da sotto gli occhiali.

"Non sono uno stupido e la matematica non è un'opinione" si difende il giovane dagli occhi azzurri come il cielo. "Il punto, caro Radcliffe, è che tu trovi quella combinazione!"

"Potremo provare a impostare le lancette al contrario" propone Daniel. "Se per arrivare fin qui hai usato le dodici, noi imposteremo le lancette sulle sei e mezza, così che risultino speculari...."

Ian ci rimugina sopra, sembra scettico e poco convinto, ma alla fine sfila la collana e gliela cede. "Non ho niente da perdere. Apri questo orologio e imposta la combinazione che hai detto. Proviamoci!"

Il padrone di casa afferra la collana.

"Aspettate!" poso una mano sulle loro spalle per bloccare lo scambio. "E se la combinazione non fosse corretta? Cosa succederà?"

Daniel mi guarda a vuoto e Ian trattiene il respiro.

"Nel libro si parla di persone che hanno tentato di utilizzare questo marchingegno per raggiungere la propria anima gemella o per liberarsi dall'incantesimo, si parla di combinazioni non riuscite, non di effetti collaterali"

"Secondo te cosa significa? Che non esistono effetti collaterali?" domanda Ian.

Il mio braccio si abbassa, consentendo a Daniel di prendere la collana tra le mani.

"Significa che non lo sappiamo" allarga le braccia quest'ultimo.

Ian abbassa la testa in raccoglimento. Quando rialza lo sguardo è me che sta studiando. Per un istante non capisco più niente. Le combinazioni, le lancette, il sangue e il dolore al braccio si confondono in un vortice unico.

"Puoi lasciarci soli un secondo, Radcliffe?" chiede, senza distogliere gli occhi dai miei.

Daniel sgattaiola di nuovo al piano di sotto, portando con sé la collana. Nel grande salone restiamo da soli, io e Ian. Un ragazzo, una ragazza e una grande, immensa decisione da prendere.

"Tornare da tua moglie e da tua figlia è la cosa alla quale tieni di più. Non possiamo non tentare" dico, prima che Ian possa aprire bocca.

"Non sappiamo se è la combinazione esatta, non sappiamo cosa potrebbe succedere se impostiamo l'ora sbagliata" dice lui.

"Allora proviamoci"

Pronunciare queste parole, essere d'accordo con Ian affinché lui sparisca dalla mia vita è qualcosa di immensamente doloroso. Dimostro sicurezza, ma solo per nascondere l'immane paura della perdita. La seconda grande perdita della mia vita. Ian si avvicina a me. Mi prende le mani nelle sue e le porta alla bocca. Vi lascia un bacio caldo, sincero, dolce come non mai.

"Io non ti dimenticherò mai, piccola Holland" sussurra.

Chiudo gli occhi e mi lascio cullare dal suo respiro sulle mie dita e dalle parole che svaniscono nell'aria. Una lacrima mi riga il volto. Lascio che scorra lungo il collo e si intrufoli dentro la felpa. Quando Ian solleva il volto noto che anche i suoi occhi sono lucidi, esattamente come i miei.
***
Daniel apre il marchingegno con un paio di minuscoli cacciaviti dalla punta a stella.
Muove le lancette fino a impostare le sei e trenta minuti, dopodiché richiude il quadro e avvita di nuovo gli ingranaggi.

"Ecco qua" pone il pendolo a Ian. "Occorre soltanto il tuo sangue, niente di più"

Ian porge una mano davanti a sé, consentendo al giovane di pungere il suo polpastrello con un ago. Gocce di sangue rosso vivo impregnano la sua pelle all'istante. Il mio cuore si stringe come una spugna. Le mie gambe cedono, facendomi cadere in ginocchio sul pavimento. Ian mi guarda con gli occhi di chi ti sta dicendo addio per sempre. Nessuna lacrima, nessun singhiozzo. Ogni parte del mio corpo è fredda e congelata dal dolore di questo istante, che sembra lungo, interminabile, ma anche estremamente breve. Ian posa l'indice insanguinato sul quadrante.
Non posso non chiudere gli occhi, strizzarli così forte da stritolare le orbite.
Non voglio vedere, non voglio essere qui, non voglio ricordare niente.

Per un attimo tutto tace. Silenzio.
Resto con il fiato sospeso, poi il boato.

Un rumore assordante, un'esplosione, una vera e propria bomba. Sento Daniel gridare e anche Ian. Mi accovaccio a terra per ripararmi dal frastuono. Quando rialzo la testa la stanza è invasa dal fumo e dall'odore di bruciato. Ci sono fiammelle sparse ovunque, sul divano e sul tappeto.

Poco lontano da me Daniel è disteso a terra con la faccia completamente annerita. I suoi occhiali sono sottosopra e le lenti in frantumi sul pavimento.

"Oh merda!" esclama, cercando di rimettersi in piedi.

L'odore di fumo aleggia nella stanza, impregnando le pareti e ogni nostro senso. Vicino a me giace il medaglione. E' aperto e intatto. Le lancette segnano le dodici in punto.

Lo guardo con il terrore di chi si trova di fronte a un serpente o al ragno più pericoloso che esista sulla faccia della terra. Nella mia testa fuggono veloci le immagini, i suoni e la paura.
Poi il pensiero va a Ian. Dov'è? E' tornato indietro?

Un senso di solitudine si impossessa di tutto il mio corpo. Ho perso l'amore, ho perso tutto.
I miei occhi aprono i rubinetti e le lacrime iniziano a scendere in modo compulsivo.

Daniel mi aiuta a tornare in piedi. La nuvola di fumo nella quale siamo avvolti pian piano si dirada, riportando la stanza nella quasi normalità. Di fronte alla finestra, come una bellissima visione, c'è Ian. Smetto immediatamente di piangere. In realtà le lacrime di disperazione si mutano in lacrime di sollievo. Non se n'è andato. Non è tornato indietro. Ian è ancora qui con me. Il mio ragionamento è egoistico ma, in questo momento, è anche l'unico che la mia mente riesce a formulare.

"Ian..." sussurro con un filo di voce.

Il ragazzo si porta indietro i capelli. Ha le guance e la fronte macchiate di polvere scura.

"Holland..."

Daniel si mette tra noi. Il suo sguardo è dispiaciuto mentre porge al legittimo proprietario il medaglione. "Mi dispiace, non era la combinazione esatta..."

"Me ne sono accorto" tossisce il giovane, rimettendosi al collo il pendente.

Forse la combinazione giusta per tornare indietro non esiste. Non si tratta di un registratore, dove si può riavvolgere il nastro. Nessuno ha pensato a creare un rewind, perché chi trova la propria anima gemella non torna indietro. Mai.

Mi asciugo gli occhi e vado incontro a Ian. Senza che lui faccia un passo o realizzi le mie intenzioni, mi getto tra le sue braccia. Non voglio che dica niente e non voglio dire niente. Stringo forte il corpo del ragazzo che è ancora qui con me e annuso tutto il suo profumo.

"Holland, stai bene?" mi chiede, quando trovo il coraggio di fare un passo indietro.

Annuisco.

"Ragazzi, mi rimetterò al lavoro per trovare la combinazione esatta. Ho bisogno di studiarci un po' sopra. E' una cosa delicata, non possiamo procedere a tentativi, è troppo pericoloso. Caspita, avremo potuto esplodere tutti quanti!"

Ian sposta il suo sguardo da me a Daniel alla stanza. La casa è in subbuglio, sembra appena uscita superstite da un uragano o da una scossa di terremoto.

"Ho bisogno di tempo. So che Felton vi sta con il fiato sul collo, ma io ho seriamente la necessità di studiarci sopra"

Ian si gratta la testa, sposta indietro un ciuffo di capelli che si ribella al suo volere e torna a osservare il mio volto. Ho lacrime appiccicate alla faccia insieme alla polvere e al fumo.

"Tra una settimana partirò per New York, passerò il Natale in famiglia, vieni con me. Saremo lontani dalla Florida e da Tom. Saremo al sicuro" propongo.

Ian aggrotta la fronte e stringe i denti sul labbro inferiore.

"Prenderò un biglietto aereo anche per te. Mio padre sarà felice di conoscere un mio amico del college" smorzo un sorriso.

"Io non sono un tuo amico del college, Holland, io sono..."

"Un fantasma" lo interrompo. "Lo so!"

Lui sorride.

"E sei anche il fantasma più cocciuto che abbia mai incontrato nella mia vita. Parti con me per queste vacanze, per favore"

Ian mi guarda intensamente. Le sue pupille sono dilatate, sguazzano nell'oceano azzurro delle iridi che le circondano.

"Va bene" annuisce. "Ma solo perché non sono mai stato nella Grande Mela"

La mia bocca si stende in un grande sorriso e le mie braccia si portano di nuovo intorno al suo collo. "Ti piacerà. So già che ti piacerà un casino!"

NOTE AUTRICE:

Ehilà! Come state?
Ormai siamo alla svolta di questo primo libro, mancano pochissimi capitoli al finale.
In questi giorni ho partecipato ad uno scambio di letture dove mi hanno consigliato di modificare la parte iniziale, cominciando proprio con il Pov's di Ian, e così ho fatto. Credo anche io che la storia in questo modo sia più fluida, voi che dite?
Ah, ho anche scritto una One-shot: Sette minuti per il [Concorso "Odi et amo" degli AmbassadorsITA], se vi va passate a leggerla si trova sul mio profilo. È una iniziativa carina e possono partecipare tutti ( termina il 30 novembre) se anche voi volete mettervi alla prova andate a dare uno sguardo al libro Concorsi degli AmbassadorsITA.
Buona serata a tutti!
Baci,
Serena

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