1 ~ L'inizio di un'avventura

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Era una fresca giornata d'autunno. Nella frizzante aria della casa risuonavano le voci di Emma e dei suoi genitori, immersi nei loro pensieri e nelle loro occupazioni. Ettore intanto sonnecchiava sul divano con le zampe in su, come faceva di solito per rilassarsi. Le sue morbide orecchie di velluto solleticavano delicatamente la pelle di Arianna, la madre di Emma, che gli stava vicino e gli accarezzava distrattamente la pancia con la mano un po' tremolante, mentre nell'altra teneva un libro che sembrava suscitarle emozioni profonde. Alcune volte se ne stava seduta a leggere per ore consecutive, non alzando gli occhi per nessun motivo. Emma, intanto, studiava ininterrottamente, attaccata alla sua bella scrivania marrone. Quest'ultima era un regalo per il compleanno. La ragazza teneva molto a essa.

"Mamma, cosa c'è in questo pacco gigante? È quasi più alto di me!" aveva detto ridacchiando leggermente. A quella festa erano numerosi gli invitati, tutti attirati da Ettore, allora un batuffolo di pelo di due mesi. L'odore dei dolci e delle altre leccornie arrivava in ogni angolo della casa. I regali se ne stavano in un grosso mucchio accanto alla tavola.

Non appena Emma aveva scartato il grande pacchetto, sul suo viso era comparso un largo sorriso: si era ritrovata davanti la più bella delle scrivanie. Era come la desiderava: di pregiato legno di noce, con tanto spazio per lavorare e numerosi cassetti dove inserire piccoli oggetti.

Venne collocata appositamente nella stanza da letto di Emma. Ettore ci girava spesso intorno, fiutando l'aria. Gli piaceva. Stava bene in quella camera dalle pareti azzurrine.

Ettore amava quella casa: grande e spaziosa, calda e confortevole. Erano tutti gentilissimi con lui. Quando voleva giocare, prendeva la pallina e correva in giro per la casa, facendosi inseguire da tutti. Muoveva la coda e ansimava, filava come una freccia, buttando tutto a terra. Adorava essere rincorso, anche se il suo passatempo preferito era dormire, coccolato e vezzeggiato.

A differenza degli altri cani che conosceva, non amava abbaiare né ringhiare. Era affettuoso con tutti, specialmente con Emma. Le voleva molto bene, ma lei ultimamente lo guardava meno. Ettore se ne era accorto. Non sapeva cosa lui le avesse fatto di male, ma evidentemente un problema c'era. Non giocava né sorrideva più. Studiava solo. E nei rari momenti di relax accendeva la televisione e rimaneva lì per tutta la serata, fissando incantata lo schermo.

Quando il cagnetto cercava di attirare la sua attenzione, infilando i dentini appuntiti nell'orlo dei pantaloni, per poi mettersi ad abbaiare con quel suo verso annoiato e un po' insistente, la ragazza lo guardava male ed esclamava: "Ettore, non è il momento!". Al beagle non piaceva questo suo comportamento, però cercava di non pensarci troppo. Si era arreso: sapeva che non poteva fare niente per la padroncina. Ma lui stava bene lì, a pancia all'aria.

Mentre dormiva ancora, sentì un forte stimolo. Si rimise sulle zampe, si stiracchiò, si scosse e corse alla porta. Vedendo che nessuno l'aveva notato, cominciò a grattare la porta e a mugolare, temendo di farsela addosso. Stringeva i denti e univa le zampe, in un disperato tentativo di trattenersi.

Davide, il padre, alzò la testa dalla tastiera del computer e gridò: "Ettore ha bisogno di uscire!".

Arianna ruotò gli occhi e chiamò Emma chiedendole di portare fuori il cane. Ma lei rispose di no. L'indomani, infatti, aveva un'importante verifica di matematica e gli esercizi di preparazione erano difficili.

"Lo sai che sei tu che volevi un cagnolino" furono le parole dei genitori.

Emma, infuriata, ricominciò a studiare, facendo finta di non sentire. Il viso roseo e chiaro divenne rosso come un pomodoro. Sciolse i biondi capelli radunati da un elastico e fece involontariamente cadere il fiorellino celeste che era stato vezzosamente posto sulla sua testa.

Con i denti che formavano invalicabili barriere, cedette ai rimproveri dei genitori e disse: "Va bene. Lo porto io, ma vediamo di fare in fretta".

In quel momento i lamenti di Ettore cessarono ed egli tirò un sospiro di sollievo. Emma si alzò dalla sua sedia girevole blu oltremare e corse a prendere il guinzaglio. Il cucciolo scodinzolò e le leccò una gamba. La fanciulla rispose dandogli una grattatina dietro le orecchie, che lui adorava. Uscirono dalla porta veloci accompagnati dalle noiose raccomandazioni di Arianna. Mentre Emma si allontanava con Ettore, gli adulti li osservavano, fino a quando dei due non rimasero che delle sfocate e lontane macchioline.

~•~•~

Dopo un po' arrivarono al delizioso parchetto del paese: le aiuole contenevano fiori colorati e l'erba verde e fresca solleticava le zampette del cagnolino. I grandi alberi rigogliosi offrivano ombra a volontà. Il recinto contornava la nuova area-cani, pensata per permettere ai cani un po' di libertà.

Emma pensò di far giocare Ettore, vedendo che tanti altri cagnolini correvano all'interno del grande spazio.

Mentre gli toglieva il guinzaglio, disse: "Ok, Ettore. Adesso ti lascio un po' libero. Io ti guardo da lì. Va bene?". Il cane la guardò negli occhi, la leccò e cominciò ad ansimare, allegro.

"Fai amicizia con altri cani. In fretta che tra poco dobbiamo andare!" continuò fiduciosa ma in parte tesa la ragazza.

Non amava per niente le aree-cani. Temeva sempre che ci fosse un qualche buco nella recinzione. Aveva già avuto modo di capire che il suo cucciolo era un amante dell'avventura. Cercava sempre di scappare. Già più volte in passato era riuscito a sgattaiolare al di fuori della recinzione attraverso buchi microscopici, anche larghi la metà di lui. E poi scappava via fiutando. Lo guidava il suo istinto di cane da caccia. Emma si preoccupava sempre tantissimo ma, fortunatamente, fino a quel momento era sempre tornato indietro.

La ragazza si guardò intorno ancora una volta, ma non vide niente. Perciò lasciò libero il cane e andò a sedersi su una piccola panchina rossa, reggendo tra le mani un libro.

Ettore corse subito via pensando alla sua guadagnata libertà. Incontrò un altro cane, un grosso pastore tedesco. Le sue zampe erano possenti e muscolose e la sua coda lunga e folta come quella di un lupo. Il suo manto era soffice e ben acconciato. Accanto all'occhio destro aveva una lunga cicatrice che gli arrivava fino al naso. Le sue orecchie a punta stavano ritte e all'erta. Quando Ettore lo vide, stava abbaiando a qualcuno al di fuori dell'area-cani, forse uno scoiattolo, oppure un passerotto.

Ettore lo salutò e si sdraiò con le zampe all'aria in segno di sottomissione, ma quello si mise sopra di lui. Ettore cominciò a tremare: era indifeso in quella posizione. Cercò di rialzarsi sulle zampe, ma il pastore tedesco glielo impediva.

Non appena, dopo molti tentativi, riuscì a rimettersi in piedi, il cane più grosso ringhiò: "Vattene via, pidocchio!". E lo rincorse per tutta l'area. Ettore, terrorizzato, sfrecciò più veloce che poteva.

"Questa cicatrice che ho sull'occhio me l'ha provocata una botoletta come te. Cercava di difendere i suoi cuccioli, che tenerezza... Purtroppo per lei ho vinto io..." gridò il pastore tedesco ghignando.

Ettore non lo stette neanche a sentire. Continuò a correre finché vide che il cagnaccio non era più dietro di lui. Boccheggiò e si sdraiò a terra.

Decise di riposarsi un po', ma, dopo poco, gli venne appetito e disse tra sé e sé: "Ho la pancia che brontola! Ho proprio voglia di mettere qualcosa sotto ai denti".

Cercò di resistere agli stimoli della fame, ma poi cedette e cominciò a fiutare ovunque. Seguì numerose tracce, scartando quelle che non gli interessavano. Erba secca, frutta marcia, panini ai peperoni... Finalmente il naso percepì qualcosa di invitante.

"Questo sì che è un buon profumo! Sarà sicuramente qualcosa di delizioso!" pensò leccandosi i baffi.

Fece per seguire il suo naso, ma si ricordò della padroncina. Pensò tra sé e sé: "Emma non si arrabbierà se mi allontano un po' per seguire questo odore sfizioso." Così, convinto, cominciò ad allontanarsi.

Trovò un minuscolo buco nel recinto. Si schiacciò più che poté e riuscì a uscire dall'area-cani, continuando ad annusare, finché giunse in un angolo remoto del parco. Lì si trovava un'enorme bistecca.

Ettore, deliziato nel vedere quella gigantesca fetta di profumata e deliziosa carne, si avvicinò di soppiatto sussurrando: "Gnam, che delizia! È la bistecca più grande che abbia mai visto!".

Ma, ad un certo punto, una piccola labrador, comparsa dal nulla, si gettò sulla carne e urlò: "Questa la prendo io!".

Ettore, arrabbiato, ringhiò dicendo: "Riportala subito qui, ladra di cibo!".

La cagnetta lo sfidò esclamando: "Vieni a prendermi se ci riesci!". E corse via a tutta velocità. Il cucciolo, seccato, cominciò a inseguirla.

Dopo diversi minuti di corsa, Ettore iniziò a essere stanco. "Fermati!" disse con un filo di voce e ansimando.

"Sei troppo lento!" esclamò la cucciola ridacchiando.

Ettore era sempre più affamato. Intanto la labrador continuava a ridere e a sfidarlo in quella frenetica partita a "Ce l'hai". Il beagle non si arrendeva. Metteva sulle zampette tutta la forza che aveva cercando di ignorare la fatica. Le sue palpebre formavano un sottile spicchio che si riduceva sempre più, inquadrando lo scattante didietro della cagnolina. Lei sembrava non stancarsi mai. Con la grossa bistecca stretta tra le mascelle, lo distanziava di diversi metri.

Ettore, ormai esausto, si fermò, inalò a fatica una boccata d'aria per poi cadere a terra con un tonfo e svenire. La giovane labrador si fermò all'improvviso, per poi voltarsi nella direzione dell'altro cucciolo. Un sorriso si dipinse sul suo muso color sabbia.

"Perfetto. Ora devo solo attendere che il magico portale ci conduca nel fantastico mondo" esclamò la cagnetta guardando un muro, attendendo qualcosa che il povero beagle non poteva immaginare...

Dopo pochi secondi afferrò il più piccolo per la collottola e lo trascinò. E poi più niente.

Emma, nel frattempo, stava leggendo il suo nuovo fantastico libro: "Il Regno dei Venti". Presa da quella lettura, non si accorse di niente.

Dopo alcuni minuti, cominciò a chiamare il suo cucciolo, ma senza udire risposta. Scrutò nuovamente il recinto per tutto il suo perimetro e scoprì il buco. Capì che Ettore era scappato. Lo cercò ovunque in giro per il parco ma non lo trovò. A quel punto, disperata, tornò a casa e raccontò tutto ai genitori.

"Come è scomparso?" gridò il padre. Entrambi gli adulti erano esterrefatti.

"Sì, è sparito nel nulla!" rispose piangendo la povera Emma.

"Sarà da qualche parte nel parco" esclamò la madre.

"No, non c'era. L'ho cercato ovunque" singhiozzò la ragazza. Poi ebbe l'illuminazione. Smise subito di piangere, più calma.

"Sto leggendo un libro straordinario" iniziò. "È la storia di uno splendido mondo abitato da cani alati che vivevano in pace e in armonia, fino a quando tutto cambiò... Per raggiungerlo basta attraversare un portale. Sono sicura che sia tutto vero. Ettore potrebbe essere andato lì. Magari è lui il prescelto per salvare quel mondo...".

"La realtà è diversa da ciò che c'è scritto in un libro, mia cara Emma. Tornerà, stai tranquilla" le disse Davide convinto di quel che diceva. Emma lo guardò di sottecchi.

Poi, più serena, andò sul balcone e ammirò a lungo l'infinito cielo stellato, dicendo: "Piccolo mio, io credo in te. Sono sicura che tornerai sano e salvo. Sapevo, fin da quando ti ho trovato, che eri speciale. Vai, e porta la pace ovunque ti troverai...".

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