Chapter 17

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Misi gli zaini uno per spalla, per poi ritornare nella piccola casupola, aprendo e chiudendo attentamente, cercando di non fare rumore.

"Dove sei stata? Che cosa hai fatto?" Quella voce familiare mi fece saltare un battito del cuore, causandomi una forte paura momentanea, che tuttavia svanì in pochi secondi, proprio com'era sopraggiunta.

"Ascoltami Jonathan, ti posso spiegare." Cominciai, voltandomi verso di lui; era in piedi con le braccia incorniciate al petto, l'espressione arrabbiata e i lineamenti duri, in un modo che non avevo mai visto sul suo volto e che non credevo possibile. Solo in quel momento mi accorsi di quanto fosse forte la luce della luna e delle stelle, dato che riuscivo a distinguere chiaramente la delusione e l'ira nei suoi occhi macchiati di eterocromia. "L'ho fatto per noi, per poter sopravvivere."

"Ah sì? L'hai fatto per noi?" Sciolse le braccia e fece un paio di passi furiosi verso di me, spaventandomi. "Crystal, ma ti rendi conto della situazione?! Sei uscita da sola, in piena notte, mentre io stavo dormendo, senza neanche avvisarmi!" Stava alzando la voce, arrivando quasi a urlarle, come se le parole fossero veleno nella sua bocca.

"Non mi avresti mai lasciato andare se te lo avessi detto. E poi Ralph mi ha chiesto di non dirtelo." Pronunciare quel nome lo mandò su tutte le furie, la pelle del viso era diventata tutto d'improvviso bordeaux.

"Ralph?" Disse in modo disgustato, scuotendo la testa divertito. "Non ti puoi fidare di lui, non lo conosciamo, non sappiamo che intenzioni abbia."

"Non conoscevo neanche te fino a pochi giorni fa." Quelle parole mi uscirono di bocca prima che il mio cervello potesse elaborarle del tutto, in un tono pacato e tranquillo che non pensavo potesse appartenermi.

Sembrava che i ruoli si fossero invertiti: io ero fredda e razionale, lui impulsivo e che si lasciava trasportare dalle emozioni.

Rimase in silenzio, abbassando lo sguardo e ragionando su che cosa avessi appena detto; aveva l'aria di un cucciolo bastonato, a cui avevano dato delle speranze e che successivamente avevano calpestato senza pietà.

"Mi ha dato questi Ralph." Buttai ai suoi piedi i due zaini, inginocchiandomi poi per aprirli e mostrargli il contenuto. "In questo c'è cibo e acqua, mentre in questo ci sono abiti che a detta sua ci aiuteranno contro il freddo." Non lo guardai in faccia mentre parlavo, stavo cercando gli abiti giusti della mia taglia per poterli indossare.

"E se ci fosse un trucco? O fossero avvelenati?" Provò di nuovo lui a fermarmi, questa volta abbassando la voce.

"Mi fido di Ralph, voglio credere che lui stia veramente provando ad aiutarci." Ero sicura di poter sentire ancora la sua voce, l'affetto che c'era in essa, sconfinato e... Quasi paterno.

"Aspetta un attimo." Mi afferrò dolcemente il braccio, fermandomi e facendomi alzare lentamente lo sguardo verso il suo; vi lessi delle lacrime che aveva trattenuto a stento per sembrare forte. "Io accetto tutto, mando giù l'amaro di questa decisione e vado avanti, come se nulla fosse; ma prima tu rispondimi a questa domanda:" Fece un respiro profondo, chiudendo per un attimo gli occhi, prima di dire: "come mai non ti fidi di me?"

"Non è che non mi fidi di te, Jonathan." Lo rassicurai, tentando un sorriso gentile. "Ralph mi aveva detto di non dirti niente, e volevo veramente fidarmi di lui. Non l'avrei mai fatto, se non avessi sentito che era la cosa giusta da fare." Mi buttai istintivamente verso le sue braccia, trovandovi immediatamente conforto e calore. Non avevo intenzione di perderlo, anzi, la decisione di rimanere solo amici mi aveva devastato, schiacciato il cuore e rubato il respiro, ma per poterlo avere sempre al mio fianco avrei attraversato le strade dell'Inferno andata e ritorno, senza pensarci due volte.

Ci staccammo e alzammo entrambi da terra, iniziando a cambiarci. Concordammo sul fatto di rimanere voltati, ma quando le nostre pelli freddi si sfiorarono per un solo momento - anche se per sbaglio -, ci girammo tutti e due a guardarci, rimanendo a fissarci negli occhi per qualche secondo. Non potei fare a meno di dare un occhiata anche al suo corpo: non aveva un fisico mozzafiato, i lineamenti dei muscoli del petto e dell'addome erano appena pronunciati, tuttavia dovetti trattenermi dalla voglia di allungare una mano per poterli sfiorare. Riportai lo sguardo verso il suo, notando che anche lui stava osservando il mio corpo; non mi era mai piaciuto particolarmente, soprattutto a causa del grasso che era rimasto sull'addome e sulle gambe dopo che ero riuscita a dimagrire. Mi voltai istintivamente dall'altra parte, mentre Jonathan faceva lo stesso e mi sussurrava uno: "scusa" imbarazzato.

Finimmo di cambiarci velocemente, sedendoci successivamente l'uno contro la parete opposta rispetto a quella dell'altro.

"Mi dispiace." Dissi dopo qualche secondo di silenzio, sdraiandomi per terra per provare a vedere se riuscivo a prendere sonno.

"Cosa?" La voce di Jonathan era roca, come se avesse il bisogno di bere acqua a causa della gola secca.

"Mi dispiace di non averti detto niente e di averti fatto credere che non mi stessi fidando di te." Esplicitai, chiudendo forte gli occhi per evitare di far uscire le lacrime che si stavano formando.

"Sono io che non mi sono fidato abbastanza di te." Ribatté lui, sospirando fortemente. "Forse è stata la delusione per il tuo rifiuto, o non so che altro, che mi ha fatto per un attimo dubitare di te; non me l'ero per niente aspettato." Fece una piccola risata amara; sentii il metallo delle pareti che si muoveva rumorosamente, probabilmente perché Jonathan si era mosso dalla sua posizione iniziale. Lo dedussi, dato che avendo chiuso gli occhi non avevo nessuna certezza.

"L'ho fatto solo per il nostro bene." Tentai di ribattere, anche se la voce tremante mi rese la situazione abbastanza difficile.

"Lo so." Disse con tono dolce, capendo che quella situazione faceva male anche a me. "Sono stato uno stupido e me ne rendo veramente conto solo adesso." Aveva la voce strozzata, probabilmente per un nodo in gola. "Sono sempre stato molto razionale, sei la prima persona che mi abbia mai mandato in crisi."

"C'è una prima volta per tutto." Conclusi, per poi scambiarci la buonanotte, addormentandomi quella notte con uno strano sorriso compiaciuto sulle labbra.

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