Chapter 33

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Il tempo che passammo sulla brandina nella botola fu quasi fin troppo veloce: sembrò formato da secondi il periodo tra la nostra discesa nella stanza e quando Josephine venne a darci da mangiare, da minuti l'intervallo tra la fine del pranzo e il momento in cui stava per arrivare questo suo amico. Io e Jonathan ci trovavamo in cucina adesso, premuti con le orecchie contro la porta chiusa; per sicurezza le finestre erano state chiuse e le tapparelle tirate giù. Avevamo concordato sul fatto che noi saremmo usciti solamente una volta che avremmo sentito piena fiducia in lui, altrimenti saremmo rimasti là dentro fin quando la signorina Murphy non ci avrebbe aperto e assicurato che non c'era più nessuno.

Sentimmo subito la voce di Josephine, riconoscendo quella dell'estraneo, dato che era alle mie orecchie sconosciuta, maschile e molto profonda. Si sedettero sul divano - sentii la voce di lei che gli diceva di accomodarsi e lui rispondere in modo positivo -, iniziando a parlare del più e del meno; di sicuro serviva per rompere almeno un po' ghiaccio. Ridevano come se si conoscessero da una vita, discutendo di affari politici a cui io e Jonathan non eravamo neanche minimamente a conoscenza. Sembrarono passare delle ore in quel momento, il tempo che era passato velocemente poco prima sembrava solo uno stupido scherzo del destino oramai. Sbadigliai, scuotendo la testa e socchiudendo appena le labbra per dire che ero stufa di stare ad aspettare qualcosa che non sarebbe mai giunto, quando dalla stanza adiacente la delicata voce di Josephine disse: "A proposito di notizie: avete trovato i due ragazzi scappati dall'esperimento?" Ecco il segnale di cui avevamo bisogno, il momento in cui avremmo dovuto cominciare a prestare attenzione e capire se fidarci o meno.

"No, e detto sinceramente tra noi," Ci furono una manciata di secondi di silenzio prima che lui rivelasse a bassa voce: "spero proprio che non li trovino. Poveri ragazzi, non sanno nemmeno per quale motivo sono finiti qui." Percepivo il dispiacere nel suo tono fin troppo chiaramente, come se stesse urlando. "Io ero tra coloro che avevano votato contro, ma a quanto pare se ad avere un'idea è Wilson allora va bene per forza." Probabilmente si era mosso dal posto in cui si trovava, perché sentii il rumore delle molle o del divano o di una poltrona muoversi.

"Cosa? L'ha proposta lui?" La tonalità di voce era piena d'incredulità e sorpresa.

"Sì, sai che non possiamo dirlo in giro, ma di te mi fido." Persi un battito con quella frase, capendo che ci stavamo avvicinando sempre di più all'obiettivo di Josephine. "Wilson ha proposto lo schianto aereo, con la conseguente morte di quasi tutti i passeggeri, tranne di quei due ragazzi." Fece un respiro profondo. "Di più però non posso dirti, sto rischiando la morte solo per questo."

"Tranquillo, so che cosa intendi dire." Da lì, il discorso cambiò di nuovo.

"Credo che ciò che ha detto sia abbastanza." Rivolsi il mio sguardo a Jonathan, riducendo la voce a praticamente un sibilo.

"Dici che possiamo fidarci?" Mi domandò lui, ancora titubante; sapevo benissimo che avrebbe voluto essere sicuro al cento percento, ma non potevamo, almeno, non in quel momento in cui tutto era così confuso.

"Che scelte abbiamo? Sembra disposto ad aiutarci, non approva l'esperimento in cui siamo finiti, cosa pretendi di più?" Gli afferrai una mano, stringendola tra le mie. "Anche se chiamasse qualcuno avremmo tutto il tempo di scappare, non c'è nessuno nelle vicinanze che possa aiutarlo, non sospettano affatto che siamo qui, mentre noi abbiamo anche la signorina Murphy dalla nostra." Sentivo le lacrime pulsare per uscire, come a indicarmi di afferrare al volo quell'opportunità prima che scivolasse via dalle mie possibilità. "Sia che vada bene sia che vada male avremmo le condizioni adeguate per andarcene da qui." Poggiai la testa sulla sua spalla, guardando la mia mano intrecciata alla sua, usando quella libera per portarmi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. "Dobbiamo rischiare, come abbiamo sempre fatto."

"Sarei anche stufo." Sbuffò lui, facendo poi una piccola risata. "Però hai ragione, andiamo."

"Signorina Murphy, stiamo arrivando!" Urlai alla donna nell'altra stanza, in questo modo potei avvisarla, per poi alzarmi in piedi e trascinarmi con me Jonathan. Percepii la voce confusa del nostro ospite che faceva domande, ma non ci diedi troppa attenzione. Feci un respiro profondo prima di aprire la porta, entrando nella stanza seguita subito dopo da Jonathan. Seduto sul divano, esattamente nello stesso punto in cui mi trovavo io il giorno prima, c'era un uomo che avrà avuto sui quarant'anni, i capelli scuri cominciavano a essere già brizzolati in alcuni punti. Dietro a un paio di occhiali dalla montatura scura brillavano un paio di occhi di un verde scuro che non avevo mai visto prima di allora, non era chiaro e non sembrava nemmeno sporco come quelli che avevo normalmente visto. Vi leggevo dentro curiosità, astuzia e un'intelligenza fuori dal comune, di quelle che ti mettono in soggezione. Era vestito in modo casuale, portava un paio di pantaloni blu scuro abbinati a un maglione grigio topo, con un paio di scarpe da tennis bianche. Di fianco a sé giaceva sul divano un cappotto elegante beige, all'apparenza fin troppo leggero per la temperatura esterna; ma da come avevamo capito io e Jonathan stando per un certo periodo là fuori, quei vestiti sembravano sempre più leggeri di quanto in realtà non fossero. Sul suo viso si leggeva chiaramente la sorpresa che la nostra apparizione gli aveva causato, oltre alla paura mentre realizzava che cosa volesse dire la nostra presenza lì.

"Chris, ti presento Crystal - mia vecchia alunna - e Jonathan, il suo ragazzo. Crystal e Jonathan, lui è Christopher, la prima persona con cui abbia fatto amicizia da quando sono arrivata qui." Ci presentò Josephine, nel frattempo che l'amico si voltava verso di lei e, con occhi spalancati, le diceva: "Ti rendi conto a cosa stai andando incontro? Quali potrebbero essere le conseguenze?"

"Se sono usciti allo scoperto è perché hanno deciso di fidarsi di te, non farglielo rimpiangere." Lo ammonì lei, allungando una mano nella sua direzione. "Lo so a cosa sto andando incontro, e ti giuro che non avrei mai voluto coinvolgerti in tutto questo, ma tu sei la nostra unica e ultima speranza." Lo supplicò la signorina Murphy, guardandolo disperatamente in cerca di aiuto da parte sua.

"Va bene," Acconsentì alla fine lui, facendo andare lo sguardo dalla sua amica a noi e viceversa. "Vi aiuterò, per quanto me ne sarà possibile."

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