Capitolo 16

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Nuova Zelanda, 11 Ottobre 2005

Hermione percorse i pochi chilometri che separavano la zona collinare disabitata dalla pianura e quindi dalle prime case aggrappata al volante dell'auto, le nocche tese fino a sbiancarle e lo sguardo puntato quasi più allo specchietto retrovisore che alla strada che si dipanava davanti a lei. Si era permessa una distrazione e il mondo le aveva mandato forte e chiaro il messaggio che non sarebbe stata al sicuro finché non fosse tornata alla civiltà e, beh, lei si impegnò a farlo il più in fretta possibile.

Non aveva mai guidato tanto come in quel viaggio: dato che era l'unica del gruppo pozionisti con una patente, il Ministero aveva ritenuto che fosse più utile fornire le dispendiose passaporte a Ernie e Mastro Beerbrush, limitando quelle in dotazione a Severus e Hermione esclusivamente a quei passaggi troppo lunghi da percorrere in macchina e troppo costosi o complicati da fare in aereo. In quel momento, era felice di tutto l'allenamento alla guida che le era toccato nel mese appena trascorso, perché lanciarsi a rotta di collo giù per una dissestata stradina che si dipanava tra vallette e rilievi, sotto una pioggia che si era fatta battente, sarebbe risultato impossibile fino a poche settimane prima, a lei abituata a condurre senza fretta l'auto sulle strade della città di Londra o, al limite, su quelle ben asfaltate che abbracciavano alla perfezione le morbide colline della campagna inglese.

Mentre lei, concentrata sul percorso, affrontava una curva dietro l'altra, sul sedile del passeggero Severus si aggrappava quasi con disperazione alla maniglia della portiera.

Non si era mai abituato a viaggiare sui mezzi babbani, l'aereo gli dava il mal di testa e l'auto, se la strada non era più che dritta, in genere gli causava un'odiosa nausea, non particolarmente forte ma insistente. Lo sballottamento indotto da quel terreno accidentato e dalla velocità a cui Granger lo stava affrontando, però, avevano il potere di ribaltargli lo stomaco al punto che stava sudando freddo nello sforzo di tenerlo al proprio posto. Per non parlare del modo in cui i colpi si riverberavano per tutto il suo corpo, causando stilettate di dolore acuto dalle ferite che aveva riportato nel combattimento.

Gli ci voleva tutta la sua concentrazione per trattenere i gemiti che gli salivano spontanei alla bocca a ogni buca, ogni cunetta.

Entrambi tirarono un respiro di sollievo quando gli pneumatici dell'auto superarono con un ultimo colpetto il lieve dislivello tra il viottolo di campagna che avevano percorso fino a quel momento e la meglio mantenuta strada nazionale che attraversava una valle coltivata e abitata tra due file di colline.

Quando furono quasi alle porte del primo paesino, Hermione rallentò fino a fermarsi in uno slargo che si affacciava sui campi.

Sollevò le mani tremanti dal volante, prese un profondo respiro e impose all'adrenalina che ancora aveva in circolo di riassorbirsi.

Solo allora si girò a guardare Severus, notandone il pallore e l'insolita posizione accasciata.

«Sei ferito» ripeté le parole di pochi minuti prima.

«Non è niente» rispose lui, ma il suo tono apparentemente tranquillo aveva un sottofondo metallico che non le piacque per nulla.

«E allora perché stai respirando come se avessi corso la maratona?»

«Lo sai che sto male in auto.»

«Non lo sei mai stato così.»

«Non abbiamo mai percorso a quella velocità una strada così contorta e dissestata.»

«D'accordo, ma la nausea non ti fa macchiare il sedile di sangue.»

Lui abbassò lo sguardo, notando sulla tappezzeria blu un'estesa macchia scura.

«Come ho già avuto modo di dire, Granger, non è niente.»

Lei batté un pugno sul volante.

«Maledizione, Severus, falla finita di fare il macho che non deve chiedere mai! Essere compagni di viaggio significa che i tuoi problemi sono anche miei, e che a me spetta il compito di aiutarti esattamente come a te spetta il compito di aiutare me. Non sei più il mio professore e io non sono più una bambina. E ora levati quel maglione e la camicia e fammi dare un'occhiata.»

«Abbiamo cinque ore di strada davanti a noi e la pioggia sta aumentando. Non mi sembra il caso di perdere tempo.»

«Pensi che se mi svieni qui per la perdita di sangue non perderemo tempo? Non fare il bambino.»

«Deciditi: o sono un macho, o sono un bambino. E se dovessi svenire, saresti libera di guidare in silenzio senza dover sopportare la mia compagnia.»

«Sei un macho col cervello di un bambino di cinque anni, ecco cosa sei. Alla seconda affermazione non mi degno nemmeno di rispondere. Comunque, sei tu che ci stai facendo perdere tempo: a quest'ora avrei già finito di richiuderti le ferite se non fossi così cocciuto.»

«Non è necessario...»

«Severus, se non ti togli gli abiti spontaneamente, te li faccio Evanescere» minacciò lei brandendo la bacchetta.

«Non oseresti.»

Lei inarcò un sopracciglio.

«Vuoi mettermi alla prova?»

Lui strinse le labbra in una linea sottile.

Quella dannata ragazzina non capiva niente. Non poteva lasciarlo in pace, no, doveva per forza metterlo in imbarazzo. E probabilmente non si rendeva nemmeno conto di starlo facendo!

L'idea di trovarsi seminudo con lei in quello spazio ristretto, di sentire le sue dita sulla pelle, nonostante il dolore delle ferite...

Cos'avrebbe fatto se lei l'avesse guardato con disgusto o pietà?

Cosa avrebbe fatto se il suo corpo avesse reagito per via della vicinanza?

Cosa avrebbe fatto se lei, invece, l'avesse guardato in un modo... diverso?

Quel viaggio si stava rivelando impervio sotto troppi aspetti.

«Accidenti!» esclamò, artigliando il bordo di quello stupido maglione e iniziando a sollevarlo con fatica, insieme alla camicia.

Quando ormai aveva il maledetto tessuto intorno alla testa sentì l'inalazione inorridita di lei, e quando finalmente se ne liberò, si trovò davanti al suo peggiore incubo.

Hermione, che guardava il suo petto con orrore e disgusto.

Chiuse brevemente gli occhi, cercando di ricacciare indietro l'umiliazione, di non sentire il morso del pugno che gli stringeva il fondo dello stomaco.

«Severus, ma sei impazzito?!»

L'esclamazione lo riscosse e gli fece aprire gli occhi.

«Im...pazzito?»

«Per le mutande puzzolenti di Merlino, ci sei o ci fai? Come cazzo pretendevi di andartene in giro con il torace e le braccia ridotti a brandelli?»

Lui fece scorrere lo sguardo sulla propria pelle, segnata da solchi sanguinolenti, più o meno profondi.

«Non c'è nessuna ferita grave» minimizzò, ma non c'era da stupirsi che ogni buca presa lungo la strada l'aveva fatto desiderare di poter urlare. D'accordo, erano stati lesi solo la cute e, in qualche caso, la parte superficiale del muscolo, però Merlino, se bruciavano.

Quei bastardi di uccellacci avevano dei becchi fin troppo affilati... e in definitiva Hermione non era inorridita per via del suo aspetto.

Nonostante tutto, si sentì meglio. E peggio, perché si sentiva meglio ed era una cosa stupida.

No, era folle.

Mentre lui dibatteva con sé stesso della propria sanità mentale, Hermione alzò la bacchetta.

«Epismendo» mormorò, puntandola verso la parte superiore del torace di Severus.

Il sangue smise di fluire ma, a parte questo, non successe nulla.

«Epismendo» ripeté lei.

Ancora niente, le ferite non si chiudevano.

Ci provò lui. Niente.

I loro sguardi si incontrarono.

«Merda» sibilarono all'unisono. Poi: «Accio Centelliasum» esclamò lei aprendo il suo zainetto, proprio mentre lui ordinava: «Accio estratto di bardana» all'indirizzo del suo baule miniaturizzato, che aveva aperto sul palmo.

Si guardarono, entrambi con una boccetta in mano e, nonostante la preoccupazione per l'effetto inaspettato delle ferite da becco di quelle creature sconosciute, si sorrisero.

«Usiamole entrambe» propose lei. «Che io sappia, non entrano in conflitto.»

«Si rafforzano, Granger. Dov'eri alla lezione sulle ferite, al quarto anno?»

Mentre cercava garze e bende nello zaino, lei borbottò qualcosa sui professori saccenti.

Lui, però, la osservava con la coda dell'occhio, pensando che in fondo, almeno dal punto di vista lavorativo, loro due erano come quelle pozioni. Si rammaricò di dover dare ragione a quella gallina di Collins: non sarebbe stato in grado di portare a termine quel viaggio con lo stesso grado di successo che avevano raggiunto insieme, fosse stato da solo.

Anche se non l'avrebbe mai ammesso, né davanti a Granger né davanti alla capa delle Risorse Umane. Piuttosto, avrebbe affrontato di nuovo i beccuti.

Quando Hermione gli posò la garza imbevuta di pozioni sulla prima ferita, sibilò per il bruciore forte e inaspettato ma, man mano che lei lavorava, trovò che il tocco delle sue dita sulla pelle aveva uno strano effetto calmante.

Si lasciò medicare e bendare e, quando lei strinse l'ultimo nodo, quasi gli dispiacque che avesse finito.

Folle, sì.

Era l'unico aggettivo per descriversi.

** Oggi ho avuto un po' di tempo e ho il sentore che invece domani sarà una giornataccia quindi ne ho approfittato. Allora... cosa ne dite dell'ultima puntata di Casa Vianello? XD XD XD  **

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