Capitolo 23

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Nuova Zelanda, 12 Ottobre 2005

Severus rimase a lungo a fissare il soffitto, prima di riuscire a prendere sonno.

Ciò che era successo quella sera nella stanza di Hermione gli aveva dato uno scossone devastante, e lui non sapeva bene da che parte iniziare per venire a capo di sé stesso.

Anni prima, la vittoria di Potter e la morte di Voldemort l'avevano privato di una grossa porzione della sua identità: fino a quel momento era stato il giuramento che aveva fatto sul cadavere di Lily a definire chi lui fosse, e non aveva previsto di sopravvivere. Non avrebbe mai immaginato di dover affrontare la questione di cosa fare di sé stesso, dopo. Quando si era svegliato, ammaccato ma irritantemente vivo in un letto al San Mungo, si era trovato a doversi ridefinire e, doveva ammetterlo, non è che avesse fatto proprio un gran lavoro.

Si era trasformato al cento per cento nel "pipistrello dei sotterranei", come l'avevano chiamato i suoi studenti, limitandosi a traslocare da quelli di Hogwarts a quelli del Ministero. La sua nuova definizione di sé era stata quella del guscio vuoto e bruttissimo che viveva sempre la stessa giornata all'infinito, da solo.

Ora, però Granger, con la sua costante presenza, le sue profferte più o meno velate di amicizia e quell'inspiegabile attrazione fisica nei suoi confronti, l'aveva privato anche di una larga parte di quella definizione: a quanto pareva, non era poi così brutto e, volente o nolente, non era più nemmeno del tutto solo.

Non era sicuro, però, di volere cambiare la propria definizione di sé... la propria vita.

Era consapevole di diversi fattori: prima di tutto, che Hermione, ora che si era grattata il prurito, non l'avrebbe più cercato. Aveva apprezzato l'entusiasmo con cui lei l'aveva introdotto al sesso, ma anche se era privo di esperienza concreta, perfino lui conosceva i limiti che quel tipo di incontro poteva avere.

Il che portava al secondo fatto: non poteva permettersi di affezionarsi all'idea di frequentare il letto di Hermione indefinitamente. Lei era giovane e aveva una vita davanti per costruirsi una relazione stabile con qualcuno più compatibile. Anzi, con la spada di Damocle di quella maledetta Legge Matrimoniale che pendeva sulle loro teste, sarebbe stato meglio per lei che si spicciasse a trovare questo famoso qualcuno. Lui era rassegnato a venire accoppiato a una qualche strega improponibile, ma almeno dopo quella notte non sarebbe arrivato ancora avvolto dalla completa ignoranza al letto che gli sarebbe toccato frequentare a scopo procreativo. Rabbrividì all'idea di essere costretto a mettere al mondo altre povere creature che, somigliandogli, avrebbero subito il suo destino infame di sfottò e solitudine, ma non ci poteva fare nulla se non sperare che il veleno di Nagini l'avesse reso sterile.

Terzo fatto: l'idea di una relazione fissa, di una persona che in qualche modo si sentisse in diritto di reclamare una fetta del suo tempo e della sua attenzione gli metteva ansia. Aveva vissuto tutta la sua vita da solo, aveva le sue abitudini, che gli davano un certo grado di conforto e alle quali non era pronto a rinunciare.

Quarto e ultimo fatto: in ogni caso, non pensava che sarebbe stato capace di donare il suo cuore a qualcuna che non fosse Lily.

Al pensiero di innamorarsi di qualcuna che non fosse lei, si dedicò una risata di scherno: una sola sera di sesso, e già gli guizzavano per la testa idee assurde.

Sommando tutti quei fattori, comunque, non era forse meglio fingere che non fosse accaduto nulla e tornare a essere il suo vecchio sé, quello che attraversava le giornate da solo e veniva evitato da chiunque?

Dal baule tirò fuori la foto di Lily, dalla quale non si separava mai.

«Tu cosa ne pensi?» le chiese, accarezzando come migliaia di altre volte aveva fatto i suoi capelli ramati.

No, non era pazzo, sapeva bene che una fotografia non poteva rispondere. A volte, però, sentiva il bisogno di cercare di vedere le cose da una prospettiva diversa e allora provava a immaginare cosa gli avrebbe consigliato l'unica donna che avesse mai amato.

Quella sera, però, la fotografia rimase insolitamente zitta.

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Nell'aria aleggiava un appetitoso profumo di colazione.

Hermione si rigirò nel letto, restia ad aprire gli occhi, consapevole della dura realtà: se l'avesse fatto, le sarebbe toccato abbandonare il tepore delle coperte. Poteva udire distintamente la poggia scrosciare all'esterno, e solo quel pensiero la fece avvolgere ancora più stretta tra le lenzuola.

Il suo stomaco, però, aveva ben altre idee, che espresse con veemenza sotto forma di un sonoro brontolio il cui significato non poteva essere più chiaro: "là fuori c'è del cibo e io lo pretendo."

Mugugnando, la strega si tirò a sedere, rabbrividì e si infilò addosso la prima cosa che le capitò sotto tiro, un golf di lana scura e molto morbida. Fu il lieve indolenzimento tra le cosce del quale si accorse solo alzandosi a snebbiare gli ultimi effetti del sonno e a farle proiettare nell'occhio della mente, come un film, le immagini della sera prima e farla rendere conto che il maglione che aveva indossato apparteneva a Severus, anche se non era del tutto sicura di come fosse finito lì.

Beh, che dire, quel viaggio di lavoro aveva preso una piega piuttosto interessante, così, all'improvviso. Si ritrovò a sperare in due cose: una replica delle piacevoli attività della sera precedente, e che ciò che era successo non finisse per influire negativamente sulla sua carriera... o su quella strana amicizia che stava sbocciando tra lei e Severus.

Scrollando le spalle, infilò le ciabatte e si affrettò a seguire l'impulso dei desideri del suo stomaco.

Accomodato sul divano in salotto, il mago stava sfogliando un giornale babbano che aveva trovato al piano di sotto mentre finiva di bere il succo d'arancia che Nelly gli aveva dato insieme alla colazione. Girò la testa quando sentì la porta della stanza di Hermione aprirsi e si pentì subito di averlo fatto.

Non avrebbe mai immaginato che la visione di lei vestita soltanto del suo maglione potesse togliergli il fiato a quel modo. E risvegliare in maniera così repentina una certa parte del suo corpo, che a quel punto sarebbe dovuta essere ben più sazia e meno reattiva.

Tornò a guardare il giornale, ostentando indifferenza per non farle pesare il fatto che la desiderava ancora. Non voleva essere appiccicoso o opprimente. Non voleva sembrare disperato, anche se quella certa parte del corpo, ora che aveva scoperto un gioco nuovo, un pochino disperata lo era...

«Buongiorno, Granger» la salutò con educazione «la tua colazione è sul tavolo.»

Lei fece quasi un saltello di gioia.

«Il mio stomaco è appena diventato il tuo fan numero uno, sappilo» esclamò, tirandosi davanti la caraffa del caffè e il piatto con le uova strapazzate su cui Severus aveva gettato un incantesimo per mantenerle calde.

«Mi fa piacere» sogghignò lui, tornando a leggere.

Hermione spazzolò in un tempo ridicolo tutto ciò che lui le aveva portato. Sì, il buon sesso le metteva un certo appetito. Sbocconcellando l'ultimo pezzetto di torta oltrepassò il divano e si avvicinò alla finestra, guardando fuori con attenzione.

«Piove ancora, ma mi sembra che sia più leggera» constatò in tono speranzoso, voltandosi verso il mago.

Lui sollevò gli occhi dal giornale e annuì.

«Nelly ha parlato con suo zio Bill, che le ha detto che in montagna ha già smesso di piovere da stanotte e che il ponte verrà riaperto poco dopo pranzo, probabilmente intorno alle 14:30 come previsto.»

«Ottimo, c'è un ampio margine per arrivare all'appuntamento. Che ore sono adesso?» chiese lei avvicinandosi.

«Le nove passate. Hai dormito come un ghiro. Ti ricordavo meno poltrona.»

Lei fece un sorriso sghembo.

«Mi ricordavi quando non passavo la notte tra le braccia di un uomo insaziabile. E, a questo proposito...» gli sfilò il giornale dalle mani, premurandosi di piegarlo e posarlo sul tavolino ai piedi del divano insieme al bicchiere di succo, prima di accomodarsi a cavalcioni sulle sue cosce «abbiamo tutto il tempo di proseguire il discorso iniziato ieri sera, non credi?»

«Hermione» tentò di protestare lui, ma già l'aveva afferrata per le natiche per attirarla più vicina. Il suo pene eretto diede uno strappo di gioia nell'entrare in contatto con l'intimità di lei, calda come una fornace, e protestò per la presenza di troppi strati di stoffa a separarli.

«Sì, Severus?» chiese lei, mordicchiandogli la base del collo mentre iniziava a muoversi sinuosa sopra di lui.

Ogni protesta gli morì sulle labbra, neutralizzata dall'elettrizzante combinazione di brividi. Infilò le mani sotto il maglione a cercare i seni e, quando lei gli liberò l'erezione dai pantaloni e vi si impalò, furono solo gemiti di piacere quelli che gli sgorgarono dalla gola.

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La prima cosa che Hermione percepì, quando il mondo intorno a lei smise di girare e l'orrenda sensazione di venire tirata per l'ombelico si dissipò, fu un odore indefinito eppure familiare che in qualche modo le faceva pensare "casa".

Aprì gli occhi e si trovò davanti il volto florido e costantemente paonazzo di Witcheheazel.

«Buonasera, signore» lo salutò, ricordandosi con un attimo di ritardo che, se a Christchurch era ormai notte fonda, a Londra era da poco passato il mezzogiorno.

«Signora Granger, Mastro Severus, bentornati» rispose quest'ultimo con un cenno cortese della testa.

«Buongiorno Mastro Snape» aggiunse una voce familiare, emergendo da dietro l'enorme amministratore. «Ciao 'Mione.»

«Harry!» squittì lei, felice di rivedere il suo amico dopo più di un mese. Senza pensare a dove si trovasse, gli saltò praticamente addosso abbracciandolo e schioccandogli un sonoro bacio sulla guancia.

Senza accorgersi che l'espressione impassibile di Severus si era fatta più fissa del solito.

** Un po' di rimuginamenti per una domenica pomeriggio di pioggia... e una pubblicazione fuori programma per farmi perdonare in anticipo: non so quando riuscirò ad aggiornare, la prossima settimana, perché sarò molto presa col lavoro.

Intanto fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo :) ** 

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