Capitolo 46

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

Ministero della Magia, Londra, 1 Marzo 2006

Com'era sua abitudine, Severus era arrivato al Reparto Politiche Famigliari del Ministero con largo anticipo.

La farsa sarebbe iniziata alle 15 in punto ma lui, dopo aver trascorso la mattinata al lavoro, era rincasato prima di mezzogiorno e, da quel momento, aveva iniziato a girare per le stanze come un leone in gabbia, lanciando occhiate furiose a quegli ambienti nei quali era abituato a stare da solo – salvo la presenza discreta di Tabby – e che quel giorno per l'ultima volta sarebbero stati così vuoti e quieti, così esclusivamente suoi.

Come avrebbe fatto a sopportare l'invasione dei suoi spazi e della sua privacy da parte di una perfetta sconosciuta, non lo sapeva ancora.

Sempre se la "dolce mogliettina" avesse accettato di vivere lì...

Dopo due ore, durante le quali non aveva nemmeno mangiato da tanto era nervoso ed era solo a stento riuscito a trattenersi dall'ubriacarsi per riuscire a superare in qualche modo il pomeriggio, si era infilato sotto la doccia cercando di calmarsi e poi si era vestito. Alle 14:30 era pronto; alle 14:40 dopo aver percorso a grandi passi un paio di volte ancora tutte le stanze della casa, era arrivato al Ministero via Metropolvere.

Lo fecero accomodare, da solo, in una sorta di sala d'aspetto, con come unica compagnia il mormorio e i passi delle persone che percorrevano il corridoio. Il quarto d'ora che trascorse lì dentro gli parve uno dei più lunghi della sua vita.

Sussultò quando un funzionario venne a chiamarlo, accorgendosi solo in quel momento di quanto, esattamente, fosse nervoso. Solo il suo passato da spia gli permetteva di non avere le mani percorse da tremiti incontrollabili.

«Signor Snape, se vuole seguirmi, la condurrò nella Sala dove si terrà la cerimonia. Scusi per l'attesa, ma la coppia che sarà unita contemporaneamente a lei e alla sua sposa ha fatto richiesta di segretezza e abbiamo iniziato solo ora a far entrare gli ospiti dopo un rigoroso controllo.»

Lui scrollò le spalle e si incamminò dietro all'addetto. Non gli poteva importare di meno delle fisime degli amici della sua futura moglie.

Arrivarono davanti a una porticina, dove stazionava addirittura un Auror in divisa, un ragazzo che non conosceva ma che evidentemente conosceva lui, dato che nel vederlo annuì e si fece da parte aprendo la porta per farlo entrare.

«Congratulazioni!» lo salutò il suo accompagnatore prima di andarsene, e Severus si trattenne a stento dal colpirlo con una fattura che l'avrebbe mandato per tutto il giorno a cagare. Letteralmente.

Invece prese un gran respiro, raddrizzò le spalle e avanzò do un passo oltre la soglia che conduceva all'anticamera della sua nuova, "fantastica" vita.

E rimase pietrificato dove si trovava, mentre un incubo che nemmeno aveva contemplato gli crollava addosso con il peso e la potenza di un'incudine che cadeva dal decimo piano.

Davanti a lui, sulle sedie decorate destinate agli ospiti, una distesa di rosse teste Weasley. E poi Neville Longbottom, Seamus Finnigan e Dean Thomas. Ernie McMillan e Cho Chang. Minerva Mc Gonagall e Hagrid. Andromeda Tonks. Perfino Draco e Narcissa, coi quali non si sentiva da quando era partito per Hogwarts e che non si sarebbe certo sognato di invitare a quella farsa.

La visione peggiore di tutte, però, era quella di Potter, con un elegantissimo tight babbano grigio antracite e una rosa bianca appuntata al taschino, che camminava nervosamente avanti e indietro davanti al tavolo riccamente ornato e pieno di fiori dal quale sarebbe stata officiata la cerimonia, tirandosi le maniche della camicia che sporgevano dai polsini.

"No!" gridò qualcosa dentro di lui. Un lacerante urlo di dolore.

Non era possibile.

No, il destino non poteva davvero odiarlo così tanto da farlo sposare contemporaneamente all'unica donna che avesse davvero... desiderato negli ultimi anni. Da costringerlo a guardare mentre veniva unita a un altro.

Voleva sparire, morire, uscire da lì, scappare e non tornare più.

Eppure i suoi piedi non risposero al comando di girarsi e tornare per la strada dalla quale era venuto perché non poteva.

Non poteva rinunciare alla magia e non aveva lo stomaco di farsi vent'anni ad Azkaban pur di risparmiarsi quella cocente umiliazione.

Codardo che non era altro.

Anziché andarsene, si trovò a ritirarsi nell'ombra, confondendo il proprio stupido corpo da spaventapasseri vestito di nero con la sagoma scura di un tendaggio accanto alla porta.

Nessuno l'aveva visto entrare e nessuno badò a lui.

Per distrarsi e riuscire di nuovo a respirare, cercò di riflettere su chi potesse essere la donna con la quale stava per essere incastrato per tutta la vita.

Aveva chiesto di sposarsi insieme ai suoi amici, quindi doveva essere qualcuna nella cerchia di Granger e Potter, ma chi?

Non la Weasley, che era la moglie di Draco, né la Chang, che si era sposata l'anno precedente e che in quel momento sedeva tra gli invitati. Il suo sguardo venne catturato dalla chioma bionda di un mago che stava percorrendo lo spazio tra le sedie diretto verso lo sposo: Xenophyllus Lovegood.

Severus pensò che sarebbe svenuto.

Luna Lovegood... che non si vedeva da nessuna parte e che, a quanto ne sapeva lui, era ancora single.

Si ritrovò a far fatica a deglutire. Se si trattava di lei... sarebbe impazzito entro una settimana.

Dopo un tempo che parve infinito al suo stomaco annodato, ma che probabilmente non era stato più di un paio di minuti, Percy Weasley, che indossava sopra la veste la fascia ufficiale di Sottosegretario e aveva in mano due pergamene arrotolate, entrò dalla porta di fronte a lui e si accomodò dietro il tavolo, accompagnato da altri due funzionari.

All'improvviso tutti si affrettarono a raggiungere le proprie sedie, Potter fermò i propri passi davanti a Percy, e Severus si rese conto che quello era il segnale che l'ora era arrivata.

Coi visceri che gli si contorcevano in un unico nodo di ansia e dolore, fece un passo avanti e uscì allo scoperto.

Ci fu una sorta di fiato collettivamente trattenuto quando i presenti posarono gli occhi su di lui, ma fece uno sforzo per ignorare tutto ciò che lo circondava e avanzò verso il tavolo.

Non riuscì però a ignorare Potter, il quale osservava la sua avanzata con in viso un sorriso così soddisfatto che gli fece venire voglia di ucciderlo e uccidersi, lì sul posto.

----------------

Hermione aveva dovuto assumere una pozione soporifera per riuscire a chiudere occhio, quella notte, e aveva approfittato della licenza concessa dal Ministero, che comprendeva anche la mattina delle nozze, per dormire fino a tardi.

Dormire e dimenticare.

Per questo era fresca e riposata, quando arrivò al Reparto Politiche Famigliari intorno alle 14:45, ma quella era l'unica cosa positiva che poteva dire di sé quel giorno.

Era agitata, nervosa, aveva un diavolo per capello e stava lottando con sé stessa per non mangiarsi le unghie.

Nonostante le sue proteste, Ginny le aveva fermato dei boccioli bianchi di rosa nei capelli prima di truccarla, e lei li odiava. Odiava quel che significavano, il pizzicare dei gambi contro il cuoio capelluto e quel dannato profumo che le era sempre piaciuto ma che da un'ora non sopportava più.

Di lì a poco il suo corpo non le sarebbe più appartenuto e aveva dei merdosissimi fiori tra i capelli.

Ron, anche lui nervoso di un nervosismo ben diverso dal suo, l'aveva stretta a sé appena varcata la soglia della stanzetta adiacente alla sala dove si sarebbero tenute le nozze, e non l'aveva ancora lasciata andare dieci minuti dopo.

Elegantissimo in una veste turchese che faceva risaltare magnificamente i suoi occhi, era l'immagine stessa dello sposo felice ed Hermione si sentiva in colpa perché non riusciva a provare la giusta gioia per lui e Harry, anzi, per colpa sua quello che doveva essere il giorno più bello dei suoi amici era piagato dalla paura e dall'ansia.

«Mi dispiace, Ron» sussurrò, appoggiando la fronte alla spalla del suo amico.

«E di cosa?»

«Perché rovinerò il vostro matrimonio con la mia tristezza. Perché vi voglio un bene dell'anima ma oggi non riesco proprio ad avere voglia di festeggiarvi...»

Lui la scostò da sé quel tanto che bastava per guardarla in faccia, poi le sfiorò la guancia con un bacio delicato.

«Pensi che se ti fossi sposata in un altro momento, ieri o domani, noi non avremmo comunque avuto il pensiero? Ce l'abbiamo perché ti vogliamo bene, e sei qui oggi perché sei parte della nostra vita come noi lo siamo della tua e vogliamo esserti vicini in un momento così delicato. Non rovinerai niente, perché sei parte della nostra famiglia, è chiaro?»

Lei annuì, poco convinta.

«Eppoi sono ottimista e voglio pensare che là fuori ci sia una persona che ti piacerà.»

Ron aggiustò una delle rose che le decoravano la testa. C'era una cosa che non le aveva detto, che Harry gli aveva fatto promettere di non dirle, ma che gli faceva sperare che tutto sarebbe andato per il meglio e che la donna più importante della sua vita sarebbe davvero potuta essere felice.

Anche se i gusti della suddetta amica gli parevano decisamente strani.

Luna, che stava sbignando fuori dalla porta socchiusa, si girò verso di loro. Dietro le spalle di Hermione, che era tornata ad appoggiare la testa contro la spalla di Ron e non poteva vederla, annuì e strizzò l'occhio.

Percy era arrivato, lui era presente e tra pochi istanti...

Le prime note della marcia nuziale si diffusero nell'aria e Luna spalancò le porte, facendosi da parte per permettere loro di uscire.

Hermione si raddrizzò, dipingendosi in viso un'espressione impassibile, prese il gomito di Ron e, insieme, i due amici si avviarono lungo il tappeto rosso che li avrebbe condotti verso le loro nuove vite.

La ragazza non poté non pensare, con una certa amarezza, quanto diversi fossero i destini che li attendevano all'altra estremità della passatoia.


** Abbiamo superato le 10k letture... grazie a tutti!!! <3 <3 <3 **

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro