Capitolo 37: L'anello nero

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Stars Align - Lindsey Stirling


La luce, che filtrava dalla veneziana semi aperta, mi riportò in uno stato di veglia dove, ancora intontita dal tepore del sonno, cercai Low con lo sguardo, trovandolo sulla sedia, appoggiato alla finestra proprio come la sera precedente.

Doveva essersi appisolato in quella posizione così scomoda mentre faceva la guardia, troppo stanco persino per venire a letto. Al risveglio sarebbe stato di sicuro tutto indolenzito, ma, tanto per cambiare, avrebbe fatto l'eroe senza lamentarsi.

Mi tirai su a sedere stropicciandomi gli occhi, mentre una fitta di dolore mi attraversava la schiena, obbligandomi a riabbassare le braccia con un grugnito che lo fece svegliare di soprassalto.

«Scusa, non volevo svegliarti» chiarii, stringendo appena le labbra.

«Non importa» rispose, strofinandosi gli occhi con due dita per poi sbirciare attraverso le stecche della veneziana.

Mi limitai a fissarlo qualche istante in silenzio, prima di sospirare appena. «Vado a farmi una doccia» dichiarai, alzandomi e incespicando appena, dirigendomi verso il bagno.

Low in tutta risposta si alzò, diretto alla porta. «Vado a prendere la colazione.»

Aveva ancora quel tono freddo e distaccato che avevo percepito la sera precedente e al quale cercavo di non dare peso.

Di nuovo mi imposi di ignorarlo, non volendo iniziare a litigare di prima mattina; per cui me ne andai in bagno senza rispondergli e passai quasi un'ora a rilassarmi sotto l'acqua calda, lasciando che lavasse via ogni malumore e sciogliesse i miei muscoli doloranti.

Quella discussione con Kora aveva alzato un muro tra noi e nessuno dei due sembrava intenzionato a parlarne, troppo provati dalle ultime vicissitudini.

Uscita dalla doccia sentii il profumo della colazione che sembrò risvegliare il mio stomaco dal torpore nel quale era piombato dal giorno precedente.

Il mietitore era andato a prendere qualcosa che potesse sostenere il mio corpo mortale e poi era tornato a sorvegliare la finestra, terribilmente pensieroso.

«Hai paura che ci raggiungano?» mormorai mentre mi sedevo, iniziando a mangiare.

«Cos'è che vuoi?» mi chiese senza voltarsi, ignorando totalmente la mia domanda.

Inarcai perplessa un sopracciglio alla sua domanda, alzando lo sguardo su di lui con un'espressione lievemente accigliata, come se non capissi cosa volesse intendere.

«Di che parli?» Iniziai a frugare tra i sacchetti che aveva portato in maniera distratta.

«Perché non sei andata con Kora? Perché mi stai seguendo?» Si voltò di tre quarti per lanciarmi una breve occhiata indagatrice.

«Perché non era quello che volevo» risposi con uno sbuffo seccato, pensando che quella risposta dovesse essere per lui altrettanto scontata di quanto lo fosse per me.

«E cos'è che vuoi?» Strinse gli occhi fino a ridurli a una fessura, mantenendo quel tono glaciale.

Lasciai il sacchetto sul tavolo, quasi sbattendolo, sbuffando appena e appoggiandomi svogliatamente al poggia schiena della sedia.

Quella tensione che percepivo sin dalla sera prima mi aveva lasciato una sorta di malessere, che speravo di aver allontanato con la lunga doccia che mi ero concessa, ma invece non era servito a nulla. Era bastato che Low riprendesse a palare per farmi di nuovo innervosire.

Mi sentivo accusata da lui e non sopportavo quelle occhiate gelide che mi rivolgeva. Mi presi la testa tra le mani sospirando rumorosamente.

«Non lo so, non lo so cosa voglio, non so niente; non capisco niente e mi sembra d'impazzire» sbottai con rabbia. «Ho perso mia madre quando sono nata e sono cresciuta con quattro persone che consideravo parte della mia famiglia e che mi hanno mentito e manipolata per tutta la vita. Ora nel giro di poco più di un mese scopro che gli angeli, i demoni, i mostri giganteschi, l'Inferno e il Paradiso esistono sul serio.» Tornai a guardarlo irritata e rabbiosa. «Vuoi sapere cosa vorrei? Vorrei non averlo mai saputo così da poter continuare la mia vita come una ragazza normale; diventare primo violino, suonare con i miei amici, andare a fare normalissime scampagnate, senza rischiare di impazzire ogni giorno che passa; senza un mastino infernale a tre teste e un arcangelo che cercano di uccidermi, e senza la regina delle tenebre che cerca di portarmi all'Inferno!» urlai quasi, alzandomi in piedi e tornando a dirigermi verso il bagno.

«Pensi che rintanarti lì dentro risolverà il problema?» chiese alle mie spalle con fastidio.

«E tu pensi che il problema si possa risolvere? Perché io onestamente non lo so. Mi sto fidando di te anche se tutti mi hanno detto di non farlo, anche se tutti quelli di cui mi sia mai fidata mi hanno tradita» dissi sbattendomi poi la porta alle spalle.

«Io penso che il problema sia uno solo,» insistette dall'altra stanza «il problema è che quando Kora ti ha dato una scelta tra me e Luke tu hai scelto lui senza neanche pensarci. Ho sacrificato la mia libertà per te, pensavo valesse qualcosa, ma non ti è mai importato niente, tutto quello che volevi è che ti riportassi da lui.»
Seguì il silenzio, con l'unico sottofondo del mio respiro e del suo, affannato. Dopo qualche secondo sentii i suoi passi allontanarsi.

«Sei un idiota!» gli urlai dietro, riaprendo la porta di slancio «Ma almeno hai sentito che cosa hai detto? Volevo che Luke fosse fuori dall'Inferno e in cambio io sarei scesa. Ho visto una possibilità per salvarlo, ma non capisci?» domandai quasi istericamente e fuori di me. «Non so neppure se quello che mi ha sempre detto lui sia vero, non so neppure se fidarmi di lui, ma ci tengo, non posso negarlo. Volevo salvarlo, voglio salvarlo, e sì, mi sarei sacrificata per lui così come lo farei per te o per qualsiasi altra persona a cui tenga» spiegai iniziando a piangere dal nervoso.

«Pensi davvero che se ne sarebbe andato? Che ti avrebbe lasciata lì sotto? Che avrebbe rinunciato a te? Kora non fa patti che non siano vantaggiosi per lei. Se ti ha offerto quello scambio è solo perché era sicura che vi avrebbe avuti entrambi. Quell'idiota si è messo in questo pasticcio per recuperare il suo amico, credi che con te sarebbe stato diverso? Cristo santo, Hope! Ti stava chiedendo di scegliere se tornare da lui o restare con me e tu ti sei espressa piuttosto chiaramente a tal riguardo.» C'era rimasto male, era palese. A quanto sembrava le parole di Kora lo avevano colpito. «Forse avresti dovuto accettare la sua offerta, perché il sacrificio che fai restando con me non farà scurire mai le tue ali per tornare da lui.»

Credeva che non contasse niente per me, che lo stessi solo usando, che stessi solo fingendo di tenere a lui.

Mi avvicinai, ormai rabbiosa tirandogli uno schiaffo con tutta la forza che avevo. «TU NON HAI CAPITO NIENTE!»

Si prese lo schiaffo senza muovere un muscolo, limitandosi solo a chiudere gli occhi.

«Allora spiegamelo tu come stanno le cose.» Posò su di me due occhi ardenti, quasi avesse voluto farmi a pezzi.

«Io provo qualcosa per entrambi, ci tengo a entrambi» sbottai con rabbia, asciugandomi le lacrime. «Cazzo, come fai a non capire, se quella che era tua moglie fosse stata prigioniera all'Inferno e dall'altra parte ci fossi stata io che cosa avresti fatto? Ti saresti girato dall'altra parte e saresti rimasto con me condannando lei a vivere dannata? Sapendo benissimo che cosa le stiano facendo? Costretta a vivere i suoi peccati e soffrire un'intera eternità? L'avresti fatto sul serio?»

Abbassò lo sguardo. Ovvio che non lo avrebbe fatto.

«Non avrei lasciato neanche te... avrei trovato un modo...» Lo stava dicendo ma non ci credeva, in base a quanto aveva detto Kora lui non era riuscito a salvarla, non aveva trovato nessun modo e la cosa gli faceva ancora palesemente male. «Ti riporterò Luke» concluse infine, chiudendo il discorso piuttosto distrutto.

«Credi che sia venuta con te solo per arrivare a Luke?» domandai, scuotendo il capo per poi ridere nervosamente. «Credi che le mie ali siano immacolate perché per me è stato un sacrificio venire a letto con te? O che per me sia facile tutto questo?» Mi voltai prendendo la testa tra le mani. «Beh, se per questo potrei pensare che per te sono solo una pezza per sopperire alla perdita di tua moglie. Questo è quello che ha detto Kora, dopotutto.»

«Il vuoto che ha lasciato mia moglie non può essere colmato, neanche da te» rispose alle mie spalle. «Questo non significa che non possa esserci spazio per qualcun altro. Tu non sei lei, sebbene le somigli in alcune cose, ma sei una persona diversa e ti sei ricavata uno spazio tutto tuo nella mia vita, che non ha niente a che fare con Sara. Non sei mai stata un rimpiazzo.»

Si avvicinò di qualche passo poggiandomi le mani sulle spalle; era la prima volta, da quando eravamo al conservatorio, che pronunciava il nome di quella donna.

Chinai il capo, chiudendo gli occhi. «Non voglio perdere né te né Luke; siete entrambi importanti per me. Non posso scegliere ora» spiegai, voltandomi a guardarlo. «Ma se fossi stato tu al posto di Luke, e lui al posto tuo, avrei fatto la stessa cosa pur di liberarti. Non è il fatto che sia di Luke che stiamo parlando; lo avrei fatto perché io sono così, preferisco sacrificarmi per salvare qualcuno...» iniziai a dire poggiando una mano sul suo petto «...o per un'anima, piuttosto che perdere ciò che mi è caro.»

«Se è vero che a me ci tieni, allora non voglio sentirti dire mai più che ti sacrificheresti, perché non potrei sopportarlo, è chiaro?» Mi poggiò una mano sul viso in una carezza, abbattendo in un solo gesto e in una semplice frase il muro che si era interposto tra noi.

Poggia la fronte sul suo petto, annuendo. «Va bene, basta che tu smetta di credere che io ti stia solo usando» sussurrai, prima rialzare lo sguardo su di lui. «Per quanto riguarda Luke voglio salvarlo comunque; non posso pensare che stia là sotto per resto della sua vita. Capisci come mi sentirei?»

«Sì, lo capisco, ma non sarà facile; Kora pretenderà qualcosa in cambio del suo rilascio a meno che lui non decida di cadere o riesca in qualche modo ad accettare come stanno le cose e a perdonarsi.» Mi strinse, come se sentisse il bisogno di avere il mio corpo a contatto con il suo e io mi accorsi di volere la stessa cosa, ricambiando quell'abbraccio. «C'è una cosa che non capisco: perché non vuoi che vada all'Inferno? Io ora sono una mortale, potresti perdermi in qualsiasi momento e prima o poi morirò comunque.»

«Perché non voglio che Kora ti usi.» rispose schietto «Sta per iniziare una guerra e chiunque sia il vincitore alla fine ci saranno delle vittime. Kora ti vuole in prima fila quando marcerà sul Paradiso, ma non voglio che ti cancellino in quella guerra. Vorrei che tu vivessi una vita mortale normale, prima di dover fare i conti con la tua natura angelica.»

«Che cosa succederà a noi mortali quando la guerra avrà inizio? È impossibile che non ci siano conseguenze, ma soprattutto, cosa sta facendo Dio di fronte a tutto questo?» domandai, restando tra le sue braccia.

«Non lo so, non mi sono mai preoccupato di cosa potesse accadere dopo. Ci sarà l'apocalisse, credo, e sfortunatamente Kora ha buone probabilità di vincere questa guerra, anche per causa mia. Ho passato gli ultimi settecento anni a darle un esercito. Oltre te, le mancano solo i quattro cavalieri dell'apocalisse e poi marcerà sul Paradiso per sovvertire l'ordine.» Mi accarezzò i capelli, sospirando pensieroso. «A un certo punto temo che saremo obbligati a schierarci su uno dei due fronti.» L'idea lo impensieriva molto.

«Per quanto riguarda Dio, nessuno lo ha mai visto, né lo ha mai sentito parlare, ed è anche per questo che Kora ha potuto mettere su un'armata. Gli angeli sono troppo stupidi ed egoisti, hanno iniziato a capire cosa stesse succedendo solo quando ormai era troppo tardi; erano così felici di vedere sparire i loro figli che non hanno fatto domande, almeno fino a quando non si sono resi conto del pericolo di un'armata di Nephilim arrabbiati.»

«Già, arrabbiati e delusi dai loro stessi genitori. Li capisco, da un certo punto di vista» mormorai, rannicchiandomi ancora di più a lui e stringendo appena le dita sulla sua maglietta.

«Non c'è nessun modo per evitare questa guerra? Cercare Dio o Lucifero?»

«Stai suggerendo di provare a fermare Kora?»

«Difficile, lo so, ma che alternative abbiamo? Che cosa abbiamo da perdere?» dissi accarezzandogli il volto. «Non solo eviteremo inutili morti sia angeliche e demoniache, ma anche il caos sulla Terra.»

«Non ho idea di come fare a fermarla, ma vale la pena provare, anche se dopo dovremmo fare i conti con lei.» Scosse la testa, immaginando fin troppo bene quel terribile momento; a vederla non sembrava pericolosa, ma doveva esserlo di certo.

«Vale la pena provarci, eccome.» Gli presi il viso tra le mani. «Quanto tempo abbiamo secondo te?»

«Fino a che non troverà i suoi quattro cavalieri, al momento ne ha uno, un altro lo tiene prigioniero, e credo che abbia puntato noi due per finire il quadro»

«Io? A malapena so brandire una spada, che ho di tanto speciale?» Non capivo, perché mi avrebbe voluto tra i cavalieri? «Perché io e non un altro Nephilim?»

«Per ciò che sei e per quello che puoi fare anche se non te ne rendi conto: tu puoi brandire la spada di fuoco!» affermò solenne.

«Quindi? Credo che mi stia sfuggendo qualcosa.»

«Non lo hai ancora capito? Non sei una Nephilim qualunque, sono pochissimi coloro che possono brandire la spada di fuoco e risiedono nei ranghi più alti delle armate celesti. Solo tre esseri in tutto il creato riescono a evocare le fiamme divine e una di queste è Kora.» Fece una pausa, come a voler dare più enfasi alle sue parole e per cercare di capire attraverso il mio sguardo cosa stessi pensando. «Hope, nelle tue vene scorre il sangue di un arcangelo e non uno qualunque; sei la figlia del principe degli arcangeli, il comandante delle schiere celesti, colui che cacciò Lucifero e i suoi seguaci dal Paradiso facendoli cadere, lo sterminatore di Nephilim.» Mi strinse di più a sé, un po' per sostenermi dopo la rivelazione e un po' perché, a quanto sembrava, la cosa lo eccitava.

«Che? No, è impossibile. Michele non può essere mio padre. Non può... lo hai visto... lui...» Scossi il capo, chiaramente agitata e aggrappandomi a lui. «Basta io non ce la faccio più... non è possibile che ogni secondo questa storia diventi sempre più assurda.»

«Che tuo padre fosse un angelo lo sapevi, adesso sappiamo chi è e perché ci tenga tanto a cancellarti; è un'informazione che va a nostro vantaggio.» Strofinò il naso al lato del mio volto, fino al collo. «Inoltre questo fa di te un angelo molto potente.»

«Non ho niente di potente, sono esattamente come ero prima» farfugliai, stringendomi a lui quasi con disperazione. «Questo implica solo più guai, non c'è niente di bello in questo.»

Rendersi conto che tuo padre, la persona che avrebbe dovuto proteggerti e starti accanto per aiutarti a crescere, non vede l'ora di cancellare la tua esistenza era stato un colpo troppo duro da poter digerire e sopportare.

Ero stata un errore per lui, solamente un errore, non si era mai preso la briga di interessarsi a me, mandando quattro angeli a tenermi d'occhio e bloccando i miei poteri per impedire che la persona che stavo abbracciando mi trovasse, per impedire forse che potessi reagire quando fosse venuto a prendermi per fare quello che andava fatto, per timore che potessi diventare potente come stava sostenendo Low.

Di nuovo mi chiesi quanto di quello che era stato il mio passato fosse reale, di quanto l'amicizia che i ragazzi mi avevano professato, e il presunto amore che Luke mi aveva dichiarato, fossero autentici.
Più cose scoprivo su me stessa e più iniziavo a convincermi che la mia vita fosse stata tutta una menzogna; tutto ciò a cui avevo creduto, che avevo provato, non era mai esistito ed era stato tutto solo il frutto delle loro manipolazioni. Mi avevano tenuta tutta la vita in gabbia, adoperandosi perché non me ne accorgessi e non mi ribellarsi, facendo in modo che fossi debole e sottomessa, in modo da avere vita facile quando fosse giunto per loro il momento di porre fine ai miei giorni.

«Solo perché non sei consapevole del tuo potenziale, ma Kora lo ha visto.» Mi diede un bacio sul collo e poi un altro ancora. «I Nephilim sono la manifestazione vivente dei peccati degli angeli, ma per un arcangelo, per quell'arcangelo, è un qualcosa di imperdonabile. Ti ha messo il sigillo affinché tu non fossi in grado di usare la spada di fuoco ed essere riconosciuta. Voleva che tu fossi inerme al momento della tua cancellazione. Non permetterà mai che si venga a conoscenza del suo peccato, ma io non gli consentirò di farti del male.» Mi diede un altro bacio sul collo, spostandosi verso la clavicola, stringendomi a sé con forza. «Perché per me non sei un peccato, sei una benedizione.»

«Non capisco, non riesco a capire. Come possono gli angeli predicare il bene, l'innocenza e la purezza se poi uccidono i propri stessi figli?» domandai, alzando lo sguardo su di lui, triste; non riuscivo a spiegarmi come fosse possibile che delle creature celesti potessero fare una cosa simile. «Sono un peccato di un arcangelo, ma che colpa ho io? Perché ogni Nephilim ha dovuto subire tutto questo?»

«Hanno paura della punizione di Dio per la loro disobbedienza e preferiscono sacrificare un essere di cui a loro non importa niente, piuttosto che affrontare le conseguenze delle proprie azioni.» Mi accarezzò il viso, per poi addolcire lievemente lo sguardo. «Tu non hai nessuna colpa, Hope, non farti convincere del contrario da vigliacchi irresponsabili.»

«Ma Dio vede tutto quanto, non capiscono che lui è già a conoscenza della nostra esistenza? Ha creato lui tutto questo, è onnipresente e onnisciente, vuoi che non lo sappia?» domandai scuotendo il capo e stringendomi a lui. «Non posso credere che gli angeli siano così, sono l'opposto delle creature che hanno sempre cercato di farci credere.»

«Nessuno può creare angeli, tranne che Dio, solo i caduti si creano da soli. Fino a che i Nephilim non arrivano come angeli alle porte delle Paradiso il peccato non sussiste. Quei bastardi dovrebbero pensare prima di calarsi le braghe e ingravidare donne umane, ma anche a loro, come a tutti, piace peccare e messi di fronte al danno fatto la loro soluzione è lavarsene le mani.» Mi accarezzò la schiena, comprensivo. «Fingono che non esistiate, tutti loro; ma tu esisti, Hope, sei reale, sento il tuo corpo tra le mie mani e ascolto la tua voce, tu esisti e questo è stato l'unico motivo che mi ha aiutato a fare il mio lavoro per settecento anni: sapere che il Nephilim che avevo davanti era una persona vera a cui stavo salvando la vita dandogli la morte.»

Passai una mano sul suo collo accarezzandogli poi la nuca. Gli diedi un bacio leggero, portando poi il volto accanto al suo. Mi sentivo triste, tutto quello che mi circondava non era reale, tranne lui.

«Non ti avranno, non riusciranno a cancellarti, Hope, te lo prometto. Anche se non vorrai stare con me... non lascerò che ti cancellino.» La sua voce si tinse con una nota di tristezza nella a quella possibilità, ma restò saldo. «Farò tutto il necessario, qualunque dovesse essere il prezzo.»

«Grazie, Low» sussurrai, osservandolo e accennando un sorriso. «Mi dispiace per le nostre discussioni», sussurrai, «vorrei rimediare.»

«Non c'è niente da rimediare.» Mi accarezzò il viso continuando a tenermi stretta, aveva bisogno di me, più di quanto volesse ammettere, aveva avuto il terrore di perdermi e ora mi stringeva quasi temesse potessi sparire da un momento all'altro.

«Sono qui Low e non vado da nessuna parte» mormorai stringendomi a lui e alzando il volto cercando le sue labbra. «Ti prego, aiutami a non pensare a tutto questo casino, adesso.»

Lui mi baciò, come se non stesse aspettando altro, come se, proprio come me, avesse solo bisogno che fossi sua per voltare pagina e mettere un punto a quella storia. Mi voleva, aveva bisogno di me per dimenticare Michele, Kora e anche Luke.

Fu rude e impetuoso, bisognoso di sfogare il suo malessere senza troppi fronzoli e forse era proprio quello di cui avevo bisogno in quel momento.

Raggiungemmo l'apice quasi in modo esasperato e ci volle più del solito per riuscire a riprendere il fiato quella volta.

«Posso lasciarti da sola per qualche oretta? Devo fare una cosa prima di partire» mi chiese, mettendosi su un lato per guardarmi.

«Che cosa devi fare?» domandai sorridendogli e passando la mano tra i suoi capelli. «Comunque sì, posso cavarmela.»

«In realtà non mi va molto l'idea di lasciarti da sola, ma devo tornare all'auto. Nella fuga concitata hai lasciato lì il tuo violino, è importante per te.» Mi diede un bacio leggero sulla fronte. «Sanno anche loro cosa rappresenti per te e potrebbero aspettarci, è meglio che vada da solo.»

«No... non andare,» lo pregai irrigidendomi contro di lui, «se ci fosse il rischio di incontrarli di nuovo non farlo» dichiarai in tono concitato e chiaramente in preda all'ansia.

Mi era già capitato una volta di veder andare via qualcuno e non vederlo tornare e non avrei sopportato di vedermi portare via anche Low.

«Ehi, sta tranquilla.» Si sollevò sopra di me per afferrarmi il viso tra le mani e accarezzarmelo con i pollici tatuati. «È il violino di tua madre, devo andare, ma tornerò, te lo prometto.»

«No, no, per favore, Low, non andare» piagnucolai agitata stringendomi a lui. «Non posso rischiare di perderti, ti prego.»

Si voltò di schiena, trascinandomi sul suo petto per stringermi a sé, infilandomi le dita tra i capelli e accarezzandomi. Mi baciò la fronte ma non mi rispose, segno che non aveva abbandonato l'idea, però stava riflettendo.

Affondai il viso contro il suo collo, scuotendo il capo. «Se ti succede qualcosa cosa faccio? Ti prego, non voglio rimanere da sola.»

Si sfilò l'anello con la pietra nera che portava sempre e lo mise al mio dito. «Se mi succedesse qualcosa, in qualunque momento di questo viaggio o in generale della nostra vita, usa l'anello nero per chiamare Kora, ti riporterà da Luke e ti terrà lontana dagli angeli e da tuo padre.»

«Non voglio perderti, ti prego, Low, non lo sopporterei. Non ci riesco... per favore...» supplicai con voce rotta, mi sembrava di impazzire solo all'idea.

«Rinunceresti all'unica cosa che ti resta di tua madre per paura di perdermi?» Mi sollevò il mento per potermi guardare negli occhi.

«Quello è solo un violino; l'unico oggetto che mi resta di mia madre, è vero, ma è comunque solo un oggetto. A maggior ragione Joan e Mark sanno quanto ci tengo e sono a conoscenza che potremmo tornare a prenderlo. L'idea che tu non possa tornare mi mette nel panico, ti prego, Low.»

«Va bene,» acconsentì lui, «se non vuoi che vada non andrò.» Mi baciò la fronte, stringendomi per calmarmi. «Pensavo a una cosa» mi disse dopo un po'.

Alzai lo sguardo su di lui, curiosa e molto più calma. Mi era bastato sapere che non sarebbe andato via per rilassarmi tra le sue braccia. «A che cosa?»

«La runa che ti ho inciso sulle spalle consente di tenerti nascosta da angeli e demoni, non possono avvertire la tua presenza, però se ti dovessero vedere non servirebbe a molto. Dovresti pensare di cambiare aspetto, non so, cambiare stile o tingerti i capelli, almeno fino a che non saremo a Salem.» Si lasciò scivolare una ciocca della mia chioma castana tra le dita.

«Posso tingerli di rosso o di nero, non è un problema. Per me è indifferente, che colore preferisci?»

«Credo di avere un debole per il nero, ma va bene qualsiasi colore ti faccia sentire a tuo agio. Dobbiamo anche procurarci dei vestiti, qualcosa da mangiare, un'altra auto e dobbiamo farlo prima che Kora mi blocchi le carte di credito.»

«Va bene il nero. Possiamo andare a fare un giro a comprare quello che ci serve e farmi qui la tinta mentre prendi un'auto.»

«Sì, è proprio quello che avevo in mente» confermò, prendendomi il mento tra le dita per potermi dare un altro bacio. «Sei sicura di voler venire a Salem con me?»

«Ti seguirò dovunque tu voglia, ma non dimenticare che ho in mente di fermare questa guerra» sussurrai, sorridendo maliziosa.

«L'ambizione di un arcangelo: solo la figlia di Michele poteva mettersi in testa di fermare una guerra» mi disse, sorridendo divertito.

Risi a mia volta. «Non c'entra che sono sua figlia, non lo riconosco come padre. Non c'è mai stato e mai ci sarà: per me è un completo estraneo. Io sono fatta così come sono, non dipende certo da lui.» Gli accarezzai il viso, guardando poi il suo anello. «Vuoi che lo tenga io, quindi?»

«Sì, voglio che lo tenga tu, come piano di riserva e per ricordarti di me, se la colomba non dovesse bastare.» Sfiorò il ciondolo che aveva intagliato per me. «Immagino che, anche se non lo riconosci, tuo padre avrebbe da ridire nel vederti tutta nuda a letto con me, dopo esserti concessa anima e corpo all'uomo che più odia. Per fortuna che ha già altri motivi per uccidermi e che non può vederci.»

«Credo non gli importi di me. Che io venga a letto o meno con te credo sia irrilevante. Vuole cancellarmi» dissi stringendo le labbra. «Qualsiasi cosa accada, sappi che non me ne separerò, né della colomba né dell'anello.»

Mi baciò il palmo della mano con un sospiro. «Non so cosa avrei fatto se tu fossi andata via con Kora. Tutto avrebbe perso di senso.»

«Sarebbe stato un errore, anche se tutto questo casino mi crea così tanta confusione. Ho solo tante domande e nessuna risposta.»

«Sistemerò tutto e avrai una vita normale, suonerai il violino, andrai al conservatorio, avrai una casa e forse una famiglia e la guerra sarà solo un ricordo.» Lo stava dicendo anche a se stesso; erano settecento anni che vagava senza mai fermarsi, completamente solo e in quel momento ricordai ciò che mi aveva detto Mark.

Mi alzai appena su di lui per guardarlo in viso. «Tu... è come se fossi comunque un caduto, giusto? Un angelo a tutti gli effetti.»

«Sì, sono un caduto.»

«Che tu sappia, ci sono stati casi dove due angeli o un angelo e un Nephilim hanno avuto dei figli?» domandai incrociando le braccia sul suo petto. «Mark era contrario a me e Luke, ovviamente. Mi disse che essendo mezzo angelo potevo avere dei figli senza morire, ma che quei figli, essendo per tre quarti angeli, sarebbero stata un'aberrazione peggio di quanto lo fossi già io.»

«Sì, ci sono, all'Inferno, lì non è proibito.» Si rabbuiò per un attimo. «Anche io stavo per averne uno, qualche secolo fa.»

«Lei era incinta?»

«Sì. Ma la peste non fa differenza e lei era mortale.» Sospirò. «Però ci sono Nephilim o caduti che hanno avuto figli da umani, da altri Nephilim o da altri caduti e sono tutti all'inferno. Kora stessa è una specie di Nephilim, un angelo di seconda generazione, e nel suo modo sbagliato e un po' malato difende quelli come lei e i loro diritti; fare il contrario significherebbe considerare se stessa un errore.»

«Già, ma io non parlo dell'Inferno, ma qui tra i mortali. Se avessimo una famiglia verremmo braccati ancora di più.»

«Bisognerebbe sistemare le cose prima di averne una o vivere in un luogo sicuro tipo Salem o la riserva degli indiani. Sulla Terra non ci sono figli di angeli o di Nephilim perché gli angeli di luce preferiscono cancellare i propri figli e i caduti preferiscono vivere all'Inferno. Che io sappia non è mai stato concepito un bambino da un angelo di luce e un caduto, si odiano troppo per finire a letto insieme e, quando succede, di solito l'angelo di luce manda al diavolo Dio e cade» riflettè.

«Ma perché si dà sempre la colpa a Dio di tutto? Perché bisogna prendersela con lui per quelle che sono poi le nostre scelte?» chiesi senza capire, scuotendo il capo.

«Non se la prendono con lui perché hanno scelto di amare un caduto, ma per il fatto che lui non approvi. Tu sei stata con un mezzo caduto e con un caduto, cosa ci hai visto di sbagliato? Gli angeli rinfacciano a Dio il fatto che sia proibito amarsi o mettere al mondo dei figli, ce l'hanno con lui perché considera peccato quello che agli umani è concesso e gli voltano le spalle; si dissociano dal suo modo di pensare. Anche per il tuo amico è stato così: non è caduto perché è andato a letto con un demone, ce l'ha con Dio perché lo ha fatto sentire sbagliato per quello che è e per quello che desiderava.»

«Ma chi ha detto che Dio è contrario a questo? Lui non interviene mai in nulla, non si fa sentire e non punisce nessuno, non ha distrutto Michele perché mi ha messo al mondo, non ha fatto nulla. Ma non si può prendersela con lui per una cosa che abbiamo fatto noi.» Scossi il capo, pensierosa. «Scusa ma non è così anche per le anime dannate che stanno all'Inferno? Che devono accettare i loro peccati per uscire dalla loro stessa cella?»

«Dio parla con un solo angelo, il quale riferisce la sua volontà agli arcangeli che a loro volta passano il messaggio ai cori più bassi. Gli angeli hanno paura di Dio e tendono a prendere tutto molto alla lettera. Quando Dio si arrabbia finisce molto male, l'Inferno è nato proprio dalla ribellione di un angelo, il preferito di Dio, e se al preferito ha fatto questo cosa mai farà agli altri? Vedi, Dio ha detto che solo lui può creare gli angeli. Un Nephilim non è un angelo fino alla morte, se viene cancellato allora non sarà mai un angelo. Cancellare i propri figli è una scappatoia per evitare di contraddire Dio e perdere le ali e in Paradiso non è considerato peccato commettere un delitto per obbedire a Dio.»

«Ma non è peccato uccidere degli innocenti? Non è uno dei suoi stessi comandamenti? Non è peccato uccidere una creatura del tuo stesso sangue? Non è forse peggio? La colpa non è di Dio, la colpa è nostra, che sia degli umani o delle creature celesti o oscure.»

Sorrise. «È un peccato uccidere, ma ci sono delle eccezioni. I suoi angeli, i suoi seguaci e lo stesso Dio hanno ucciso molte volte. Per paradosso, l'unica a non potere uccidere è la stessa Kora. Dimentica tutto quello che credi di sapere, la storia l'hanno scritta i vincitori per passare da eroi: tutto quello che sappiamo lo hanno scritto i tuoi quattro amichetti e altri simili a loro, ma le cose sono ben più complicate di così.» Mi accarezzò il viso.

«Già, me ne sono resa conto» affermai con tono amaro. «Loro non sono più i miei amici» chiarii, prendendo un lungo respiro. «Mi fa male solo a pensarlo, scoprire tutto questo mi ha ferita, non posso più fidarmi di nessuno.»

«Puoi fidarti di me» propose sorridente.

Risi, scuotendo il capo. «Non ispiri fiducia Low, ma mi sono resa conto che l'impressione che fanno gli altri di solito è sbagliata.»

Avevo creduto a Luke, Mark, Joan e Matt e alla fine avevo scoperto che non erano chi dicevano di essere. Iniziavo seriamente a dubitare anche dello stesso Luke e di tutte le sue promesse.

«In effetti di solito non sono il tipo di uomo di cui una ragazza dovrebbe fidarsi» ghignò, mettendosi le braccia dietro la testa. «Per te sto facendo un'eccezione.»

«Immagino che in molte avrebbero voluto essere al mio posto, ma alla fine gli avrai spezzato il cuore senza remore» valutai, con un sorrisetto impertinente.

«Ti riferisci al senso letterale o figurato della frase?» scherzò. «Di solito chi mi ha dato fiducia poi ha fatto una brutta fine; non mi sono guadagnato il titolo di mietitore senza fare niente, sono piuttosto bravo a corrompere giovani e ingenue fanciulle.»

«Oh, non ho dubbi. Ho avuto modo di provare di persona i tuoi metodi di approccio.»

«Metodi che sembrano non aver funzionato molto bene: sei andata via dal mio attico con ancora i vestiti addosso.»

«E me li sono tenuta addosso parecchio prima che tu riuscissi a togliermeli.»

«Si vede che sto perdendo il mio tocco da ragazzo dannato.»

«Sei il mio ragazzo dannato adesso, infatti»

«Se i demoni vedessero che mi sono lasciato metter sotto da un angelo di luce perderei la faccia.»

«Però devi ammettere che le ali nere con le ali bianche sono molto più belle da vedersi assieme.» Sghignazzai scendendo a mordicchiargli il petto.

«Chissà di che colore diventerebbero le tue dopo che ti avrò corrotta per bene.»

«Sempre che tu ci riesca» risposi lanciandogli un'occhiata e scendendo sul suo addome. «Di che colori possono diventare le ali?»

«Credo dipenda dal colore dei capelli. È come se accettassero la natura del proprietario assumendo un colore che sia adatto a lui.»

«Capisco, ecco perché le tue sono nere e lucenti e bellissime» mormorai sulla sua pelle, continuando stuzzicare il suo corpo con baci e carezze.

«È in momenti come questo che faccio fatica a tenerle nascoste.» Gli piaceva decisamente quello che gli stavo facendo.

«Non serve che le tieni nascoste, lo sai che mi piacciono»

«Se è così allora...» Si rilassò con un sospiro di piacere, lasciandosi andare disteso sul letto e aprendo le sue ali gigantesche, nere e lucide.

Risalii su di lui a cavalcioni, lasciando che mi prendesse ancora, dispiegando a mia volta le ali, bianche e immacolate in contrasto con le sue.

Le ali rendevano tutto più intenso e stavolta lui non aveva nessuna intenzione di essere aggressivo come lo era stato prima.

Mi mossi lentamente, guidando quel rapporto, prendendomi ogni istante di piacere che stavamo condividendo, impazzendo nel vedere lui perso quanto lo fossi io. Avevo il controllo totale del mietitore, completamente soggiogato da quel piacere che stavamo provando insieme.

Lo sentivo vibrare sotto di me, emettendo la musica che emettono tutti gli esseri di questo pianeta e non potei non notare che la sua melodia era perfettamente armonizzata con la mia. Eravamo il più grande peccato mai concepito ma niente poteva essere più giusto di quello.

Assecondò tutti i miei movimenti ansimando e mugugnando, invocando il mio nome e quando raggiunsi il piacere crollai contro il suo petto, ansante e felice.

Le mie ali bianche ci coprivano come una coltre di neve, bianca e immacolata, e sentii le sue mani accarezzarmele, mentre mi cullava sul suo petto.

«Risolveremo tutto, ci proveremo quantomeno...» affermai a occhi chiusi «...insieme.»

Ormai avevo fatto la mia scelta. Troppe cose erano sbagliate da quando ero nata, troppe menzogne, verità nascoste e cose omesse; come potevo credere a Luke, quando l'unica persona che davvero mi era rimasta vicina e mi aveva protetta era chi invece mi era stata descritta come un mostro?

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