Aprile 1664

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

La sala da pranzo era illuminata da numerose candele di tutte le fogge: alte e snelle la maggior parte, ma alcuni candelabri richiedevano invece candele più robuste. La stonatura non disturbava, anzi era apprezzata per la varietà; e poi, tra le volute dipinte, gli stucchi dorati e gli specchi, poco avrebbe potuto impressionare lo spettatore, certamente non la differenza tra le candele.

Eppure Galatea si trovò ad osservare con interesse la fiamma di una delle candele robuste: ondeggiava come se danzasse per via di uno spiffero della finestra non distante. Era come la sua sorellina Teodora che si dimenava tutta quando qualcuno le faceva il solletico. Il ricordo la fece sorridere tra sé e si accorse solo in un secondo momento che Tessa la stava guardando.

«Sei proprio una bambina, Tea» sussurrò con una risatina a malapena udibile. Era severamente vietato, infatti, chiacchierare durante i pasti. Questa era la disciplina di madonna Dorina e funzionava piuttosto efficacemente per mantenere il clima tranquillo. Ma in quel momento Galatea rispose, anche se a bassa voce: «Ero solo un po' distratta»

Tessa si volse altrove, Galatea invece continuò ad osservarla. Sedevano quasi una di fronte all'altra, perciò non aveva difficoltà a esaminare il vestito, i capelli e i gioielli della damigella più nobile.

«Psst! Tessa! – la chiamò dopo un istante – Hai qualcosa sulla spalla, proprio qui» e indicò con il dito sulla propria spalla sinistra. Tessa controllò e ribatté asciutta: «Che scherzo stupido!» per poi afferrare una michetta poco distante. Galatea ristette e aguzzò la vista.

«Ma no, guarda bene!» insistette.

«Galatea, voglio silenzio durante la cena. Per punizione starai in ginocchio sui ceci prima di andare a dormire, stasera» intervenne madonna Dorina, non senza un pizzico di sadica soddisfazione.

Desistette allora, riservando alla propria mente il gusto di chiamare Tessa "sciocca vanitosa", che era uno degli insulti peggiori che conoscesse. Non vista, si concesse di dare un'ultima occhiata alla spalla sinistra della damigella. D'un tratto capì e avvampò dentro di sé per la propria ingenuità. Un esserino delle dimensioni di un grillo stava appollaiato lì, con le unghie microscopiche infilzate nella carne tenera per evitare di cadere. Non avrebbe saputo descriverlo, forse perché era troppo piccolo e troppo lontano per permetterle di vederlo bene. A prima vista sembrava antropomorfo, anche se in lui non c'era nulla di buono. Il suo modo di stare accucciato lo faceva assomigliare piuttosto a un cane randagio che a un uomo, ma aveva le braccia lunghe e ossute. Era glabro e grigiastro, con un'espressione di costante disprezzo, gli occhi rossi erano due feritoie molto strette, come gli occhi di quelle persone che fissano un nemico promettendo di scatenargli contro tempeste. E gli occhi di quella creatura guardavano Galatea.    

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro