Maggio 1670 pt. 7 **

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Ferraris, per cominciare, congedò tutto il personale del palazzo, padrona compresa, e diede avvio a un attento sopralluogo di tutti gli ambienti: dispose con cipiglio imperioso in quali stanze avrebbe alloggiato l'ospite, in quali il suo seguito, le portate da servire a pranzo, a cena e negli spuntini tra un pasto e l'altro. Volle vedere i salotti e ne scelse uno che fosse a uso personale del suo signore. Sembrava avere una tabella di marcia scolpita in testa e, senza bisogno di prendere nota per sé, faceva gravare su un ragazzino dotato di carta e lapis la responsabilità di ricordare, punto per punto, tutto ciò che diceva. Galatea seguiva stando zitta per la maggior parte del tempo; interveniva solo su esplicito ordine di Ferraris, illustrandogli i vantaggi e gli svantaggi delle stanze di cui ci si sarebbe potuti servire.

Il suo disagio, però, crebbe ora dopo ora, e quello fu un pomeriggio molto lungo. Non fu affatto felice quando si accorse che, più il tempo passava, più l'uomo si permetteva di accostarsi a lei. A un tratto, nell'attraversare un corridoio piuttosto stretto, la fece passare avanti e la sospinse premendole delicatamente la mano sulla schiena, un po' troppo in basso. Galatea si volse e lui si ritrasse un poco, salvo ripetersi poco dopo, quando, affiancandola, la toccò di nuovo.

«Non ti ho ancora chiesto come ti chiami» constatò, quasi nello stesso momento. Lei non fece in tempo a guardarlo bieco per ciò che aveva appena fatto perché rispose subito: «Teresa, mio signore»

«Teresa» ripeté Ferraris, come gustando il suono del suo nome. Galatea si morse il labbro inferiore, piegando lo sguardo di lato.

«Quanti anni hai?» rincarò, muovendosi per l'ennesimo salottino con l'aria di valutarne attentamente le caratteristiche.

«Diciotto, signore» rispose puntualmente, rimanendo presso la porta.

«L'età più bella per le fanciulle» rifletté Ferraris. Non aggiunse nient'altro durante l'ispezione delle due stanze successive, poi, mandato avanti il ragazzino con una scusa, si volse di nuovo verso Galatea, questa volta riservandole un'espressione furba e sospettosa.

«Come mai una fanciulla graziosa e istruita come te si occupa di lavare pavimenti e rastrellare vialetti?»

Lì per lì, lei fece spallucce e si giustificò: «Sono l'ultima arrivata»

«E come mai parli francese così bene? Si direbbe che tu l'abbia studiato»

Sapeva che Ferraris era stato sulle sue tracce non molto tempo prima. Intuiva che, dietro alle domande, avrebbe potuto celarsi un dubbio sulla sua vera identità. Le stava offrendo la possibilità di smascherarsi per salvarla da un destino crudele, oppure stava cercando di coglierla in fallo per denunciarla al principe? Troppo difficile leggere nell'unica pupilla dell'ex militare; Galatea decise che sarebbe stato più prudente continuare a mentire, e rispose: «Mia madre era francese»

«Di dove?»

«Di Parigi»

«E tuo padre?»

«Non so chi sia» tagliò corto.

Ferraris si strofinò delicatamente la punta del naso, quindi si premette la mano sulle labbra, guardandola fissa. Galatea respirò profondamente, percependo fisicamente l'intensità dello sguardo di lui. Era come se volesse studiarla; no, non era certamente uno sguardo invaghito, né uno sguardo carico di passione. Era piuttosto lo sguardo del pittore che si accinge a ritrarre il suo soggetto sulla tela e vuole imprimere i suoi lineamenti, prima che nel colore, nella propria mente, per carpire non solo l'apparenza, ma anche l'anima più intima. Era così che la stava guardando ed era questo a disturbarla, il fatto cioè che lui volesse penetrare oltre le sue difese e svelare i suoi segreti; ma c'era un segreto che avrebbe protetto a qualsiasi costo, un segreto che doveva rimanere suo per qualche tempo ancora.

«Hai pianto di recente?» sussurrò, come se non volesse urtare i suoi sentimenti.

Galatea si trovò spiazzata, ma non stupita: avrebbe solo preferito avere a che fare con un osservatore meno attento.

«No – mentì, abbozzando un sorriso – Cosa ve lo fa pensare?»

«I tuoi occhi sono velati di tristezza» rispose, accarezzandole la guancia; nel farlo, mosse un passo avanti e lei indietreggiò, trovandosi con le spalle contro il muro del corridoio.

«Piangi per via di un uomo?» domandò ancora, abbassando ulteriormente la voce. Galatea non se la sentì di rispondere per timore di lasciarsi sfuggire qualche indizio di troppo; le sue labbra, però, non poterono fare a meno di tendersi e di serrarsi l'una contro l'altra, una sorta di muto assenso che Ferraris colse al volo: «Ti ha spezzato il cuore, vero?» suggerì allora, facendo scorrere la punta dell'indice destro lungo il suo collo. Lei, scuotendosi, non diede una risposta chiara, ma lui la interpretò secondo il proprio interesse.

«Non dargli la soddisfazione di vederti triste ...» le confidò, dandole un ultimo buffetto sulla guancia. Lei annuì e ringraziò, scostandosi dal muro con un passo di lato, poi gli chiese se volesse proseguire la visita delle stanze rimanenti.

Ferraris parve pensarci su: avrebbe abbandonato con amarezza quel principio di conversazione che era riuscito a proporre. Mal celò, in effetti, un certo scontento a riprendere il giro, e in seguito si dimostrò sbrigativo e distratto. Lì, però, le fece un semplice cenno affermativo con la testa e le mise la mano sulla spalla, conducendola con sé senza parlarle più. Galatea, alla lunga, credette di essersi sbagliata nell'opinione che si era fatta di lui: si sentì quasi in colpa per averlo giudicato male, ma non riuscì a lasciare del tutto da parte i pregiudizi. Alla fine del sopralluogo, nonostante tutto sollevata, chiese il permesso di raggiungere gli altri servi per la cena. Ferraris la guardò di nuovo fissa con quel suo occhio castano e infine bisbigliò, come fosse un segreto: «Va' pure, Teresa. Ma dopo vieni nella mia camera. Ho bisogno di continuare a parlarti... in privato. Capisci cosa intendo?»

Galatea sbiancò e sbarrò gli occhi, senza articolare la minima risposta. Lui tornò ad accarezzarle la guancia, premendole il pollice contro le labbra: «Tu devi dimenticare quel furfante che ti ha fatto soffrire; e io viaggio da tanto tempo e non ho mai la possibilità di passare una notte come si deve. A stanotte, Teresa»

Ferraris si abbassò un poco, cercando di baciarla. Lei, però, si sottrasse, guardandolo allucinata: la prudenza le consigliava di rifiutare, mentre l'istinto di sopravvivenza la incitava ad accettare. A rendere il tutto ancora più penoso c'era l'immagine ingombrante di Ottavio, il "furfante", con la gran mole di dolore che si portava appresso. Le mancò la forza e una lacrima scivolò sulla sua guancia. Ferraris corrugò la fronte, pronto ad aggiungere qualche argomento più convincente, ma lei si volse con le mani sul viso e si allontanò a passi brevi e concitati. La verità era che aveva paura, paura dicadere nella tentazione di sentirsi amata di nuovo, ora che si sentiva così sola, così confusa... Sapeva che la disperazione l'avrebbe spinta tra le braccia dilui. Avrebbe ceduto, avrebbe ceduto...    



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Angolo Autrice

Ecco a voi il primo dei due capitoli di oggi! Appuntamento a questo pomeriggio per il secondo <3

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