Primi di giugno 1670 *

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

Aveva tenuto d'occhio il conte per tutta la durata della cena, attendendo un suo cenno per avvicinarsi e tradurre gli ordini: più vino, più salsa, altro pane. Il nobile francese dimostrava di avere un gusto raffinato e uno stomaco piccolo; spiluccava il cibo come se non avesse fame e mangiasse solo per fare una cortesia ai convitati. Un fatto che la colpì fu il suo fastidio per la parrucca, come se la sopportasse a fatica, come se non fosse abituato a portarla. Il suo sguardo non era più annoiato come la prima volta in cui si erano visti: da qualche tempo le sembrava teso, a disagio. Anche la sua voce non suonava molto pacata e quando chiacchierava con i vicini si concedeva poche parole e ancor più misurati sorrisi. Era malinconico, forse per via dell'accenno alla sua leggera zoppia fatto poco prima di cena da un suo accompagnatore: allora, stringendo a sé il bastone con cui si aiutava, aveva storto le labbra in modo sarcastico e aveva convenuto che la sua famiglia non era in buoni rapporti con i cavalli; chiara allusione a suo cugino, il duca Antonio. Galatea, però, aveva notato che solo quando si rivolgeva a lei si preoccupava di ammorbidire il tono: un po' la imbarazzava, specie quando Ferraris si voltava a guardarli; aveva una strana espressione, tra lo stupefatto e il geloso, come se fosse contemporaneamente stupito dall'atteggiamento del conte nei suoi confronti e incupito dal confronto con un potenziale rivale amoroso. Il che, in effetti, non aveva del tutto una ragion d'essere, se non altro perché era stato lo stesso Ferraris a combinare il loro incontro e a programmare la loro notte. A quel pensiero angosciante Galatea volse gli occhi a un piccolo orologio da muro e vide con spavento che la lancetta correva fin troppo veloce.

Donna Isabella, seduta al capo opposto a quello del conte, soffocava l'ansia con il cibo: atteggiamento consolidato negli anni che spiegava perché il suo fisico si fosse allargato con l'età e con gli scandali che, uno dopo l'altro, l'avevano costretta a lasciare la capitale per una vita più tranquilla e ritirata. Di tanto in tanto rivolgeva qualche parola all'ospite, parole ovviamente vaghe e di circostanza, che Galatea non faticava a ripetere in francese, abbellite dallo studio della buona conversazione. Altre volte, invece, Donna Isabella la fissava rancorosa, livida di invidia poiché, di fatto, il conte si rivolgeva più spesso alla sua serva che non a lei, la padrona di casa. A rinvigorire quel sentimento avverso c'era la spontanea antipatia per una figlia di mercante che, per un breve tempo, era stata sbalzata troppo in alto nella scala sociale e che ora, era evidente, voleva ritentare il colpo. La sua parlata fluente ammaliava il conte, lo affascinava la scoperta di un intelletto così colto tra la servitù di una vecchia cortigiana in esilio. Doveva trovarla di certo stimolante e, dalla faccia di Ferraris, Donna Isabella trasse la conclusione che, presto o tardi, uno dei due uomini l'avrebbe rivendicata per sé. Dal momento che si trattava di una conseguenza inevitabile della sua presenza a quella cena, Donna Isabella cominciò a ritenere necessario non tanto evitare che niente accadesse – come era stato per il precedente soggiorno di Ferraris – quanto, piuttosto, valutare a chi dei due concedere l'ambito trofeo, fermo restando il suo intento di servirsene in futuro come aveva ultimamente stabilito. Tra i due pretendenti, il conte era il più pericoloso: se avesse voluto, avrebbe potuto far valere il proprio rango per impadronirsi della ragazza e portarla via, nel suo seguito, e condurla chissà dove, vanificando gli sforzi di mesi di trattative segrete. Ferraris, di contro, era un uomo del ducato e, anche ammesso che l'invaghimento per la serva durasse più del consueto, non avrebbe avuto interesse a caricarsene in prima persona: sarebbe stato facile e conveniente per tutti arrivare ad un accordo e, quando la comitiva del francese fosse ripartita, la fanciulla sarebbe misteriosamente scomparsa senza che fosse colpa di nessuno. Ferraris ne sarebbe rimasto scottato, ma si sarebbe presto consolato con un'altra donna. In fin dei conti, una figlia di mercante doveva essere considerata per quello che era, e non per quello che era stata: sarebbe stato molto meglio lasciare che si conoscessero il mese prima. Impedire il loro incontro notturno si stava rivelando una mossa politicamente sbagliata.

La decisione, dunque, era presa. Non restava che apparecchiare le cose in modo che avvenisse come Donna Isabella desiderava. Fece perciò chiamare un'altra serva, Francesca, del tutto analfabeta, ma dotata di altre qualità; una volta giunta, Donna Isabella le spiegò sottovoce in cosa consisteva il suo compito e la fece aspettare nel salotto attiguo, dove i commensali si sarebbero recati di lì a poco. Galatea vide ma non capì e nemmeno sospettò cosa si preparasse contro di lei.

Quando fu il momento di spostarsi, Donna Isabella condusse personalmente gli ospiti nel salotto dove Francesca attendeva di essere presentata. Il conte, nondimeno, la guardò con interesse, andando a sedersi sulla poltroncina più comoda. Galatea lo affiancò, composta e silenziosa, con le guance velate di vergogna. La conversazione evolse molto presto in un dibattito sulla bellezza delle donne presenti: era un gioco che divertiva gli uomini e che offriva l'occasione di fare domande impertinenti e richieste al limite della sfacciataggine. Le cameriere presenti sciolsero gli imbarazzi e si permisero di farsi corteggiare dal seguito, mentre Francesca si prendeva la libertà di stuzzicare il conte, che mostrava di stare allo scherzo più che volentieri. Ferraris, invece, taceva e fissava la sua serva preferita, senza risparmiarle complimenti che svelarono a tutti il suo interesse per lei.

«Régardez la sérieuse!» la prese in giro un accompagnatore del conte, poiché Galatea non accennava il minimo sorriso e rimaneva in disparte al proprio posto. Da quel momento la soprannominarono proprio la sérieuse, la seria. Anche Donna Isabella prendeva parte attiva alla discussione, nonostante la difficoltà: faceva ricorso alla propria esperienza per screditare la propria serva in modo arguto e divertente. Lei restava fieramente austera, a malapena alzava gli occhi, si limitava a tradurre e non ribatteva mai alle provocazioni. E nonostante la bravura di Francesca, alla lunga l'atteggiamento di Galatea attirò la curiosità del conte, che si volse a guardarla in muta contemplazione. Donna Isabella presagì un rivolgimento sfavorevole e cercò di approfittare del clima che si era creato.

«Francesca, per favore, accompagnate il signor conte alla sua camera. Il viaggio deve averlo provato, lo vedo stanco» ordinò, alzandosi in piedi. La serva fece una riverenza, in attesa che il nobile ospite la seguisse; ma lui non aveva capito ed era rimasto a fissare la sua traduttrice in attesa di indicazioni. Galatea tradusse apatica e mosse un passo indietro.

«Je prefére qu'elle m'accompagne, Madame» obiettò pacatamente il conte, indicando Galatea.

«Teresa accompagnerà il signor Ferraris, se lui lo vorrà» replicò la padrona, comprendendo la richiesta senza bisogno di traduzione. Il conte si volse a Ferraris e gli dedicò uno sguardo intenso: «Voulez vous, Monsieur?»

«S'il vous plait, Votre Grace» rispose con il volto teso di desiderio.

«Non, il ne me plait pas!»

«Mio signore – intervenne Donna Isabella accomodante – Francesca è posata, discreta, piacevole. Allieterà la vostra notte»

«Mais elle ne parle pas francais, Madame. Monsieur Ferraris est italien, Francesca allera avec lui» fu la replica, abbastanza seccata, del conte. Donna Isabella, comprese le sue parole, arrossì di stizza e lanciò un'occhiata a Ferraris, perché si esprimesse a propria volta, ma, inaspettatamente, l'aiuto le arrivò dalla persona che meno si sarebbe aspettata.

«Pardonnez-moi, Monsieur, je ne veux pas coucher avec quelqu'un» sussurrò Galatea.

Il conte si alzò in piedi, ed era alto di statura nonostante poggiasse sul bastone; si pose di fronte a lei e la fissò impenetrabile: «J'insiste, Teresa; vous ne quitterez ce salon qu'avec moi»

Le prese il mento tra le dita, costringendola a guardarlo dritto in viso; poi ruotò il suo volto a destra e a sinistra con un movimento lento, delicato ma autoritario insieme, per studiare i dettagli che potevano essergli sfuggiti in precedenza. Galatea continuò a fissarlo durante tutta l'operazione, esaminando a propria volta gli occhi di lui, impassibili eppure trasfigurati nella loro essenza più profonda: una vista che la stupì, la colse impreparata e la impietrì.

«Vous êtes si belle, ma chérie; et vous êtes parfummée e propre; et jeune aussi. On autre, vous parlez francais»

«Oui, mais... je suis...»

«Je sais, je sais...»

Galatea non poté sottrarsi al bacio che seguì. Un bacio appassionato, un bacio sofferto, un bacio desiderato da entrambi. Chiuse gli occhi per dimenticare ciò che le stava attorno e abbandonarsi a un istante di sogno insieme a lui. Tante emozioni in guerra la investirono, prendendo d'assalto il suo cuore confuso dai ricordi e dai desideri, dalla ragione e dall'istinto. Ciò che viveva era pura contraddizione e per questo aveva paura; ma quella mano che le stringeva ancora il mento, e quel corpo maschile così vicino, non le davano la spiacevole sensazione che le aveva dato Ferraris poche ore prima. Decise di assecondare l'istinto, anzi, la speranza. Il sogno si sarebbe infranto, a un certo punto, ma le avrebbe donato istanti felici che le mancavano ormai da troppo tempo.

«Elle est mien, Madame – tagliò corto il conte al termine del bacio – Accompagnez-nous a ma chambre»    



----------------------------

Angolo Autrice

Buongiorno lettori! Vi ricordate? Questo era l'ultimo capitolo da me pubblicato prima della revisione. Oggi pomeriggio scoprirete come andò a finire quella notte... Ansiosi di sapere?

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro