3. What do you want from me?

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Il freddo avanza imperioso senza limitazioni, coprendo col suo gelo tutto ciò che lo circonda: gli alberi, le strade, le anime stesse dei passanti e di chi, per un motivo o per un altro, si ritrova inevitabilmente fuori dal proprio ambiente familiare.

La ninnananna della notte è il fragile abbraccio per le anime che vagano, senza sosta, alla ricerca di un loro posto in questo mondo fatto di stralci di persone.

«Ti sta bene scendere al prossimo isolato?» chiedo allo sconosciuto, imboccando la strada da lui suggerita e approfittando della mancanza di veicoli per accelerare e lasciarmi l'insostenibile ingorgo alle spalle.
«Che cosa?!» impreca lui, mettendosi a sedere così in fretta che quasi mi ritrovo ad andare fuori strada.
«Hai capito bene. Al prossimo isolato tu scendi da questo pulmino. Sei qui dentro da circa venti minuti e ho già rischiato di perdere il controllo dell'auto due volte, quindi non ho intenzione di continuare a farti da babysitter ora che sei sano e salvo.»
Al solo pensiero di riprendere il viaggio che sono stata costretta a interrompere non riesco a fare a meno di sorridere; niente più distrazioni, niente più contrattempi, niente più intrusi nella mia vita. Il destino non la smette mai di mettermi alla prova, ma adesso sono sicura della mia scelta.

Incontrare uno spacciatore per niente frenato dalle conseguenze delle sue azioni mi ha aperto gli occhi e ora sono spalancati, pronti a recepire l'esterno come non hanno mai fatto prima.

Ma questo è un viaggio che devo fare da sola.

«Sano e salvo?! Tu credi che io sia sano e salvo, ma la verità è che al momento sono più o meno nella stessa situazione di un uomo in fin di vita! Pensi davvero che dei malviventi come quelli si arrenderanno così facilmente? Sbagli!» afferma colto da un panico piuttosto evidente e dettato da quelle che credo siano basi di verità; d'altronde, il suo linguaggio del corpo non mente: le dita coperte di tatuaggi tremano, la voce è ferma, a tratti apatica, e le sue labbra sottili sono intente ad azzannare con foga le unghie rovinate per via della trascuratezza.
Prendo un respiro profondo, cercando di non lasciarmi coinvolgere più del dovuto.

«Questi sono problemi tuoi. Avresti dovuto pensarci prima di sniffare la droga che doveva essere venduta, pensando, tra l'altro, di non dover dare alcun soldo a chi te l'ha consegnata.» Affermo sicura di ciò che fuoriesce come un fiume in piena dalle mie labbra socchiuse.
Riesco a percepire il volto dello sconosciuto indurirsi, la mascella contrarsi, le dita attorcigliate attorno agli strappi dei jeans per non abbandonarsi a un rapido scatto d'ira.
«E tu questo come lo sai?» sussurra a denti stretti.

«Beh, diciamo che i problemi di uno spacciatore ribelle e superficiale sono facilmente deducibili.»

Non ho paura di lui.

Potrà minacciarmi quanto vuole, ma sono io ad avere il coltello dalla parte del manico.
Io sono l'innocente, lui il colpevole; io ho il pulmino, lui una condanna attaccata al collo.

È inevitabile e fin troppo prevedibile il finale di una storia iniziata tra degli insulsi vicoli di periferia.

«Vorrei ricordarti, mia cara Amaranta, che quei dolci malviventi non stanno cercando solo me. Credi davvero che non si siano presi la briga di fotografare la targa di chi ha rapito il tizio che ha tentato di fregarli? Ho cercato di fare il gentile, ma la verità è che ci siamo dentro tutti e due. Ora tu sei una mia complice ai loro occhi e stai pur certa che non lo dimenticheranno tanto facilmente.»

Un colpo, dritto nel petto, più forte dei ricordi e più ossessivo del passato che mi tormenta da anni.
Per la prima volta in tutta la mia vita ho paura del presente, quello vero, quello palpabile, quello che mi si è appiccicato addosso come una gomma masticata e che, per quanto io ci provi, non ha intenzione di staccarsi in alcun modo.
«Che diamine stai dicendo?!» gli chiedo in preda ad un attacco d'ira, ma lui ride, se la gode, si burla di me.

«Hai fatto la scelta sbagliata, donna misteriosa. Hai voluto aiutare un criminale e ora non ti resta che patire la sua pena con lui, finché non sarà finita.»

Credevo che il ragazzo dal berretto grigio fosse l'esempio da seguire per tornare in vita, ma sbagliavo.

Questo, come tanti altri, è l'ennesimo scherzo del destino che mi è stato riservato e forse, se proprio questa è l'alternativa, dire addio alla mia vita attraverso un mix di droghe e alcolici di dubbia provenienza non è poi la scelta peggiore da fare.

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