xxᴠɪɪɪ - ʏᴏᴜ ᴅʀᴇᴡ ꜱᴛᴀʀꜱ ᴀʀᴏᴜɴᴅ ᴍʏ ꜱᴄᴀʀꜱ...

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Qualche minuto dopo siamo ancora lì, spalmati con la schiena contro la parete nel silenzio dei nostri momenti speciali.

Il dito di River ondeggia come un pendolo sopra il mio braccio nudo, steso davanti al mio corpo.

Non lo tocca, ma lo sfiora come un soffio leggero che non mi mette paura.

Il suo respiro, come il mio, sembra rilassato, al punto di impedirmi di avere anche la minima voglia di interrompere un momento simile.

Gli occhi castani di River rimangono fissi sulla mia pelle bianca, sulle cicatrici che sporcano l'epidermide.

«Fanno schifo, lo so» ammetto aggiungendo una smorfia un po' disgustata.

Prima di entrare al St. Margareth non avevo mai avuto il coraggio di mostrarle a qualcuno.

Le ho sempre nascoste come se fossero un segreto da mantenere.

Quando ti tagli, quando senti il tuo corpo cedere allo squarcio, ti senti forte, come se nessuno potesse avere controllo più di te stesso.

Ma quando queste aperture vengono ricucite, l'idea di aver permesso ad altri di fare ciò che tu non volevi ti mette ribrezzo. Persino se a rimarginarle sia stato il tuo organismo che combatte per fare l'opposto di ciò che vuoi.

«No, non è così.» la voce di River è roca, la schiarisce con un rumore della gola senza dire nient'altro, ma continuando a perpetuare il suo sguardo su di esse e a muovere il polpastrello nell'aria, ad un passo dal toccarle davvero.

«Mi dirai mai cosa è davvero successo?» sospiro, mi volto a guardarlo. Le mie gambe piegate sotto il corpo in una posizione comoda, in un momento così intimo quanto pericoloso per me stessa.

Eppure, nonostante il filo sottile che divide la mia paura dalla mia felicità, non sento il bisogno di ritirarmi, conscia che River non farà mai nulla senza il mio permesso.

Lui chiude gli occhi, la testa poggiata contro la parete del magazzino, da cui non siamo ancora usciti e che probabilmente resteranno le nostre quattro mura ancora per un po'.

A quest'ora gli altri pazienti sono in sala ricreativa, e sono certa che Addie abbia trovato una valida scusa per la nostra assenza. Non che si siano fatti molti domande nelle giornate precedenti quando non ci hanno visto in giro.

«Cosa ti ha detto Will?» sembra più propenso a parlare, come se questo semplice movimento lo rilassasse e quella maschera d'indifferenza sia caduta.

«Non importa cosa mi abbia detto lei. Cosa mi dici tu?» cerco di restare calma, di mantenere quella sensazione astratta.

Come se non fossimo davvero lì, all'interno di un centro di sanità mentale a combattere ogni giorno per una cura nascosta alle nostre vite.

River mi regala percezioni che mai avrei immaginato di sentire. Mi porta via, mi distrugge e ripara, senza neanche rendersi conto di farlo.

Lui stringe le labbra, lo vedo combattere contro sé stesso, come se stesse pesando attentamente le parole da usare.

«È difficile parlarne Flame.» mi concede questa prima verità.

River deglutisce, la sua mascella si tende mentre cerca di trovare le parole giuste. «Difficile perché è una parte di me che odio. Una parte che non posso cambiare, non importa quanto ci provi.»

River sembra ancora lottare con se stesso, le sue labbra serrate, come se le parole che deve dire gli bruciassero in gola. Mi guarda, e nei suoi occhi vedo il conflitto interiore, una battaglia tra il voler essere onesto e la paura di farmi del male. La mia pelle fissata da lui sembra scaldarsi, come se il suo sguardo potesse penetrarmi fino all'anima.

«Flame...» continua, la voce rotta e incerta, «... ogni volta che ci penso, vedo solo distruzione. Vedo ciò che ho fatto, ciò che ho perso.» Il suo sguardo si fa più intenso, quasi disperato. «L'ho persa per colpa mia.»

Mi irrigidisco leggermente, il dolore nella sua voce mi attraversa come un coltello. Voglio allungare una mano, dirgli che capisco, che non è solo, ma il mio corpo rifiuta di muoversi. La paura del contatto mi trattiene. Ma devo sapere, devo capire.

Lui abbassa lo sguardo, fissando un punto indefinito sul pavimento. «Ero fatto, pieno di rabbia, di... odio verso me stesso. Rachel... lei mi amava, ma non poteva salvarmi da me stesso.» Fa una pausa, come se le parole lo stessero soffocando. «Eravamo in moto quella notte. Io ero fuori controllo, non avrei dovuto guidare. Avevo preso troppo...»

La mia mente cerca di visualizzare quella notte in ricordi che non mi appartengono per niente.

«E poi?» lo incito, il mio cuore che batte forte.

«Poi ho perso il controllo dei freni.» Le sue parole sono un sibilo, un segreto finalmente rivelato. «Siamo andati fuori strada. Io sono sopravvissuto, ma Rachel... lei è morta sul colpo. E tutto quello che sono riuscito a pensare è che l'avessi uccisa io.»

Ho immaginato mille scenari da quando Will mi ha costretto a quella rivelazione, ma tutti adesso, mi sembrano peggiori e esagerati rispetto alla verità.

Il suo sguardo si perde nel vuoto, come se stesse cercando di raccogliere i frammenti di un passato che lo tormenta ancora. Io rimango in silenzio, sapendo che ogni parola potrebbe spezzare quel fragile equilibrio che si è creato tra noi. Il suo respiro è profondo, quasi affannoso, e posso sentire il peso della sua storia che grava su di noi.

Non so cosa rispondere, perché qualsiasi cosa dica, so che sarebbe sbagliata.

Le sue parole mi trafiggono, ma non mostro nulla. Anche perché River non è solo il suo passato, e io ho deciso di stargli accanto, di ascoltare la sua verità.

La mano libera di lui si chiude in un pugno che sbatte varie volte sul pavimento, gli occhi si chiudono trattenendo un dolore che ha fatto uscire a causa mia.

Da quanto si tiene dentro tutto questo? Da quanto questi sensi di colpa vagano nella sua mente e lo tormentano senza sosta?

«Non sei più quella persona.» sputo con forza dalle mie labbra, fermando quella sorta di sfogo fisico che sta attuando contro la sua mano.

Un modo così simile, ma diverso dal mio.

River usa la rabbia, si sfoga con pugni, con la forza dei movimenti, io uso la resa, la necessità di lasciarmi andare e perdere una o più parti di me.

«Ho lasciato quel mondo. Ho cercato di lasciarmi tutto alle spalle, ma è difficile quando i fantasmi ti seguono ovunque. Will... lei è ancora dentro quel giro. E non è solo Rachel che mi tormenta, ma anche tutte le altre cose che ho fatto.»

La sua sincerità mi colpisce. La mia mente è un vortice di emozioni, ma non posso permettere che mi travolgano. Devo rimanere centrata, presente, per lui. River continua a parlare, come se ogni parola fosse una confessione necessaria per liberarsi dal peso del passato.

«Quindi cosa vuole da te adesso?» è chiaro che mi riferisca a Will, non mi fermo a giudicare i gesti compiuti in passato dall'altro. Non ne ho il diritto.

Non posso colpevolizzare qualcosa, che in altri ambiti ho fatto anche io, ma verso me stessa, sono solo stata fortunata a non aver coinvolto altre persone nel mio viaggio distruttivo.

«Bruciare tutto quello che mi circonda. Ho dei conti in sospeso con Landon, uno di quelli che ci costringeva a tormentare i debitori in cambio dell'erba. Io li picchiavo, lui in ritorno mi riforniva di tutto lo schifo di cui potevo farmi.» sospira «La notte dell'incidente sarei dovuto andare a fare delle commissioni per lui, cose che non ho mai fatto... vuole vendetta.»

Lo vedo mordersi l'interno della bocca, nervosismo mischiato con la rabbia che sta provando.

Ma come un movimento necessario, la mano verso il mio corpo, ritorna a muoversi nell'aria sopra di me, disegna contorni sospesi sul mio braccio, senza mai poggiarsi.

«Ma sono passati anni.» mi stupisco di quanto la mia voce si alzi di tonalità, stupita dalla cosa.

«A gente del genere non frega un cazzo. Possono passare anche secoli, ma loro ricorderanno tutto.» anche la sua voce si alza. Ma è chiaro che non sia contro di me.

«E allora perché non denunci, perché non li porti a confessare tutto?» alzo le spalle.

«E tu perché non hai denunciato quel bastardo che ha abusato di te?» risponde di rimando.

La mia espressione si contrae.

«Che... che stai dicendo?»

«Lo sai benissimo Flame. Quello stronzo del tuo ex ragazzo, perché non lo hai denunciato?» insiste, la durezza delle sue parole sputate in faccia.

«Non stavamo parlando di me e... Aaron non ha abusato di me.» o forse sì.

Ho passato anni a dirmi che lui non avesse fatto nulla di male. Che tutto quello che mi era successo fosse giusto. Che fosse il mio dovere.

«Devi smetterla di giustificarlo. Non c'è niente di giustificabile nel modo in cui ti ha trattata il giorno che è venuto qui. Non è così che si tratta la ragazza che ami o la gente in generale.» continua, taglia, più dolorosamente delle stesse lame usate da me stessa.

«Tu non lo conosci. Lui... era giusto. Ero la sua ragazza, è ciò che ci si aspetta da...»

«Cazzo Flame, no. No. No e ancora no.» sbraita, cerca di aprire quegli occhi offuscati da qualcosa. «Vorrei solo che te ne rendessi conto.»

Sento la pesantezza del suo sguardo su di me. La pena nei suoi occhi, la rabbia nei confronti di ciò che mi è successo e io quello sguardo non riesco a reggerlo.

Guardo a terra, alle mie braccia, a quei segni che mi hanno portata via dalla realtà e dai problemi molte volte.

Mi ritrovo a stringere i pugni, le unghie che affondano nei palmi delle mani. River ha colpito un nervo scoperto, e il dolore è acuto, come una lama affilata. Le sue parole mi risuonano nella testa, un eco assordante che non riesco a ignorare.

«Aaron non ha abusato di me» ripeto, quasi a convincere me stessa più che lui. Ma la voce mi trema, la sicurezza che cercavo di proiettare si frantuma. So che River ha ragione, lo so da tempo, ma ammetterlo ad alta voce mi fa sentire vulnerabile, esposta.

La mia mano trema leggermente mentre la porto al polso, le dita sfiorano le cicatrici ancora fresche. Sono segni di un passato che vorrei cancellare, di un presente che mi sembra insopportabile. Eppure, nonostante tutto, so che River ha ragione. Aaron mi ha fatto del male, mi ha spezzata in modi che non riesco nemmeno a descrivere. Ma ammetterlo a me stessa è come strappare via una parte di me, una parte che ho protetto per troppo tempo.

Alzo lo sguardo verso River, vedo la tensione nei suoi occhi, la rabbia, ma anche una disperata speranza. Vuole che io mi salvi, che io trovi la forza di combattere, proprio come lui sta cercando di fare. Le sue parole sono come una scossa elettrica, mi fanno vedere la realtà in un modo che non avrei mai immaginato.

L'idea di farmi sanguinare di nuovo mi attraversa la mente come una lama fredda e tagliente. Vorrei tanto urlare, dire a River che si sbaglia, che Aaron non mi ha mai fatto del male, ma ogni volta che ci provo, le parole mi muoiono in gola.

River sospira, continua a muovere il dito nell'aria, a sfiorare le mie cicatrici senza toccarle davvero. Il suo gesto mi fa venire i brividi, ma allo stesso tempo mi conforta. Non so come possa riuscire a trasmettermi tanta forza solo con il suo respiro, con il suo semplice stare lì con me.

Mi stringo nelle spalle, sentendo le lacrime che premono per uscire. Non voglio piangere davanti a lui, non voglio mostrargli quanto sono fragile. Ma le sue parole, la sua vicinanza, stanno abbattendo le mie difese, pezzo dopo pezzo.

«Tu sei molto di più di quello che gli altri ti hanno voluto far credere scintilla» sussurra portandomi quasi in automatico a voltarmi verso di lui.

Sento il suo respiro sul volto, nella vicinanza dei nostri nasi, nelle distanze che sembrano così tremendamente enormi ma che in realtà non lo sono.

Occhi che si incastrano, che si amalgamano a dei sentimenti che crescono senza controllo.

«Vorrei non essere come sono.» dico a fior di labbra «Vorrei non aver paura di fare quello che vorrei»

Non so da dove venga questo coraggio.

Lui sorride, teso così quanto lo sono io in un momento simile.

«Invece per me sei perfetta così.» dice di rimando.

Il respiro mi si blocca in gola, incapace di dare una risposta ad una cosa come questa.

Aaron mi riempiva di complimenti ogni tanto, sopratutto quando doveva mostrarsi agli altri, ma non li avevo mai sentiti così sinceri come questo.

E per quanto io lo creda pazzo a pensare una cosa simile, forse per il mio non essere abituata a farlo, mi sento rabbrividire. E non nel timore, ma per la profondità del suo sguardo sul mio. Del modo in cui per la prima volta forse, non mi senta a disagio a sentire degli occhi su di me.

«Addison pensa che forse non ho paura di essere toccata, ma delle conseguenze dell'essere toccata.» ammetto sempre con un filo di voce, ma senza perdere quel contatto remoto.

«E tu cosa pensi?» mi chiede. La tensione ancora nell'aria.

Non fa un movimento in più, non si avvicina per chiudere la distanza e non lo faccio neanche io.

Immobili, con un equilibrio instabile che potrebbe cedere da un momento all'altro e far esplodere tutto.

Ma non so se in modo buono o in modo tremendo.

«Non lo so.»

«Vuoi che mi allontani?»

«No, non voglio che tu lo faccia.»

Le cicatrici sul volto di River sembrano disegni di costellazioni inventate. Così vicine, ora, mi sembrano sempre più reali.

«Bene, perché non voglio fare qualcosa che tu non voglia.» mi dice, mentre il suo respiro sbatte contro le mie labbra dandomi un nuovo tipo di ossigeno da respirare.

«Lo so.» rispondo.

«Quindi, la prossima volta, se vorrai baciarmi...» sospende la frase «... se crederai che io lo meriti...» alza di poco il volto.

Per poco il mio naso sembra toccare il suo, ma non succede, è solo il peso del suo fiato.

«...dovrai essere tu a farlo scintilla.» sorride, ma non con un ghigno.

Incurva le labbra in modo rilassato, in un moto di resa e tranquillità che non so come riesca a trovare dato che io sembro un'ebete paralizzata dalla situazione.

Si allontana di qualche centimetro prima di sospirare.

«Non devi permettere mai più a qualcuno di fare qualcosa che tu non voglia. Neanche a me.» elimina la vicinanza, ritorna con la testa contro il muro, restando a guardarmi e mollandomi lì in attesa di qualcosa che non succede.

Lasciandomi in quella dannata tentazione che non porta a compimento, conscia, che lo faccia più per me che per prendersi gioco di me.

Mi perdo in un sospiro, abbasso lo sguardo, il mio braccio ancora steso davanti al corpo, poggiato sulle mie gambe.

Le mie cicatrici seghettate ancora in prima vista, mentre il suo dito torna a giocare sospeso sopra la mia pelle, ma questa volta con una direzione decisa, ponderata.

Contraggo la fronte nel momento in cui riesco a tornare nel mondo reale, seguendo con gli occhi il movimento del suo indice.

«Che... che stai facendo?» domando confusa, cercando di capire il senso di quel gesto.

«Disegno delle stelle.» risponde in modo deciso.

La mia espressione incerta lo porta a continuare il suo dire.

«Cosa Swift, dice che qualcuno le ha disegnato delle stelle sulle cicatrici no?» alza le spalle, nell'indifferenza più totale, ma noto una sorta di risposta studiata nelle sue parole.

Sgrano gli occhi quasi sconvolta perpetuando lo sguardo su di lui.

Non può averlo detto davvero.

«Come... fai a saperlo. Tu non ascolti quel genere di musica.» ne avevamo già parlato.

Lui criticava la mia e io criticavo la sua. E tutto era successo la prima volta proprio all'interno di questo magazzino.

«Potrei... aver chiesto a Nick di passarmi qualche sua canzone sul mio lettore» fa un sorriso a mezza bocca, scorgo un leggero rossore sbiadito sulle sue guance.

«Sai che quella canzone parla di un tradimento vero?» rido.

«Ah. Sì, forse avrei dovuto intuirlo da quello che diceva dopo.» gli occhi si spostano all'altro lato della stanza ma io non posso fare a meno di trovarla la cosa più carina e sdolcinata allo stesso tempo.

«È stata comunque una bella cosa. L'apprezzo.» sorrido.

È stranissimo vedere River così, privo della sua scorza da cattivo ragazzo che non è affatto. Di quel lato pronto ad allontanare tutti.

«Non ti montare la testa scintilla. Volevo solo capire cosa ci trovassi in quelle lagne» mantiene l'attenzione visiva lontana dalla mia persona portandomi a perpetuare il mio sorriso divertito.

«Promesso. Piedi per terra.» dico incrociando le dita mentre lui torna a guardarmi sorridendo a sua volta.

Una confessione tacita, senza aver bisogno di altro, che ci trova a rimanere nuovamente con gli occhi addosso ma in modo diverso.

Un momento spezzato solo dall'apertura della porta del magazzino.

Nick si ritrova sull'uscio muove la testa ritrovando le nostre figure, nella sorpresa di vederci lì.

«Che cosa...» esordisce spostando lo sguardo da me a lui.

È una serie di secondi dove tutti e tre ci guardiamo a vicenda, nell'attesa che qualcuno risponda.

Colti sul fatto, senza aver realmente fatto nulla.

Nick rotea gli occhi, sospira, apre poco più la porta.

«Non ho visto niente, fuori... è ora di cena e vi aspettano a mensa.» ma c'è un leggero segno di soddisfazione nel suo sguardo mentre io e River ci alziamo da terra fra le risa sommesse.

«A buon rendere Nick.» dice River poggiandogli una mano sulla spalla e uscendo dalla porta.

«Sì certo, come no River.» risponde il biondo scuotendo la testa e chiudendosi l'uscio alle spalle e lasciandoci fuori.

Il corridoio si apre alle nostre viste preparandoci alla cena che ci aspetta in mensa.

«Vai avanti, devo prendere una cosa in camera mia.»

Annuisco, muovendomi verso la parte opposta.

«Ah Flame?» mi richiama facendomi voltare e puntando nuovamente lo sguardo su di me.

«Le tue di stelle...non farle sanguinare.» la sua voce rimbomba fra le mura del tunnel pieno di luci.

Annuisco, sorrido, ci provo.

Lui fa lo stesso, in un movimento a specchio prima di voltarsi e riprendere il suo cammino e permettere a me di fare ugual cosa.

River Worley è riuscito a farmi avere dubbi su tutto e allo stesso modo, a districarli in modo diverso.

Si è insinuato strisciando nella mia vita, chiedendo il permesso come nessuno aveva mai fatto.

E per un attimo, ogni mia certezza ha vacillato vicino al suo volto.

Ho pensato che forse, non mi sarebbe dispiaciuto eliminare le distanze, che lui avesse fatto quel passo in più.

Ma allo stesso tempo, la paura che io avessi potuto reagire male e rovinare tutto mi spaventa.

Magari ho solo bisogno di tempo. Di capire me stessa prima di poter dare vita a qualcos'altro che possa sconvolgermi l'esistenza.

E River, è certamente un punto importante di questa nuova vita che voglio darmi. Di questa rinascita che mi riguarda.

E quando sarò pronta, sono certa, che tutto avrà una risposta.

Che tutto, sarà, come è giusto che sia. Nel modo più bello possibile. 

▪▪▪▪▪

NOTE DELL' AUTRICE

Che dire follettini e follettine...
Se vi va lasciate una stellina e commentate ❤️


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