xɪᴠ - ᴀʟʟ ᴛʜᴇ ʟᴏɴᴇʟʏ ᴘᴇᴏᴘʟᴇ ᴡʜᴇʀᴇ ᴅᴏ ᴛʜᴇʏ ᴀʟʟ ᴄᴏᴍᴇ ꜰʀᴏᴍ?

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Passare del tempo con River, seppur parlando del niente dopo quella mini confessione mi ha fatto stare bene.
Non so come spiegarlo, ma anche se con poco, mi è sembrato di avvicinarmi un po' di più a lui.
È stato come toccarlo, senza farlo davvero.

Fino ad un mese fa, se mi avessero detto che avrei provato emozioni simili a causa di un ragazzo spocchioso e irritante come lui non ci avrei mai creduto.
Forse è proprio questa sua natura complessa e contraddittoria a intrigarmi tanto, a farmi desiderare di scoprire cosa si cela dietro quella maschera di superiorità.

Quando siamo insieme, anche nei momenti più banali, mi sembra di entrare in un mondo parallelo, un luogo dove le nostre differenze si annullano e rimaniamo solo noi, con i nostri sentimenti nascosti.

È come se ci fosse una linea sottile, invisibile, che ci lega, e ogni conversazione, ogni sguardo, la rende un po' più forte.
Inizio a chiedermi se questo mio interesse per lui sia solo una fase, un'attrazione momentanea destinata a svanire, o se invece possa davvero evolversi in qualcosa di più profondo.
Ogni giorno che passa, la seconda ipotesi sembra sempre più reale.

La sua presenza mi dà una strana sicurezza, un'energia nuova che non avevo mai provato prima.
E poi c'è quel suo modo di parlare, a volte così freddo e distaccato, altre volte così incredibilmente sincero.
È come se lui avesse una chiave per accedere ai miei pensieri più nascosti, senza neanche rendersene conto.

E io, senza volerlo, gli permetto di entrare, di vedere parti di me che raramente mostro agli altri.
È proprio questo a spaventarmi di più.
L'idea che lui possa davvero conoscermi, che possa capire ciò che provo.
Ma al tempo stesso, è anche ciò che mi attrae.

Il fatto che forse, finalmente, qualcuno possa vedere chi sono davvero, oltre le apparenze, e accettarmi così, con tutte le mie imperfezioni.
Credo che Addison avesse ragione, quando diceva che io fossi già sotto un treno per River, e adesso me ne sto rendendo lentamente conto.

Mi sembra strano fare questi pensieri mentre cammino verso la mia stanza, conscia di essere sparita per troppo tempo con il rischio che qualcuno si potesse accorgere della mia assenza.

«FLAME!» mi volto di scatto, per portare il mio sguardo sulla figura che avanza verso di me.
«Dove diavolo eri finita? Ti ho cercata ovunque.» Addison.

Mi ero quasi dimenticata di averla abbandonata mentre lei era in visita da Miller.

Come una stronza, l'avevo lasciata sola.

«Hai ragione, scusami» sospiro mostrando una smorfia dispiaciuta. «Ma dovevo correre in bagno e poi... ho parlato con River.»
Mento per metà, non so neanche io perché lo faccio.
Ma non sono ancora pronta a renderlo reale e per di più, avrei tradito la fiducia di River se avessi rivelato dove fossi stata.

Lei increspa la fronte, assottiglia gli occhi fissandomi come se cercasse ulteriori dettagli.
«Abbiamo solo chiarito niente di più» precedo ogni domanda che so già potrebbe fare, ridendo, ma in modo così genuino che sento le mie guance arrossire.
Lei di tutto contro scioglie quell'espressione sorridendo a sua volta.

«Non ci credo neanche un po'.»
Addison mi si mette accanto continuando a camminare.
Le sue mani dietro la schiena come un esserino che ti punzecchia sulla spalla con quel musetto carino che aspetta solo risposte.

«Com'è andata con Miller comunque?» chiedo cercando di cambiare discorso.
Noto come tutto in lei muti.
Il suo sguardo si abbassa, il volto si rattristisce.
«Non bene»

Vorrei abbracciarla in questo momento, davvero.
La parte irrazionale di me vorrebbe consolarla e andare contro ogni cosa che il mio corpo prova, ma non ce la faccio.

«Sono una merda, ti ho lasciata sola.» scuoto la testa in un sospiro.

«Non fa niente, mi aspettavo andasse così. Ero preparata.» Addison prende e rilascia un respiro profondo annuendo a sé stessa e alzando le spalle per poi rilassare il suo corpo. «Ho perso un chilo e mezzo che per me è tanto. Avevo fatto dei progressi nell'ultimo mese...»

Mi giro a guardarla.
I miei occhi fissi sul quel corpicino esile che mi si trova affianco.

«Ce la farai Addie. Io credo in te. Qui dentro sei l'unica che vuole davvero guarire e hai tutte le carte per farlo.» le parole escono da sole e man mano che le pronuncio mi rendo conto di quanto siano reali.

«Tu non vuoi guarire?» mi chiede lei.

La domanda mi coglie di sorpresa, come uno schiaffo inaspettato.
Addison mi guarda con quegli occhi grandi, pieni di curiosità e una punta di tristezza, aspettando una risposta che nemmeno io so se sono pronta a dare.

«Non lo so» confesso, abbassando lo sguardo. «È complicato.»
In questo mese sono riuscita a valutare un po' tutto. Ma non è ancora abbastanza.

Addie non dice nulla, ma il suo silenzio è eloquente.
Mi spinge a continuare, a scavare dentro di me per trovare una risposta più sincera.

«Ci sono giorni da quando sono qui, in cui penso di sì, che voglio guarire» dico lentamente, pesando ogni parola. «Ma ci sono anche momenti in cui mi sembra più facile arrendermi, lasciarmi andare. È come se fossi intrappolata in questo ciclo infinito di autodistruzione.»
Lei annuisce, capendo più di quanto avrei mai immaginato.

«Anche io mi sento così a volte. Ma poi penso a quello che potrei fare, chi potrei diventare se riuscissi a uscire da questo buco nero.»
Mi giro di nuovo verso di lei, sorpresa, ma neanche tanto, dalla sua forza interiore.

«Sei più forte di quanto pensi, Addie. Hai già fatto progressi incredibili.»

«Forse» risponde lei con un piccolo sorriso, uno dei suoi.
Uno di quelli che illumina tutto intorno.
«E forse anche tu sei più forte di quanto credi.»

Le sue parole si insinuano nella mia mente, piantando il seme del dubbio, o forse della speranza. Forse c'è una via d'uscita, anche per me.
«Grazie» le dico, e questa volta sono io a sorridere, un sorriso timido ma sincero.

«Facciamoci una promessa.» Addie interrompe ogni forma di tristezza con quella vitalità che le appartiene. «Usciremo da qui insieme. Guarite e appena lo faremo andremo a fare tutto quello che abbiamo perso in questi anni. Concerti, viaggi, anche una semplice cena all'aria aperta. E ogni volta che avremo paura di ricaderci, saremo lì l'una per l'altra a rialzarci. Combattiamo insieme ok Flame?»

Io non so se esista una persona al mondo che sia in grado di dirle di no.
Ma se esistesse, di certo quella non sono io.
«Okay, promesso» annuisco.

Lei sorride, allarga quella bocca mostrando quella imperfezione di cui non si vergogna.
Fa parte di lei, come mi disse il primo giorno, e forse ora che ci penso, è qualcosa che la rende speciale, più vera.
Apre le braccia, so cosa vuole fare fare e so allo stesso tempo che non lo farà.

«Come si fa la promessa del mignolino senza toccarti?» aggrotta la fronte, arricciando il naso.
Noto quella tenerezza infantile, quel suo essere bambina nonostante tutto quello che ha passato e che continua a passare ogni giorno.

La mia mano si muove nell'aria, si chiude in un pugno lasciando il mignolino fuori.
Lei mi fissa, non capisce inizialmente ma poi, come se mi leggesse nella mente fa come me, ma restando a distanza.

«Prometto che anche se il mondo cade e la terra trema, noi usciremo da qui insieme, guarite e pronte a spaccare tutto.» dice.

«Che cavolo di premessa è questa?» rido.
«Dillo anche tu, forza. Anche se il mondo cade e la terra trema.» mi incita.

Non posso fare a meno di sentirmi ridicola ma non riesco allo stesso tempo a smettere di ridere.
«Okay, okay... prometto che anche se il mondo cade e la terra trema, noi usciremo da qui insieme, guarite e pronte a spaccare tutto.» ripeto.

Lei annuisce, sorride, muovendo il mignolo come se me lo stesse stringendo davvero e io faccio lo stesso.

«Sei fottuta Flame, hai fatto un patto eterno e di sangue. Non puoi più scappare.»
Sospiro rilasciando una risata.

Perché anche se il mondo cade e la terra trema, noi due, insieme, abbiamo promesso di farcela.


✘✘✘

Il giorno dei permessi premio arriva troppo in fretta per rendermene conto.
Un sabato al mese i pazienti del St. Margareth che se l'erano meritato, avevano modo di tornare nel mondo reale e respirare l'aria fuori dall'istituto.
Io non sono ancora uno di essi.

Ma forse è anche meglio così, non sono ancora pronta ad esserlo.
Ogni giorno che passa qui dentro, mi rendo conto di fare un passo avanti, e la mia paura più grande adesso, è che tornando fuori anche solo per qualche ora, io possa fare tre passi indietro e rovinare tutto.

Nella sala ricreativa siamo rimasti io ed Addison, che ha perso la sua uscita premio a causa della rissa con Tess e che ancora la insulta sottovoce mentre ci passa davanti come una modella sulla passerella.

«Non solo sono chiusa qui dentro quando tutti sono fuori, ma devo anche sopportare quella papera ambulante che si crede Miss Mondo.» sbotta la bionda con le braccia incrociate al petto e la schiena contro parete della stanza.

È divertente il modo in cui Addie provi disprezzo per le persone.
Nonostante ce la metta tutta per sembrare cattiva, non riesce proprio ad esprimerlo come si deve.

È buffa quando lo fa, con tutti i suoi nomignoli e le sue smorfie.
«Chi è rimasto oltre noi?» chiedo mentre mi guardo attorno.
La stanza sembra così vuota oggi.

Non mi era ancora capitato di vederla così.
Solitamente è sempre un caos.
Gente che gioca a ping pong, chiacchiericci, scherzi, battute.
Ma oggi, sembra così silenziosa che quasi mette paura.

«Madame, la stronza e le sue fedeli compagne e River e lo psicoratto» mi risponde Addie contando tutti sulla punta delle dita.
Il mio sguardo si sposta sulla Jane Doe citata da Addison e si perpetua lì per un po'.

Mi è capitato più volte di soffermarmi su di lei, soprattutto quando cercavo il silenzio.
Madame non ha mai parlato con nessuno a quanto mi aveva detto Addison il primo giorno, sta sempre lì con il suo orsacchiotto da cui non si separa mai.

«Credi che un giorno ci dirà chi è veramente?» domando continuando a guardarla mentre Nick, la sta imboccando diligentemente con un cucchiaino di legno.
«Secondo me è una riccona di quelle da far schifo, magari una contessa che è caduta in disgrazia ed è impazzita.» ipotizza Addie facendo aggrottare la mia fronte.

«Dovresti scrivere un libro con i film mentali che ti fai lo sai?» la prendo in giro.
«Allora dimmi, secondo te chi è veramente Madame?» Addison mi incita, portandomi nuovamente a osservare la donna con attenzione.

«Beh, potrebbe essere un'artista famosa in fuga dal mondo, o forse una spia internazionale sotto copertura, o anche solo una persona che ha vissuto tanto dolore da non voler più far parte della società», ipotizzo, lasciando che la mia immaginazione si liberi. «Chissà cosa avrà vissuto per arrivare a questo punto».

Addie ride.
«E poi sono io che creo film mentali eh?» mi risponde prima di voltarsi verso l'ingresso della stanza.

«Tu piuttosto, hai più parlato con Nick?» adesso la mia concentrazione è tutta sulla bionda.
Ho evitato di chiederle fino a questo momento, come la sua storia clandestina finita in modo così brusco si fosse evoluta.

«No, mi evita, ma forse è meglio così» sospira alzando le spalle.
«È il tuo infermiere, come fa ad evitarti?» i miei occhi si poggiano lentamente sulla figura del ragazzo cercando di cancellare dalla mia mente il ricordo di lui mezzo nudo fra le braccia dell'altra.

«In realtà, ha chiesto a Leah di prendere il suo posto. Dai è chiaro che gli sia piaciuto fin quando era okay e nel momento in cui ha capito che poteva perdere il lavoro non ci ha pensato due volte a farla finita» la tranquillità con cui lo dice mi spaventa.

Ma non voglio indagare, non voglio infierire in una ferita che potrebbe essere lì aperta, e buttarla di nuovo giù come qualche giorno fa.
Quindi accetto la sua risposta, la prendo per buona, non insistendo ulteriormente.

Ed è forse una certezza che il discorso debba essere cambiato il fatto che gli altri due unici rimasti in questa giornata del "tutti fuori" stiano entrando dall'ingresso della stanza.
Le mie labbra si incurvano in un sorriso leggero, lento, tanto da sentire le mie guance alzarsi nel movimento.

Mordo l'interno del mio labbro inferiore prima distogliere lo sguardo per non dare nell'occhio, mentre i due si muovono in nostra direzione.

River cammina con il solito atteggiamento scazzato, stanco già di prima mattina, evitando senza neanche parlare l'avvicinarsi di TellTaleTess mostrandole il palmo della mano alzato per stopparla.
Il solito arrogante e supponente.

Accanto a lui, Emmett, sicuramente con Cole in front, avanza con le mani dentro le tasche dei pantaloni, guardando male chiunque sia nei dintorni, prima di fermarsi proprio di fronte ad Addie.

La fissa per un attimo, la studia prima di portare un dito sulla sua fronte e spingerla via, così senza motivo.
«Ehi ma come ti permetti psicoratto!» la bionda gonfia le guance, nel suo solito modo buffo.
«Se mangiassi di più non riuscirei a spostarti lo sai?» risponde di contro il ragazzo, con il solito tono indifferente.

Per la prima volta da quando sono qui, vedo Addie non riuscire a rispondere a tono, interdetta da quell'atteggiamento e da quei modi.

«Cole, evita.» interviene River roteando gli occhi.
Lui con il solito atteggiamento da supereroe pronto a difendere tutti ma senza averne davvero il minimo interesse.

«Siamo passati a prelevarti cosa» continua Cole rivolgendosi a me e distogliendo totalmente lo sguardo da Addie.
«Prelevarla? Non è mica uno sportello del bancomat» Addie si intromette, cercando nuovamente un confronto con il ragazzo.

È un teatrino alquanto assurdo quello che si sta formando davanti ai miei occhi ed è quasi automatico per me e River guardarci e sospirare quasi all'unisono.

«E poi dove? Perché non la lascio venire da sola con te, potresti mischiarle qualche malattia aerea con l'alito che ti ritrovi, psicoratto.» la bionda si mette in mezzo, come una furia pronta ad attaccare.

Pugni chiusi che scendono lungo il corpo minuto che non arriva neanche a metà del busto di Emmett.

«Ma è un vizio per te farti amiche le ragazze con la parlantina facile?» Cole si volta verso River che alza le spalle senza dire niente.

«Rispondimi!» continua Addison.
«Stiamo andando alla tana.» ma è River a farlo in un sospiro esasperato, forse più per far finire questa situazione che per altro. «E sì va bene Pixie, puoi venire con noi.»

River e Cole si scambiano uno sguardo.
Da un lato l'irritazione di uno, dall'altro l'esasperazione.

«Uno a zero psicoratto.» ghigna Addison, infilandosi fra i due e procedendo verso l'uscita. «Chi fa strada?»
Ora è certo.
Nessuno può dire di No ad Addison, neanche uno come Cole.


✘✘✘

Mentre attraversiamo i sotterranei che conducono alla nostra tana, sento l'emozione palpabile che circonda Addison.
È la sua prima volta qui, e anche se cerca di mascherarla con un'apparente calma, i suoi occhi tradiscono una curiosità frenetica.

Un qualcosa che aumenta nel momento in cui, il sentiero dei nidi di ragno così come lo chiama Cole, termina con la porta della stanza chiusa davanti ai nostri occhi.
Nell'attimo in cui la porta viene aperta, quasi distrattamente da River per darci l'accesso, Addison rimane sulla soglia.

I suoi occhi incantati ammirano la stanza spartana che ci si mostra davanti.
«Quindi è qui che vi nascondete ogni volta voi due?» chiede a River facendo i primi passi all'interno.

«Mi spieghi perché da un duo siamo diventati un'orgia?» sbotta Cole lanciandosi su una delle sedie.
«Credo che bisognerebbe essere di più per un'orgia, ma non sono sicura.» Addison inclina la testa con fare pensoso e mi chiedo se veramente ci stia riflettendo su.

«Senti non è colpa mia se tu parli ad alta voce. Era ovvio che si sarebbe voluta aggiungere» River sospira, scegliendo la poltrona per sé.

«E poi perché chiamarla tana dei nidi di ragno, non era meglio, che so: la tana delle farfalle lucenti?» dice Addie continuando a girare per la stanza, studiando ogni angolo spoglio.
«Ma la senti? Sta già trasformando questo posto nella sua casa rosa delle barbie dementi»
Non posso fare a meno di ridere.

Per quanto capisca Cole, la scena è così ilare che per un attimo mi dimentico chi siamo.
Non sono più al St. Margareth, non sono più in un istituto per la cura mentale e noi non siamo quattro disturbati che hanno bisogno di una terapia.
Siamo ragazzi.

Ragazzi normali che si sono trovati, con i loro pregi e difetti.
Mi perdo nella leggerezza che ho ricercato per un anno intero, ma lo faccio in modo diverso.
Sorrido, dove prima piangevo, nel modo così opposto che mi fa quasi spavento.

Mi sorprendo a pensare quanto sia diverso questo momento rispetto a quelli passati nell'ultimo anno.
Prima ero avvolta in un'oscurità che sembrava senza fine, un peso che schiacciava ogni briciolo di leggerezza.
Ma ora, in questo istante, mi sento libera.
Libera di ridere, di vivere, di essere me stessa senza le catene della mia mente.

Sorrido, e il sorriso sembra strano, quasi alieno.
È un sorriso genuino, che nasce dal profondo, e la sensazione mi spaventa.
Mi spaventa perché è nuova, perché è qualcosa che non riesco ancora a comprendere del tutto.

Eppure, non posso fare a meno di abbracciare questa nuova sensazione, di godermi questo breve attimo di felicità.

Per troppo tempo ho cercato disperatamente di sfuggire alla mia realtà, di trovare un po' di leggerezza in un mondo che mi sembrava solo buio e pesante.
Ora, però, mi rendo conto che forse la leggerezza non è qualcosa che si trova, ma qualcosa che si crea, momento per momento.

«Cole, se ti rompi così il cazzo lascia il posto a qualcun altro... fai quella cosa lì» River muove la mano nell'aria, facendo roteare il dito in modo circolare.
«Sai benissimo che non funziona così. Non sono un fenomeno da baraccone.» sbotta l'altro incrociando le braccia al petto contrariato.

«Ah no? E io che pensavo fossi uno psicoratto clown!» esclama Addie pronta a disturbarlo nuovamente, come se ci provasse gusto.
«Senti principessa dei troll, bada bene a come parli, non siamo amici.» ed è chiaro che Cole si stia infuriando.

Si alza, fa per andare verso di lei, ma poi qualcosa lo blocca.
Stringe gli occhi, come se gli facesse male la testa.
La mancina si muove sulla fronte, a massaggiarla.

C'è un attimo di silenzio, dove River scatta pronto ad intervenire, con un velo di preoccupazione addosso.
Addison immobile e interdetta.

Due secondi che sembrano eterni e che anticipano l'apertura degli occhi di Emmett.
Il volto si contrae come se si risvegliasse da un sonno profondo prima di guardarci tutti, confuso.

«Sono nuovi amici?» è una domanda che fa all'aria ma che è ovvio sia rivolta a River.
Il moro si rilassa in un respiro di sollievo prima di annuire.

«Pin, loro sono Addie e Flame, le ho invitate qui nel tuo posto magico. Sono adulte e sono certo vogliano essere tue amiche» la voce di River si addolcisce, come se stesse parlando ad un bambino.

E forse è proprio quello che sta facendo mentre un sorriso si forma sul volto dell'altro.
Sembra felice, come non lo avevo mai visto.
Vivo, nell'idea di non essere solo.

«Quindi non siamo più persone sole? Abbiamo degli amici adesso?» domanda Pin.

«Amica? In che senso? Cos'è questa storia?» interviene Addie guardandoci confusa a sua volta.

Pin la guarda, la fissa per qualche secondo.
Addison fa lo stesso, per poi venire travolta in pochissimi secondi, dal corpo imponente di Emmett in un abbraccio da cui non riuscirebbe a scappare né ora né mai.

«Cosa cazzo stai facendo psicoratto? Lasciami stare. Mollami.» la bionda prova a divincolarsi ma per quanto tenti, farlo è impossibile.
È in quel momento che River ed io ci scambiamo uno sguardo.

Accade che tutto ciò che è stato detto e fatto fino a quel punto diventa improvvisamente chiaro e comico.
Le parole dure, le tensioni, le paure - tutto si scioglie in una risata spontanea.

Scoppio a ridere per prima, un suono profondo e liberatorio che rimbalza contro le pareti di pietra della stanza, conscia che se fossi stata io al posto di Addie non sarebbe stato lo stesso. River mi segue un attimo dopo, la sua risata è più leggera, quasi musicale.

È un momento perfetto, un attimo di pura gioia condivisa.
Per un istante, siamo solo quattro amici in una stanza segreta, lontani da tutto ciò che ci preoccupa, legati da qualcosa di più profondo e vero.

E mentre le risate riempiono l'aria, so che non siamo più persone sole.
Come Pin, ora anche io ho degli amici.
Strani, malati, con un cervello disturbato, ma questo non cambia nulla.

Non importa.
Non a me.


▪▪▪▪▪

NOTE DELL' AUTRICE

Ciao a chi torna e a chi arriva ❤️
Come avrete letto questo è un capitolo felice. Uno di quelli leggeri, che spero creino la risata facile in mezzo al mondo di merda che vivono questi quattro.
Vengo da una settimana tremenda, dove la mia sanità mentale ne ha risentito un po' e ho avuto bisogno di ricercare la leggerezza di un momento anche nelle vite dei miei bimbi.

Perché in primis, F.E.A.R. è uno sfogo, il mio.
È qualcosa che ho bisogno di sputare dalla mia anima e che allo stesso tempo ho la voglia di
condividere con voi.
Perché se aiuta gli altri, così come sta aiutando me ho raggiunto il mio cerchio perfetto.

Con ciò vi do appuntamento a martedì prossimo ❤️

Ci vediamo ogni martedì e venerdì in live su insta alle ore 21
mi trovate come: neensonwattpad

xoxo
Neens

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