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Cloe

 Il silenzio della stanza sembra quasi assordante mentre rimango sola, cullata solo dai miei pensieri tumultuosi. Tuttavia, il suono familiare della porta che si apre interrompe la quiete, annunciando l'arrivo di Bob.

«Cloe, come stai?»

La sua voce è un balsamo per l'anima, un'ancora di salvezza nel mare agitato dei miei timori.

Sollevando lo sguardo verso di lui, sento un senso di sollievo pervadermi.

«Meglio, ora che sei qui».

Ammetto con un sorriso timido.

Bob mi informa che gli altri sono usciti per prendere le pizze e hanno portato Ophelia con loro. Un sospiro di sollievo mi sfugge, sapere che la piccola è con loro mi rassicura.

«Meno male che è con loro».

Rispondo con gratitudine.

Decido di chiedere a Bob di sdraiarsi accanto a me sul letto. Ho bisogno della sua vicinanza, del suo conforto in questo momento di fragilità. Lui accetta con un lieve sorriso, e mi avvicino per stringermi a lui.

«Restiamo così, almeno finché non tornano gli altri».

Sussurro, desiderando che questo momento di serenità non finisca mai.

Bob annuisce, e sento il calore del suo corpo accogliente mentre mi stringe a sé. Mi lascio cullare dal suo abbraccio, cercando rifugio nelle sue braccia forti e sicure.

«Sì, quanto vuoi».

Risponde con gentilezza, e posso percepire il suo respiro regolare, un'ancora di stabilità nel mare agitato della mia mente.

Quella sera, finalmente, resto sola con Bob e Ophelia, e il calore familiare che permea l'aria mi avvolge, donandomi un senso di pace e conforto. La tranquillità della casa è un sollievo dopo giorni di tensione e paura.

Durante la notte, mi sveglio di soprassalto, sorpresa da un incubo che si insinua nel mio sonno. Senza disturbare Bob, mi alzo dal letto e, con passi silenziosi, mi avvicino alla stanza di Ophelia. La vedo lì, distesa nel sonno sereno, e mi sento rassicurata dalla sua dolcezza e dall'innocenza che traspare dal suo viso.

Mi appoggio alla porta, osservandola con amorevolezza, desiderosa di proteggerla da qualsiasi male. Ma poi, sento due braccia avvolgermi dal dietro, un abbraccio familiare e rassicurante. Un brivido di sorpresa mi attraversa, ma quando riconosco il profumo familiare di Bob, mi rilasso istantaneamente, trovando rifugio nel suo abbraccio.

Le sue parole sono un sussurro, un'armonia rassicurante nella notte silenziosa.

«Ti va una tisana per dormire meglio?»

Propone con dolcezza, e io annuisco.

Mi ritrovo a chiedermi quanto ancora dovrò svegliarmi di soprassalto, quanto ancora il sonno sarà interrotto da incubi che mi gettano nel panico. Anche se so che chi mi abbraccia è Bob, ogni volta il mio cuore batte un po' più forte, un riflesso condizionato dall'angoscia che ha permeato ogni fibra del mio essere in questi giorni.

Quando sento le sue braccia avvolgermi, in un gesto tanto familiare quanto rassicurante, un brivido mi percorre la schiena. È strano come il corpo possa reagire così istintivamente, anche quando la mente sa che non c'è motivo di temere. Ma le cicatrici dell'esperienza sono profonde, e anche se il pericolo è passato, il suo ricordo persiste, insinuandosi nei momenti più vulnerabili della notte.

Eppure, non posso negare il conforto che trovo nel suo abbraccio, nella sua presenza accanto a me. È come se il suo respiro regolare e il battito del suo cuore fossero un faro nella notte, una costante che mi guida attraverso le tenebre. Anche se il cammino verso la guarigione sarà lungo e tortuoso, so di non essere sola. E per ora, questo è sufficiente.

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