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Cloe 

 Dopo una cena tranquilla e piacevole, porto Ophelia a letto, coprendola con il suo morbido lenzuolo e porgendole un bacio sulla fronte. La sua respirazione calma e regolare mi riempie il cuore di una dolce serenità mentre mi avvio verso la porta della camera, lasciandola socchiusa come sempre.

Scendo le scale e trovo Bob nell'atto di finire di asciugare i bicchieri, il suo sguardo sollevato incontro al mio con un sorriso caloroso.

«Tutto a posto?»

Chiedo, la mia voce morbida e tranquilla nell'atmosfera serena della nostra casa.

Bob annuisce, posando delicatamente il bicchiere sulla mensola.

«Sì, tutto sotto controllo qui».

Propongo un film su Netflix e Bob accetta con un cenno della testa, ma proprio mentre ci accingiamo a sederci sul divano, il campanello suona, interrompendo il nostro momento di tranquillità. Bob si alza di scatto per aprire mentre mi avvio lentamente, curiosa di sapere chi possa essere a quell'ora tarda.

La voce di Bob mi raggiunge prima ancora di vedere chi è dall'altro lato della porta.

«Sta dormendo!»

Esclama con un tono urgente e mi affretto a raggiungerlo.

Rimango di sasso nel vedere di fronte a noi Jake, l'ex compagno di Marie, il padre biologico di Ophelia.

Il mio cuore inizia a battere con forza nel petto mentre mi sforzo di mantenere la calma.

Jake ci guarda con occhi imploranti, insistendo di voler vedere Ophelia.

«Sta dormendo. Non è il momento adatto, Jake».

Ribadisco, cercando di sembrare calma nonostante la mia ansia cresce.

L'uomo si muove inquieto, agitato.

«Non ho un posto dove andare a dormire stasera».

Dice, la sua voce spezzata da una nota di disperazione.

«Ci sono dei motel qui vicino. Posso darti indicazioni se vuoi».

Interviene Bob, cercando di essere conciliante.

Annuisco con fermezza. Ma Jake non sembra intenzionato a cedere così facilmente, appoggiando il piede sulla soglia e guardandoci con determinazione.

Con voce ferma, faccio un passo avanti verso Jake, il mio sguardo incontrando il suo con determinazione.

«Se non te ne vai, dovrò chiamare la polizia».

Gli dico, cercando di mantenere la calma nonostante la crescente tensione che avvolge la stanza. Anche se Bob è un poliziotto, devo far valere i confini della nostra casa, proteggere la nostra famiglia.

Jake sospira pesantemente, una nuvola di frustrazione che si dipinge sul suo volto.

«Va bene».

Mormora infine, il tono rassegnato.

«Ci vediamo domani, allora».

Bob si affretta a chiudere la porta dietro di lui, un sospiro di sollievo sfuggendogli mentre si gira verso di me. I nostri sguardi si incrociano, un misto di emozioni tra rabbia, preoccupazione e un profondo senso di protezione per Ophelia.

Mi avvicino a Bob, trovando rifugio tra le sue braccia forti. Sento il suo cuore battere ritmicamente contro il mio petto, un conforto benvenuto in mezzo al caos che ci circonda.

«Sta bene».

Sussurro, cercando di rassicurarlo e anche me stessa.

«Ophelia sarà al sicuro con noi».

Decidiamo di trasferire Ophelia nella nostra stanza da letto, un'idea che ci offre un senso di sicurezza e protezione. Bob solleva dolcemente la piccola dal suo letto e la trasporta nel nostro lettone.

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