Capitolo 5

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- No! Nella maniera più assoluta! – sibilò Johanna.

- Sei stata su centinaia di campi di battaglia... sai che con questa ferita non ce la farò a starvi dietro... -

- Non ti lascio indietro Wlad! – rispose il suo comandante con la voce rotta.

- Non hai scelta... o perdi me, o perdi tutti – con un sorriso tirato, appena visibile attraverso il casco della tuta da battaglia.

Johanna non replicò e abbassò il capo, il suo soldato aveva ragione.

- Duncan, dammi le tue granate... - disse Wlad.

- Cosa vuoi fare? - gli chiese il commilitone.

- Farvi guadagnare del tempo – rispose il ragazzo ferito.

Gli Alphadogs non si aspettavano la resa dei Blackflags e i più facinorosi del gruppo rimasero delusi, avendo già pregustato la possibilità di trucidare i rivali. I fuggitivi avevano chiesto una tregua, garantendo che avrebbero consegnato Youber se fosse garantita loro la possibilità di ripiegare. Anton Caius Coetzee, l'ufficiale più alto in grado accettò con la riserva mentale che appena avessero messo le mani sul prigioniero, avrebbe dato l'ordine di inseguire quei vigliacchi per farli fuori o venderli come schiavi nelle colonie minerarie extra Federazione.

- Perché indossa una Talos? – chiese uno dei soldati.

- Forse avevano paura che un proiettile vagante lo centrasse... eppoi ci sono i filtri ambientali, con quella merda nell'aria gliela avrei infilata anch'io la tuta – rispose Coetzee al perplesso subalterno.

Nel momento in cui il prigioniero stava per arrivare alla postazione degli Alphadogs, sopraggiunse sul posto Intirius Demedicis, comandante di quella compagnia di tagliagole, comodamente seduto su una jeep sottratta alla polizia locale. Vedendo l'uomo con le effigi dei Blackflags avanzare verso le sue truppe con le mani alzate pensò che fosse molto strano che si arrendessero ben conoscendo la fama dei suoi soldati. Ebbe un brutto presentimento; pronunciò il comando vocale che regolava lo zoom del visore della sua tuta da combattimento. La luce arancione dei pochi lampioni al sodio ancora funzionanti mal illuminava la zona, non permettendogli di distinguere chiaramente ciò che vedeva, ma sembrava proprio che la visiera dell'elmo del prigioniero fosse oscurata. Mentre si stava chiedendo perché il poliplexiglass del casco fosse polarizzato per non permettere di riconoscere il volto dell'uomo, un altro particolare colpì la sua attenzione; all'altezza del fianco sinistro la Talos sembrava essere stata rattoppata con della schiuma epossidica spray. Aumentando ancora la risoluzione del casco, attivando il visore notturno, riuscì a vedere le macchie di sangue rappreso sulle placche dell'armatura. Capì all'istante che quello non era Youber, ma un cavallo di Troia.

- Accellera! – urlò al mercenario che stava guidando la jeep, mentre si sbracciava e gridava per attirare l'attenzione di suoi uomini.

La truppa si girò nella direzione dalla quale provenivano le grida del loro comandante, incapaci di intendere cosa volesse loro comunicare.

- Signore usi il comunicatore – disse il soldato alle guida del mezzo.

Intirius si maledisse per non averci pensato in quel momento così concitato, poi attivò velocemente la connessione radio con il suo luogotenente. La comunicazione risultò pesantemente disturbata dalle interferenze elettromagnetiche della stella Luyten.

- È... pola! ...Abbat... elo! ...ubito! –

- Come dice signore? Non ho capito, può ripetere per favore? – rispose Coetzee, dando le spalle al prigioniero che era ormai arrivato di fronte ai suoi uomini.

- È una cazzo di trappola Anton! Sparate a quel bastardo! – urlò Demedicis.

Quando Coetzee si girò verso quello che doveva essere il loro obiettivo, capì la leggerezza che avevano commesso. L'uomo aveva rimosso la schermatura del visore e il suo volto era ora ben visibile. Non era Marc Aurelius Shemar, ma uno dei mercenari della compagine rivale.

Wladimir Tawara afferrò lestamente la cintura con le granate che teneva ancorate magneticamente alla schiena e la lanciò in mezzo alle fila dei nemici gridando il motto della sua compagnia - Usque ad finem! -

Le bombe a mano a frammentazione esplosero all'unisono, spargendo il loro carico di schegge metalliche per centinaia di metri. La deflagrazione devastò la zona, trucidando tutti gli Aphadogs. La jeep di Intirius Demedicis che era sopraggiunta in quel momento si ribaltò per il violento spostamento d'aria.

Johanna, Youber e i due sopravvissuti della sua squadra si erano già allontanati di parecchie centinaia di metri quando udirono l'esplosione. Senza smettere di correre, chiuse per un istante gli occhi, cercando di ricacciare dentro le lacrime per quella perdita. Wlad era più che un attendente, era un amico, una persona che avrebbe meritato ben altra fine e ora non avrebbe potuto dare neanche una degna sepoltura alle sue spoglie.

Ormai albeggiava quando il gruppo raggiunse il luogo ove avevano nascosto lo shuttle. Ci avevano messo più del dovuto poiché Shemar non era riuscito a tenere il passo dei mercenari.

- Duncan accendi i motori, dobbiamo andarcene di qui il più in fretta possibile! – ordinò Johanna a Zoran, mentre si attardava a vedere come stava Youber, crollato per lo sfinimento a una ventina di metri dalla loro nave.

- Coraggio ragazzo siamo arrivati, la corsa è finita – lo incitò la donna a capo dei mercenari.

- Grazie a Dio! Mi stavano scoppiando i polmoni... fammi riprendere un attimo il fiato! –

- Negativo signorina, muovi le tue chiappe da quel sasso e sali a bordo non abbiamo tempo da perdere - lo canzonò Johanna.

Improvvisamente una forte esplosione fece volare i due a terra. Alla donna ci vollero diversi istanti perché riuscisse a mettersi in piedi. Quando si riprese dal colpo subito, sgranò gli occhi di fronte al turpe spettacolo che le si presentava. Lo shuttle era mezzo distrutto e i superstiti della sua squadra giacevano a terra poco lontani dal relitto della loro unica via di fuga da quel maledetto pianeta. Dal fumo emerse la figura alta e segaligna di Intirius Demedicis. La sua tuta da battaglia Ratnick era conciata male, sicuramente un regalo delle granate lanciate da Tawara. Ora quel bastardo aveva però restituito il favore, facendo fuori in un sol colpo i suoi uomini e l'unico mezzo per ritornare sulla Zuikaku. Ma Johanna non era un tipo da perdersi d'animo. Già altre volte si era trovata nei guai e ne era sempre venuta fuori. Lo spostamento d'aria le aveva fatto volare via il fucile d'assalto, ma aveva ancora la sua pistola. Estrasse la Colt ZL1 CQBP e la puntò verso il comandante degli Alphadogs che incurante della pistola avanzava nella sua direzione, brandendo un fucile d'assalto. Si fermò a dieci metri da lei, si levò l'elmo ormai inservibile della tuta e lo gettò a terra, mostrando il suo viso pallido. Il "Bastardo", come era chiamato nell'ambiente, sembrava uno spettro per via dei capelli lunghi e bianchi, l'incarnato privo di colore e gli occhi grigi talmente chiari da sembrare acqua.

- Devo dirtelo Johanna, sei stata brava... una seccatura ma brava... hai fatto fuori tutta la mia squadra e se non fosse stato per la jeep ci sarei rimasto anch'io –

La donna non rispose, con la coda dell'occhio controllò la posizione di Youber che giaceva ancora stordito alle sue spalle e lentamente si frappose fra lui e il nuovo arrivato.

- Un'ottima trovata sacrificare uno dei tuoi, decisamente non nel tuo stile... sei sempre stata una sentimentale... ma evidentemente sei cresciuta –

- Vai a fare in culo! Era un mio uomo, un mio compagno! – gridò lei perdendo la pazienza e spianando l'arma contro di lui.

- Andiamo Jo, abbassa quell'arma, sai che non ce la puoi fare con me... anche con la Ratnick messa male posso sempre abbatterti –

Johanna si morse le labbra, sapeva che quella era la sua tattica preferita, sminuirla, farla sentire inferiore, come aveva fatto in passato, se lo ricordava bene. Prese un profondo respiro, poi abbassò la pistola e con la mano libera si tolse l'elmo della Talos.

- Brava, lo vedi che sai essere ragionevole quando vuoi –

- No, non hai capito... invoco il mub araz! –

- Il duello fra campioni? – rispose lui, guardandosi intorno e allargando le braccia – siamo rimasti solo noi due... che senso ha? –

- Per le regole della Futwah non si possono usare armi da fuoco... - rispose lei.

- Oh, le regole della cavalleria! – esclamò Intirius ridacchiando.

- Le hai sempre rispettate... anzi forse è una delle poche cose che hai rispettato nella tua vita... o forse adesso che sei vecchio hai paura? – controbatté Johanna, provocandolo a sua volta.

Il comandante degli Alphadogs si fece serio – Ragazzina, sbudellavo soldati quando tu non eri ancora nata... se tanto ci tieni a morire con una lama in corpo, che sia così! –

L'uomo gettò a terrà il fucile ed estrasse dal fodero posto sulla coscia sinistra un lungo kriss dalla lama ondulata. Johanna fece altrettanto estraendo il suo bowie dalla lama seghettata. I due iniziarono a muoversi in circolo e a studiarsi, cercando il momento propizio per menare la prima stoccata di quel cruento duello. Fu la donna a rompere gli indugi, menando un velenoso fendente dal basso verso l'alto dopo una serie di finte. L'uomo deviò all'ultimo momento il colpo con l'avambraccio. I secondi successivi all'insegna dello stesso leitmotiv, Johanna attaccava con violente folate, sequenze di colpi di coltello e arti marziali, rintuzzate da Intirius costretto alla difensiva da quella tremenda virago. Il capo degli Aphadogs comprese la volontà del suo avversario. Johanna stava puntando tutto sulla sua giovane età, convinta che avrebbe fiaccato la resistenza di un uomo ormai in su con gli anni. Il suo respiro affannoso testimoniava che la tale strategia stava avendo successo. Era stato presuntuoso e ingenuo, cadendo come un allocco nella trappola di quella sfacciata. Decise che non sarebbe capitolato in quella maniera ignominiosa. Cercò di fare valere la sua altezza e il maggior allungo, aumentando il ritmo dei suoi attacchi per costringerla sulla difensiva. Il duello si era fatto cruento, entrambi erano feriti in più punti del corpo e sudavano abbondantemente.

- Lo sai senza tuta e con tutti quei tagli potresti prenderti qualche brutta infezione... mi dicono che da queste parti è facile – lo irrise Johanna.

- E cosa ti fa pensare che a te non possa succedere la stessa cosa? – le rispose il suo avversario.

- No, a me non può succedere – rispose la donna sogghignando, mentre si accucciava nella posizione ular tedung, la guardia del silat che imitava le movenze del cobra.

Intirius non seppe se fu quella maledetta strega a suggestionarlo, o se fosse veramente il virus, ma ormai sentiva le braccia pesanti e le gambe molli. Non avrebbe retto quel ritmo ancora per tanto, doveva sbarazzarsi di quell'arpia se voleva venirne fuori. Caricò a testa bassa, ma quando fu quasi a contatto col suo bersaglio, questo si mosse fulmineo da terra, con la stessa velocità del serpente che imitava. Johanna lanciò della sabbia raccolta da terra negli occhi di Intirius Demedicis. L'uomo capì subito di essere caduto in un tranello elementare e reagì disperatamente menando una serie di fendenti alla cieca, mentre cercava di tenere gli occhi aperti nonostante stessero lacrimando abbondantemente. Quando riuscì a riacquistare una visuale decente, vide la donna che lo stava aspettando in guardia a pochi passi da lui, squadrandolo con un irriverente sorriso.

- Sei una stupida, avresti dovuto approfittare del vantaggio! – le gridò furente mentre sferrava un violento affondo. La lama e il braccio che la reggeva attraversarono il corpo di Johanna senza incontrare resistenza. Per un istante Intirius rimase basito, poi i suoi occhi caddero sul piccolo proiettore olografico ai suoi piedi, quasi contemporaneamente sentì il lancinante dolore alla schiena; erano ventidue centimetri di acciaio che penetravano fra le sue scapole.

- L'ho fatto zio... l'ho fatto! – sentì sibilare alle sue spalle.

Comprese l'astuzia con la quale la nipote l'aveva raggirato, accecandolo per avere il tempo di dargli un falso bersaglio, posizionarsi comodamente alle sue spalle e trafiggerlo a morte. Prostrato in ginocchio, incapace anche solo di alzare il capo, pensò a quanto fosse cresciuta quella bambina che un tempo era tanto impaurita da lui.

- Ben giocata Jo... ben giocata... - esclamò con un filo di voce, sentendo il metallico sapore del sangue che già stava invadendo la sua gola.

Lei si piegò sulle ginocchia di fronte a lui – Ho avuto un ottimo maestro –

- Tuo padre non ti ha mai insegnato sporchi trucchi – le rispose.

- Ma tu sì zio... - replicò lei con una nota di tristezza nella voce.

- Già... è vero... - disse lui con voce sempre più flebile.

- Chi è stato a ingaggiarti Zio? È stato Shemar –

Johanna dovette avvicinarsi all'uomo morente per sentire il nome del committente, un nome che purtroppo non le diceva nulla e che lasciava un pesante interrogativo sull'identità di colui che voleva mettere le mani sul rampollo di casa Shemar.

- È... è morto? – chiese Youber che si era intanto ripreso e l'aveva raggiunta.

- Sì... è morto – rispose laconicamente.

- Cristo santo! Che macello! – imprecò Youber con un gesto di stizza.

- Senti, mostra un po' di rispetto per chi ha dato la vita per salvarti il culo! –

- No... sì senti, scusa... è... è che non mi sono mai trovato in uno scenario del genere... così coinvolto –

Johanna non rispose, pur sapendo che era naturale per un civile essere sconvolto da tutta quella violenza, non aveva tempo per le scuse, si diresse verso i corpi dei suoi compagni. Duncan era stato preso in pieno dall'esplosione e le condizioni della sua tuta non lasciavano spazio a speranze. Quando però vide l'indicatore dei segni vitali posto sul polso sinistro della Talos di Welde lampeggiare, capì che Fatimah poteva ancora essere salvata. Cercò di mettersi in contatto con la sua astronave, sperando che quella fottuta tempesta elettromagnetica fosse finita.

- Zuikaku, qui Johanna rispondete... ripeto qui Johanna Blackflags... rispondete Zuikaku –

Dopo interminabili secondi, un crepitio annunciò la risposta del suo equipaggio – Qui Zuikaku... è bello risentire la tua voce Johanna! -

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