24.

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14 novembre 2000

Che sogni strani avevo fatto quella notte. C'erano Lele e Patrizio alle prove che cantavano nel coro ed Enea che parlava con Keira e Damien in italiano - neanche in un sogno era in grado di parlare in inglese - e io che osservavo tutti mentre Dari mi ripeteva all'orecchio che dovevo smettere di presentarmi lì.

Mi svegliai confusa. La sera prima avevo fatto tardi a studiare e avevo dovuto rassicurare più volte mia madre che non mi stessi stressando troppo. Fortunatamente non si era accorta che mi aveva accompagnata Damien.

In fermata con Flavia, le raccontai cosa era successo la sera prima facendole fare parecchie risate quando arrivai a raccontare di Lele e Patrizio. Conosceva bene i tipi e non faceva fatica a immaginarsi la scena.

A scuola fui interrogata in francese e in storia e andai miracolosamente bene. Stavo studiando poco rispetto ai miei standard, ma continuavo a mantenere la buona media che avevo, in inglese ero addirittura migliorata, di certo passare metà giornata a pensare in quella lingua mi aiutava.


«Non stai mangiando niente in questo periodo!» mi rimproverò Viviana.

Le sventolai davanti il panino all'olio col prosciutto cotto.

«Quel panino è la prima cosa che ti vedo mangiare da giorni.»

«Certo, mica mangio mentre canto!»

«Stai dimagrendo a vista d'occhio.»

«Ma che dici? E poi magari perdessi qualche chilo! Mi vedrai con la faccia sbattuta, non dormo molto. Saranno le pene d'amore», sospirai teatrale.

Dalla cucina in cui eravamo sedute, sentimmo qualcuno entrare dalla porta principale di Irma's e io di getto buttai il panino nello zaino aperto davanti a me.

«Ecco, vedi?»

Rimasi ferma immobile come se dovessi evitare di farmi sentire da un predatore che fiuta la presenza della preda impaurita, sembrava una scena di Jurassic Park. Dopo qualche secondo entrarono in cucina Fabiana e Marta, si fermarono a guardare noi che guardavamo loro.

«Che succede?» Fabiana era rimasta bloccata con la borsa a mezz'aria.

«Che Ginevra è una cretina», Flavia continuò a masticare.

Io ripresi a respirare.

«Questo si sapeva», Marta si buttò su una sedia.

«Chiedetele che fine ha fatto fare al panino che aveva in mano un secondo fa.»

«E dai, Vivi. Lo sai che mi dà fastidio che qualcuno mi veda mangiare, è sempre stato così. Un conto voi, ma davanti a persone che conosco poco non mi piace, va bene? Non sarò normale ma è così.»

«Infatti non sei normale», Marta mi guardava mezza schifata.

Mi fece ridere, il modo in cui concludeva un discorso o racchiudeva il suo pensiero in una breve frase era sempre divertente.

«E quando ti inviterà a cena fuori che farai, non mangerai?» Fabiana prese dalle mani di Marta il pacchetto di caramelle alla liquerizia e ne mise una in bocca.

«Non succederà mai», mi sembrava di parlare con una pazza.

«Sì che succederà, sicuro.»

Si aprirono le scommesse, io contro tutte. La posta in gioco erano tutti i diari su cui avevo scritto qualcosa su di lui e le foto in camera mia con i suoi poster attaccati alle pareti. D'un tratto sbiancai, avevano davvero parecchio materiale per farmi fare una notevole figura di merda.

«È andata nel panico!» Viviana imitò la mia espressione allarmata.

«Finisci quel panino e falla finita!» ordinò Marta.

Obbedii.


Mathias ci aveva fatto fare gli esercizi di ginnastica cantando, era stato sfiancante. Ne avevamo un effettivo bisogno e sperai ci facesse fare altre lezioni di quel tipo, nonostante alcune ragazze lo stessero apostrofando in vario modo, nessuno dei quali carino.

Uscii dalla doccia tra le ultime, con me erano rimaste solo Alessia e Clara che chiacchieravano tra loro. Rimasi nei miei pensieri, domandandomi come mi sarei dovuta comportare con Damien dopo la sera precedente. Ripercorrevo quello che era successo, dalla sua reazione riguardo la poco piacevole questione dei diciassette anni, alla canzone che mi aveva proposto di cantare insieme senza motivo, al passaggio in macchina, all'incontro con i miei amici che non riuscivano a tenere la lingua a freno.

Mi accodai alle altre due ragazze mentre uscivano dallo spogliatoio.

Entrammo in sala canto e trovammo già tutti raggruppati intorno a Marzio, mancava solo Dari. Sperai avesse fatto una brutta fine ma una vocina mi disse che quei pensieri non si facevano. Ne feci uno peggiore.

«Mamma mia, quanto tempo!» Marzio allargò le braccia.

«Ce ne hanno messo tanto per farsi belle!» provò a comprarci Milena.

«Solo che non ci sono riuscite», seguì Marta.

Le sorrisi mostrandole il dito medio di nascosto.

«Dai, su! Che devo dire un paio di cose», Marzio sembrava impaziente.

Alessia e Clara si sistemarono in prima fila, facendo spostare tante persone e calpestando quelle che erano sedute a terra tipo piccoli boys scout, ma molto meno composte. Io rimasi in piedi appoggiandomi al pianoforte, a debita distanza da tutti. Marzio mi rivolse uno sguardo eloquente e capii che dovevo avvicinarmi, ma il fatto di non avere nulla che mi sostenesse - più che fisicamente, mentalmente - mi fece sentire persa.

Sentendomi osservata spostai involontariamente lo sguardo su Damien, che avevo intravisto vicino a Steve. Mi stava fissando e appena lo guardai cercò di trattenere un sorriso, così io. Ci stavamo salutando. Mi morsi il labbro per tenere a bada la bocca e tornai a guardare Marzio che iniziò a parlare, indicò Mathias che gli si avvicinò. Nel frattempo io avevo spostato di nuovo lo sguardo su Damien almeno un paio di volte perché continuava a fissarmi e mi distraeva, non avevo afferrato neanche una parola del discorso di Marzio e non avevo capito perché avesse chiamato Mathias vicino a sé. Ma io ero in paradiso, ogni volta che i nostri sguardi si incontravano ci veniva da ridere, una complicità inaspettata, così, senza un vero motivo. Quello che mi rendeva ancora più felice era che quando mi giravo, stava già con gli occhi su di me. Continuavo a guardare a terra, in aria, puntavo lo sguardo su Marzio, poi sentivo questa forza che mi richiamava a sé e tornavo a lui, chissà cosa stava pensando Damien in quel momento.

«La finite voi due?»

Gelo.

«Sono tre ore che vi lanciate sguardi e sorrisi, ci dobbiamo preoccupare?» Marzio aveva un tono severo, stava scherzando.

Cercai di impedirlo, ma in un attimo divenni un tizzone ardente.

«Dai!» finsi impazienza. «Continua, stavi dicendo?»

Mi guardò con sguardo sospettoso a lungo tanto per farmi sentire in imbarazzo e poi riprese: «Quindi, dicevamo, Dari e tutti quelli che stanno dietro a lui insistono affinché cerchiamo di tirare fuori per lo spettacolo almeno un paio di canzoni hip hop o R&B con questa benedetta coreografia. Va tanto di moda e pensano che possa servire e svecchiare lo spettacolo».

La parola passò a Mathias. Ci informò che avrebbe ripreso a preparare delle coreografie lavorando solo con le ragazze interessate seriamente a provarci. Le altre avrebbero lavorato con Kevin e altri ballerini focalizzandosi sugli esercizi per il fiato.

Puntai gli occhi per terra, non volevo incrociare lo sguardo di nessuno, seppure le parole di Mathias mi avevano tranquillizzato.

«Intanto, visto che ne stavamo parlando già con alcune di voi, si sono fatte avanti Milena e Gisella. Chi altro? Alzate le mani.»

Continuando a guardare in basso non avevo modo di vedere chi stesse aderendo però sentivo Marzio che faceva l'elenco ad alta voce: Sara, Alessia, Germana, Clara, Giulia e Monique.

«Nessun'altra?»

Silenzio.

«Nessuna?»

Silenzio.

Tirai su lo sguardo e metà dei presenti mi fissava. Mathias solo per un attimo poi sembrò interessarsi alla felpa di Steve. Marzio continuava, ci mancava poco che facesse il mio nome, e sentivo l'attenzione addosso di Damien. A quel punto alzai il mento e drizzai la schiena, misi la mano su un fianco e fissai Marzio a mia volta. Tentennò, poi provò a lasciare uno spiraglio aperto dicendo che potevamo pensarci su.

«Sì, ma in fretta», chiuse il discorso Mathias.

«Non c'era una seconda cosa che dovevi dirci?» Giulia si agitava come se prevedesse l'arrivo di una bella notizia.

«Certo, sì. Sabato sera,» simulò un rullo di tamburi, «tutti a ballare!»

Le ragazze esplosero. Come facevano a fare tutta quella scena e a sentirsi al contempo persone dignitose? Io ero così algida in confronto. Forse solo i muscoli del mio viso avevano rivelato che ero appena stata colpita da una botta di ansia. Le mille domande delle altre sopperirono alle mia incapacità di formularle. Ci venne detto che saremmo andati in un locale che conosceva Mathias, incontrandoci prima per poi arrivare tutti insieme. E che per tutti si intendeva anche Keira, anche Damien e sì, anche Dari.

Marzio guardò l'orologio, e visto che si era fatto tardi, ci esortò a iniziare a lavorare. Spostò qualche foglio, frugò nella borsa, infine sconfitto chiese a Steve il favore di prendere un cd che aveva scordato in macchina. Mi proposi di andare al suo posto, Marzio mi tirò le chiavi che presi al volo e uscii. Avevo bisogno di aria fresca, mi sentivo le guance in fiamme. Aprii l'auto e non vedendo il cd dovetti rovistare in giro, trovandolo sepolto sotto una serie di cartelline di un laboratorio di analisi sul lato passeggero. Altri cd erano sparsi ovunque, per essere un musicista li teneva proprio male.

Richiusi la vecchia Clio e, prima di rientrare, andai verso il cancello. Rimasi a fissare fuori le poche auto che passavano, la testa sulle sbarre.

E ora, come ci vado? Sperai che Flavia avesse la macchina a disposizione per andare con lei. Quale alternativa avevo?

Persa nei miei pensieri, non lo sentii arrivare. La puzza della sigaretta lo annunciò a pochi passi da me.

«Così sabato sera usciamo!»

Mi voltai verso Nicholas e lo superai per rientrare dentro.

«Mettiti qualcosa di carino e comodo, non si può sapere come andrà a finire la serata...»


Lasciai il cd vicino a Marzio impegnato al piano. Stavano provando Keira con Viviana e Vania, così mi misi in disparte, con le spalle al muro, non proprio isolata perché odiavo l'idea di essere di nuovo raggiunta da quel bastardo di Nicholas.

Invece mi si avvicinò Damien e mi fece segno di spostarci, lo seguii in fondo alla sala. Adoravo quei momenti passati con lui, soli. Quando sarebbe andato via li avrei rivissuti nella mia testa a lungo. Tuttavia ero consapevole che la memoria mi avrebbe ingannato, dimenticando alcune cose e, mio malgrado, modificandone altre. Se solo fosse stato possibile scaricare la registrazione della propria mente ogni sera, cancellare le cose tristi e tenere quelle felici, avrei conservato quei momenti per sempre.

Con la schiena al muro mi guardò sorridendo e io mi spostai mettendomi accanto a lui.

«Ieri poi non sono riuscito a chiederti una cosa,» iniziò e già mi punivo per aver accennato a Enea, di sicuro voleva saperne di più, «quanti cani hai?»

Sorrisi, domanda facile: «Due, Meringa e Roberta.» Io aderivo alla parete, lui col busto verso di me, a parziale copertura. Voci basse per non disturbare le prove.

«Roberta? Non è un nome da cane.»

«Ma è un bel nome.»

«È vero», annuì divertito. «Il mio è morto lo scorso anno, era anziano. Si chiamava...»

«Milo.» Cosa cazzo mi era passato per la testa? Tana per Ginevra che sa tutto di tutto su Damien! «L'ho letto da qualche parte, c'era una foto su un giornale», mi sbrigai a rimediare.

«Esatto.» Le pieghette che gli si formavano ai lati della bocca mi facevano impazzire.

Non riuscivo più a parlare, per la testa solo la mia voce che ripeteva all'infinito "Milo", che idiota.

«Sabato vuoi che ti passi a prendere?»

«No, no!» sempre con l'espressione atterrita e di nuovo rossa in viso. «Verrò con Flavia.»

Non aggiunse altro, mi fissò per poi distogliere lo sguardo quando avvertì i passi di Nicholas che rientrava. Fummo chiamati a provare e, forse per la prima volta, fu quasi un sollievo. 

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