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21 aprile 2001

Alle 6.50 era già sotto casa sua.

Non aveva più intenzione di perdere neanche un secondo, voleva sfruttare ogni minuto possibile insieme. L'ultima chiacchierata avuta con Keira lo aveva lasciato infastidito, semplicemente perché sapeva che lei aveva ragione e stava dicendo delle cose giuste. Ma non avrebbe seguito i suoi consigli, non ora che avevano trovato un equilibrio.

Le mandò un messaggio avvertendola che la stava aspettando e dopo un paio di minuti la vide arrivare, amava la sua puntualità. Pantaloni bianchi, top fantasia viola e turchese che le faceva risaltare gli occhi, giacchettino viola, sneakers bianche. Stupenda come al solito. Entrò in macchina regalandogli un ampio sorriso, era raggiante.

Iniziò a guidare, Ginevra non chiese dove fossero diretti né quanto lungo sarebbe stato il viaggio, anche se Damien notò che osservava i cartelli autostradali. Solo poco prima di uscire dall'autostrada, dopo circa due ore e mezzo, Ginevra capì quale fosse la loro destinazione. Lo guardò con occhi spalancati poi mascherò un sorriso voltandosi verso il finestrino. Lui sorrise, felice di averla sorpresa. Subito dopo si rese conto che si era rabbuiata.

«Stai per diventare triste?» sperò di non vedere quella bellissima giornata sgretolarsi davanti ai suoi occhi.

Lei scosse la testa come per scacciare un brutto pensiero e si girò di nuovo verso di lui sorridendo. «No, aspetto questa sera quando torniamo, come tradizione», scherzò.

Lasciarono l'auto in un parking privato al centro di Pompei e prima di dirigersi verso gli scavi, si fermarono in un accogliente bar dove Ginevra ordinò due caffè e due sfogliatelle: riccia per lui, frolla per lei.

Seduti al tavolino, Ginevra sembrava meno in ansia dell'ultima volta che si erano trovati in un bar. Prima di mangiare la sua sfogliatella, ne spezzò metà e la mise accanto a quella di Damien.

«Assaggia anche questa, poi dimmi quale ti piace di più.»

«Pensi che se le avessi dato un morso prima tu, mi sarei schifato?» la provocò lui, contento di vedere che stava avendo meno problemi col cibo.

«Beh, penso di sì. Io mi schiferei se tu lo facessi», con l'aria da smorfiosa, poi rise.

Vinse la riccia.


Arrivati agli scavi si incontrarono con la guida che gli era stata assegnata dall'agenzia di Roma alla quale Damien si era rivolto. Poco più di trent'anni, media bellezza, era assorbita completamente dall'attore e ignorò del tutto Ginevra. Il suo inglese era buono, non eccellente, ma le sue spiegazioni erano così dettagliate che Damien capì tutto.

Quella che invece non aveva capito che Ginevra fosse italiana, era proprio la guida, che all'ennesimo pesante apprezzamento in italiano su Damien, fatto all'ennesimo incontro con i colleghi, si sentì dire da una sorridentissima Ginevra: «Magari, se non vogliamo aggiungere un altro calco in gesso a quelli già presenti, ti conviene smetterla». Sembrava le stesse facendo i complimenti per il nuovo colore dei capelli.

La guida si irrigidì e continuò a spiegare quello che doveva senza più guardarli direttamente. Damien capì che era successo qualcosa, non disse niente, continuando a tenere la mano di Ginevra come aveva fatto da quando erano scesi dalla macchina.

Dopo quasi tre ore di tour si fermarono in una trattoria lì vicino, dandosi l'appuntamento con la guida dopo due ore. Era la prima volta che mangiavano in un ristorante insieme da soli. L'ambiente era molto familiare, lei sembrava a suo agio.

Ordinarono e quando il cameriere si fu allontanato, Damien la guardò con un sorriso complice.

«Cosa le hai detto?»

«Niente.» I due canini appuntiti che aveva le davano l'aria di una vampira ammaliatrice.

«Sei una bugiarda, avevi la stessa espressione di quando parli con Dari», sghignazzò. Lei si morse il labbro per non ridere e non dargliela vinta.

«Forse preferiresti non saperlo.» Damien fece un'espressione preoccupata e lei sdrammatizzò con un: «Sto scherzando».

Non le credette affatto.


Finirono di pranzare e si incamminarono verso il punto di incontro con la guida. Erano in anticipo e passeggiarono lentamente. Lungo il viale c'era un negozio di souvenir che vendeva di tutto, anche le riproduzioni di Piazza San Marco di Venezia.

Ginevra era più attratta da due cagnoloni sdraiati fuori che dalla merce in vendita e Damien ne approfittò per entrare dentro, avvertendola che sarebbe tornato subito. Dopo qualche minuto uscì, lei era ancora rannicchiata vicino ai cani che si stavano facendo accarezzare senza vergogna. Quei pantaloni bianchi lasciavano poco all'immaginazione, sarebbe rimasto a guardarla per tutto il pomeriggio. Ma si fece forza e le andò vicino, le prese la mano destra e le infilò l'anello che le aveva comprato.

Ginevra quasi lo fulminò e lui si apprestò a farle vedere che ne indossava uno complementare, di pietra lavica nera con un mezzo cuore intarsiato di oro rosa che si congiungeva con quello di Ginevra, tutto di oro rosa con il cuore intarsiato di pietra lavica. Lei rimase ancora più scioccata e i suoi lineamenti si indurirono di colpo.

«In questo modo non dovrai più minacciare di morte nessuno! Basta che vedano questi e staranno tutti lontani!»

«Guarda che non ho minacciato di morte nessuno», mentì rilassandosi, corrucciando la bocca per non sorridere.

«Uhm, non ho capito quello che hai detto, ma non so perché ho questa impressione», la prese per mano e si diressero all'incontro.

Dopo qualche minuto di attesa, arrivò un signore di mezza età leggermente trafelato.

«Scusate, la mia collega purtroppo si è dovuta assentare. Per il resto del tour starete con me. Andiamo!» e prese a camminare con andatura basculante.

Ginevra si aprì in un sorriso satanico e Damien la guardò come se fosse il diavolo in persona. Poi lei prese a camminare e, visto che lui non si muoveva, si girò a guardarlo con aria interrogativa. «Andiamo?»

«Tu sei sempre stata con me, vero? Ti sei allontanata solo per andare in bagno due minuti al ristorante, no? Come ci sei riuscita? Che cosa ne hai fatto del cadavere?»

Ginevra gli mostrò l'anello: «Puoi anche riportarglieli, non servono!» gli fece l'occhiolino e seguì la guida che era andata avanti e parlava da sola.


Il tour era stato molto interessante, Damien ne era rimasto affascinato e Ginevra aveva potuto ammirare dei siti che non erano compresi nella gita fatta con la scuola tanti anni prima.

Mentre tornavano a casa, gli propose di fermarsi a mangiare la pizza a Napoli e lui fu felice di sentirla così propositiva. Andarono direttamente sul lungomare e lì si fermarono dopo aver ammirato il paesaggio al tramonto.

«Non ho nessuna tua foto», era pensieroso. «Facciamocene una insieme ora», la guardò negli occhi.

«No», cercò di allontanarsi ma non ci riuscì perché lui le teneva entrambe le mani.

«Mi piacerebbe imprimere questi ricordi», le si accostò di più.

«No, non voglio!» i muscoli tesi, stava già perdendo la pazienza. «Preferisco mangiarmi una pizza intera!» cambiò espressione, si stava rabbuiando di nuovo.

Damien decise di lasciar perdere. «Va bene, ma con le alici!»

«Che schifo, non la mangio», poi gli puntò un dito contro toccandogli il petto, «e non la mangerai nemmeno tu!»

«Hai intenzione di baciarmi?»

«No, ma neanche di farmi due ore di macchina con la nausea.»


Il viaggio di ritorno fu bello come l'andata, ma risero molto di più perché Damien continuava a interrogarla sulla fine della povera guida. Sotto casa di Ginevra, parcheggiò e fece per scendere.

«Damien non ti preoccupare, vai. Hai guidato tutto il tempo», lo fermò con una mano sul braccio.

«Non sono stanco, mi fa piacere.»

«Sì ma non c'è bisogno. Grazie di tutto», gli sorrise e allungò la mano verso la portiera senza guardare.

Lui si avvicinò e le diede un bacio sulla bocca. Pieno, deciso, abbastanza breve per non darle tempo di scappare. Aveva le labbra morbide e carnose e avrebbe continuato a baciarle ma avrebbe rovinato l'intera giornata. Se lo fece bastare, tirandosi subito indietro per paura che lo scansasse lei. Ginevra sorrise felice e uscì.    

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